250 resultados para FEM, Fatica, Fretting, Fattore di concentrazione degli sforzi, Kt, Macchina di Moore


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The abandonment of less productive fields and agro-forest activities has occured in the last decades, interesting large mountain areas in all mediterranean basin. Until the fifties, agricultural practices dealt mainly with soil surface and surface runoff control systems. However, the apparent sustainability of soil use results often in contrast with historical documents, witnessing heavy hydrogeological instability, in naturally fragile areas. The research focused on the dynamics and effects of post-coltural land abandonment in a critical mountain area of the Reno River. The Reno River rappresents a typical Tuscan-Emilian Apennines Watershed where soil erosion occurs under very different conditions depending on interactions between land use, climate, geomorphology and lithology. Landslides are largely rappresented, due to the diffusion of clay hill slopes. Recent researches suggest that climatic variability will increase as a consequence of global climate change, resulting in greater frequency and intensity of extreme weather events, which could increase rates of erosion, landslides reactivations and diffusion of calanchive basins. As far as hill slopes are concerned, instability is today basically due to intrinsic factors, as the Apennine range is a rather young formation, in geological terms, and is mainly formed by sedimentary rocks with high occurrence of clays. Therefore landslides and rockfalls are very frequent, while surface soil erosion is generally low and anyway concentrated in the low Apennine, where intensive farming is still economically worth. The study, supported by GIS use, analyses the main fisical characteristics of the area and the historical changes of land use, and focalizes the dynamics of spontaneous reafforestation. Futhermore, the research studies the results of soil bioengineering and surface water control solutions for the restablishment of landslides occured in the last period. Infact soil bioengineering has been recently used in different situations in order to consolidate slopes and hillsides and prevent erosion; when applied, it gave good results, both in terms of engineering efficiency and vegetational development, expecially if combined with a good hydraulic control, thus proving to be an actual alternative to other techniques with heavier environmental impacts. Research into the specific site features and the use of proper plant species is vital to the success of bioengineering works.

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I materiali zirconiferi, in particolare i silicati di zirconio e l’ossido di zirconio, vengono ampiamente utilizzati in diverse applicazioni industriali: fra queste, l’industria delle piastrelle ceramiche e di produzione dei materiali refrattari ne consuma quantitativi consistenti. Misure di spettrometria gamma condotte su diversi campioni di materiale zirconifero (farine di zirconio e sabbie zirconifere) utilizzati nell’industria ceramica per la produzione del gres porcellanato e delle piastrelle smaltate, hanno messo in evidenza valori di concentrazione di attività superiori a quelli presenti mediamente sulla crosta terrestre (35, 30 Bqkg-1 per il 238U e il 232Th, rispettivamente [Unscear, 2000]). L’aggiunta del materiale zirconifero nella preparazione delle piastrelle ceramiche in particolare di quelle smaltate (in una percentuale in peso pari al 10-20%) del gres porcellanato (in una percentuale in peso di 1-10%) e delle lamine di gres porcellanato “sottile” (in una percentuale in peso dell’ordine del 30%), conferisce al prodotto finale un alto grado di bianco, buone caratteristiche meccaniche ed un elevato effetto opacizzante, ma comporta anche un arricchimento in radionuclidi naturali. L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto una metodologia (teorica e sperimentale) per valutare l’incremento di esposizione che possono ricevere un lavoratore standard di una industria ceramica ed una persona del pubblico che soggiorna in un ambiente rivestito con piastrelle. Da un lato, la presenza di radioattività nelle sabbie zirconifere, utilizzate come materie prime per la produzione di piastrelle, porta a considerare il problema dell’incremento di esposizione che può subire un lavoratore impiegato in ambiente di lavoro dove sono stoccati e manipolati consistenti quantitativi di materiale, dall’altro il contenuto di radioattività nel prodotto finito porta a considerare l’esposizione per una persona della popolazione che soggiorna in una stanza rivestita con materiale ceramico. Le numerose misure effettuate, unitamente allo sviluppo dei modelli necessari per valutare le dosi di esposizione per le persone del pubblico e dei lavoratori impiegati nel processo di produzione di piastrelle ceramiche, hanno permesso di mettere a punto una procedura che fornisce le garanzie necessarie per dichiarare accettabili le condizioni di lavoro nelle industrie ceramiche e più in generale il rispetto delle norme radioprotezionistiche per gli occupanti di ambienti rivestiti con piastrelle italiane.

