103 resultados para tomografia a resistenza elettrica, miscelazione, bifase, reattore agitato
Resumo:
L’irrigidimento del contesto regolamentare europeo dovuto all’attuale condizione di contaminazione diffusa dell’ambiente, riscontrata in Italia e in molti altri paesi europei, ha visto l’esigenza sempre più pressante di razionalizzare le dosi dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura. Lo sviluppo e l’utilizzo di nuovi prodotti coadiuvanti come specifici antideriva per erbicidi, rappresenta in questo senso, un’importante risorsa su cui si inizia a fare affidamento. In Francia, per esempio, già da alcuni anni ci sono normative che obbligano l’utilizzo in agricoltura di tali prodotti, mentre in Italia non si hanno ancora direttive precise a riguardo. In tal contesto l’obiettivo principale di questa ricerca, effettuata in collaborazione con la ditta Intrachem, è stato quello di studiare alcune caratteristiche funzionali relative a due prodotti, che verranno lanciati a breve sul mercato, come specifici antideriva per erbicidi. In particolar modo è stato fatto uno studio per verificare se ed eventualmente come, questi coadiuvanti (Gondor e Zarado) possono influenzare l’attività del principio attivo a cui vengono aggiunti, apportando variazioni relative alla sua efficacia. Lo schema di lavoro seguito ha previsto una prima fase di saggio dove venivano effettuati test dose-risposta, utilizzando diversi erbicidi a diverse concentrazioni. I test sono stati effettuati su alcune malerbe mono e dicotiledoni. In ciascuna di queste prove è stata valutata e confrontata la percentuale di sopravvivenza e il peso dei sopravvissuti tra le tesi trattate. Le tesi prevedevano trattamenti con erbicida e trattamenti con erbicida più uno dei due coadiuvanti. Nella seconda fase si è effettuato un approfondimento sulle tesi che hanno mostrato i risultati più interessanti, per capirne possibilmente le basi fisiologiche. In particolare si è verificato se l’aggiunta dei due antideriva potesse determinare cambiamenti durante la fase di assorbimento e di traslocazione del principio attivo all’interno della piantina, utilizzando molecole radiomarcate con C14. Dai risultati ottenuti si è potuto evidenziare come l’aggiunta dei coadiuvanti possa rendere più efficace l’azione dell’erbicida nei casi in cui le infestanti non vengono completamente controllate dagli stessi (stadio vegetativo troppo avanzato e resistenza all’erbicida). Non è stato sempre verificato che ad un miglioramento dell’efficacia coincida un aumento dell’assorbimento e della traslocazione del principio attivo, all’interno della pianta. In conclusione si è potuto constatare che Gondor e Zarado oltre a svolgere la loro funzione antideriva, non influenzano negativamente l’efficacia dell’erbicida, salvo poche eccezioni, ma al contrario possono potenziarne l’azione, nelle situazioni “border line”.
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In the recent years, consumers became more aware and sensible in respect to environment and food safety matters. They are more and more interested in organic agriculture and markets and tend to prefer ‘organic’ products more than their traditional counterparts. To increase the quality and reduce the cost of production in organic and low-input agriculture, the 6FP-European “QLIF” project investigated the use of natural products such as bio-inoculants. They are mostly composed by arbuscular mycorrhizal fungi and other microorganisms, so-called “plant probiotic” microorganisms (PPM), because they help keeping an high yield, even under abiotic and biotic stressful conditions. Italian laws (DLgs 217, 2006) have recently included them as “special fertilizers”. This thesis focuses on the use of special fertilizers when growing tomatoes with organic methods in open field conditions, and the effects they induce on yield, quality and microbial rhizospheric communities. The primary objective was to achieve a better understanding of how plant-probiotic micro-flora management could buffer future reduction of external inputs, while keeping tomato fruit yield, quality and system sustainability. We studied microbial rhizospheric communities with statistical, molecular and histological methods. This work have demonstrated that long-lasting introduction of inoculum positively affected micorrhizal colonization and resistance against pathogens. Instead repeated introduction of compost negatively affected tomato quality, likely because it destabilized the ripening process, leading to over-ripening and increasing the amount of not-marketable product. Instead. After two years without any significant difference, the third year extreme combinations of inoculum and compost inputs (low inoculum with high amounts of compost, or vice versa) increased mycorrhizal colonization. As a result, in order to reduce production costs, we recommend using only inoculum rather than compost. Secondly, this thesis analyses how mycorrhizal colonization varies in respect to different tomato cultivars and experimental field locations. We found statistically significant differences between locations and between arbuscular colonization patterns per variety. To confirm these histological findings, we started a set of molecular experiments. The thesis discusses preliminary results and recommends their continuation and refinement to gather the complete results.
