51 resultados para lipoprotéine oxydée de basse densité
Resumo:
Alcune patologie dell’occhio come la retinopatia diabetica, il pucker maculare, il distacco della retina possono essere curate con un intervento di vitrectomia. I rischi associati all’intervento potrebbero essere superati ricorrendo alla vitrectomia enzimatica con plasmina in associazione o in sostituzione della vitrectomia convenzionale. Inoltre, l’uso di plasmina autologa eviterebbe problemi di rigetto. La plasmina si ottiene attivando il plasminogeno con enzimi quali l’attivatore tissutale (tPA) e l’urochinasi ( uPA ) . La purificazione del plasminogeno dal sangue avviene normalmente attraverso cromatografia di affinità con resina. Tuttavia, le membrane di affinità costituiscono un supporto ideale per questa applicazione poiché possono essere facilmente impaccate prima dell’intervento, permettendo la realizzazione di un dispositivo monouso che fornisce un processo rapido ed economico. Obiettivo di questo lavoro è la preparazione di membrane di affinità per la purificazione del plasminogeno utilizzando L-lisina come ligando di affinità. Per questo scopo sono state usate membrane in cellulosa rigenerata ad attivazione epossidica, modificate con due diversi protocolli per l’immobilizzazione di L-lisina. La densità ligando è stata misurata mediante un saggio colorimetrico che usa l’acido arancio 7 come indicatore. La resa di immobilizzazione è stata studiata in funzione del tempo di reazione e della concentrazione di L-lisina. Le membrane ottimizzate sono state caratterizzate con esperimenti dinamici usando siero bovino e umano, i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in esperimenti paralleli condotti con una resina commerciale di affinità con L-lisina. Durante gli esperimenti con siero, le frazioni provenienti da ogni fase cromatografica sono state raccolte e analizzate con HPLC ed elettroforesi SDS-PAGE. In particolare, l’elettroforesi dei campioni eluiti presenta una banda del plasminogeno ben definita indicando che le membrane di affinità con L-lisina sono adatte alla purificazione del plasminogeno. Inoltre, è emerso che le membrane hanno maggiore produttività della resina commerciale di riferimento.
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Stratigraphic studies carried out over the last decades in Italy and elsewhere testify a growing interest in Quaternary deposits and in the influence of climate change on their architecture. The subsurface of the Po Plain, in its topmost portion, is made up of alluvial deposits organized in depositional cycles at different scales. This PhD thesis provides millennial-scale stratigraphic reconstruction of the Late Pleistocene-Holocene deposits beneath the southern Po Plain, based on basin-scale correlation of laterally-extensive buried soil horizons. Far from the aim of characterizing palaeosols from a mineralogical and geochemical point of view, we focused on the physical and stratigraphic significance of these horizons. In the Bologna urban area, which hosts an abundance of stratigraphic data, the correlation between seventeen continuously-cored boreholes led to the identification of five vertically-stacked palaeosol-bounded sequences within the 14C time window. In a wide portion of the alluvial plain north of Bologna, far away from the Apenninic margin and from the Po River, where subsurface stratigraphic architecture is dominated by markedly lenticular sediment bodies, palaeosols revealed to be the only stratigraphic marker of remarkable lateral continuity. These horizons are characterized by peculiar resistance values, which make them easily identifiable via pocket penetration tests. Palaeosols reveal specific geometric relationships with the associated alluvial facies associations, allowing reliable estimates of soil development as a function of alluvial dynamics. With the aid of sixty new radiocarbon dates, a reliable age attribution and likely time intervals of exposure were assigned to each palaeosol. Vertically-stacked palaeosols delimitate short-term depositional cycles, likely related to the major episodes of climatic change of the last 40 ky. Through integration of stratigraphic data with 750 archaeological reports from the Bologna area, the impact of human settlements on depositional and pedogenic processes during the late Holocene was investigated.
