165 resultados para DIRITTO EUROPEO DEI TRASPORTI L,54529,Ingegneria,0021,Tecnico del territorio,0355,,,,,,,2007,4


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L’elaborato ha avuto ad oggetto l’analisi delle sofisticate soluzioni normative proposte dall’ordinamento nazionale in relazione all’evoluzione della finanza di progetto. In particolare, è stata condotto un dettagliato studio delle fasi che compongono il project financing, nonché dei soggetti che, a diverso titolo e ragione, vi partecipano. L’elaborato contiene, poi, recenti esempi concreti di project financing nelle infrastrutture primarie (autostrade) tra cui il progetto di costruzione e la successiva gestione dell’autostrada regionale Medio Padana veneta, dell’autostrada regionale Cispadana, e dell’autostrada “Nogara-mare”. L’ultimo parte della tesi è stata infine incentrata sull’analisi delle più recenti pronunce giurisprudenziali in materia di project financing. In particolare, si ha avuto modo di analizzare il fenomeno dello jus poenitendi dell’amministrazione aggiudicatrice, nonché, più in generale gli eventi che possono negativamente incidere sulla finanza di progetto (mancata aggiudicazione, risoluzione del contratto di gestione, ecc.).

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Il presente elaborato si prefigge di analizzare il processo di liberalizzazione, comunitario e nazionale, del mercato del trasporto ferroviario di merci e di passeggeri, unitamente all'approfondimento della normativa dettata ai fini della tutela della sicurezza in ambito ferroviario.

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Il contesto nazionale è cambiato recentemente per l’introduzione del nuovo Sistema Geodetico coincidente con quello Europeo (ETRS89, frame ETRF00) e realizzato dalle stazioni della Rete Dinamica Nazionale. Sistema geodetico, associato al cartografico UTM_ETRF00, divenuto per decreto obbligatorio nelle Pubbliche Amministrazioni. Questo cambiamento ha consentito di ottenere rilevamenti dei dati cartografici in coordinate assolute ETRF00 molto più accurate. Quando i dati così rilevati vengono utilizzati per aggiornamenti cartografici perdono le coordinate originarie e vengono adattati a particolari cartografici circostanti. Per progettare una modernizzazione delle mappe catastali e delle carte tecniche finalizzata a consentire l’introduzione degli aggiornamenti senza modificarne le coordinate assolute originarie, lo studio è iniziato valutando come utilizzare sviluppi di strutturazione dei dati topografici presenti nel Database Geotopografico, modellizzazioni 3D di fabbricati nelle esperienze catastali INSPIRE, integrazioni in ambito MUDE tra progetti edilizi e loro realizzazioni. Lo studio è proseguito valutando i servizi di posizionamento in tempo reale NRTK presenti in Italia. Inoltre sono state effettuate sperimentazioni per verificare anche in sede locale la precisione e l’affidabilità dei servizi di posizionamento presenti. La criticità della cartografia catastale deriva sostanzialmente dal due fatti: che originariamente fu inquadrata in 850 Sistemi e successivamente fu trasformata in Roma40 con una esigua densità di punti rimisurati; che fino al 1988 fu aggiornata con modalità non rigorose di bassa qualità. Per risolvere tali criticità si è quindi ipotizzato di sfruttare le modalità di rilevamento NRTK per aumentare localmente la densità dei punti rimisurati e reinquadrare le mappe catastali. Il test, realizzato a Bologna, ha comportato un’analisi preliminare per individuare quali Punti Fiduciali considerare coerenti con le specifiche cartografiche per poi utilizzarli e aumentare localmente la densità dei punti rimisurati. La sperimentazione ha consentito la realizzazione del progetto e di inserire quindi i prossimi aggiornamenti senza modificarne le coordinate ETRF00 ottenute dal servizio di posizionamento.