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Fenomeni di trasporto ed elettrostatici in membrane da Nanofiltrazione La capacità di predire le prestazioni delle membrane da nanofiltrazione è molto importante per il progetto e la gestione di processi di separazione a membrana. Tali prestazioni sono strettamente legate ai fenomeni di trasporto che regolano il moto dei soluti all’interno della matrice della membrana. Risulta, quindi, di rilevante importanza la conoscenza e lo studio di questi fenomeni; l’obiettivo finale è quello di mettere a punto modelli di trasporto appropriati che meglio descrivano il flusso dei soluti all’interno della membrana. A fianco dei modelli di trasporto ricopre, quindi, una importanza non secondaria la caratterizzazione dei parametri aggiustabili propri della membrana sulla quale si opera. La procedura di caratterizzazione di membrane deve chiarire le modalità di svolgimento delle prove sperimentali e le finalità che esse dovrebbero conseguire. Tuttavia, nonostante i miglioramenti concernenti la modellazione del trasporto di ioni in membrana ottenuti dalla ricerca negli ultimi anni, si è ancora lontani dall’avere a disposizione un modello univoco in grado di descrivere i fenomeni coinvolti in maniera chiara. Oltretutto, la palese incapacità del modello di non riuscire a prevedere gli andamenti sperimentali di reiezione nella gran parte dei casi relativi a miscele multicomponenti e le difficoltà legate alla convergenza numerica degli algoritmi risolutivi hanno fortemente limitato gli sviluppi del processo anche e soprattutto in termini applicativi. Non da ultimo, si avverte la necessità di poter prevedere ed interpretare l’andamento della carica di membrana al variare delle condizioni operative attraverso lo sviluppo di un modello matematico in grado di descrivere correttamente il meccanismo di formazione della carica. Nel caso di soluzioni elettrolitiche, infatti, è stato riconosciuto che la formazione della carica superficiale è tra i fattori che maggiormente caratterizzano le proprietà di separazione delle membrane. Essa gioca un ruolo importante nei processi di trasporto ed influenza la sua selettività nella separazione di molecole caricate; infatti la carica di membrana interagisce elettrostaticamente con gli ioni ed influenza l’efficienza di separazione degli stessi attraverso la partizione degli elettroliti dalla soluzione esterna all’interno dei pori del materiale. In sostanza, la carica delle membrane da NF è indotta dalle caratteristiche acide delle soluzioni elettrolitiche poste in contatto con la membrana stessa, nonché dal tipo e dalla concentrazione delle specie ioniche. Nello svolgimento di questo lavoro sono stati analizzati i principali fenomeni di trasporto ed elettrostatici coinvolti nel processo di nanofiltrazione, in particolare si è focalizzata l’attenzione sugli aspetti relativi alla loro modellazione matematica. La prima parte della tesi è dedicata con la presentazione del problema generale del trasporto di soluti all’interno di membrane da nanofiltrazione con riferimento alle equazioni alla base del modello DSP&DE, che rappresenta una razionalizzazione dei modelli esistenti sviluppati a partire dal modello DSPM, nel quale sono stati integrarti i fenomeni di esclusione dielettrica, per quanto riguarda la separazione di elettroliti nella filtrazione di soluzioni acquose in processi di Nanofiltrazione. Il modello DSP&DE, una volta definita la tipologia di elettroliti presenti nella soluzione alimentata e la loro concentrazione, viene completamente definito da tre parametri aggiustabili, strettamente riconducibili alle proprietà della singola membrana: il raggio medio dei pori all’interno della matrice, lo spessore effettivo e la densità di carica di membrana; in più può essere considerato un ulteriore parametro aggiustabile del modello il valore che la costante dielettrica del solvente assume quando confinato in pori di ridotte dimensioni. L’impostazione generale del modello DSP&DE, prevede la presentazione dei fenomeni di trasporto all’interno della membrana, descritti attraverso l’equazione di Nerst-Planck, e lo studio della ripartizione a ridosso dell’interfaccia membrana/soluzione esterna, che tiene in conto di diversi contributi: l’impedimento sterico, la non idealità della soluzione, l’effetto Donnan e l’esclusione dielettrica. Il capitolo si chiude con la presentazione di una procedura consigliata per la determinazione dei parametri aggiustabili del modello di trasporto. Il lavoro prosegue con una serie di applicazioni del modello a dati sperimentali ottenuti dalla caratterizzazione di membrane organiche CSM NE70 nel caso di soluzioni contenenti elettroliti. In particolare il modello viene applicato quale strumento atto ad ottenere informazioni utili per lo studio dei fenomeni coinvolti nel meccanismo di formazione della carica; dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione in funzione del flusso è possibile ottenere dei valori di carica di membrana, assunta quale parametro aggiustabile del modello. che permettono di analizzare con affidabilità gli andamenti qualitativi ottenuti per la carica volumetrica di membrana al variare della concentrazione di sale nella corrente in alimentazione, del tipo di elettrolita studiato e del pH della soluzione. La seconda parte della tesi relativa allo studio ed alla modellazione del meccanismo di formazione della carica. Il punto di partenza di questo studio è rappresentato dai valori di carica ottenuti dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione con il modello di trasporto, e tali valori verranno considerati quali valori “sperimentali” di riferimento con i quali confrontare i risultati ottenuti. Nella sezione di riferimento è contenuta la presentazione del modello teorico “adsorption-amphoteric” sviluppato al fine di descrivere ed interpretare i diversi comportamenti sperimentali ottenuti per la carica di membrana al variare delle condizioni operative. Nel modello la membrana è schematizzata come un insieme di siti attivi di due specie: il gruppo di siti idrofobici e quello de siti idrofilici, in grado di supportare le cariche derivanti da differenti meccanismi chimici e fisici. I principali fenomeni presi in considerazione nel determinare la carica volumetrica di membrana sono: i) la dissociazione acido/base dei siti idrofilici; ii) il site-binding dei contro-ioni sui siti idrofilici dissociati; iii) l’adsorbimento competitivo degli ioni in soluzione sui gruppi funzionali idrofobici. La struttura del modello è del tutto generale ed è in grado di mettere in evidenza quali sono i fenomeni rilevanti che intervengono nel determinare la carica di membrana; per questo motivo il modello permette di indagare il contributo di ciascun meccanismo considerato, in funzione delle condizioni operative. L’applicazione ai valori di carica disponibili per membrane Desal 5-DK nel caso di soluzioni contenenti singoli elettroliti, in particolare NaCl e CaCl2 permette di mettere in evidenza due aspetti fondamentali del modello: in primis la sua capacità di descrivere andamenti molto diversi tra loro per la carica di membrana facendo riferimento agli stessi tre semplici meccanismi, dall’altra parte permette di studiare l’effetto di ciascun meccanismo sull’andamento della carica totale di membrana e il suo peso relativo. Infine vengono verificate le previsioni ottenute con il modello dal suddetto studio attraverso il confronto con dati sperimentali di carica ottenuti dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione disponibili per il caso di membrane CSM NE70. Tale confronto ha messo in evidenza le buone capacità previsionali del modello soprattutto nel caso di elettroliti non simmetrici quali CaCl2 e Na2SO4. In particolare nel caso un cui lo ione divalente rappresenta il contro-ione rispetto alla carica propria di membrana, la carica di membrana è caratterizzata da un andamento unimodale (contraddistinto da un estremante) con la concentrazione di sale in alimentazione. Il lavoro viene concluso con l’estensione del modello ADS-AMF al caso di soluzioni multicomponenti: è presentata una regola di mescolamento che permette di ottenere la carica per le soluzioni elettrolitiche multicomponenti a partire dai valori disponibili per i singoli ioni componenti la miscela.