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Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica complessa di notevole prevalenza ed incidenza nella popolazione generale, con elevata mortalità e morbidità. Le numerose alterazioni strutturali e funzionali che lo caratterizzano sono in grado di generare contemporaneamente diversi tipi di alterazioni del ritmo: dalle tachiaritmie ventricolari/sopraventricolari alle turbe della conduzione dell’impulso con bradi-aritmie e dissincronie di contrazione. La cardioversione della fibrillazione atriale e la resincronizzazione cardiaca rappresentano due terapie elettriche molto importanti in tale contesto. Le modificazioni emodinamiche, funzionali e neuro-ormonali indotte da tali trattamenti, tanto in acuto che a medio/lungo termine, possono generare numerose informazioni sulla fisio-patologia di questa sindrome. Il progetto scientifico alla base del presente manoscritto è costituito da due studi volti ad affrontare separatamente le tematiche accennate. Il primo studio è stato focalizzato sulle modificazioni indotte in 38 pazienti dalla terapia di resincronizzazione cardiaca sui parametri di circolazione periferica. I risultati ottenuti evidenziano come il trattamento consenta un incremento del flusso muscolare, soprattutto in chi presenterà un rimodellamento ventricolare inverso. La diversa eziologia sottostante (ischemica vs. non ischemica) appare influenzare i parametri relativi alla circolazione periferica tanto in acuto, quanto in cronico. Il diverso comportamento in merito alle variabili della circolazione periferica nelle valutazioni seriate suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca abbia, principalmente nei pazienti responders, effetti non solo “centrali”, e che essi non siano puramente meccanici ma mediati da fattori probabilmente di natura neuro-ormonale. Il secondo studio si è occupato della cardioversione elettrica esterna di fibrillazione atriale, un’aritmia che presenta strette relazioni con l’insufficienza cardiaca. 242 pazienti sono stati sottoposti a cardioversione elettrica esterna con onda bifasica, utilizzando due 1 diverse configurazioni di erogazione dell’energia: antero-posteriore con patch adesivi e antero-apicale con piastre standard. Il ripristino del ritmo sinusale è stato ottenuto in oltre l’80% dei pazienti già col primo shock a 120J. Sebbene fra le due metodiche non si evidenzi una significatività in termini di efficacia, i risultati ottenuti suggeriscono che la scelta della specifica configurazione di shock dovrebbe prendere in considerazione anche alcune variabili biometriche: peso, altezza e superficie corporea del paziente. Il ripristino ed il mantenimento del ritmo sinusale inducono un’importante modificazione della concentrazione di NT-pro-BNP. Un’elevata attivazione neuro-ormonale pre-procedura predispone alle recidive a medio-lungo termine, mentre le recidive nel breve-medio periodo appaiono influenzate da tale fattore solo in corso di profilassi anti-aritmica per il mantenimento del ritmo sinusale. In conclusione i risultati del progetto di ricerca sottolineano come trattamenti mirati a parametri strettamente cardiaci (ritmo e conduzione dell’impulso) siano in grado di determinare importanti modificazioni sugli equilibri emodinamici e neuro-ormonali dell’intero organismo, confermando la stretta relazione tra questi parametri e l’evoluzione del quadro clinico.
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Members of the genera Campylobacter and Helicobacter have been in the spotlight in recent decades because of their status as animals and/or humans pathogens, both confirmed and emerging, and because of their association with food-borne and zoonotic diseases. First observations of spiral shaped bacteria or Campylobacter-like organisms (CLO) date back to the end of the 19th century, however the lack of adequate isolation methods hampered further research. With the introduction of methods such as selective media and a filtration procedure during the 1970s led to a renewed interest in Campylobacter, especially as this enabled elucidation of their role in human hosts. On the other hand the classification and identification of these bacteria was troublesome, mainly because of the biochemical inertness and fastidious growth requirements. In 1991, the taxonomy of Campylobacter and related organisms was thoroughly revised, since this revision several new Campylobacter and Helicobacter species have been described. Moreover, thanks to the introduction of a polyphasic taxonomic practice, the classification of these novel species is well-founded. Indeed, a polyphasic approach was here followed for characterizing eight isolates obtained from rabbits epidemiologically not correlated and as a result a new Campylobacter species was proposed: Campylobacter cuniculorum (Chapter 1). Furthermore, there is a paucity of data regarding the occurrence of spiral shaped enteric flora in leporids. In order to define the prevalence both of this new species and other CLO in leporids (chapter 2), a total of 85 whole intestinal tracts of rabbits reared in 32 farms and 29 capture hares, epidemiologically not correlated, were collected just after evisceration at the slaughterhouse or during necroscopy. Examination and isolation methods were varied in order to increase the sensibility level of detection, and 100% of rabbit farms resulted positive for C. cuniculorum in high concentrations. Moreover, in 3.53% of the total rabbits examined, a Helicobacter species was detected. Nevertheless, all hares resulted negative both for Campylobacter or Helicobacter species. High prevalence of C. cuniculorum were found in rabbits, and in order to understand if this new species could play a pathological role, a study on some virulence determinants of C. cuniculorum was conducted (Chapter 3). Although this new species were able to adhere and invade, exert cytolethal distending toxin-like effects although at a low titre, a cdtB was not detected. There was no clear relationship between source of isolation or disease manifestation and possession of statistically significantly levels of particular virulence-associated factors although, cell adhesion and invasion occurred. Furthermore, antibiotic susceptibility was studied (chapter 4) in Campylobacter and in Escherichia coli strains, isolated from rabbits. It was possible to find acquired resistance of C. cuniculorum to enrofloxacin, ciprofloxacin and erytromycin. C. coli isolate was susceptible to all antimicrobial tested and moreover it is considered as a wild-type strain. Moreover, E. coli was found at low caecal concentration in rabbits and 30 phenotypes of antibiotic resistance were founded as well as the high rate of resistances to at least one antibiotic (98.1%). The majority of resistances were found from strains belonging to intensive farming system. In conclusion, in the course of the present study a new species isolated from rabbits was described, C. cuniculorum, and its high prevalence was established. Nevertheless, in hare samples no Campylobacter and Helicobacter species were detected. Some virulence determinants were further analyzed, however further studied are needed to understand the potential pathogenicity of this new species. On the other hand, antimicrobial susceptibility was monitored both in C. cuniculorum and indicator bacteria and acquired resistance was observed towards some antibiotics, indicating a possible role of rabbitries in the diffusion of antibiotic resistance. Further studies are necessary to describe and evaluate the eventual zoonotic role of Campylobacter cuniculorum.
