160 resultados para analisi di abbondanzasistemi binari


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Introduzione L’efficacia dei chemio/radioterapici ha aumentato notevolmente l’aspettativa di vita delle pazienti oncologiche, tuttavia, questi trattamenti possono compromettere la funzionalità ovarica. La crioconservazione di tessuto ovarico, con il successivo reimpianto, ha lo scopo di preservare la fertilità delle pazienti a rischio di fallimento ovarico precoce. Scopo dello studio Definire la migliore procedura di crioconservazione e reimpianto in grado di ottenere la neovascolarizzazione del tessuto reimpiantato nel minor tempo possibile al fine di diminuire la perdita follicolare causata dall’ischemia durante la procedura. Materiali e metodi Per ciascuna paziente (3) le biopsie ovariche, sono state prelevate laparoscopicamente e crioconservate secondo il protocollo di congelamento lento/scongelamento rapido. Campioni di corticale ovarica sono stati processati per l’analisi istologica, ultrastrutturale, immuistochimica e confocale per valutare la preservazione morfologiaca del tessuto. Le fettine di corticale ovarica sono state scongelate e reimpiantate ortotopicamente (2), nelle ovaia e in due tasche peritoneali, o eterotopicamente (1), in due tasche create nel sottocute sovrapubico. Risultati Le analisi di microscopia hanno mostrato il mantenimento di una discreta morfologia dello stroma, e dei vasi criopreservati e un lieve ma non significativo danneggiamento dei follicoli scongelati. Tutte le pazienti hanno mostrato la ripresa della funzionalità endocrina rispettivamente dopo 2/4 mesi dal reimpianto. Il color-doppler, inoltre ha rivelato un significativo aumento della vascolarizzazione ovarica rispetto alla quasi totale assenza di vascolarizzazione prima del reimpianto, quando le pazienti mostravano una conclamata menopausa. Conclusioni Lo studio ha confermato la ripresa della vascolarizzazione dell’ovaio in seguito a reimpianto avascolare di fettine di corticale, senza l’impiego di fattori esogeni o meccanici aggiuntivi, in tempi concordanti con i dati della letteratura. I risultati sono incoraggianti e l’avanzare degli studi e della ricerca potranno contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di reimpianto che possano avere un successo clinico ed una sicurezza superiori a quelle finora ottenute.

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L’elaborato ha lo scopo di presentare le nuove opportunità di business offerte dal Web. Il rivoluzionario cambiamento che la pervasività della Rete e tutte le attività correlate stanno portando, ha posto le aziende davanti ad un diverso modo di relazionarsi con i propri consumatori, che sono sempre più informati, consapevoli ed esigenti, e con la concorrenza. La sfida da accettare per rimanere competitivi sul mercato è significativa e il mutamento in rapido sviluppo: gli aspetti che contraddistinguono questo nuovo paradigma digitale sono, infatti, velocità, mutevolezza, ma al tempo stesso misurabilità, ponderabilità, previsione. Grazie agli strumenti tecnologici a disposizione e alle dinamiche proprie dei diversi spazi web (siti, social network, blog, forum) è possibile tracciare più facilmente, rispetto al passato, l’impatto di iniziative, lanci di prodotto, promozioni e pubblicità, misurandone il ritorno sull’investimento, oltre che la percezione dell’utente finale. Un approccio datacentrico al marketing, attraverso analisi di monitoraggio della rete, permette quindi al brand investimenti più mirati e ponderati sulla base di stime e previsioni. Tra le più significative strategie di marketing digitale sono citate: social advertising, keyword advertising, digital PR, social media, email marketing e molte altre. Sono riportate anche due case history: una come ottimo esempio di co-creation in cui il brand ha coinvolto direttamente il pubblico nel processo di produzione del prodotto, affidando ai fan della Pagina Facebook ufficiale la scelta dei gusti degli yogurt da mettere in vendita. La seconda, caso internazionale di lead generation, ha permesso al brand di misurare la conversione dei visitatori del sito (previa compilazione di popin) in reali acquirenti, collegando i dati di traffico del sito a quelli delle vendite. Esempio di come online e offline comunichino strettamente.

