329 resultados para giochi favorevoli e non favorevoli criterio di Kelly


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La tesi analizza il criterio di responsabilità civile fondato sull'esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.), proponendone un inquadramento all'interno del campo della responsabilità oggettiva. Viene dunque approfondito, in quest'ottica, il problema del contenuto della prova liberatoria. Anche alla luce del confronto con altri ordinamenti giuridici, poi, l'elaborato si sofferma sulla indefinita nozione di pericolosità e sulle possibili strade per circoscriverla. Nell'ultima parte della tesi, ci si intrattiene sulle interferenze tra responsabilità civile disciplinata a livello comunitario (in particolare quella per danni cagionati da prodotti difettosi) e criterio di imputazione fondato sul pericolo. Tale ampia disamina consente infine di affrontare il problema della regolazione dei rischi di danno implicati dallo sviluppo delle tecniche di Intelligenza artificiale. Lo scopo è quello di contribuire al dibattito che è in corso presso la dottrina e presso le Istituzioni dell'Unione europea, dal punto di osservazione del modello nazionale delle "attività pericolose".

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Il lavoro affronta lo statuto penale della pubblica amministrazione, osservandolo attraverso moduli interpretativi costituzionalmente orientati e, segnatamente, quelli conformi ai principi di tassatività, offensività e proporzione. A questi se ne aggiunge un altro, ritenuto criterio immanente al titolo, dato dalla funzione amministrativa, che gioca un ruolo centrale nell’economia offensiva all’interno di tutte le fattispecie penali. L’indagine si divide in tre parti. Nella prima, si intende analizzare l’evoluzione diacronica dei modelli istituzionali di amministrazione, dovuta al mutamento radicale del rapporto tra autorità e individuo: a seguito dell’avvento dello Stato sociale e costituzionale di diritto, all’affermarsi di una concezione orizzontale del suddetto rapporto corrisponde un paradigma di amministrazione civil servant, finalisticamente orientata al soddisfacimento dei beni della vita, trovando copertura costituzionale negli articoli 97, 2 e 3 Cost. Queste vicende rappresentano il punto di partenza per ogni riflessione di sistema su questa branca di parte speciale, non potendosi pretendere di calibrare in maniera corretta l’offensività di un reato o la ragionevolezza di un’incriminazione prescindendo da un confronto con il ruolo dell’amministrazione e dalla funzione che essa svolge. Successivamente, dopo aver chiarito il significato di buon andamento e imparzialità, strumentali alla ‘buona amministrazione’, si vuole trovare un punto di equilibrio tra l’esercizio della discrezionalità, che funge da mezzo rispetto al fine del risultato amministrativo, che è ciò che qualifica oggi il modello vigente di amministrazione ‘di risultato’, e alcune disposizioni incriminatrici che possono intersecarsi con lo svolgimento fisiologico del potere discrezionale. Infine, prendendo spunto anche dal recente corso della giurisprudenza costituzionale, si vuole applicare un metodo ermeneutico costituzionalmente conforme ad una serie di fattispecie del titolo. In questo modo si eviterà di costruire un corpus di reati esangue, che riporta il diritto penale ad una superata concezione sanzionatoria, provocando un “effetto di congelamento” dell’efficienza amministrativa con pregiudizio dei diritti sottostanti.

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La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva disfunzione motoria e cognitiva. È noto che l'età avanzata è il principale fattore di rischio per la malattia di Parkinson e alcuni studi hanno dimostrato un'accelerazione dell'età biologica nelle fasi più avanzate della malattia. Questo studio si propone di valutare se l'accelerazione dell'invecchiamento biologico descritta nelle fasi avanzate della malattia di Parkinson caratterizzi anche le prime fasi della malattia. A tal fine sono stati utilizzati due tipi di marcatori biologici di età, basati sull'analisi della metilazione del DNA del sangue (l'orologio epigenetico e sue varianti) e dei profili degli N-glicani nel plasma (GlycoAge Test). I biomarcatori sono stati valutati in campioni ottenuti da pazienti con malattia di Parkinson de novo, con diagnosi recente e non ancora in trattamento farmacologico, nonché da pazienti con stadi più avanzati della malattia e da controlli sani. I risultati ottenuti nelle prime fasi della malattia non mostrano segni di invecchiamento accelerato, che trovano conferma nelle fasi più avanzate. Dai dati di metilazione è possibile prevedere le proporzioni delle diverse popolazioni di leucociti. Questa analisi nelle prime fasi della malattia ha già evidenziato significative alterazioni che seguono in parte quelle caratteristiche dell'invecchiamento del sistema immunitario, suggerendo un'immunosenescenza accelerata nella malattia di Parkinson. Infine, i dati sulla metilazione del DNA sono stati analizzati per identificare le differenze nelle regioni metilate del genoma tra pazienti con malattia di Parkinson e controlli. I risultati suggeriscono l'esistenza di piccole ma significative alterazioni nella metilazione del DNA che caratterizzano lo stadio precoce e/o avanzato della malattia. In conclusione, questo studio suggerisce che le prime fasi della malattia di Parkinson sono caratterizzate da specifiche alterazioni epigenetiche e invecchiamento precoce del sistema immunitario, che tuttavia non si traducono in un'alterazione dei biomarcatori di invecchiamento epigenetici e glicomici.