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In the last decades, the increase of industrial activities and of the request for the world food requirement, the intensification of natural resources exploitation, directly connected to pollution, have aroused an increasing interest of the public opinion towards initiatives linked to the regulation of food production, as well to the institution of a modern legislation for the consumer guardianship. This work was planned taking into account some important thematics related to marine environment, collecting and showing the data obtained from the studies made on different marine species of commercial interest (Chamelea gallina, Mytilus edulis, Ostrea edulis, Crassostrea gigas, Salmo salar, Gadus morhua). These studies have evaluated the effects of important physic and chemical parameters variations (temperature, xenobiotics like drugs, hydrocarbons and pesticides) on cells involved in the immune defence (haemocytes) and on some important enzymatic systems involved in xenobiotic biotransformation processes (cytochrome P450 complex) and in the related antioxidant defence processes (Superoxide dismutase, Catalase, Heat Shock Protein), from a biochemical and bimolecular point of view. Oxygen is essential in the biological answer of a living organism. Its consume in the normal cellular breathing physiological processes and foreign substances biotransformation, leads to reactive oxygen species (ROS) formation, potentially toxic and responsible of biological macromolecules damages with consequent pathologies worsening. Such processes can bring to a qualitative alteration of the derived products, but also to a general state of suffering that in the most serious cases can provoke the death of the organism, with important repercussions in economic field, in the output of the breedings, of fishing and of aquaculture. In this study it seemed interesting to apply also alternative methodologies currently in use in the medical field (cytofluorimetry) and in proteomic studies (bidimensional electrophoresis, mass spectrometry) with the aim of identify new biomarkers to place beside the traditional methods for the control of the animal origin food quality. From the results it’s possible to point out some relevant aspects from each experiment: 1. The cytofluorimetric techniques applied to O. edulis and C. gigas could bring to important developments in the search of alternative methods that quickly allows to identify with precision the origin of a specific sample, contributing to oppose possible alimentary frauds, in this case for example related to presence of a different species, also under a qualitative profile, but morpholgically similar. A concrete perspective for the application in the inspective field of this method has to be confirmed by further laboratory tests that take also in account in vivo experiments to evaluate the effect in the whole organism of the factors evaluated only on haemocytes in vitro. These elements suggest therefore the possibility to suit the cytofluorimetric methods for the study of animal organisms of food interest, still before these enter the phase of industrial working processes, giving useful information about the possible presence of contaminants sources that can induce an increase of the immune defence and an alteration of normal cellular parameter values. 2. C. gallina immune system has shown an interesting answer to benzo[a]pyrene (B[a]P) exposure, dose and time dependent, with a significant decrease of the expression and of the activity of one of the most important enzymes involved in the antioxidant defence in haemocytes and haemolymph. The data obtained are confirmed by several measurements of physiological parameters, that together with the decrease of the activity of 7-etossi-resourifine-O-deetilase (EROD linked to xenobiotic biotransformation processes) during exposure, underline the major effects of B[a]P action. The identification of basal levels of EROD supports the possible presence of CYP1A subfamily in the invertebrates, still today controversial, never identified previously in C. gallina and never isolated in the immune cells, as confirmed instead in this study with the identification of CYP1A-immunopositive protein (CYP1A-IPP). This protein could reveal a good biomarker at the base of a simple and quick method that could give clear information about specific pollutants presence, even at low concentrations in the environment where usually these organisms are fished before being commercialized. 3. In this experiment it has been evaluated the effect of the antibiotic chloramphenicol (CA) in an important species of commercial interest, Chamelea gallina. Chloramphenicol is a drug still used in some developing countries, also in veterinary field. Controls to evaluate its presence in the alimentary products of animal origin, can reveal ineffective whereas the concentration results to be below the limit of sensitivity of the instruments usually used in this type of analysis. Negative effects of CA towards the CYP1A- IPP proteins, underlined in this work, seem to be due to the attack of free radicals resultant from the action of the antibiotic. This brings to a meaningful alteration of the biotransformation mechanisms through the free radicals. It seems particularly interesting to pay attention to the narrow relationships in C. gallina, between SOD/CAT and CYP450 system, actively involved in detoxification mechanism, especially if compared with the few similar works today present about mollusc, a group that is composed by numerous species that enter in the food field and on which constant controls are necessary to evaluate in a rapid and effective way the presence of possible contaminations. 