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L’attuale condizione che caratterizza il settore energetico richiede un necessario processo di riconversione che, oltre a favorire il risparmio energetico, riduca la dipendenza dai combustibili fossili ed accresca l’impiego di fonti energetiche rinnovabili, dando un contributo fondamentale alla riduzione delle emissioni di gas serra come diversi accordi internazionali richiedono. Si rende pertanto necessario accelerare i processi che da alcuni anni stanno favorendo l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili. Tra queste, le fonti legate ai processi di trattamento biologico dei reflui stanno avendo un interessante sviluppo. Esistono numerosi processi biologici che consentono la produzione di energia in maniera indiretta, quali ad esempio i processi di digestione anaerobica finalizzati alla produzione di biogas e/o produzione biologica di idrogeno. In tale contesto si inserisce la tecnologia delle Microbial Fuel Cell, che consente la produzione diretta di energia elettrica, finalizzata al recupero energetico inteso al miglioramento dell’efficienza energetica e alla riduzione dei costi d’esercizio di impianti di trattamento biologico dei reflui. Il presente lavoro di Tesi di Dottorato sperimentale, svoltosi in collaborazione al laboratorio PROT.-IDR. della sede ENEA di Bologna, riporta i risultati dell’attività di ricerca condotta su una MFC (Microbial Fuel Cell) a doppio stadio biologico per il trattamento di reflui ad elevato carico organico e produzione continua di energia elettrica. E’ stata provata l’applicabilità della MFC con entrambi i comparti biotici utilizzando elettrodi di grafite non trattata ottenendo, con un carico organico in ingresso di circa 9 gd-1, valori di potenza massima prodotta che si attestano su 74 mWm-2, corrente elettrica massima generata di 175 mAm-2 ad una tensione di 421 mV, ed una conversione di COD in elettricità pari a 1,2 gCODm-2d-1. I risultati sono stati molto positivi per quanto riguarda le prestazioni depurative ottenute dalla MFC. L’efficienza di depurazione misurata ha raggiunto un valore massimo del 98% di rimozione del COD in ingresso, mentre e la concentrazione di azoto ammoniacale nell’effluente raccolto all’uscita del sedimentatore è sempre stata inferiore a 1 mgN-NH4+l-1. Tra gli obiettivi posti all’inizio della sperimentazione si è rivelata di notevole interesse la valutazione del possibile utilizzo della MFC come sistema per il monitoraggio on-line del COD e degli acidi grassi volatili (VFA) prodotti all’interno di un digestore anaerobico, attraverso la definizione di una correlazione tra i dati elettrici registrati in continuo e le concentrazioni di CODanaer e VFA misurate in diversi periodi della sperimentazione. L’analisi DGGE della biomassa catodica ha fornito uno strumento analitico utile allo studio della diversità della comunità microbica sospesa ed adesa al catodo e ha confermato la forte similarità delle specie batteriche riconosciute nei campioni analizzati. In particolare, le bande di sequenziamento ottenute sono affiliate ai gruppi batterici Firmicutes, -Proteobacteria, -Proteobacteria, -Proteobacteria e Bacteroidetes. Da quanto emerso dalla sperimentazione condotta si può pertanto concludere che ad oggi le MFC sono in fase di evoluzione rispetto ai primi prototipi utilizzati per lo studio delle comunità microbiali e per la comprensione dei meccanismi di trasferimento elettronico. Sfruttarne la potenza prodotta in maniera commerciale diviene una grande sfida per il futuro, ed è opinione comune che le prime applicazioni pratiche delle MFC saranno come fonte di recupero energetico per i dispositivi utilizzati per il monitoraggio dell’ambiente e per il trattamento delle acque reflue.