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I dati delle indagini sugli apprendimenti degli studenti in Italia rivelano l’esistenza di fragilità nell’acquisizione di competenze essenziali e di differenze tra i risultati conseguiti. Per innovare la didattica al fine di adeguarla ai bisogni degli studenti, gli esperti di Docimologia caldeggiano l’uso di pratiche di valutazione formativa, o formative assessment (FA). In ambito internazionale diversi studi hanno mostrato l'efficacia di tali prassi, mentre in Italia non esistono ricerche sperimentali finalizzate a studiarne l’impatto sugli apprendimenti. Il progetto è entrato all’interno di quest’ambito di studi per controllare l’efficacia di un insieme di pratiche di FA sull'incremento delle abilità di comprensione dei testi degli studenti. Lo scopo è stato perseguito realizzando una sperimentazione in una scuola secondaria di primo grado che ha coinvolto gli studenti di due classi prime, i quali sono stati suddivisi a metà attraverso tecniche di randomizzazione per formare i due gruppi, sperimentale e di controllo. Dopo aver effettuato una rilevazione iniziale delle abilità di comprensione dei testi degli studenti (pre-test), è stato realizzato con quelli del gruppo sperimentale un intervento composto da 15 incontri di FA della durata di due ore ciascuno. Alla fine, sono state effettuate due rilevazioni finali (post-test) utilizzando sia la stessa prova utilizzata come pre-test sia una prova parallela. È stata calcolata la differenza post-test-pre-test per ogni gruppo ed è stato verificato quanto avesse influito la partecipazione all’intervento sperimentale su tale differenza tramite test non parametrici. I risultati hanno mostrato un incremento di abilità lievemente maggiore nel gruppo sperimentale, se confrontato con quello del gruppo di controllo, anche se questa differenza tra i due gruppi non è statisticamente significativa. Sebbene le analisi non abbiano consentito di rifiutare l’ipotesi nulla, la rilevanza di tale progetto risiede nel tentativo di aprire il dibattito sull’efficacia di prassi di FA sugli apprendimenti degli studenti in Italia.

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Durante il secolo scorso sono state individuate alcune mutazioni per il colore della buccia della varietà William che invece di essere giallo arriva a maturazione con diverse tonalità di colore rosso. L’intensità e la tipologia del fenotipo dovuto a questa mutazione mostra una variabilità all’interno dei diversi cloni rossi di questa cultivar: Max Red Bartlett, Rosired e Sensation. Questa mutazione è ereditabile e usando come genitore uno dei sopra-citati mutanti per il rosso sono state prodotte altre cultivar caratterizzate da buccia rossa come Cascade. Max Red Bartlett presenta una intensa colorazione rossa nelle prime fasi di maturazione per poi striarsi perdendo di lucentezza e non ricoprendo totalmente la superficie del frutto. Max Red Bartlett ha inoltre il problema di regressione del colore. Questa mutazione infatti non è stabile e dopo qualche anno può regredire e presentare il fenotipo di William. Diverso è invece lo sviluppo per esempio di Rosired che durante le prime fasi di accrescimento del frutto è identica a Williams (di colore verde con la parte del frutto rivolta verso il sole leggermente rossastra) per poi virare e mantenere un vivo colore rosso su tutta la superficie del frutto. Questa tesi si è proposta di caratterizzare questa mutazione che coinvolge in qualche modo la via biosintetica per la sintesi del colore. In particolare si è cercato di investigare sui probabili geni della via degli antociani coinvolti e in quale modo vengono espressi durante la maturazione del frutto, inoltre si è cercato di trovare quali specifiche molecole venissero diversamente sintetizzate. Le cultivar utilizzate sono state William e Max Red Bartlett. Di quest’ultima era già disponibile una mappa molecolare, ottenuta sulla popolazione di’incrocio di Abate Fetel (gialla) x MRB (rossa) con AFLP e SSR, quest’ultimi hanno permesso di denominare i diversi linkage group grazie alla sintenia con le altre mappe di pero e di melo. I semenzali appartenenti a questa popolazione, oltre a dimostrare l’ereditarietà del carattere, erano per il 50% gialli e 50% rossi. Questo ha permesso il mappaggio di questo carattere/mutazione che si è posizionato nel linkage group 4. Una ricerca in banca dati eseguita in parallelo ha permesso di trovare sequenze di melo dei geni coinvolti nella via biosintetica degli antociani (CHS, CHI, F3H, DFR, ANS e UFGT), sulle quali è stato possibile disegnare primer degenerati che amplificassero su DNA genomico di pero. Le amplificazioni hanno dato frammenti di lunghezza diversa. Infatti nel caso di F3H e DFR l’altissima omologia tra melo e pero ha permesso l’amplificazione quasi totale del gene, negli altri casi invece è stato necessario utilizzare primer sempre più vicini in modo da facilitare l’amplificazione. I frammenti ottenuti sono stati clonati sequenziati per confermare la specificità degli amplificati. Non sono stati evidenziati polimorfismi di sequenza in nessuna delle sei sequenze tra William e Max Red Bartlett e nessun polimorfismo con Abate, per questo motivo non è stato possibile mapparli e vedere se qualcuno di questi geni era localizzato nella medesima posizione in cui era stato mappato il “colore/mutazione”. Sulle le sequenze ottenute è stato possibile disegnare altri primer, questa volta specifici, sia per analisi d’espressione. Inizialmente è stato sintetizzato il cDNA dei geni suddetti per retrotrascrizione da RNA estratto sia da bucce sia da foglie appena germogliate (le quali presentano solo in questa fase una colorazione rossastra in MRB ma non in William). Al fine di osservare come varia l’espressione dei geni della via biosintetica delle antocianine durante la fase di maturazione dei frutti, sono stati fatti 4 campionamenti, il primo a 45gg dalla piena fioritura, poi a 60, 90, 120 giorni. Foglie e bucce sono state prelevate in campo e poste immediatamente in azoto liquido. Dai risultati con Real Time è emerso che vi è una maggiore espressione nelle prime fasi di sviluppo in Max Red Bartlett per poi calare enormemente in giugno. Si potrebbe ipotizzare che ci sia una reazione di feed back da parte della piante considerando che in questa fase il frutto non si accresce. I livelli di espressione poi aumentano verso la fase finale della maturazione del frutto. In agosto, con l’ultimo campionamento vi è una espressione assai maggiore in Max Red Bartlett per quei geni posti a valle della via biosintetica per la sintesi delle antocianine. Questo risultato è confermato anche dal livello di espressione che si riscontra nelle foglie. In cui i geni F3H, LDOX e UFGT hanno un livello di espressione nettamente maggiore in Max Red Bartlett rispetto a William. Recentemente Takos et al (2006) hanno pubblicato uno studio su un gene regolatore della famiglia Myb e ciò ha permesso di ampliare i nostri studi anche su questo gene. L’altissima omologia di sequenza, anche a livello di introni, non ha permesso di individuare polimorfismi tra le varietà Abate Fetel e Max Red Bartlett, per nessun gene ad eccezione proprio del gene regolatore Myb. I risultati ottenuti in questa tesi dimostrano che in pero l’espressione relativa del gene Myb codificante per una proteina regolatrice mostra una netta sovra-espressione nel primo stadio di maturazione del frutto, in Max Red Bartlett 25 volte maggiore che in William. All’interno della sequenza del gene un polimorfismo prodotto da un microsatellite ha permesso il mappaggio del gene nel linkage group 9 in Max Red Bartlett e in Abate Fetel. Confrontando questo dato di mappa con quello del carattere morfologico rosso, mappato nel linkage group 4, si deduce che la mutazione non agisce direttamente sulla sequenza di questo gene regolatore, benché sia espresso maggiormente in Max Red Bartlett rispetto a William ma agisca in un altro modo ancora da scoprire. Infine per entrambe le varietà (William e Max Red Bartlett) sono state effettuate analisi fenotipiche in diversi step. Innanzi tutto si è proceduto con una analisi preliminare in HPLC per osservare se vi fossero differenze nella produzione di composti con assorbenza specifica delle antocianine e dei flavonoidi in generale. Si è potuto quindi osservare la presenza di due picchi in Max Red Bartlett ma non in William. La mancanza di standard che coincidessero con i picchi rilevati dallo spettro non ha permesso in questa fase di fare alcuna ipotesi riguardo alla loro natura. Partendo da questo risultato l’investigazione è proceduta attraverso analisi di spettrometria di massa associate ad una cromatografia liquida identificando con una certa precisione due composti: la cianidina-3-0-glucoside e la quercitina-3-o-glucoside. In particolare la cianidina sembra essere la molecola responsabile della colorazione della buccia nei frutti di pero. Successive analisi sono state fatte sempre con lo spettrometro di massa ma collegato ad un gas cromatografo per verificare se vi fossero delle differenze anche nella produzione di zuccheri e più in generale di molecole volatili. L’assenza di variazioni significative ha dimostrato che la mutazione coinvolge solo il colore della buccia e non le caratteristiche gustative e organolettiche di William che restano inalterate nel mutante.