4. The investigations on fishes (Gadus morhua, and Salmo salar) and on a bivalve mollusc (Mytilus edulis) have allowed to evaluate different aspects related to the possibility to identify a biomarker for the evaluation of the health of organisms of food interest and consequently for the quality of the final product through 2DE methodologies. In the seafood field these techniques are currently used with a discreet success only for vertebrates (fishes), while in the study of the invertebrates (molluscs) there are a lot of difficulties. The results obtained in this work have underline several problems in the correct identification of the isolated proteins in animal organisms of which doesn’t currently exist a complete genomic sequence. This brings to attribute some identities on the base of the comparison with similar proteins in other animal groups, incurring in the possibility to obtain inaccurate data and above all discordant with those obtained on the same animals by other authors. Nevertheless the data obtained in this work after MALDI-ToF analysis, result however objective and the spectra collected could be again analyzed in the future after the update of genomic database related to the species studied. 4-A. The investigation about the presence of HSP70 isoforms directly induced by different phenomena of stress like B[a]P presence, has used bidimensional electrophoresis methods in C. gallina, that have allowed to isolate numerous protein on 2DE gels, allowing the collection of several spots currently in phase of analysis with MALDI-ToF-MS. The present preliminary work has allowed therefore to acquire and to improve important methodologies in the study of cellular parameters and in the proteomic field, that is not only revealed of great potentiality in the application in medical and veterinary field, but also in the field of the inspection of the foods with connections to the toxicology and the environmental pollution. Such study contributes therefore to the search of rapid and new methodologies, that can increase the inspective strategies, integrating themselves with those existing, but improving at the same time the general background of information related to the state of health of the considered animal organism, with the possibility, still hypothetical, to replace in particular cases the employment of the traditional techniques in the alimentary field.

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L’Azienda USL di Bologna è la più grande della regione ed è una delle più grandi in Italia: serve una popolazione di 836.697 abitanti ed è distribuita su 50 comuni. E’ stata istituita il 1° gennaio 2004 con la Legge della Regione Emilia Romagna n. 21 del 20/10/2003 che ha unificato i Comuni di tre Aziende USL: “Città di Bologna”, “Bologna Sud” e “Bologna Nord” (ad eccezione del Comune di Medicina che dall’Area Nord è entrato a far parte dell’Azienda USL di Imola che ha mantenuto un’autonoma configurazione giuridica). Il territorio dell’Azienda USL di Bologna si estende per 2915,4 Kmq ed è caratterizzato dalla particolare ubicazione geografica dei suoi distretti. Al Distretto prettamente urbano, quale quello di Bologna Città si affiancano nell’Area Nord i Distretti di pianura quali Pianura Est e Pianura Ovest, mentre nell’Area Sud si collocano i Distretti con territorio più collinare, quali quelli di Casalecchio di Reno e San Lazzaro di Savena ed il Distretto di Porretta Terme che si caratterizza per l’alta percentuale di territorio montuoso. L’unificazione di territori diversi per caratteristiche orografiche, demografiche e socioeconomiche, ha comportato una maggiore complessità rispetto al passato in termini di governo delle condizioni di equità. La rimodulazione istituzionale ed organizzativa dell’offerta dei sevizi sanitari ha comportato il gravoso compito di razionalizzarne la distribuzione, tenendo conto delle peculiarità del contesto. Alcuni studi di fattibilità precedenti l’unificazione, avevano rilevato come attraverso la costituzione di un’Azienda USL unica si sarebbero potuti più agevolmente perseguire gli obiettivi collegati alle prospettive di sviluppo e di ulteriore qualificazione del sistema dei servizi delle Aziende USL dell’area bolognese, con benefici per il complessivo servizio sanitario regionale. Le tre Aziende precedentemente operanti nell’area bolognese erano percepite come inadeguate, per dimensioni, a supportare uno sviluppo dei servizi ritenuto indispensabile per la popolazione ma, che, se singolarmente realizzato, avrebbe condotto ad una inutile duplicazione di servizi già presenti. Attraverso l’integrazione delle attività di acquisizione dei fattori produttivi e di gestione dei servizi delle tre Aziende, si sarebbero potute ragionevolmente conseguire economie più consistenti rispetto a quanto in precedenza ottenuto attraverso il coordinamento volontario di tali processi da parte delle tre Direzioni. L’istituzione della nuova Azienda unica, conformemente al Piano sanitario regionale si proponeva di: o accelerare i processi di integrazione e di redistribuzione dell’offerta dei servizi territoriali, tenendo conto della progressiva divaricazione fra i cambiamenti demografici, che segnavano un crescente deflusso dal centro storico verso le periferie, ed i flussi legati alle attività lavorative, che si muovevano in senso contrario; o riorganizzare i servizi sanitari in una logica di rete e di sistema, condizione necessaria per assicurare l’equità di accesso ai servizi e alle cure, in stretta interlocuzione con gli Enti Locali titolari dei servizi sociali; o favorire il raggiungimento dell’equilibrio finanziario dell’Azienda e contribuire in modo significativo alla sostenibilità finanziaria dell’intero sistema sanitario regionale. L’entità delle risorse impegnate nell’Area bolognese e le dimensioni del bilancio della nuova Azienda unificata offrivano la possibilità di realizzare economie di scala e di scopo, attraverso la concentrazione