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La dissertazione ha riguardato l’analisi di sostenibilità di un sistema agronomico per la produzione di olio vegetale a fini energetici in terreni resi marginali dall’infestazione di nematodi. Il processo indagato ha previsto il sovescio di una coltura con proprietà biofumiganti (brassicacea) coltivata in precessione alla specie oleosa (soia e tabacco) al fine di contrastare il proliferare dell’infestazione nel terreno. Tale sistema agronomico è stato confrontato attraverso una analisi di ciclo di vita (LCA) ad uno scenario di coltivazione della stessa specie oleosa senza precessione di brassica ma con l’utilizzo di 1-3-dicloropropene come sistema di lotta ai nematodi. Allo scopo di completare l’analisi LCA con una valutazione dell’impatto sull’uso del suolo (Land use Impact) generato dai due scenari a confronto, sono stati costruiti due modelli nel software per il calcolo del Soil Conditioning Index (SCI), un indicatore quali-quantitativo della qualità del terreno definito dal Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA).

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Con il presente lavoro si è tentato di verificare se le ragioni che hanno portato l’ordinamento italiano ad adottare il principio della derivazione del reddito d'impresa dal risultato contabile, possano essere considerate ancora attuali alla luce dell'introduzione dei principi IAS/IFRS nel nostro sistema contabile. In particolare, si è cercato di esaminare se questo collegamento ai principi contabili internazionali, introdotto nel nostro ordinamento anche per la redazione dei bilanci d'esercizio, abbia comportato il venir meno della neutralità dell'imposizione fiscale tra le società cd. Ias adopter e no Ias adopter. L'analisi di questa problematica è stata condotta anche prendendo come riferimento le modalità di recepimento delle opzioni contenute nel Regolamento n. 1606/2002 da parte dei legislatori di alcuni Stati europei, e valutando se le conseguenze fiscali emergenti tra i vari ordinamenti possano creare possibili distorsioni alla concorrenza ed alle libertà fondamentali dell’Unione europea.

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Questa ricerca intende esaminare l'impatto della circolazione transfrontaliera dei servizi sul bilanciamento tra regole di mercato e politiche sociali. L'analisi di questa tensione costituisce il punto di partenza per una riflessione più ampia che si propone di comprendere come la conciliazione tra solidarietà e competitività e, più generalmente, tra esigenze di protezione sociale degli Stati membri e tradizionali competenze comunitarie nell'ambito del mercato comune, possa operare nel settore dei servizi. Un mercato comune dei servizi in costante espansione in senso transfrontaliero ha indubbiamente effetti non trascurabili sul piano sociale ed in particolare sul diritto del lavoro consolidatosi nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri. La necessità di conciliare solidarietà e competitività alla base del concetto di economia sociale ed il rinnovato accento sulla dimensione sociale dell'Unione accolto nel Trattato di Lisbona dovrebbero promuovere una convivenza armoniosa tra un'integrazione europea di carattere principalmente economico ed i residui spazi di intervento statale a tutela dei mercati nazionali del lavoro. Prima di analizzare cause ed effetti di tale potenziale conflitto nell'ambito del mercato europeo dei servizi risulta necessario fornire un panorama del quadro normativo applicabile agli operatori economici che intendano fornire a titolo temporaneo una prestazione in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento. Nell'ambito di tale disamina, dedicata alle fonti conflittuali del diritto europeo applicabili ai prestatori di servizi, individueremo le condizioni che devono rispettare gli operatori per esercitare un'attività in uno Stato membro diverso da quello di origine (Parte I). Potremo quindi illustrare come l'esercizio delle libertà comunitarie di circolazione da parte delle imprese europee abbia fatto emergere le contraddizioni ed i limiti del funzionamento del mercato comune rispetto alla fruizione dei diritti sociali da parte dei lavoratori locali e distaccati (Parte II).