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Produttività ed efficienza sono termini comunemente utilizzati per caratterizzare l’abilità di un’impresa nell’utilizzazione delle risorse, sia in ambito privato che pubblico. Entrambi i concetti sono legati da una teoria della produzione che diventa essenziale per la determinazione dei criteri base con i quali confrontare i risultati dell’attività produttiva e i fattori impiegati per ottenerli. D’altronde, le imprese scelgono di produrre e di investire sulla base delle proprie prospettive di mercato e di costi dei fattori. Quest’ultimi possono essere influenzati dalle politiche dello Stato che fornisce incentivi e sussidi allo scopo di modificare le decisioni riguardanti l’allocazione e la crescita delle imprese. In questo caso le stesse imprese possono preferire di non collocarsi nell’equilibrio produttivo ottimo, massimizzando produttività ed efficienza, per poter invece utilizzare tali incentivi. In questo caso gli stessi incentivi potrebbero distorcere quindi l’allocazione delle risorse delle imprese che sono agevolate. L’obiettivo di questo lavoro è quello di valutare attraverso metodologie parametriche e non parametriche se incentivi erogati dalla L. 488/92, la principale politica regionale in Italia nelle regioni meridionali del paese nel periodo 1995-2004, hanno avuto o meno effetti sulla produttività totale dei fattori delle imprese agevolate. Si è condotta una ricognizione rispetto ai principali lavori proposti in letteratura riguardanti la TFP e l’aiuto alle imprese attraverso incentivi al capitale e (in parte) dell’efficienza. La stima della produttività totale dei fattori richiede di specificare una funzione di produzione ponendo l’attenzione su modelli di tipo parametrico che prevedono, quindi, la specificazione di una determinata forma funzionale relativa a variabili concernenti i fattori di produzione. Da questa si è ricavata la Total Factor Productivity utilizzata nell’analisi empirica che è la misura su cui viene valutata l’efficienza produttiva delle imprese. Il campione di aziende è dato dal merge tra i dati della L.488 e i dati di bilancio della banca dati AIDA. Si è provveduto alla stima del modello e si sono approfonditi diversi modelli per la stima della TFP; infine vengono descritti metodi non parametrici (tecniche di matching basate sul propensity score) e metodi parametrici (Diff-In-Diffs) per la valutazione dell’impatto dei sussidi al capitale. Si descrive l’analisi empirica condotta. Nella prima parte sono stati illustrati i passaggi cruciali e i risultati ottenuti a partire dalla elaborazione del dataset. Nella seconda parte, invece, si è descritta la stima del modello per la TFP e confrontate metodologie parametriche e non parametriche per valutare se la politica ha influenzato o meno il livello di TFP delle imprese agevolate.