e/o la creazione di sinergie fra funzioni e attività, sia in ambito ospedaliero, sia territoriale, con un chiaro effetto sull’equilibrio del bilancio dell’intero Servizio sanitario regionale. A cinque anni dalla sua costituzione, l’Azienda USL di Bologna, ha completato una significativa fase del complessivo processo riorganizzativo superando le principali difficoltà dovute alla fusione di tre Aziende diverse, non solo per collocazione geografica e sistemi di gestione, ma anche per la cultura dei propri componenti. La tesi affronta il tema dell’analisi dell’impatto della fusione sugli assetti organizzativi aziendali attraverso uno sviluppo così articolato: o la sistematizzazione delle principali teorie e modelli organizzativi con particolare attenzione alla loro contestualizzazione nella realtà delle organizzazioni professionali di tipo sanitario; o l’analisi principali aspetti della complessità del sistema tecnico, sociale, culturale e valoriale delle organizzazioni sanitarie; o l’esame dello sviluppo organizzativo dell’Azienda USL di Bologna attraverso la lettura combinata dell’Atto e del Regolamento Organizzativo Aziendali esaminati alla luce della normativa vigente, con particolare attenzione all’articolazione distrettuale e all’organizzazione Dipartimentale per cogliere gli aspetti di specificità che hanno caratterizzano il disegno organizzativo globalmente declinato. o l’esposizione degli esiti di un questionario progettato, in accordo con la Direzione Sanitaria Aziendale, allo scopo di raccogliere significativi elementi per valutare l’impatto della riorganizzazione dipartimentale rispetto ai tre ruoli designati in “staff “alle Direzioni degli otto Dipartimenti Ospedalieri dell’AUSL di Bologna, a tre anni dalla loro formale istituzione. La raccolta dei dati è stata attuata tramite la somministrazione diretta, ai soggetti indagati, di un questionario costituito da numerosi quesiti a risposta chiusa, integrati da domande aperte finalizzate all’approfondimento delle dimensioni di ruolo che più frequentemente possono presentare aspetti di criticità. Il progetto ha previsto la rielaborazione aggregata dei dati e la diffusione degli esiti della ricerca: alla Direzione Sanitaria Aziendale, alle Direzioni Dipartimentali ospedaliere ed a tutti i soggetti coinvolti nell’indagine stessa per poi riesaminare in una discussione allargata i temi di maggiore interesse e le criticità emersi. Gli esiti sono esposti in una serie di tabelle con i principali indicatori e vengono adeguatamente illustrati.

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La ricerca approfondisce le modalità  di applicazione degli standard di qualità  nell'ambito del servizio sportivo, qualità  certificata attraverso sistemi convenzionali o auto verificata attraverso strumenti quali carte di servizio. L'applicazione e verifica dei sistemi di qualità  ad un servizio, seppur non considerato pubblico ma comunque di interesse generale, deve essere messa in relazione con i risultati che il servizio stesso si prefigge sia dal punto di vista del privato (o pubblico) che gestisce ed esercita l'attività  sportiva, sia dal punto di vista del cittadino che lo utilizza. Pertanto la ricerca è stata dedicata all'incidenza della qualità  nei miglioramenti del benessere psico-fisico dell'utente e all'eventuale efficacia della stessa come strumento di marketing per la diffusione del servizio. Sono state prese in esame tre diverse realtà  sportive, tre piscine. Due delle quali, dopo una prima rilevazione esplorativa, si sono dotate di una Carta dei Servizi. La terza piscina è invece gestita da una società  certificata ISO 9001. Sono stati proposti ed elaborati oltre 800 questionari dai quali sono emerse interessanti indicazioni su quanto e come la qualità  del servizio sia stato percepito dall'utente sotto forma di miglioramento del proprio stato psico-fisico ma anche di come sia ritenuta indispensabile una attenzione del gestore verso l'utente affinchè egli possa considerare utile l'attività  motoria dal punto di vista del miglioramento del proprio benessere. Più in particolare, attraverso l'utilizzo dell'analisi fattoriale prima e di modelli Lisrel poi, si è ottenuta una riduzione della complessità  del numero di fattori che spiegano il fenomeno. Questi fattori sono stati messi in correlazione con il livello di soddisfazione complessiva degli utenti e, dalle due rilevazioni per le quali il modello Lisrel ha restituito dati attendibili, è emerso come il fattore "servizi per gli utenti", comprendente aspetti quali lo spazio in acqua e la comodità  degli spogliatoi, sia quello che ha una maggior correlazione con la soddisfazione complessiva. La Carta dei Servizi, pur ritenuta utile dagli utenti che la conoscono, risulta uno strumento poco conosciuto ed in generale privo di appeal anche dal punto di vista del marketing. Nella percezione dell'utente questo strumento non contribuisce al miglioramento del proprio stato psico-fisico. E' interessante rilevare, invece, che gli utenti che conoscono la Certificazione di qualità  hanno una miglior percezione del servizio. In generale i molteplici interessi commerciali legati alle certificazioni o "autocertificazioni" hanno generato, in questi ultimi anni, confusione nelle società  sportive e negli enti che gestiscono impianti sportivi tra il concetto di qualità  (come cultura e occasione di miglioramento) e quello di "certificazione di qualità". In tale contesto "l'apparire" è divenuto più importante dell'"essere" perchè, la maggiore attenzione all'uso di tecniche piuttosto che all'approfondimento dei principi manageriali grazie ai quali è possibile fare qualità , ha finito per banalizzarne il concetto. Ma se il cliente/utente (interno o esterno) è insoddisfatto nonostante il rispetto di standard e specifiche da parte dell'azienda si può ancora parlare di qualità ?