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Per la tradizione amministrativa la concessione è lo strumento che consente ai singoli di utilizzare un bene pubblico a titolo particolare. Proprio l’endiadi espressa dai due aggettivi della definizione tradizionale, pubblico e particolare, nasconde la ragione della fortuna dello strumento concessorio, capace di soddisfare, allo stesso tempo, un’esigenza di carattere pubblico ed un bisogno eminentemente privato, sopravvivendo ai più differenti periodi storici ed all’affermarsi delle più radicali correnti di pensiero. A fare da sfondo a questa insanabile tensione, in perenne oscillazione tra i due poli estremi della definizione, la nozione, a sua volta relativa, discussa e costantemente rivisitata, di bene pubblico. Per questa ragione il titolo del lavoro che si presenta è articolato in tre segmenti, che fanno riferimento allo strumento, soltanto formalmente unitario, della concessione negli ambiti del demanio marittimo, del demanio costiero e del demanio portuale. Nel primo capitolo si esamina la disciplina normativa applicabile alle varie tipologie di concessione ipotizzabili sul demanio marittimo, cercando di cogliere, in una prospettiva di analisi diacronica, le linee di evoluzione dell’uso particolare dei beni variamente connessi alle esigenze della navigazione. Il secondo capitolo è, invece, dedicato all’esame dell’elaborazione giurisprudenziale relativa alle vicende del demanio marittimo. Mentre nel terzo capitolo, infine, si è tentato di ricercare e di rappresentare una teoria unitaria della concessione dovuta, in gran parte, all’incedere, apparentemente irresistibile, di un vocabolario comune dei contratti pubblici di matrice comunitaria. In questo contesto appare evidente la crisi, probabilmente irreversibile, della concezione di bene pubblico e quindi di concessione.

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Il presente lavoro affronta un tema di particolare attualità nella applicazione del mandato d’arresto europeo. Pensate per il contrasto alle forme più gravi di criminalità, le procedure di consegna hanno trovato sempre più spesso applicazione per vicende criminose di scarsa offensività, determinando conseguenze gravi sui diritti fondamentali degli individui coinvolti e mettendo a rischio la reciproca fiducia tra gli Stati membri nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Ciò ha imposto alle istituzioni europee di richiamare gli Stati membri al rispetto del principio di proporzionalità, quale principio generale del diritto europeo. Il presente studio analizza i presupposti e le modalità di applicazione di tale principio, alla luce del nuovo assetto impresso all’Unione dal Trattato di Lisbona e nella prospettiva dei diritti fondamentali. In particolare, esso si sofferma sul ruolo da attribuire, rispetto allo specifico tema, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione ed all’art. 52 par. 1 in essa previsto, ove emerge la valenza costituzionale del principio di proporzionalità.

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La tesi di dottorato "Unione Europea e Sanità" è uno studio sistematico del diritto alla salute e della protezione della sanità pubblica nell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea. Il primo capitolo analizza le competenze sanitarie dell'Unione Europea, introdotte per la prima volta dal Trattato di Maastricht e definitivamente sistemate all'art. 168 TFUE. La norma identifica alcuni settori specifici nei quali l'Unione può agire e altri, quali l'organizzazione dei sistemi sanitari e la fornitura di cure mediche, che rimangono in capo agli Stati membri. Il secondo capitolo esamina le deroghe e le esigenze imperative connesse alla salvaguardia della salute nel mercato interno ed è suddiviso in tre sezioni dedicate alla libera circolazione delle merci, al diritto di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Nella prima ci si è occupati dello sviluppo della legislazione farmaceutica. Nella seconda si sono analizzati il mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali e le legislazioni statali che restringono il diritto di stabilimento degli operatori sanitari transfrontalieri. Nella terza si è rivolta l'attenzione alla mobilità dei pazienti che, attraverso la giurisprudenza della Corte di Giustizia, è stata trasfusa in un atto di diritto derivato. Il terzo capitolo si concentra sul ruolo del diritto alla salute nell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea in considerazione del valore vincolante della Carta dei diritti fondamentali. Coerentemente, si è scelto di mantenere una struttura tripartita. Nella prima sezione, ci si interroga sull'esistenza di tale diritto alla luce dei pochi casi presenti. Nella seconda, lo si analizza per il tramite delle obbligazioni di proteggere, rispettare ed adempiere, enucleate attraverso alcuni strumenti internazionali e si verifica il ruolo del principio di non discriminazione in relazione all'accesso alle cure. Nella terza, infine, si verifica il ruolo del consenso informato rispetto alla sperimentazione clinica ed alla donazione di materiale biologico.