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La ricerca oggetto di questa tesi, come si evince dal titolo stesso, è volta alla riduzione dei consumi per vetture a forte carattere sportivo ed elevate prestazioni specifiche. In particolare, tutte le attività descritte fanno riferimento ad un ben definito modello di vettura, ovvero la Maserati Quattroporte. Lo scenario all’interno del quale questo lavoro si inquadra, è quello di una forte spinta alla riduzione dei cosiddetti gas serra, ossia dell’anidride carbonica, in linea con quelle che sono le disposizioni dettate dal protocollo di Kyoto. La necessità di ridurre l’immissione in atmosfera di CO2 sta condizionando tutti i settori della società: dal riscaldamento degli edifici privati a quello degli stabilimenti industriali, dalla generazione di energia ai processi produttivi in senso lato. Nell’ambito di questo panorama, chiaramente, sono chiamati ad uno sforzo considerevole i costruttori di automobili, alle quali è imputata una percentuale considerevole dell’anidride carbonica prodotta ogni giorno e riversata nell’atmosfera. Al delicato problema inquinamento ne va aggiunto uno forse ancor più contingente e diretto, legato a ragioni di carattere economico. I combustibili fossili, come tutti sanno, sono una fonte di energia non rinnovabile, la cui disponibilità è legata a giacimenti situati in opportune zone del pianeta e non inesauribili. Per di più, la situazione socio politica che il medio oriente sta affrontando, unita alla crescente domanda da parte di quei paesi in cui il processo di industrializzazione è partito da poco a ritmi vertiginosi, hanno letteralmente fatto lievitare il prezzo del petrolio. A causa di ciò, avere una vettura efficiente in senso lato e, quindi, a ridotti consumi, è a tutti gli effetti un contenuto di prodotto apprezzato dal punto di vista del marketing, anche per i segmenti vettura più alti. Nell’ambito di questa ricerca il problema dei consumi è stato affrontato come una conseguenza del comportamento globale della vettura in termini di efficienza, valutando il miglior compromesso fra le diverse aree funzionali costituenti il veicolo. Una parte consistente del lavoro è stata dedicata alla messa a punto di un modello di calcolo, attraverso il quale eseguire una serie di analisi di sensibilità sull’influenza dei diversi parametri vettura sul consumo complessivo di carburante. Sulla base di tali indicazioni, è stata proposta una modifica dei rapporti del cambio elettro-attuato con lo scopo di ottimizzare il compromesso tra consumi e prestazioni, senza inficiare considerevolmente queste ultime. La soluzione proposta è stata effettivamente realizzata e provata su vettura, dando la possibilità di verificare i risultati ed operare un’approfondita attività di correlazione del modello di calcolo per i consumi. Il beneficio ottenuto in termini di autonomia è stato decisamente significativo con riferimento sia ai cicli di omologazione europei, che a quelli statunitensi. Sono state inoltre analizzate le ripercussioni dal punto di vista delle prestazioni ed anche in questo caso i numerosi dati rilevati hanno permesso di migliorare il livello di correlazione del modello di simulazione per le prestazioni. La vettura con la nuova rapportatura proposta è stata poi confrontata con un prototipo di Maserati Quattroporte avente cambio automatico e convertitore di coppia. Questa ulteriore attività ha permesso di valutare il differente comportamento tra le due soluzioni, sia in termini di consumo istantaneo, che di consumo complessivo rilevato durante le principali missioni su banco a rulli previste dalle normative. L’ultima sezione del lavoro è stata dedicata alla valutazione dell’efficienza energetica del sistema vettura, intesa come resistenza all’avanzamento incontrata durante il moto ad una determinata velocità. Sono state indagate sperimentalmente le curve di “coast down” della Quattroporte e di alcune concorrenti e sono stati proposti degli interventi volti alla riduzione del coefficiente di penetrazione aerodinamica, pur con il vincolo di non alterare lo stile vettura.