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Il progresso tecnologico nel campo della biologia molecolare, pone la comunità scientifica di fronte all’esigenza di dare un’interpretazione all’enormità di sequenze biologiche che a mano a mano vanno a costituire le banche dati, siano esse proteine o acidi nucleici. In questo contesto la bioinformatica gioca un ruolo di primaria importanza. Un nuovo livello di possibilità conoscitive è stato introdotto con le tecnologie di Next Generation Sequencing (NGS), per mezzo delle quali è possibile ottenere interi genomi o trascrittomi in poco tempo e con bassi costi. Tra le applicazioni del NGS più rilevanti ci sono senza dubbio quelle oncologiche che prevedono la caratterizzazione genomica di tessuti tumorali e lo sviluppo di nuovi approcci diagnostici e terapeutici per il trattamento del cancro. Con l’analisi NGS è possibile individuare il set completo di variazioni che esistono nel genoma tumorale come varianti a singolo nucleotide, riarrangiamenti cromosomici, inserzioni e delezioni. Va però sottolineato che le variazioni trovate nei geni vanno in ultima battuta osservate dal punto di vista degli effetti a livello delle proteine in quanto esse sono le responsabili più dirette dei fenotipi alterati riscontrabili nella cellula tumorale. L’expertise bioinformatica va quindi collocata sia a livello dell’analisi del dato prodotto per mezzo di NGS ma anche nelle fasi successive ove è necessario effettuare l’annotazione dei geni contenuti nel genoma sequenziato e delle relative strutture proteiche che da esso sono espresse, o, come nel caso dello studio mutazionale, la valutazione dell’effetto della variazione genomica. È in questo contesto che si colloca il lavoro presentato: da un lato lo sviluppo di metodologie computazionali per l’annotazione di sequenze proteiche e dall’altro la messa a punto di una pipeline di analisi di dati prodotti con tecnologie NGS in applicazioni oncologiche avente come scopo finale quello della individuazione e caratterizzazione delle mutazioni genetiche tumorali a livello proteico.

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Il carcinoma squamoso orale (CSO) è spesso preceduto da lesioni definite potenzialmente maligne tra cui la leucoplachia e il lichen ma una diagnosi precoce avviene ancora oggi in meno della metà dei casi. Inoltre spesso un paziente trattato per CSO svilupperà secondi tumori. Scopo del lavoro di ricerca è stato: 1) Studiare, mediante metodica di next generation sequencing, lo stato di metilazione di un gruppo di geni a partire da prelievi brushing del cavo orale al fine di identificare CSO o lesioni ad alto rischio di trasformazione maligna. 2) Valurare la relazione esistente tra sovraespressione di p16INK4A e presenza di HPV in 35 pazienti affetti da lichen 3) Valutare la presenza di marker istopatologici predittivi di comparsa di seconde manifestazioni tumorali 4) valutare la relazione clonale tra tumore primitivo e metastasi linfonodale in 8 pazienti mediante 2 metodiche di clonalità differenti: l’analisi di mtDNA e delle mutazioni del gene TP53. I risultati hanno mostrato: 1) i geni ZAP70 e GP1BB hanno presentato un alterato stato di metilazione rispettivamente nel 100% e nel 90,9% di CSO e lesioni ad alto rischio, mentre non sono risultati metilati nei controlli sani; ipotizzando un ruolo come potenziali marcatori per la diagnosi precoce nel CSO. 2)Una sovraespressione di p16INK4A è risultata in 26/35 pazienti affetti da lichen ma HPV-DNA è stato identificato in soli 4 campioni. Nessuna relazione sembra essere tra sovraespressione di p16INK4A e virus HPV. 3)L’invasione perineurale è risultato un marker predittivo della comparsa di recidiva locale e metastasi linfonodale, mentre lo stato dei margini chirurgici si è rilevato un fattore predittivo per la comparsa di secondi tumori primitivi 4) Un totale accordo nei risultati c’è stato tra analisi di mtDNA e analisi di TP53 e le due metodiche hanno identificato la presenza di 4 metastasi linfonodali non clonalmente correlate al tumore primitivo.