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La presente ricerca si inquadra nell’ambito della risoluzione dei problemi legati alla chirurgia ossea, per la cura e la sostituzione di parti di osso in seguito a fratture, lesioni gravi, malformazioni e patologie quali osteoporosi, tumori, etc… Attualmente la progettazione di impianti per le sostituzioni/rigenerazioni ossee richiede che i materiali sviluppati siano in grado di “mimare” la composizione e la morfologia dei tessuti naturali, in modo da generare le specifiche interazioni chimiche esistenti nei tessuti dell’organismo con cui vengono a contatto e quindi di biointegrarsi e/o rigenerare l’osso mancante nel miglior modo possibile, in termini qualitativi e quantitativi. Per lo sviluppo di sostituti ossei porosi sono state sperimentate 2 tecnologie innovative: il freeze-casting ed il foaming. Gli impianti ceramici realizzati hanno presentano una dimensione dei pori ed un’interconnessione adeguata sia per l’abitazione cellulare che per la penetrazione dei fluidi fisiologici e la vascolarizzazione. In particolare l’elevata unidirezionalità nei campioni ottenuti mediante freeze-casting si presenta molto promettente poiché fornisce cammini guida che migliorano la vascolarizzazione dell’impianto e l’abitazione cellulare in tempi rapidi e nella parte più interna dello scaffold. D’altra parte, la tecnologia del foaming ha permesso l’ottenimento di materiali apatitici ad alta porosità multidimensionale ed interconnessa con proprietà meccaniche implementate rispetto a tipologie precedenti e, lavorabili dopo sinterizzazione mediante prototipazione rapida. Per questo motivo, questi materiali sono attualmente in corso di sperimentazione, con risultati preliminari adeguati promettenti per un’applicazione clinica, come sostituti ossei di condilo mandibolare, sito estremamente critico per gli sforzi meccanici presenti. È stata dimostrata la possibilità di utilizzare lo scaffold ceramico biomimetico con la duplice funzione di sostituto osseo bioattivo e sistema di rilascio in situ di ioni specifici e di antibiotico, in cui la cinetica di rilascio risulta fortemente dipendente dalle caratteristiche chimico-fisico morfologiche del dispositivo (solubilità, area di superficie specifica,…). Per simulare sempre di più la composizione del tessuto osseo e per indurre specifiche proprietà funzionali, è stata utilizzata la gelatina come fase proteica con cui rivestire/impregnare dispositivi porosi 3D a base di apatite, con cui miscelare direttamente la fase inorganica calcio-fosfatica e quindi realizzare materiali bio-ibridi in cui le due fasi contenenti siano intimamente interagenti. Inoltre al fine di ridurre gli innumerevoli problemi legati alle infezioni ossee alcuni dei materiali sviluppati sono stati quindi caricati con antibiotico e sono state valutate le cinetiche di rilascio. In questa maniera, nel sito dell’impianto sono state associate le funzioni di trasporto e di rilascio di farmaco, alla funzione di sostituzione/rigenerazione ossee. La sperimentazione con la gelatina ha messo in luce proprietà posatamente sfruttabili della stessa. Oltre a conferire allo scaffold un implementata mimesi composizionale del tessuto osseo, ha infatti consentito di aumentare le proprietà meccaniche, sia come resistenza a compressione che deformazione. Unitamente a quanto sopra, la gelatina ha consentito di modulare la funzionalità di dispensatore di farmaco; mediante controllo della cinetica di rilascio, tramite processi di reticolazione più o meno spinti.
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A livello globale una delle problematiche più urgenti della sanità pubblica umana e veterinaria è rappresentata dal controllo delle infezioni virali. L’emergenza di nuove malattie, la veloce diffusione di patologie finora confinate ad alcune aree geografiche, lo sviluppo di resistenza dei patogeni alle terapie utilizzate e la mancanza di nuove molecole attive, sono gli aspetti che influiscono più negativamente livello socio-economico in tutto il mondo. Misure per limitare la diffusione delle infezioni virali prevedono strategie per prevenire e controllare le infezioni in soggetti a rischio . Lo scopo di questa tesi è stato quello di indagare il possibile utilizzo di prototipi virali utilizzati come modello di virus umani per valutare l’efficacia di due diversi metodi di controllo delle malattie virali: la rimozione mediante filtrazione di substrati liquidi e gli antivirali di sintesi e di origine naturale. Per quanto riguarda la rimozione di agenti virali da substrati liquidi, questa è considerata come requisito essenziale per garantire la sicurezza microbiologica non solo di acqua ad uso alimentare , ma anche dei prodotti utilizzati a scopo farmaceutico e medico. Le Autorità competenti quali WHO ed EMEA hanno redatto delle linee guida molto restrittive su qualità e sicurezza microbiologica dei prodotti biologici per garantire la rimozione di agenti virali che possono essere trasmessi con prodotti utilizzati a scopo terapeutico. Nell'industria biomedicale e farmaceutica c'è l'esigenza di una tecnologia che permetta la rimozione dei virus velocemente, in grande quantità, a costi contenuti, senza alterare le caratteristiche del prodotto finale . La collaborazione con l’azienda GVS (Zola Predosa, Italia) ha avuto come obiettivo lo studio di una tecnologia di filtrazione che permette la rimozione dei virus tramite membrane innovative e/o tessuti-non-tessuti funzionalizzati che sfruttano l’attrazione elettrostatica per ritenere ed asportare i virus contenuti in matrici liquide. Anche gli antivirali possono essere considerati validi mezzi per il controllo delle malattie infettive degli animali e nell’uomo quando la vaccinazione non è realizzabile come ad esempio in caso di scoppio improvviso di un focolaio o di un attacco bioterroristico. La scoperta degli antivirali è relativamente recente ed il loro utilizzo è attualmente limitato alla patologia umana, ma è in costante aumento l’interesse per questo gruppo di farmaci. Negli ultimi decenni si è evidenziata una crescente necessità di mettere a punto farmaci ad azione antivirale in grado di curare malattie ad alta letalità con elevato impatto socio-economico, per le quali non esiste ancora un’efficace profilassi vaccinale. Un interesse sempre maggiore viene rivolto agli animali e alle loro patologie spontanee, come modello di studio di analoghe malattie dell’uomo. L’utilizzo