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Nell’ambito dell’ingegneria dei tessuti, la possibilità di rigenerazione del miocardio post-infartuale è un argomento “caldo”, che suscita grandi speranze ma solleva altrettanto grandi interrogativi - sostenuti dal sussistere di dubbi di base sulle scelte operative praticabili. Esiste tuttavia concordanza nel considerare fondamentale l’utilizzo di un “supporto” che possa mantenere nella sede peri-infartuale le cellule competenti. Infatti, la semplice iniezione di cellule staminali per via endovenosa o direttamente nell’area infartuata non si è dimostrata particolarmente efficace, soprattutto a causa della cospicua perdita cellulare che si verifica rapidamente dopo il trapianto. Ci si orienta quindi verso la strategia di seminare cellule in grado di transdifferenziare in senso muscolare cardiaco su un materiale biocompatibile in vitro e di impiantare successivamente il costrutto ottenuto in vivo dove ci si attende il riassorbimento del biomateriale e l’integrazione delle cellule. Tuttavia, mentre in altri settori della medicina - quali ortopedia e dermatologia - l’impiego di pseudotessuti ingegnerizzati ha già permesso di conseguire ottimi risultati nella rigenerazione di tessuti danneggiati, allo stato attuale, i progressi ottenuti nell’ambito della rigenerazione del miocardio infartuato appaiono ancora aneddotici e distanti dall’ottenere protocolli condivisi per l’impiego in clinica. Il lavoro presentato in questa ricerca, condotto grazie alla sinergia di competenze interdisciplinari negli ambiti chimico, biologico e dell’ingegneria biomedica meccanica ed elettronica, è uno studio di fattibilità di una metodica standardizzata in grado di indirizzare cellule staminali mesenchimali (MSCs) indifferenziate verso l’acquisizione in vitro di caratteri fenotipici confrontabili con quelli delle cellule muscolari cardiache attraverso il paradigma della coltura dinamica in bioreattore. Il prototipo di bioreattore impiegato, in quanto sviluppato originalmente nel corso di questa attività di ricerca, presenta rispetto ad altri strumenti descritti l’innovazione e il vantaggio di non richiedere l’utilizzo di un incubatore, in quanto esso stesso permette di coltivare cellule al suo interno in condizioni controllate di temperatura, pH e concentrazione di CO2. La sua flessibilità operativa consente di impostare e controllare da personal computer leggi di moto di qualsiasi forma anche con cicliche molto veloci. Infine, la presenza di estensimetri in grado di misurare finemente la variazione di tensione esercitata sulla matrice polimerica utilizzata, posta in trazione tra due afferraggi, permette di applicare nel tempo una forza di stiramento costante, ottenendo deformazioni controllate e risultati riproducibili in termini di modificazioni cellulari. Il superamento delle problematiche sorte durante la fase di messa a punto del sistema, che deve essere ritenuto parte integrante del lavoro di sviluppo condotto, ha permesso di studiare l’adattamento di MSCs allo stiramento ciclico, mostrando che questo effettivamente determina alcune differenze fenotipiche rispetto al controllo statico. Inoltre le cellule hanno acquistato una disposizione orientata lungo l’asse longitudinale delle fibre, dato questo particolarmente importante se si considera la disposizione ordinata delle cellule del miocardio, le quali costituiscono un vero e proprio sincizio, indispensabile per una diffusione sincrona dell’impulso elettrico di contrazione. La creazione di uno pseudotessuto cardiaco ottimale richiederà ovviamente ulteriore lavoro, ma la metodica qui presentata si propone al tempo stesso come uno strumento di studio e come una strategia operativa per un approccio innovativo e standardizzabile alla medicina rigenerativa del miocardio.