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La ricerca è dedicata a verificare se e come, a livello dell’Unione europea, la lotta alla criminalità (ed in particolare quella organizzata) venga condotta nel rispetto di diritti e libertà fondamentali, e se la cooperazione tra Stati membri su questo fronte possa giungere a promuovere standard omogenei ed elevati di tutela degli stessi. Gli ambiti di cooperazione interessati sono principalmente quello giudiziario in materia penale e quello di polizia, e la ritrosia degli Stati a cedere all’Unione competenze in materia si è accompagnata ad un ritardo ancora maggiore dell’emersione, nell’ambito degli stessi, della dimensione dei diritti. Ciò ha reso molto difficile lo sviluppo completo ed equilibrato di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (art. 67 TFUE). L’assetto istituzionale introdotto dal Trattato di Lisbona e l’attribuzione di valore giuridico vincolante alla Carta hanno però posto le basi per il superamento della condizione precedente, anche grazie al fatto che, negli ambiti richiamati, la salvaguardia dei diritti è divenuta competenza ed obiettivo esplicito dell’Unione. Centrale è per la ricerca la cooperazione giudiziaria in materia penale, che ha visto la ricca produzione normativa di stampo repressivo recentemente bilanciata da interventi del legislatore europeo a finalità garantista e promozionale. L’analisi degli strumenti nella prospettiva indicata all’inizio dell’esposizione è quindi oggetto della prima parte dell’elaborato. La seconda parte affronta invece la cooperazione di polizia e quello degli interventi volti alla confisca dei beni e ad impedire il riciclaggio, misure – queste ultime - di particolare rilievo soprattutto per il contrasto al crimine organizzato. Sottesi all’azione dell’Unione in queste materie sono, in modo preponderante, due diritti: quello alla salvaguardia dei dati personali e quello al rispetto della proprietà privata. Questi, anche in ragione delle peculiarità che li caratterizzano e della loro natura di diritti non assoluti, sono analizzati con particolare attenzione.

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Lo studio delle Zone Franche Urbane all’interno del Diritto tributario europeo non ha potuto prescindere da una introduttiva delimitazione del lavoro, capace di distinguere le diverse tipologie di zone franche esistenti nei Paesi intra/extra Ue. Attraversando i casi-studio di Madeira, delle Azzorre, fino alla istituenda Zona Franca di Bruxelles, Zone d’Economie Urbaine stimulée (ZEUS), si è giunti alla constatazione dell’assenza di una definizione di Zona Franca Urbana: analizzando le esperienze normative vissute in Francia e in Italia, si è potuto tratteggiare il profilo territoriale, soggettivo e oggettivo del sistema agevolativo rivolto al recupero delle aree urbane degradate. La funzione strumentale della fiscalità, esplicitata per mezzo delle ZFU, ha condotto ad una verifica di diritto interno per controllare la legittimità delle scelte nazionali in ragione dei principi costituzionali nazionali, come anche una di diritto europeo per evitare che le scelte nazionali, anche se legittime sul piano interno, possano per gli stessi effetti incentivanti alle attività d'impresa presentarsi come una forma territoriale di aiuti di Stato fiscali. Evidenziando il rapporto tra le ZFU e il Mercato europeo si è voluto, da un lato, effettuare una ricostruzione sistemica necessaria per un’interpretazione delle ZFU che metta in luce le componenti di tale strumento orientate al perseguimento di un interesse socioeconomico, che in prima battuta generi una contraddizione, una deroga ai principi costituzionali e comunitari, per poi “sciogliersi” in una coerente applicazione degli stessi; dall’altro, tentare di elevare le ZFU a misura sistemica dell’Ordinamento europeo. Si è svolto, infine, un ragionamento in termini di federalismo fiscale con riferimento alle ZFU, trovando una adeguata collocazione nel percorso di devoluzione intrapreso dal legislatore nazionale, avendo quali interlocutori privilegiati le Regioni a Statuto Speciale.

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La tesi analizza, sotto vari aspetti del diritto dell’Unione Europea, i servizi che sono offerti su spazi demaniali. Si articola in quattro capitoli: Il primo capitolo ricostruisce, valutandone l’impatto sui servizi che sono oggetto della presente indagine, lo sviluppo giurisprudenziale della Libertà di Stabilimento e della Libera Prestazione di Servizi, analizzando, altresì, i principi generali e l’art.16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione. Il secondo capitolo è, invece, dedicato al diritto secondario, ossia alla Direttiva 2006/123/CE, alle Direttive “Appalti” e alla Direttiva “Concessioni”. La prima, che nulla aggiunge al quadro normativo trattato nel primo capitolo, svolge, pertanto una vera e propria funzione appaltante e concessoria. Le seconde, invece, seppur non applicabili alle fattispecie ivi esaminate, restano utili per comprendere quale declinazione possano avere i principi di eguaglianza, di non discriminazione, di trasparenza, di pubblicità e di concorrenza nella regolazione dei servizi offerti su spazi demaniali. La terza, invece, in quanto a rilevanza, presenta alcuni punti critici che fanno propendere per una sua non applicabilità. Resta comunque utile sempre in materia di principi, i quali, come evidenziato nell’ultima parte del secondo capitolo, sono stati utilizzati dalla Corte di Giustizia, pur nella totale assenza, fino alla recente direttiva, di strumenti di diritto secondario applicabili alle concessioni. Il terzo capitolo, invece, affronta le problematiche emerse all’interno dell’ordinamento italiano e attua una comparazione tra il sistema italiano e quello portoghese, croato, francese, spagnolo. Il quarto capitolo, da ultimo, prende in considerazione il delicato equilibrio, sempre più attuale, tra principi in materia di appalti pubblici e aiuti di Stato, valutando come, sia il permanere dello status quo, sia un riordino non conforme alla Direttiva 2006/123/CE e ai principi da essa richiamati possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