di farmaci ad azione antivirale in medicina veterinaria potrebbe contribuire a ridurre l’impatto economico delle malattie limitando, nel contempo, la disseminazione dei patogeni nell’ambiente e, di conseguenza, il rischio sanitario per altri animali e per l’uomo in caso di zoonosi. Le piante sono sempre state utilizzate dall’industria farmaceutica per l’isolamento dei composti attivi e circa il 40% dei farmaci moderni contengono principi d’origine naturale. Alla luce delle recenti emergenze sanitarie, i fitofarmaci sono stati considerati come una valida per migliorare la salute degli animali e la qualità dei prodotti da essi derivati. L’obiettivo del nostro studio è stato indagare l’attività antivirale in vitro di estratti naturali e di molecole di sintesi nei confronti di virus a RNA usando come prototipo il Canine Distemper Virus, modello di studio per virus a RNA a polarità negativa, filogeneticamente correlato al virus del morbillo umano. La scelta di questo virus è dipesa dal fatto che rispetto ai virus a DNA e ai retrovirus attualmente l’offerta di farmaci capaci di contrastare le infezioni da virus a RNA è molto limitata e legata a molecole datate con alti livelli di tossicità. Tra le infezioni emergenti causate da virus a RNA sono sicuramente da menzionare quelle provocate da arbovirus. Le encefaliti virali da arbovirus rappresentano una emergenza a livello globale ed attualmente non esiste una terapia specifica. Una delle molecole più promettenti in vitro per la terapia delle infezioni da arbovirus è la ribavirina (RBV) che, con il suo meccanismo d’azione pleiotropico, si presta ad essere ulteriormente studiata in vivo per la sua attività antivirale nei confronti delle infezioni da arbovirus. Uno dei fattori limitanti l’utilizzo in vivo di questa molecola è l’incapacità della molecola di oltrepassare la barriera emato-encefalica. Nel nostro studio abbiamo messo a punto una formulazione per la somministrazione endonasale di RBV e ne abbiamo indagato la diffusione dalla cavità nasale all’encefalo attraverso l’identificazione e quantificazione della molecola antivirale nei diversi comparti cerebrali . Infine è stato condotto un esperimento in vivo per valutare l’efficacia di un composto a base di semi di Neem, di cui sono già note le proprietà antimicrobiche, nei confronti dell’infezione da orf virus, una zoonosi a diffusione mondiale, che ha un elevato impatto economico in aree ad alta densità ovi-caprina e può provocare lesioni invalidanti anche nell’uomo.
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Organic electronics has grown enormously during the last decades driven by the encouraging results and the potentiality of these materials for allowing innovative applications, such as flexible-large-area displays, low-cost printable circuits, plastic solar cells and lab-on-a-chip devices. Moreover, their possible field of applications reaches from medicine, biotechnology, process control and environmental monitoring to defense and security requirements. However, a large number of questions regarding the mechanism of device operation remain unanswered. Along the most significant is the charge carrier transport in organic semiconductors, which is not yet well understood. Other example is the correlation between the morphology and the electrical response. Even if it is recognized that growth mode plays a crucial role into the performance of devices, it has not been exhaustively investigated. The main goal of this thesis was the finding of a correlation between growth modes, electrical properties and morphology in organic thin-film transistors (OTFTs). In order to study the thickness dependence of electrical performance in organic ultra-thin-film transistors, we have designed and developed a home-built experimental setup for performing real-time electrical monitoring and post-growth in situ electrical characterization techniques. We have grown pentacene TFTs under high vacuum conditions, varying systematically the deposition rate at a fixed room temperature. The drain source current IDS and the gate source current IGS were monitored in real-time; while a complete post-growth in situ electrical characterization was carried out. At the end, an ex situ morphological investigation was performed by using the atomic force microscope (AFM). In this work, we present the correlation for pentacene TFTs between growth conditions, Debye length and morphology (through the correlation length parameter). We have demonstrated that there is a layered charge carriers distribution, which is strongly dependent of the growth mode (i.e. rate deposition for a fixed temperature), leading to a variation of the conduction channel from 2 to 7 monolayers (MLs). We conciliate earlier reported results that were apparently contradictory. Our results made evident the necessity of reconsidering the concept of Debye length in a layered low-dimensional device. Additionally, we introduce by the first time a breakthrough technique. This technique makes evident the percolation of the first MLs on pentacene TFTs by monitoring the IGS in real-time, correlating morphological phenomena with the device electrical response. The present thesis is organized in the following five chapters. Chapter 1 makes an introduction to the organic electronics, illustrating the operation principle of TFTs. Chapter 2 presents the organic growth from theoretical and experimental points of view. The second part of this chapter presents the electrical characterization of OTFTs and the typical performance of pentacene devices is shown. In addition, we introduce a correcting technique for the reconstruction of measurements hampered by leakage current. In chapter 3, we describe in details the design and operation of our innovative home-built experimental setup for performing real-time and in situ electrical measurements. Some preliminary results and the breakthrough technique for correlating morphological and electrical changes are presented. Chapter 4 meets the most important results obtained in real-time and in situ conditions, which correlate growth conditions, electrical properties and morphology of pentacene TFTs. In chapter 5 we describe applicative experiments where the electrical performance of pentacene TFTs has been investigated in ambient conditions, in contact to water or aqueous solutions and, finally, in the detection of DNA concentration as label-free sensor, within the biosensing framework.