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Nonostante la riforma societaria ed i tentativi di rilanciare l’economia nazionale, ancora oggi la principale fonte di ricchezza e di capitalizzazione resta l’investimento immobiliare. Ed ecco perchè si sente sempre più parlare di “Real Estate”, ovvero dei diritti reali sui beni immobili, della loro circolazione, e delle garanzie e tutele ad essa correlate. Dalla vendita immobiliare tipizzata nel codice civile del ’42 ad oggi molto è cambiato. E il mio lavoro parte proprio da un’analisi delle nuove forme e dei nuovi limiti alla circolazione degli immobili. In primis ho affrontato il tema del riconoscimento giurisprudenziale della cessione di cubatura: un esempio tipico del passaggio dal fatto al diritto attraverso la costruzione giurisprudenziale di nuove fattispecie giuridiche già in uso fra gli operatori del mercato. Tecnicamente la stessa espressione “cessione di cubatura” non risulta corretta: non si ha una vera e propria cessione, quanto la costituzione di una servitù ius non edificandi a favore di un terreno e a carico di un altro. La giurisprudenza è ormai concorde nello stabilire che l’accordo delle parti rimane comunque privo di efficacia se ad esso non segue un permesso di costruire della Pubblica Amministrazione che riconosca la maggiore capacità edificatoria al terreno a cui vantaggio è stabilità la servitù. Un’altra nuova forma di circolazione della proprietà, così come degli altri diritti reali minori, è la multiproprietà. La multiproprietà viene disciplinata nel nostro ordinamento, a seguito di una risoluzione del Parlamento Europeo del 13 ottobre 1988, dapprima con il D.lgs. 9 novembre 1998 e da ultimo con il Codice del Consumo, che con gli artt. 69 ss. stabilisce una più puntuale tutela degli acquirenti. Si riconosce qui l’esistenza di uno squilibrio fra le posizioni contrattuali fra venditore ed acquirente/consumatore: vi è una profonda asimmetria informativa fra le parti, che viene colmata prevedendo la consegna al futuro acquirente di un dettagliato prospetto informativo predisposto dal venditore. La mia attenzione si è concentrata proprio sul tema delle tutele che il nostro ordinamento riconosce al consumatore multiproprietario: un prospetto informativo dal contenuto minimo legislativamente predeterminato, recesso, fideiussione. Ho dedicato un particolare approfondimento alla normativa sull’acquisto immobiliare sulla carta. Il D.lgs. 122/2005 si inserisce nel contesto di una legislazione, che spesso trova la sua origine nel diritto privato europeo, finalizzata alla regolamentazione di un fenomeno sempre più frequente nella realtà economica contemporanea, rappresentato dalla contrattazione fra soggetti che si trovano in una posizione di squilibrio contrattuale: un “contraente forte” da una parte, ed un “contraente debole” dall’altra. La legislazione nazionale interviene sempre più frequentemente per porre un rimedio a queste situazioni di squilibrio, con interventi di tipo conformativo intesi a rendere effettiva l’autonoma contrattuale delle parti e, conseguentemente, agevolare il corretto funzionamento del mercato. Si parla in tal senso di una ius espansiva del modello europeo di legislazione a tutela del contraente debole, e quindi di una espansione del diritto privato europeo anche in settori dove manca una puntuale normativa comunitaria. Vi è una generale tendenza ad un “neoformalismo”, che consiste nella richiesta espressa della forma scritta e nella conformazione del contenuto del contratto, che solo apparentemente limitano l’autonomia contrattuale delle parti ma che tende ad eliminare le situazioni di squilibrio dando una tutela effettiva al contraente debole. Contraente debole e non “consumatore”. L’art. 1 del decreto parla, infatti, espressamente di “persona fisica”. Secondo gli orientamenti dottrinali maggioritari dalla nuova disciplina resterebbero esclusi, e quindi non rientrerebbero nella definizione di “acquirenti”, le società, le persone giuridiche e gli enti collettivi in generale. Si riconosce la figura del “professionista debole”, giacché si riconosce che l’acquisto di un immobile da costruire sia un’operazione che, in virtù della sua importanza economica, viene gestita con maggiore avvedutezza: l’acquisto di un immobile non è propriamente “atto di consumo”in senso tecnico. L’esigenza di tutela è diversa: si vuole tutelare l’acquirente in considerazione dell’intrinseca rischiosità dell’operazione, stabilendo alcuni profili fondamentali del contenuto del contratto non solo e non tanto a fini informativi, quanto piuttosto per una “tutela sostanziale” dell’acquirente. Il legislatore si preoccupa di predisporre garanzie obbligatorie per il caso di dissesto dell’impresa costruttrice. Le garanzie, quindi, come forma di tutela del contraente debole. Il mio lavoro si concentra, a questo punto, sulle garanzie personali e reali. Poche le novità sulle garanzie, ma alcune significative. Nel campo delle garanzie personali, acquista maggiore rilevanza la fideiussione prestata dal contraente forte a favore del contraente debole, affinché quest’ultimo possa recuperare tutte le somme investite per l’acquisto dell’immobile: sia esso un immobile in multiproprietà, sia esso un immobile ancora da costruire. E ancora le garanzie reali: pegno e ipoteca. Ho posto particolare attenzione al tema della "portabilità" dei mutui e surrogazione ex art. 1202 c.c. ed al tema delle formalità ipotecarie così come previsti dagli artt. 6, 7 e 8 della l. 2 aprile 2007, n. 40 sulla concorrenza. Ma la mia attenzione si è soffermata soprattutto sul tema della nullità ed in particolare sulla nullità relativa. La più recente legislazione speciale, specie quella di derivazione europea, ha dato un grosso scossone alla dogmatica tradizionale della nullità negoziale. Le fattispecie di nullità relativa sono sempre più frequenti, tanto da far parlare di una nuova categoria di nullità c.d. “nullità di protezione”. Quest’ultima risponde ad esigenze profondamente differenti dalla nullità assoluta di stampo codicistico. In luogo della nullità, sembra oggi più corretto parlare delle nullità: diverse categorie di invalidità, ciascuna delle quali soddisfa interessi diversificati, e come tale riceve anche una disciplina differenziata in termini di legittimazione all’azione, rilevabilità d’ufficio, prescrittibilità, sanabilità, opponibilità ai terzi. Ancora una volta partendo da un’analisi critica del D.lgs. 122/2005, ho avuto modo di approfondire il fondamentale tema della nullità nel nostro ordinamento. L’art. 2 del decreto stabilisce espressamente la nullità relativa, e cioè azionabile dal solo acquirente parte debole del contratto, nel caso in cui non sia rilasciata dal venditore la fideiussione. L’art. 6 stabilisce, invece, un contenuto minimo del contratto poste a tutela della parte debole e del corretto funzionamento del mercato immobiliare. Se ad alcune di esse può attribuirsi un valore meramente ordinatorio, altre al contrario rivestono una natura di norme imperative di ordine pubblico attinenti più precisamente al c.d. ordine pubblico di protezione ed al c.d. ordine pubblico di direzione. Nel sistema del nostro codice, la violazione di norma imperative dà luogo, ex art. 1418, alla nullità del contatto salvo che la legge stabilisca diversamente. E’quindi configurabile una nullità virtuale del contratto, ovvero non espressamente e letteralmente stabilita, ma che può essere desunta dal tenore imperativo delle norme. La dottrina prevalente è ormai orientata nel senso di ammettere che anche la nullità relativa possa essere virtuale, nel quadro di un orientamento, ormai dominante, volto al superamento dell’approccio tendente a far rientrare nell’eccezionalità qualsiasi difformità dal modello classico della nullità. Il problema, quindi, si sposta all’individuazione della natura imperativa della norma violata. In linea generale si afferma che perché una norma possa essere definita imperativa debba porre un comando o un divieto espresso, debba essere inderogabile ed indisponibile. Oggetto di dibattiti dottrinali è, poi, il tema della rilevabilità d’ufficio delle nullità relative. A fronte di una prima posizione dottrinale tendente ad escludere tale rilevabilità d’ufficio sul presupposto di una sua inconciliabilità con il regime di legittimazione relativa all’azione di nullità, dottrina e giurisprudenza più recenti appaiono concordi nel ritenere assolutamente conciliabili tali due profili. Si concorda, inoltre, sull’esistenza di limitazioni alla rilevabilità d’ufficio della nullità: la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma tale rilievo deve operare nell’esclusivo interesse del contraente debole, dovendo il giudice bloccarsi davanti ad un concreto interesse della parte a mantenere in vita il contratto. Discorso a sé stante deve poi esser fatto sul rapporto fra nullità relativa e nullità virtuale e responsabilità del notaio rogante. Secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza, nella misura in cui vi sia una violazione di norme imperative, e l’imperatività sia evidente, manifesta, dal tenore delle disposizioni, deve ritenersi che la nullità, sia testuale che virtuale, comporti la responsabilità del notaio ai sensi dell’art. 28 l. not. Ogni qualvolta, viceversa, tale nullità non si configuri, la responsabilità disciplinare sarà esclusa. Si avverte, comunque, una prima apertura verso la sanzionabilità delle nullità relative che siano manifeste. In chiusura del mio lavoro non ho potuto non tenere conto della recente crisi dei mercati internazionali. Crisi che ha avuto inizio proprio con il crollo negli Stati Uniti dei settori immobiliare e finanziario, improntati verso una eccessiva deregolamentazione e valorizzazione dell’autonomia contrattuale delle parti. L’assenza di garanzie sicure e la carenza di controllo di un professionista corrispondente al nostro notaio pubblico ufficiale, ha portato ad investimenti e finanziamenti azzardati da parte delle banche e degli istituti di credito che stanno vivendo un momento di profonda crisi aprendo la strada ad una recessione economica di portata mondiale.