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Tutte le scuole di pensiero economico riconoscono l’importanza dell’attività di ricerca e sviluppo per rafforzare la competitività delle imprese, e per promuovere quindi la crescita economica di lungo periodo di ogni paese. Si tratta di un tema di indiscussa rilevanza, e ben presente nel dibattito politico ed economico a livello nazionale ed internazionale. A partire dal fondamentale lavoro di Solow (1957), molti studi si sono interessati al ruolo centrale che il cambiamento tecnologico ha nella crescita economica, contribuendo ad una vasta letteratura riguardante il rapporto tra il capitale tecnologico, o gli investimenti in ricerca e sviluppo, e la crescita della produttività. In questo contesto, il presente lavoro ha come obiettivo l’analisi degli effetti degli investimenti in ricerca e sviluppo sulla produttività delle imprese manifatturiere e del settore agroalimentare italiano. L’industria agroalimentare italiana è caratterizzata da alcuni elementi specifici, che ne rendono lo studio particolarmente interessante: il suo necessario confrontarsi con le pressioni provenienti dall’emergere di nuove tendenze comportamentali del consumatore, da un lato e, dall’altro, dalla radicale trasformazione del sistema produttivo, commerciale e distributivo, che a sua volta si interfaccia con il processo di globalizzazione che interessa l’intera economia mondiale. Il settore agroalimentare riveste nel nostro Paese una notevole importanza sia in termini di fatturato, che per numero di imprese, che di occupazione, e risulta tipicamente caratterizzato dalla predominanza, dal punto di vista numerico, della classe dimensionale delle piccole imprese. È chiaro che acquisire competitività su mercati ormai globali presuppone costanti sforzi negli investimenti in ricerca ed innovazione; tuttavia, a questo proposito, le performances italiane risultano essere inferiori alla media europea. È proprio alla luce di queste considerazioni che uno studio sul ruolo che gli investimenti in ricerca e sviluppo rivestono nel sistema agroalimentare italiano, in rapporto a quanto avviene per l’intero settore manifatturiero, riveste quindi un particolare interesse.

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This PhD thesis aims at providing an evaluation of EU Cohesion policy impact on regional growth. It employs methodologies and data sources never before applied for this purpose. Main contributions to the literature concerning EU regional policy effectiveness have been extensively analysed. Moreover, having carried out an overview of the current literature on Cohesion Policy, we deduce that this work introduces innovative features in the field. The work enriches the current literature with regards to two aspects. The first aspect concerns the use of the instrument of Regression Discontinuity Design in order to examine the presence of a different outcome in terms of growth between Objectives 1 regions and non-Objective 1 regions at the cut-off point (75 percent of EU-15 GDP per capita in PPS) during the two programming periods, 1994-1999 and 2000-2006. The results confirm a significant difference higher than 0.5 percent per year between the two groups. The other empirical evaluation regards the study of a cross-section regression model based on the convergence theory that analyses the dependence relation between regional per capita growth and EU Cohesion policy expenditure in several fields of interventions. We have built a very fine dataset of spending variables (certified expenditure), using sources of data directly provided from the Regional Policy Directorate of the European Commission.

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L’irrigidimento del contesto regolamentare europeo dovuto all’attuale condizione di contaminazione diffusa dell’ambiente, riscontrata in Italia e in molti altri paesi europei, ha visto l’esigenza sempre più pressante di razionalizzare le dosi dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura. Lo sviluppo e l’utilizzo di nuovi prodotti coadiuvanti come specifici antideriva per erbicidi, rappresenta in questo senso, un’importante risorsa su cui si inizia a fare affidamento. In Francia, per esempio, già da alcuni anni ci sono normative che obbligano l’utilizzo in agricoltura di tali prodotti, mentre in Italia non si hanno ancora direttive precise a riguardo. In tal contesto l’obiettivo principale di questa ricerca, effettuata in collaborazione con la ditta Intrachem, è stato quello di studiare alcune caratteristiche funzionali relative a due prodotti, che verranno lanciati a breve sul mercato, come specifici antideriva per erbicidi. In particolar modo è stato fatto uno studio per verificare se ed eventualmente come, questi coadiuvanti (Gondor e Zarado) possono influenzare l’attività del principio attivo a cui vengono aggiunti, apportando variazioni relative alla sua efficacia. Lo schema di lavoro seguito ha previsto una prima fase di saggio dove venivano effettuati test dose-risposta, utilizzando diversi erbicidi a diverse concentrazioni. I test sono stati effettuati su alcune malerbe mono e dicotiledoni. In ciascuna di queste prove è stata valutata e confrontata la percentuale di sopravvivenza e il peso dei sopravvissuti tra le tesi trattate. Le tesi prevedevano trattamenti con erbicida e trattamenti con erbicida più uno dei due coadiuvanti. Nella seconda fase si è effettuato un approfondimento sulle tesi che hanno mostrato i risultati più interessanti, per capirne possibilmente le basi fisiologiche. In particolare si è verificato se l’aggiunta dei due antideriva potesse determinare cambiamenti durante la fase di assorbimento e di traslocazione del principio attivo all’interno della piantina, utilizzando molecole radiomarcate con C14. Dai risultati ottenuti si è potuto evidenziare come l’aggiunta dei coadiuvanti possa rendere più efficace l’azione dell’erbicida nei casi in cui le infestanti non vengono completamente controllate dagli stessi (stadio vegetativo troppo avanzato e resistenza all’erbicida). Non è stato sempre verificato che ad un miglioramento dell’efficacia coincida un aumento dell’assorbimento e della traslocazione del principio attivo, all’interno della pianta. In conclusione si è potuto constatare che Gondor e Zarado oltre a svolgere la loro funzione antideriva, non influenzano negativamente l’efficacia dell’erbicida, salvo poche eccezioni, ma al contrario possono potenziarne l’azione, nelle situazioni “border line”.