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Lo scopo dello studio è un'analisi comparativa degli impatti ambientali, calcolati utilizzando la metodologia del Life Cycle Assessment, della fase agricola di 9 colture dedicate (lignocellulosiche, oleaginose e cereali) da biomassa, con diifferenti destinazioni energetiche (biocarburanti di I e II generazione ed energia elettrica). E' infine stata eseguita un'analisi "from cradle to grave" considerando anche le diverse tecnice di trasformazione possibili, con dati bibliografici. Sotto tutti i profili (impatto per ettaro, impatto per unità energetica generata, e impatto totale della filiera, risulta un netto vantaggio delle coltrue lignocellulosiche, e fra queste specialmente le poliennali.
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L’evoluzione dei sensori multispettrali e la prospettiva di sviluppo dei sensori iperspettrali nel campo del telerilevamento ottico offrono nuovi strumenti per l’indagine del territorio e rinnovano la necessità di ridefinire potenzialità, limiti e accuratezza delle metodologie tradizionali. Nel caso delle immagini iperspettrali, in particolare, l’elevatissima risoluzione spettrale apre nuove possibilità di sviluppo di modelli fisicamente basati per correlare grandezze radiometriche con indicatori fisico-chimici caratteristici delle superfici osservate, a prezzo però di maggiori oneri nella gestione del dato. Il presente lavoro mira appunto ad esaminare, per alcune applicazioni di carattere ambientale e attraverso casi di studio specifici, le criticità del problema del rilevamento da remoto nel suo complesso: dai problemi di correzione radiometrica delle immagini, all'acquisizione di dati di calibrazione sul campo, infine all'estrazione delle informazioni di interesse dal dato telerilevato. A tal fine sono stati sperimentati diversi modelli di trasferimento radiativo ed è stata sviluppata un’interfaccia per la gestione del modello 6SV. Per quest’ultimo sono state inoltre sviluppate routine specifiche per il supporto dei sensori Hyperion e World View 2. La ricerca svolta intende quindi offrire un contributo alla definizione di procedure operative ripetibili, per alcune applicazioni intimamente connesse all’indagine conoscitiva ed al monitoraggio dei processi in atto sul territorio. Nello specifico, si è scelto il caso di studio dell’oasi del Fayyum, in Egitto, per valutare il contenuto informativo delle immagini satellitari sotto tre diversi profili, soltanto in apparenza distinti: la classificazione della litologia superficiale, la valutazione dello stato di qualità delle acque ed il monitoraggio delle opere di bonifica. Trattandosi di un’oasi, le aree coltivate del Fayyum sono circondate dai suoli aridi del deserto libico. La mancanza di copertura vegetale rappresenta una condizione privilegiata per l’osservazione della litologia superficiale da remoto, auspicabile anche per la scarsa accessibilità di alcune aree. Il fabbisogno idrico dell’oasi è garantito dall’apporto di acque del fiume Nilo attraverso una rete di irrigazione che ha, come recettore finale, il lago Qarun, situato nella porzione più depressa dell’oasi. Questo lago, privo di emissari, soffre enormi problemi di salinizzazione, visto il clima iper-arido in cui si trova, e di inquinamento da fertilizzanti agricoli. Il problema della sostenibilità ambientale dello sfruttamento agricolo intensivo dell’oasi è un problema di deterioramento della qualità dell’acqua e della qualità dei suoli. È un problema che richiede una adeguata conoscenza del contesto geologico in cui questi terreni sono inseriti ed una capacità di monitoraggio degli interventi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto; entrambe conoscenze necessarie alla definizione di un piano di sviluppo economico sostenibile. Con l’intento di contribuire ad una valutazione delle effettive potenzialità del telerilevamento come strumento di informazione territoriale, sono state sperimentate tecniche di classificazione di immagini multispettrali ASTER ed iperspettrali Hyperion di archivio per discriminare la litologia superficiale sulle aree adiacenti al lago Qarun nell’oasi del Fayyum. Le stesse immagini Hyperion di archivio più altre appositamente acquisite sono state utilizzate, assieme ad immagini multispettrali ALI, per la valutazione qualitativa e quantitativa di parametri di qualità delle acque, attraverso l’applicazione di modelli empirici di correlazione. Infine, per valutare l’ipotesi che il deterioramento della qualità delle acque possa essere correlato ai processi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto negli ultimi decenni, le immagini dell’archivio Landsat sono state utilizzate per analisi di change detection. Per quanto riguarda il problema della validazione dei risultati, si è fatto uso di alcuni dati di verità a terra acquisiti nel corso di un survey preliminare effettuato nell’Ottobre 2010. I campioni di roccia prelevati e le misure di conducibilità elettrica delle acque del lago, benché in numero estremamente limitato per la brevità della missione e le ovvie difficoltà logistiche, consentono alcune valutazioni preliminari sui prodotti ottenuti dalle elaborazioni. Sui campioni di roccia e sabbie sciolte, in particolare, sono state effettuate misure di riflettività in laboratorio ed analisi mineralogiche dettagliate. Per la valutazione della qualità delle acque, più precisamente delle concentrazioni di clorofilla, la metodologia utilizzata per il caso di studio egiziano è stata applicata anche sul tratto costiero adriatico antistante le foci dei fiumi Tronto e Salinello. In questo sito sono state effettuate misure in situ di conducibilità elettrica ed il prelievo di campioni di acqua per la determinazione in laboratorio delle concentrazioni di clorofilla. I risultati ottenuti hanno evidenziato le potenzialità offerte dall’informazione spettrale contenuta nelle immagini satellitari e consentono l’individuazione di alcune pratiche operative. D’altro canto hanno anche messo in luce le carenze dei modelli attualmente esistenti, nonché le criticità legate alla correzione atmosferica delle grandezze radiometriche rilevate.