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Introduzione e scopo: la rapida diffusione delle malattie dismetaboliche sta modificando l’epidemiologia dell’epatocarcinoma (HCC). Scopo della tesi è, attraverso quattro studi, analizzare l’impatto di questi cambiamenti nella gestione clinica del paziente affetto da HCC. Materiali e metodi: quattro studi di coorte, condotti con analisi retrospettiva del database ITA.LI.CA. Studio 1:3658 pazienti arruolati tra il 01-01-2001 ed il 31-12-2012 suddivisi in base alla data di diagnosi:2001-2004 (954 pazienti), 2005-2008 (1122 pazienti), 2009-2012 (1582 pazienti). Studio 2:analisi comparativa tra 756 pazienti con HCC-NAFLD e 611 pazienti con HCC-HCV. Studio 3:proposta di quattro modelli alternativi al BCLC originale con validazione di una proposta di sottostadiazione dell’intermedio, considerando 2606 pazienti arruolati tra il 01-01-2000 e il 31-12-2012 e riallocati secondo gradi diversi di perfomance status (PS). Studio 4:analisi di 696 pazienti con HCC in stadio intermedio diagnosticato dopo il 1999 stratificati per trattamento. Risultati: studio 1:progressivo aumento dell’età alla diagnosi e delle eziologie dismetaboliche; più frequente esordio dell’HCC in stadio precoce e con funzione epatica più conservata; aumento della sopravvivenza dopo il 2008. Studio 2:i pazienti con HCC-NAFLD mostrano più frequentemente un tumore infiltrativo diagnosticato fuori dai programmi di sorveglianza, con prognosi peggiore rispetto ai pazienti HCC-HCV. Questa differenza di sopravvivenza si elimina rimuovendo i fattori di confondimento attraverso propensity analysis. Studio 3:il PS1 non è un predittore indipendente di sopravvivenza. Il modello 4 (considerando PS1=PS0 e con la sottostadiazione proposta), ha la migliore capacità discriminativa. Studio 4:i trattamenti curativi riducono la mortalità più della TACE, anche dopo propensity analysis. Conclusioni: l’aumento delle patologie dismetaboliche comporterà diagnosi di malattia ad uno stadio più avanzato, quando sintomatica, rendendo necessario stabilire un programma di sorveglianza. Inoltre per una migliore stratificazione e gestione dei pazienti, bisogna riconsiderare il ruolo del PS ed offrire un ventaglio di opzioni terapeutiche anche per il pazienti in stadio intermedio.

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L’attività svolta durante il dottorato è stata incentrata su due tematiche riguardanti: (i) la modifica della composizione chimica delle classiche leghe di alluminio da fonderia per incrementarne la resistenza e stabilità termica; (ii) lo studio del comportamento a fatica di acciai innovativi alto-resistenziali, allo scopo di valutarne il loro utilizzo per la produzione di alberi motore e distribuzione in sostituzione dei tradizionali acciai utilizzati dopo bonifica e trattamento superficiale di nitrurazione. La messa a punto di una lega di alluminio da fonderia con elevata resistenza in temperatura ha richiesto, oltre all’individuazione della composizione chimica, l’ottimizzazione del trattamento termico e una completa caratterizzazione meccanica statica a fatica sia a temperatura ambiente sia a 200°C. L’attività ha permesso di sviluppare una lega, ottenuta aggiungendo 1,3% in peso di rame alla classica lega A357 (Al-Si-Mg), cha ha mostrato avere proprietà meccaniche superiori a quelle delle tradizionali leghe Al-Si-Mg-Cu quali la A354 e C355 sia a temperatura ambiente che a 200 °C dopo lunga esposizione in temperatura. Per quanto riguarda gli acciai innovativi, dopo una preliminare analisi di mercato per individuare quali acciai potessero essere oggetto di studio, è stato valutato come migliorarne le prestazioni a fatica, anche in presenza d’intaglio, attraverso la scelta del trattamento termico più opportuno e del processo di pallinatura. I risultati delle caratterizzazioni microstrutturale e meccanica svolte hanno permesso di individuare due acciai (nomi commerciali K890 e ASP2017) ottenuti per metallurgia delle polveri, ad oggi utilizzati solo per la produzione di stampi e/o utensili, in grado di sostituire gli acciai con cui vengono oggi realizzati i componenti, senza la necessità di eseguire il trattamento di nitrurazione