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In the recent years, consumers became more aware and sensible in respect to environment and food safety matters. They are more and more interested in organic agriculture and markets and tend to prefer ‘organic’ products more than their traditional counterparts. To increase the quality and reduce the cost of production in organic and low-input agriculture, the 6FP-European “QLIF” project investigated the use of natural products such as bio-inoculants. They are mostly composed by arbuscular mycorrhizal fungi and other microorganisms, so-called “plant probiotic” microorganisms (PPM), because they help keeping an high yield, even under abiotic and biotic stressful conditions. Italian laws (DLgs 217, 2006) have recently included them as “special fertilizers”. This thesis focuses on the use of special fertilizers when growing tomatoes with organic methods in open field conditions, and the effects they induce on yield, quality and microbial rhizospheric communities. The primary objective was to achieve a better understanding of how plant-probiotic micro-flora management could buffer future reduction of external inputs, while keeping tomato fruit yield, quality and system sustainability. We studied microbial rhizospheric communities with statistical, molecular and histological methods. This work have demonstrated that long-lasting introduction of inoculum positively affected micorrhizal colonization and resistance against pathogens. Instead repeated introduction of compost negatively affected tomato quality, likely because it destabilized the ripening process, leading to over-ripening and increasing the amount of not-marketable product. Instead. After two years without any significant difference, the third year extreme combinations of inoculum and compost inputs (low inoculum with high amounts of compost, or vice versa) increased mycorrhizal colonization. As a result, in order to reduce production costs, we recommend using only inoculum rather than compost. Secondly, this thesis analyses how mycorrhizal colonization varies in respect to different tomato cultivars and experimental field locations. We found statistically significant differences between locations and between arbuscular colonization patterns per variety. To confirm these histological findings, we started a set of molecular experiments. The thesis discusses preliminary results and recommends their continuation and refinement to gather the complete results.

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Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica complessa di notevole prevalenza ed incidenza nella popolazione generale, con elevata mortalità e morbidità. Le numerose alterazioni strutturali e funzionali che lo caratterizzano sono in grado di generare contemporaneamente diversi tipi di alterazioni del ritmo: dalle tachiaritmie ventricolari/sopraventricolari alle turbe della conduzione dell’impulso con bradi-aritmie e dissincronie di contrazione. La cardioversione della fibrillazione atriale e la resincronizzazione cardiaca rappresentano due terapie elettriche molto importanti in tale contesto. Le modificazioni emodinamiche, funzionali e neuro-ormonali indotte da tali trattamenti, tanto in acuto che a medio/lungo termine, possono generare numerose informazioni sulla fisio-patologia di questa sindrome. Il progetto scientifico alla base del presente manoscritto è costituito da due studi volti ad affrontare separatamente le tematiche accennate. Il primo studio è stato focalizzato sulle modificazioni indotte in 38 pazienti dalla terapia di resincronizzazione cardiaca sui parametri di circolazione periferica. I risultati ottenuti evidenziano come il trattamento consenta un incremento del flusso muscolare, soprattutto in chi presenterà un rimodellamento ventricolare inverso. La diversa eziologia sottostante (ischemica vs. non ischemica) appare influenzare i parametri relativi alla circolazione periferica tanto in acuto, quanto in cronico. Il diverso comportamento in merito alle variabili della circolazione periferica nelle valutazioni seriate suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca abbia, principalmente nei pazienti responders, effetti non solo “centrali”, e che essi non siano puramente meccanici ma mediati da fattori probabilmente di natura neuro-ormonale. Il secondo studio si è occupato della cardioversione elettrica esterna di fibrillazione atriale, un’aritmia che presenta strette relazioni con l’insufficienza cardiaca. 242 pazienti sono stati sottoposti a cardioversione elettrica esterna con onda bifasica, utilizzando due 1 diverse configurazioni di erogazione dell’energia: antero-posteriore con patch adesivi e antero-apicale con piastre standard. Il ripristino del ritmo sinusale è stato ottenuto in oltre l’80% dei pazienti già col primo shock a 120J. Sebbene fra le due metodiche non si evidenzi una significatività in termini di efficacia, i risultati ottenuti suggeriscono che la scelta della specifica configurazione di shock dovrebbe prendere in considerazione anche alcune variabili biometriche: peso, altezza e superficie corporea del paziente. Il ripristino ed il mantenimento del ritmo sinusale inducono un’importante modificazione della concentrazione di NT-pro-BNP. Un’elevata attivazione neuro-ormonale pre-procedura predispone alle recidive a medio-lungo termine, mentre le recidive nel breve-medio periodo appaiono influenzate da tale fattore solo in corso di profilassi anti-aritmica per il mantenimento del ritmo sinusale. In conclusione i risultati del progetto di ricerca sottolineano come trattamenti mirati a parametri strettamente cardiaci (ritmo e conduzione dell’impulso) siano in grado di determinare importanti modificazioni sugli equilibri emodinamici e neuro-ormonali dell’intero organismo, confermando la stretta relazione tra questi parametri e l’evoluzione del quadro clinico.