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La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.

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Una stampa libera e plurale è un elemento fondante di ogni sistema democratico ed è fondamentale per la creazione di un’opinione pubblica informata e in grado di esercitare controllo e pressione sulle classi dirigenti. Dal momento della loro creazione i giornali si sono imposti come un’importantissima fonte di informazione per l’opinione pubblica. La seconda metà del Novecento, inoltre, ha conosciuto innovazioni tecnologiche che hanno portato grandi cambiamenti nel ruolo della carta stampata come veicolo di trasmissione delle notizie. Partendo dalla diffusione della televisione fino ad arrivare alla rivoluzione digitale degli anni ’90 e 2000, la velocità di creazione e di trasmissione delle informazioni è aumentata esponenzialmente, i costi di produzione e di acquisizione delle notizie sono crollati e una quantità enorme di dati, che possono fornire moltissime informazioni relative alle idee e ai contenuti proposti dai diversi autori nel corso del tempo, è ora a disposizione di lettori e ricercatori. Tuttavia, anche se grazie alla rivoluzione digitale i costi materiali dei periodici si sono notevolmente ridotti, la produzione di notizie comporta altre spese e pertanto si inserisce in un contesto di mercato, sottoposto alle logiche della domanda e dell'offerta. In questo lavoro verrà analizzato il ruolo della domanda e della non perfetta razionalità dei lettori nel mercato delle notizie, partendo dall’assunto che la differenza di opinioni dei consumatori spinge le testate a regolare l’offerta di contenuti, per venire incontro alla domanda di mercato, per verificare l’applicabilità del modello utilizzato (Mullainhatan e Shleifer, 2005) al contesto italiano. A tale scopo si è analizzato il comportamento di alcuni quotidiani nazionali in occasione di due eventi che hanno profondamente interessato l'opinione pubblica italiana: il fenomeno dei flussi migratori provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo nel mese di ottobre 2013 e l'epidemia di influenza H1N1 del 2009.

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Caratteristica comune ai regimi di consolidamento previsti dai diversi ordinamenti, è quella di consentire la compensazione tra utili e perdite di società residenti, e, di negare, o rendere particolarmente difficoltosa, la stessa compensazione, quando le perdite sono maturate da società non residenti. La non considerazione delle perdite comporta una tassazione al lordo del gruppo multinazionale, per mezzo della quale, non si colpisce il reddito effettivo dei soggetti che vi appartengono. L’effetto immediato è quello di disincentivare i gruppi a travalicare i confini nazionali. Ciò impedisce il funzionamento del Mercato unico, a scapito della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49-54 del TFUE. Le previsioni ivi contenute sono infatti dirette, oltre ad assicurare a società straniere il beneficio della disciplina dello Stato membro ospitante, a proibire altresì allo Stato di origine di ostacolare lo stabilimento in un altro Stato membro dei propri cittadini o delle società costituite conformemente alla propria legislazione. Gli Stati membri giustificano la discriminazione tra società residenti e non residenti alla luce della riserva di competenza tributaria ad essi riconosciuta dall’ordinamento europeo in materia delle imposte dirette, dunque, in base all’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In assenza di qualsiasi riferimento normativo, va ascritto alla Corte di Giustizia il ruolo di interprete del diritto europeo. La Suprema Corte, con una serie di importanti pronunce, ha infatti sindacato la compatibilità con il diritto comunitario dei vari regimi interni che negano la compensazione transfrontaliera delle perdite. Nel verificare la compatibilità con il diritto comunitario di tali discipline, la Corte ha tentato di raggiungere un (difficile) equilibrio tra due interessi completamenti contrapposti: quello comunitario, riconducibile al rispetto della libertà di stabilimento, quello degli Stati membri, che rivendicano il diritto di esercitare il proprio potere impositivo.