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Although in Europe and in the USA many studies focus on organic, little is known on the topic in China. This research provides an insight on Shanghai consumers’ perception of organic, aiming at understanding and representing in graphic form the network of mental associations that stems from the organic concept. To acquire, process and aggregate the individual networks it was used the “Brand concept mapping” methodology (Roedder et al., 2006), while the data analysis was carried out also using analytic procedures. The results achieved suggest that organic food is perceived as healthy, safe and costly. Although these attributes are pretty much consistent with the European perception, some relevant differences emerged. First, organic is not necessarily synonymous with natural product in China, also due to a poor translation of the term in the Chinese language that conveys the idea of a manufactured product. Secondly, the organic label has to deal with the competition with the green food label in terms of image and positioning on the market, since they are easily associated and often confused. “Environmental protection” also emerged as relevant association, while the ethical and social values were not mentioned. In conclusion, health care and security concerns are the factors that influence most the food consumption in China (many people are so concerned about food safety that they found it difficult to shop), and the associations “Safe”, “Pure and natural”, “without chemicals” and “healthy” have been identified as the best candidates for leveraging a sound image of organic food .

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PRESUPPOSTI: Le tachicardie atriali sono comuni nei GUCH sia dopo intervento correttivo o palliativo che in storia naturale, ma l’incidenza è significativamente più elevata nei pazienti sottoposti ad interventi che prevedono un’estesa manipolazione atriale (Mustard, Senning, Fontan). Il meccanismo più frequente delle tachicardie atriali nel paziente congenito adulto è il macrorientro atriale destro. L’ECG è poco utile nella previsione della localizzazione del circuito di rientro. Nei pazienti con cardiopatia congenita sottoposta a correzione biventricolare o in storia naturale il rientro peritricuspidale costituisce il circuito più frequente, invece nei pazienti con esiti di intervento di Fontan la sede più comune di macrorientro è la parete laterale dell’atrio destro. I farmaci antiaritmici sono poco efficaci nel trattamento di tali aritmie e comportano un’elevata incidenza di effetti avversi, soprattutto l’aggravamento della disfunzione sinusale preesistente ed il peggioramento della disfunzione ventricolare, e di effetti proaritmici. Vari studi hanno dimostrato la possibilità di trattare efficacemente le IART mediante l’ablazione transcatetere. I primi studi in cui le procedure venivano realizzate mediante fluoroscopia tradizionale, la documentazione di blocco di conduzione translesionale bidirezionale non era routinariamente eseguita e non tutti i circuiti di rientro venivano sottoposti ad ablazione, riportano un successo in acuto del 70% e una libertà da recidiva a 3 anni del 40%. I lavori più recenti riportano un successo in acuto del 94% ed un tasso di recidiva a 13 mesi del 6%. Questi ottimi risultati sono stati ottenuti con l’utilizzo delle moderne tecniche di mappaggio elettroanatomico e di cateteri muniti di sistemi di irrigazione per il raffreddamento della punta, inoltre la dimostrazione della presenza di blocco di conduzione translesionale bidirezionale, l’ablazione di tutti i circuiti indotti mediante stimolazione atriale programmata, nonché delle sedi potenziali di rientro identificate alla mappa di voltaggio sono stati considerati requisiti indispensabili per la definizione del successo della procedura. OBIETTIVI: riportare il tasso di efficia, le complicanze, ed il tasso di recidiva delle procedure di ablazione transcatetere eseguite con le moderne tecnologie e con una rigorosa strategia di programmazione degli obiettivi della procedura. Risultati: Questo studio riporta una buona percentuale di efficacia dell’ablazione transcatetere delle tachicardie atriali in una popolazione varia di pazienti con cardiopatia congenita operata ed in storia naturale: la percentuale di successo completo della procedura in acuto è del 71%, il tasso di recidiva ad un follow-up medio di 13 mesi è pari al 28%. Tuttavia se l’analisi viene limitata esclusivamente alle IART il successo della procedura è pari al 100%, i restanti casi in cui la procedura è stata definita inefficace o parzialmente efficace l’aritmia non eliminata ma cardiovertita elettricamente non è un’aritmia da rientro ma la fibrillazione atriale. Inoltre, sempre limitando l’analisi alle IART, anche il tasso di recidiva a 13 mesi si abbassa dal 28% al 3%. In un solo paziente è stato possibile documentare un episodio asintomatico e non sostenuto di IART al follow-up: in questo caso l’aspetto ECG era diverso dalla tachicardia clinica che aveva motivato la prima procedura. Sebbene la diversa morfologia dell’attivazione atriale all’ECG non escluda che si tratti di una recidiva, data la possibilità di un diverso exit point del medesimo circuito o di un diverso senso di rotazione dello stesso, è tuttavia più probabile l’emergenza di un nuovo circuito di macrorientro. CONCLUSIONI: L'ablazione trancatetere, pur non potendo essere considerata una procedura curativa, in quanto non in grado di modificare il substrato atriale che predispone all’insorgenza e mantenimento della fibrillazione atriale (ossia la fibrosi, l’ipertrofia, e la dilatazione atriale conseguenti alla patologia e condizione anatomica di base)è in grado di assicurare a tutti i pazienti un sostanziale beneficio clinico. È sempre stato possibile sospendere l’antiaritmico, tranne 2 casi, ed anche nei pazienti in cui è stata documentata una recidiva al follow-up la qualità di vita ed i sintomi sono decisamente migliorati ed è stato ottenuto un buon controllo della tachiaritmia con una bassa dose di beta-bloccante. Inoltre tutti i pazienti che avevano sviluppato disfunzione ventricolare secondaria alla tachiaritmia hanno presentato un miglioramento della funzione sistolica fino alla normalizzazione o al ritorno a valori precedenti la documentazione dell’aritmia. Alla base dei buoni risultati sia in acuto che al follow-up c’è una meticolosa programmazione della procedura e una rigorosa definizione degli endpoint. La dimostrazione del blocco di conduzione translesionale bidirezionale, requisito indispensabile per affermare di aver creato una linea continua e transmurale, l’ablazione di tutti i circuiti di rientro inducibili mediante stimolazione atriale programmata e sostenuti, e l’ablazione di alcune sedi critiche, in quanto corridoi protetti coinvolti nelle IART di più comune osservazione clinica, pur in assenza di una effettiva inducibilità periprocedurale, sono obiettivi necessari per una procedura efficace in acuto e a distanza. Anche la disponibilità di moderne tecnologie come i sistemi di irrigazione dei cateteri ablatori e le metodiche di mappaggio elettroanantomico sono requisiti tecnici molto importanti per il successo della procedura.