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Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), o malattie da prioni, sono malattie neurodegenerative che colpiscono l'uomo e gli animali. Le più note tra le EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la Sindrome del dimagrimento cronico (CWD) dei cervidi. Negli uomini ricordiamo la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nelle sue diverse forme (sporadica, genetica, iatrogenica e variante). La dimostrazione che la variante della CJD (vCJD) sia causata dallo stesso agente eziologico della BSE, ha evidenziato il potenziale zoonotico di queste malattie. Le EST sono caratterizzate da tempi di incubazione estremamente lunghi ed esito invariabilmente fatale. Il momento patogenetico centrale comune a tutte queste malattie è rappresentato dalla modificazione conformazionale di una proteina cellulare denominata PrPC (proteina prionica cellulare) in una isoforma patologica denominata PrPSc, insolubile e caratterizzata da una parziale resistenza alle proteasi, che tende a depositarsi sotto forma di fibrille amiloidee nel SNC dei soggetti colpiti. La suscettibilità degli ovini alla scrapie è largamente influenzata dal genotipo del gene dell’ospite che codifica per la PrP (PRNP), e più precisamente da tre polimorfismi presenti ai codoni 136, 154 e 171. Questi si combinano in cinque principali alleli, ARQ, VRQ, AHQ, ARH e ARR, correlati a differenti gradi di suscettibilità alla malattia. Risultati ottenuti da un precedente studio d’infezione sperimentale di ovini di razza Sarda con scrapie classica (Vaccari G et al 2007), hanno suggeriscono l’ordine di suscettibilità ARQ>AHQ>ARH. L’allele ARR, è risultato invece associato ai più alti livelli di protezione dalla malattia. Dallo stesso studio di trasmissione sperimentale e da uno studio epidemiologico di tipo caso-controllo, è inoltre emerso che nella razza Sarda, ovini con l’allele ARQ, con sostituzione amminoacidica al codone 137 Metionina (M)/Treonina (T) (AT137RQ) o al 176 Asparagina (N)/Lisina (K) (ARQK176) in eterozigosi sono protetti dalla scrapie. Inoltre studi di trasmissione sperimentale della BSE in ovini della stessa razza con tre differenti genotipi (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR), hanno dimostrato come la BSE abbia un targeting genetico molto simile a quello della scrapie, evidenziando il genotipo ARQ/ARQ come il più suscettibile. L’obbiettivo della seguente tesi è stato quello di verificare se fosse possibile riprodurre in vitro la differente suscettibilità genetica degli ovini alle EST evidenziata in vivo, utilizzando il PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification), la metodica ad oggi più promettente e di cui è stata dimostrata la capacità di riprodurre in vitro diverse proprietà biologiche dei prioni. La tecnica, attraverso cicli ripetuti di sonicazione/incubazione, permette la conversione in vitro della PrPC presente in un omogenato cerebrale (substrato), da parte di una quantità minima di PrPSc (inoculo) che funge da “innesco” della reazione. Si è voluto inoltre utilizzare il PMCA per indagare il livello di protezione in omozigosi di alleli rari per i quali, in vivo, si avevano evidenze di protezione dalla scrapie solo in eterozigosi, e per studiare la suscettibilità degli ovini alla BSE adattata in questa specie. È stata quindi testata in PMCA la capacità diversi substrati ovini recanti differenti genotipi, di amplificare la PrPSc dello stesso isolato di scrapie classica impiegato nel precedente studio in vivo o di un inoculo di BSE bovina. Inoltre sono stati saggiati in vitro due inoculi di BSE costituiti da omogenato cerebrale di due ovini sperimentalmente infettati con BSE (BSE ovina) e recanti due differenti genotipi (ARQ/ARQ e ARR/ARR). Per poter descrivere quantitativamente il grado di correlazione osservato i risultati ottenuti in vitro e i quelli riscontrati dallo studio di sperimentazione con scrapie, espressi rispettivamente come fattori di amplificazione e tempi d’incubazione registrati in vivo, sono stati analizzati con un modello di regressione lineare. Per quanto riguarda la scrapie, i risultati ottenuti hanno evidenziato come i genotipi associati in vivo a suscettibilità (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ and AHQ/ARH) siano anche quelli in grado di sostenere in PMCA l’amplificazione della PrPSc, e come quelli associati a resistenza (ARQ/ARR and ARR/ARR) non mostrino invece nessuna capacità di conversione. Dall’analisi di regressione lineare è inoltre emerso come l’efficienza di amplificazione in vitro dei differenti genotipi testati sia inversamente proporzionale ai tempi d’incubazione registrati in vivo. Inoltre nessuna amplificazione è stata riscontrata utilizzando il substrato con genotipo raro ARQK176/ARQK176 suggerendo come anche questo possa essere associato a resistenza, almeno nei confronti dell’isolato di scrapie classica utilizzato. Utilizzando come inoculo in PMCA l’isolato di BSE bovina, è stato possibile riscontrare, nei tre genotipi analizzati (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR) un evidente amplificazione per il solo genotipo ARQ/ARQ, sottolineando anche in questo caso l’esistenza di una correlazione tra suscettibilità riscontrata in vivo e capacità di conversione in PMCA. I tre i substrati analizzati mostrano inoltre una buona efficienza di amplificazione, per altro simile, se si utilizza la PrPSc dell’inoculo di BSE sperimentalemente trasmessa agli ovini. Questi genotipi sembrerebbero dunque ugualmente suscettibili se esposti a BSE adattata alla specie ovina. I risultati di questa tesi indicano dunque una correlazione diretta tra la capacità di conversione della PrPC con il PMCA e la suscettibilità osservata in vivo per i differenti genotipi analizzati. Mostrano inoltre come il PMCA possa essere una valida alternativa agli studi di trasmissione in vivo e un rapido strumento utile non soltanto per testare, ma anche per predire la suscettibilità genetica degli ovini a diversi ceppi di EST, rappresentando un valido aiuto per l’individuazione di ulteriori genotipi resistenti, così da incrementare la variabilità genetica dei piani di selezione attuati per gli ovini per il controllo di queste malattie.