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Il trigono della vescica urinaria (UBT) è un'area limitata attraverso la quale penetrano nella vescica la maggior parte dei vasi e fibre e in cui le fibre nervose e neuroni intramurali sono più concentrati. Mediante l’utilizzo combinato di un tracciante retrogrado(FB) e dell’immunoistochimica sono stati valutati il fenotipo e l’area del soma dei neuroni dei gangli spinali (DRG), dei neuroni post-gangliari, il fenotipo dei gangli della catena simpatica (STG) e i gangli mesenterici caudali (CMG) innervanti l’UBT. - Caratterizzazione dei neuroni dei DRG con: peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP)(30±3%, 29±3%, rispettivamente), sostanza P(SP)(26±8%, 27±12%), ossido nitrico sintasi neuronale (nNOS)(21±4%; 26±7%), neurofilamento 200kDa (NF200)(75±14%, 81±7% ) , transient receptor potential vanilloid1 (TRPV1)(48±13%, 43±6%) e isolectina-B4-positivi (IB4) (56±6%;43±10%). I neuroni sensoriali, distribuiti da L2 a Ca1 (DRG), hanno presentato una localizzazione segmentale, mostrando maggior densità nei DRG L4-L5 e S2-S4. I neuroni sensoriali lombari sono risultati significativamente più grandi di quelle sacrali (1.112±624μm2 vs716±421μm2). Complessivamente, questi dati indicano che le vie lombari e sacrali probabilmente svolgono ruoli diversi nella trasmissione sensitiva del trigono della vescica urinaria. -I neuroni FB+ della STG e dei CMG sono risultati immunoreattivi per la tirosina idrossilasi (TH)(66±10,1%, 53±8,2%, rispettivamente), la dopamina beta-idrossilasi (DβH)(62±6,2%, 52±6,2%), neuropeptideY (NPY)(59±8%; 66±7%), CGRP(24±3%, 22±3%), SP(22±2%; 38±8%), polipeptide intestinale vasoattivo (VIP)(19±2%; 35±4%), nNOS(15±2%; 33±8%), trasportatore vescicolare dell'acetilcolina (VAChT)(15±2%; 35±5%), leu-encefalina (LENK)(14±7%; 26±9%), e somatostatina (SOM)(12±3%;32±7%).Il numero medio di neuroni FB+ (1845,1±259,3) era nella STG in L1-S3, con i pirenofori più piccoli (465,6±82.7μm2). Un gran numero (4287,5±1450,6) di neuroni FB+ di piccole dimensioni (476,1±103,9μm2) sono stati localizzati lungo il margine dei CMG. Il maggior numero (4793,3±1990,8) di neuroni FB + è stato osservato nel plesso pelvico, dove i neuroni marcati erano raggruppati in micro-gangli e con pirenoforo ancora più piccolo (374,9±85,4 μm2).
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Il trattamento dell’osteoartrosi (OA) del cane è una sfida nella pratica clinica veterinaria. Molti trattamenti sono stati proposti, tuttavia la risposta clinica agli stessi non è sempre soddisfacente. Molti farmaci sono utilizzati per il trattamento dell’OA, tra cui farmaci anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi, ed inibitori della produzione dell’ossido nitrico. Lo stanozololo è un derivato sintetico del testosterone; oltre alle sue proprietà anaboliche/androgeniche , a basse dosi lo stanozololo ha un affinità per i recettori glucocorticoidi. Per questa attività antinfiammatoria e rigenerativa sui tessuti articolari danneggiati viene utilizzato nella degenerative joint desease del cavallo. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’efficacia clinica dello stanozololo intra-articolare a 15, 30, 45 e 60 giorni dal trattamento di gomiti con OA di cane. E’ stato eseguito uno studio cieco, multicentrico e randomizzato. Previo consenso informato, sono stati arruolati 48 cani, suddivisi in 3 gruppi e trattati con stanozololo, mavacoxib e con entrambi i farmaci. Sono state valutate zoppia, tollerabilità del trattamento, range of motion, e punteggio radiografico. Inoltre sono state stabilite e annoverate quantità e qualità del liquido sinoviale. Ai dati ottenuti sono stati applicati i test di Kruskal-Wallis, Chi-quadro e Fischer, i quali hanno dimostrato l’efficacia della terapia nei singoli gruppi e tra i diversi gruppi di studio. I risultati ottenuti hanno mostrato la riduzione di almeno un grado di zoppia e la riduzione della progressione dell’OA nei casi trattati con stanozololo. Si può quindi affermare che tale molecola per via intra-articolare può essere una valida alternativa per il trattamento dell’OA di gomito nel cane.