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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.

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Il presente lavoro affronta la questione del rapporto tra l’azione cartolare e l’azione causale nell’ambito dei titoli cambiari; nonché il problema della relazione, di diritto sostanziale, che intercorre tra i menzionati titoli ed i rapporti causali che soggiacciono alla loro emissione e circolazione; con costante riferimento sia al diritto italiano che al diritto paraguaiano. Vengono così analizzati i concetti tradizionali della causa della cambiale e della convenzione esecutiva, per poi passare alla analisi della funzione economica tipica dei titoli cambiari e, segnatamente, la previsione del loro rilascio o negoziazione nell’economia del rapporto fondamentale. Si affrontano, così, i noti problemi della novazione e della dazione in pagamento attuate mediante questi titoli, tenendo in particolare considerazione anche la struttura delegatoria che presentano alcuni di essi. Particolare attenzione viene dedicata al fatto che, nella maggior parte dei casi, le parti non prevedono specificamente l’incidenza del rilascio o girata del titolo cambiario sul rapporto sottostante. Per questa ragione, si mette in luce che nella maggior parte dei casi la fattispecie configura una modificazione della relazione causale intercorrente tra le parti, proprio per l’assenza di pattuizione espressa al riguardo. Strettamente connesso con quest’aspetto risulta l’esame dell’emissione dei titoli cambiari solvendi causa, problematica nell’ambito della quale non si è mancato di tener conto della disciplina antiriciclaggio e dei moderni contributi dottrinari sull’oggetto dell’obbligazione pecuniaria. Viene, infine, vagliata anche l’incidenza dell’ulteriore circolazione del titolo sul rapporto causale che giustifica il suo possesso da parte del girante; per poi passare, come conclusione del lavoro, a stabilire l’interpretazione non solo processuale ma anche sostanziale che deve darsi, alla luce dei risultati raggiunti, alla disciplina degli artt. 66 della legge cambiaria e 58 della legge assegni.

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The objective of the Ph.D. thesis is to put the basis of an all-embracing link analysis procedure that may form a general reference scheme for the future state-of-the-art of RF/microwave link design: it is basically meant as a circuit-level simulation of an entire radio link, with – generally multiple – transmitting and receiving antennas examined by EM analysis. In this way the influence of mutual couplings on the frequency-dependent near-field and far-field performance of each element is fully accounted for. The set of transmitters is treated as a unique nonlinear system loaded by the multiport antenna, and is analyzed by nonlinear circuit techniques. In order to establish the connection between transmitters and receivers, the far-fields incident onto the receivers are evaluated by EM analysis and are combined by extending an available Ray Tracing technique to the link study. EM theory is used to describe the receiving array as a linear active multiport network. Link performances in terms of bit error rate (BER) are eventually verified a posteriori by a fast system-level algorithm. In order to validate the proposed approach, four heterogeneous application contexts are provided. A complete MIMO link design in a realistic propagation scenario is meant to constitute the reference case study. The second one regards the design, optimization and testing of various typologies of rectennas for power generation by common RF sources. Finally, the project and implementation of two typologies of radio identification tags, at X-band and V-band respectively. In all the cases the importance of an exhaustive nonlinear/electromagnetic co-simulation and co-design is demonstrated to be essential for any accurate system performance prediction.

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Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.