Resumo:
Il tomografo sonico è uno strumento di recente applicazione nell’analisi morfo-sintomatica delle alberature. Si tratta di uno strumento che sfrutta la propagazione delle onde sonore nel legno per determinarne la densità e le possibili alterazioni interne. Oltre all’applicazione su larga scala in un parco di Imola, per effettuare una valutazione approfondita di tutti gli esemplari, lo strumento è stato applicato per scopi diversi. In prima analisi è stato utilizzato per valutare stadi precoci di alterazione e l’evoluzione delle patologie interne nel tempo. Successivamente si voleva identificare il percorso di sostanze liquide iniettate con mezzi endoterapici nel tronco, attraverso l’applicazione di tomografia sonica sopra e sotto il punto di iniezione. In ultima analisi è stato effettuato un confronto tra tomografia sonica e risonanza magnetica nucleare per identificare patologie invisibili ai normali strumenti utilizzati nell’analisi della stabilità delle piante.
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The objective of this thesis was to improve the commercial CFD software Ansys Fluent to obtain a tool able to perform accurate simulations of flow boiling in the slug flow regime. The achievement of a reliable numerical framework allows a better understanding of the bubble and flow dynamics induced by the evaporation and makes possible the prediction of the wall heat transfer trends. In order to save computational time, the flow is modeled with an axisymmetrical formulation. Vapor and liquid phases are treated as incompressible and in laminar flow. By means of a single fluid approach, the flow equations are written as for a single phase flow, but discontinuities at the interface and interfacial effects need to be accounted for and discretized properly. Ansys Fluent provides a Volume Of Fluid technique to advect the interface and to map the discontinuous fluid properties throughout the flow domain. The interfacial effects are dominant in the boiling slug flow and the accuracy of their estimation is fundamental for the reliability of the solver. Self-implemented functions, developed ad-hoc, are introduced within the numerical code to compute the surface tension force and the rates of mass and energy exchange at the interface related to the evaporation. Several validation benchmarks assess the better performances of the improved software. Various adiabatic configurations are simulated in order to test the capability of the numerical framework in modeling actual flows and the comparison with experimental results is very positive. The simulation of a single evaporating bubble underlines the dominant effect on the global heat transfer rate of the local transient heat convection in the liquid after the bubble transit. The simulation of multiple evaporating bubbles flowing in sequence shows that their mutual influence can strongly enhance the heat transfer coefficient, up to twice the single phase flow value.
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Scopo dello studio: Stabilire se cambiamenti della perfusione di una lesione target di epatocarcinoma (HCC), valutati quantitativamente mediante ecografia con contrasto (CE-US) alla settimana 2 e 4 di terapia con sorafenib, possono predire la progressione di malattia alla settimana 8, valutata con la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica con mezzo di contrasto (TC-RM) usando i criteri RECIST/RECIST modificati (response evaluation criteria in solid tumors). Pazienti e metodi: Il comitato etico ha approvato lo studio ed i pazienti hanno fornito un consenso informato scritto prima dell’arruolamento. Lo studio è stato effettuato su un campione di soggetti con epatocarcinoma avanzato o non suscettibile di trattamento curativo, in monoterapia con sorafenib. La valutazione della risposta tumorale è stata effettuata con TC o RM a 2 mesi usando i criteri RECIST/RECIST modificati. La CE-US è stata effettuata entro 1 settimana prima dell’inizio del trattamento con sorafenib e durante la terapia alla settimana 2, 4, 8, 16 e 32. I parametri quantitativi funzionali sono stati ottenuti impiegando un software dedicato. I cambiamenti dei valori dei parametri suddetti tra il tempo zero ed i punti temporali successivi sono stati confrontati con la risposta tumorale basata sui criteri RECIST/RECIST modificati. Risultati: La riduzione dei valori dei parametri relativi alla perfusione tumorale, in particolare di WiAUC e PE (parametri correlati con il volume ematico), al T2/T4 (settimana 2, 4), predice la risposta tumorale a 2 mesi, valutata secondo i criteri RECIST e RECIST modificati, risultata indicativa di malattia stabile (responders). Conclusione: L’ecografia con contrasto può essere impiegata per quantificare i cambiamenti della vascolarizzazione tumorale già alla settimana 2, 4 dopo la somministrazione di sorafenib nei pazienti con HCC. Questi precoci cambiamenti della perfusione tumorale possono essere predittivi della risposta tumorale a 2 mesi e possono avere un potenziale nella valutazione precoce dell'efficacia della terapia antiangiogenica nell’epatocarcinoma.