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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori l’orientamento determinato da parte della comunità europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale all’interno dei quali i sistemi di città potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. L’orientamento europeo si è confrontato con una realtà storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra città sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la città capitale dominante su città subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non è né continua né gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una città capitale di riconosciuto potere ma con città di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisività nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e l’Inghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dell’aera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realtà locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e “artificiosamente” rinata ad unità, dopo le vicende del XIX secolo: l’Emilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralità di centri emergenti, il rapporto col territorio è mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dall’uso attuale. La crescente domanda di capacità di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacità degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle “figure retoriche comunitarie”, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita “Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nell’economia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire un’ulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dell’UE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti è possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee.” La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilità; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalità, ed è la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessità di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilità politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunità Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con l’indagare il concetto di “regione funzionale”, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realtà territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che può essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perchè si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perciò solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire un’azione di governo del territorio. Sin dall’inizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dell’OCSE ha condotto un’indagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di “contorni” determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilità del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche è un elemento fondamentale che determina l’ubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nell’ambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo è stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda l’adeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori d’Europa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed è possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimità spaziale è solo uno degli aspetti di interazione tra le città, l’altro aspetto importante è quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce l’evoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro…). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare l’esigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nell’interpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ciò ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Città – Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si è utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novità è costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralità di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dall’attività settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dell’Europa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta l’attuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dell’assetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente più idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto l’ente storico di riferimento della pianificazione è il comune e l’ente di gestione delegato dallo stato è la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realtà locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilità con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile è l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello è da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso un’agenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perché ciò avvenga è necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dall’attività dello stato abbia caratteri definiti e fattibilità economico concreta.

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The Ph.D. dissertation analyses the reasons for which political actors (governments, legislatures and political parties) decide consciously to give away a source of power by increasing the political significance of the courts. It focuses on a single case of particular significance: the passage of the Constitutional Reform Act 2005 in the United Kingdom. This Act has deeply changed the governance and the organization of the English judicial system, has provided a much clearer separation of powers and a stronger independence of the judiciary from the executive and the legislative. What’s more, this strengthening of the judicial independence has been decided in a period in which the political role of the English judges was evidently increasing. I argue that the reform can be interpreted as a «paradigm shift» (Hall 1993), that has changed the way in which the judicial power is considered. The most diffused conceptions in the sub-system of the English judicial policies are shifted, and a new paradigm has become dominant. The new paradigm includes: (i) stronger separation of powers, (ii) collective (as well as individual) conception of the independence of the judiciary, (iii) reduction of the political accountability of the judges, (iv) formalization of the guarantees of judicial independence, (v) principle-driven (instead of pragmatic) approach to the reforms, and (vi) transformation of a non-codified constitution in a codified one. Judicialization through political decisions represent an important, but not fully explored, field of research. The literature, in particular, has focused on factors unable to explain the English case: the competitiveness of the party system (Ramseyer 1994), the political uncertainty at the time of constitutional design (Ginsburg 2003), the cultural divisions within the polity (Hirschl 2004), federal institutions and division of powers (Shapiro 2002). All these contributes link the decision to enhance the political relevance of the judges to some kind of diffusion of political power. In the contemporary England, characterized by a relative high concentration of power in the government, the reasons for such a reform should be located elsewhere. I argue that the Constitutional Reform Act 2005 can be interpreted as a result of three different kinds of reasons: (i) the social and demographical transformations of the English judiciary, which have made inefficient most of the precedent mechanism of governance, (ii) the role played by the judges in the policy process and (iii) the cognitive and normative influences originated from the European context, as a consequence of the membership of the United Kingdom to the European Union and the Council of Europe. My thesis is that only a full analysis of all these three aspects can explain the decision to reform the judicial system and the content of the Constitutional Reform Act 2005. Only the cultural influences come from the European legal complex, above all, can explain the paradigm shift previously described.

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Most actors of the Italian silent cinema in the early 1910s have a theatrical training. Some of them are already asserted or famous actors (like Cesare Dondini, Ermete Novelli, Ermete Zacconi, Giovanni Grasso) who are invited “to pose” for the cinema following their reputation, according to a strategy of an aesthetic and cultural legitimacy launched in 1909 by film d'art of the Pathé Consortium. I think it is the proverbial readiness and strength of the stage Italian actors that create a decisive contribution to the rapid development of the national cinema industry, despite its serious structural deficiencies, from the protoindustrialized phase (1909) to the golden age of divismo (starting in 1913), until the first signs of decadence (1919), and the so-called “fall” of the UCI production and distribution system. This is the main topic of the thesis: an investigation on the Italian stage actors engaged in the film industry (“from stage to screen” as the Italian title says, but in a “post-Vardac” approach) through many different sources: periodicals, memories, personal and business letters, and also contracts, found in several archive funds. A specific chapter is dedicated to the artistic career of Febo Mari (1881-1939), real name Alfredo Rodriguez, witch is a time-sample symptomatic of deep ties established between the growing film publishing and the Italian theatrical production system in the 1910s. The Mari debut in cinema and his ascent toward screen “divo” status coincides with the parable that leads from emergence to decadence of divismo in Italy.