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Introduzione: L’indicazione alla rivascolarizzazione carotidea è comunemente posta in base alla percentuale di stenosi, alla presenza di sintomi neurologici ed alle condizioni cliniche del paziente. Una placca ad elevato potenziale embolico viene definita “vulnerabile”; la sua caratterizzazione, tuttavia, non è universalmente accettata ai fini della rivascolarizzazione. Lo scopo dello studio è indagare il ruolo del mezzo di contrasto ecografico (CEUS) nell’identificazione della placca carotidea vulnerabile. Materiali e Metodi: I pazienti sottoposti a endoarterectomia carotidea, sono stati valutati mediante TC cerebrale preoperatoria e CEUS. Le microbolle di contrasto rilevate nella placca, indicative di neovascolarizzazione, sono state quantificate in dB-E ed istologicamente valutate per cinque caratteristiche: (densità dei microvasi, spessore del cappuccio fibroso, estensione delle calcificazioni, infiltrato infiammatorio e core lipidico) il valore da 1 a 5, ottenuto in cieco, indica in grado di vulnerabilità della placca. L'ANOVA test, il test di Fisher e t Student sono stati usati per correlare le caratteristiche dei pazienti ed istologiche col valore di dB-E. Risultati: Di 22 pazienti (range 2-7.8, media 4.85 ±1.9 SD) vi era un numero più alto di sintomatici (7.40 ± 0.5) rispetto agli asintomatici (3.5 ± 1.4) (p = 0.002). Un più alto valore di dB-E si associava con la presenza di un sottile cappuccino fibroso (<200 µm, 5.96±1.5 vs. 3 ± 1,p = 0.01) ed un maggiore infiltrato infiammatorio (3.2 ± 0.9 vs. 6.4 ± 1.2, p = 0.03). Placche con vulnerabilità 5 si associavano ad un valore più alto di dB-E rispetto alle placche con vulnerabilità 1 (7.6 ± 0.2 vs. 2.5 ± 0.6, rispettivamente, p=0.001). Preoperatoriamente, le lesioni emboliche ipsilaterali alla TC, correlavano con un più alto valore di dB-E (5.96±1.5 vs. 3.0±1.0, p=0.01). Conclusioni: Il valore di dB-E alla CEUS indica l’estensione della neovascolarizzazione della placca carotidea e può essere utilizzato come marker di vulnerabilità della placca.
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OBIETTIVO : Quantificare le CECs/ml nei pazienti affetti da ischemia critica (IC) degli arti inferiori, eventuali correlazioni tra i fattori di rischio, lo stadio clinico con l’ aumento delle CECs. Valutare i cambiamenti strutturali (calcificazione ed infiltratto infiammatorio) e l’ angiogenesi (numero di capillari /sezione) della parete arteriosa. MATERIALI E METODI: Da Maggio 2006 ad Aprile 2008 in modo prospettico abbiamo arruolato paziente affetti da IC da sottoporre ad intervento chirurgico. In un data base abbiamo raccolto : caratteristiche demografiche, fattori di rischio, stadiazione dell'IC secondo Leriche-Fontaine (L-F), il tipo di intervento chirurgico. Per ogni paziente abbiamo effettuato un prelievo ematico di 2 ml per la quantificazione immunomagnetica delle CECs e prelievo di parete arteriosa. RISULTATI: In modo consecutivo abbiamo arruolato 33 pazienti (75.8% maschi) con età media di 71 aa (range 34-91aa), affetti da arteriopatia ostruttiva cronica periferica al IV stadio di L-F nel 84.8%, da cardiopatia ischemica cronica nel 60.6%, da ipertensione arteriosa nel 72.7% e da diabete mellito di II tipo nel 66.6%. Il valore medio di CECs/ml è risultato significativamente più elevato (p= 0.001) nei soggetti affetti da IC (CECs/ml =531.24 range 107- 3330) rispetto ai casi controllo (CECs/ml = 125.8 range 19-346 ). Le CECs/ml nei pazienti diabetici sono maggiori rispetto alle CECs/ml nei pazienti non diabetici ( 726.7 /ml vs 325.5/ml ), p< 0.05 I pazienti diabetici hanno presentato maggior incidenza di lesioni arteriose complesse rispetto ai non diabetici (66% vs 47%) e minor densità capillare (65% vs 87%). Conclusioni : Le CECs sono un marker sierologico attendibile di danno vascolare parietale, la loro quantità è maggiore nei pazienti diabetici e ipertesi. La minor capacità angiogenetica della parete arteriosa in presenza di maggior calcificazioni ed infiltrato infiammatorio nei diabetici, dimostra un danno istopatologico di parete maggiore .