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Negli ultimi anni, in Italia sono stati tradotti un gran numero di opere letterarie cinesi grazie all’impegno e alla passione di numerosi sinologi, studiosi e traduttori italiani. Tuttavia, gli studi sulla traduzione della letteratura cinese sono, sia in Cina che in Italia, relativamente pochi e non sempre uniformi: in Cina è difficile trovare dati completi, sistematici e dotati di un certo valore di riferimento, e in Italia, una ricerca di questo tipo ha avuto origine nell’ambito degli studi sinologici italiani, piuttosto che in quello degli studi sulla traduzione. A partire da una rassegna dei principali approcci agli studi sulla traduzione (letteraria) dalla seconda metà del XX secolo fino ai nostri giorni, questo lavoro di tesi tenta di analizzare da un lato le tendenze generali relative alla traduzione e alla pubblicazione delle opere letterarie cinesi in Italia in un arco temporale che va dal 1942 al 2018, tramite alcune analisi di tipo sia quantitativo che qualitativo basate su una tabella di dati concernenti la letteratura cinese sul mercato editoriale italiano che è stata costruita appositamente; dall’altro, questa ricerca intende investigare le strategie utilizzate per tradurre i diversi riferimenti culturali riscontrati nel corpus di testi scelti e che sono stati suddivisi nelle seguenti categorie: antroponimi, intertestualità, riferimenti al contesto politico e culturale, gastronomia e altri riferimenti culturali. Attraverso un’analisi comparativa e descrittiva dei testi di partenza e dei testi di arrivo, ai fini della tesi si sono indagate le problematiche riguardanti la traduzione e la ricezione della letteratura cinese in Italia e le tendenze che tale letteratura ha avuto sia in ambito editoriale che nel campo della traduzione letteraria.

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INTRODUZIONE Pochi studi in Letteratura hanno indagato la correlazione tra la sintomatologia dolorosa associata all’interruzione farmacologica di gravidanza (IVG) e i livelli d’ansia pre-trattamento. L’obiettivo primario del nostro studio è stato di valutare la correlazione tra la sintomatologia dolorosa in corso di IVG farmacologica e i livelli d’ansia pre-trattamento. Inoltre, sono stati indagati i fattori predittivi di dolore e la correlazione con l’epoca gestazionale. MATERIALI E METODI È stato condotto uno studio osservazionale, prospettico, multicentrico presso l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda USL e presso l’Unità Operativa di Ginecologia dell’IRCCS Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Sono state incluse le pazienti sottoposte a IVG farmacologica tra giugno 2021 e novembre 2021, che rispettassero i criteri di inclusione ed esclusione. Sono stati somministrati 5 questionari (GHQ-12, GAD-7, STAI-6, VAS) e raccolti i dati anamnestici ed ecografici. I potenziali fattori di rischio sono stati, quindi, selezionati per l’inclusione nell'analisi di regressione multivariata. RISULTATI Delle 242 pazienti incluse, il 38,0% ha riferito una sintomatologia dolorosa severa (VAS >70). Dall’analisi di regressione multivariata, la dismenorrea intensa è risultata essere il fattore di rischio più forte per il dolore (OR = 6,30, IC 95% 2,66 – 14,91), seguita da alti livelli di ansia valutati mediante il punteggio del GHQ-12 > 9 (OR = 3,33, IC 95% 1,43 – 7,76). Al contrario, la nostra analisi ha confermato che un precedente parto vaginale rappresentava una caratteristica protettiva contro il dolore (OR 0,26, IC 95% 0,14 – 0,50). CONCLUSIONI Nel nostro studio alti livelli d’ansia pre-trattamento e la dismenorrea sono associati ad intensa sintomatologia dolorosa, mentre il parto vaginale è risultato protettivo. L’IVG farmacologica è una metodica efficace e sicura, ma spesso associata a sintomatologia dolorosa. È quindi fondamentale delineare fattori di predittivi di dolore ed individuare le pazienti a maggior rischio a cui somministrare un’idonea terapia antalgica.

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L'utilità clinica dell’uso routinario delle tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS) nei pazienti con cancro colorettale metastatico andrebbe approfondita. In questo studio, è stato valutato l'impatto di un pannello NGS da 52 geni utilizzato nella pratica clinica di routine. Abbiamo analizzato i risultati dei test molecolari multigenici in pazienti con carcinoma colorettale metastatico (mCRC) in uno studio osservazionale, retrospettivo e monocentrico su pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico consecutivamente testati presso un centro oncologico italiano tra giugno 2019 e dicembre 2020. Le analisi di sopravvivenza sono state effettuate con il metodo Kaplan-Meier, test log-rank e modello di Cox. Complessivamente sono stati inclusi 179 pazienti con mCRC. Il follow-up mediano è stato di 33 mesi (IQR: 28,45–NR). I quattro geni più frequentemente mutati sono stati: KRAS (48,6%), PIK3CA (22,4%), BRAF (14,5%) e APC (8,4%). È stata trovata un'associazione positiva tra la sopravvivenza globale (OS) e le mutazioni KRAS con un'alta frequenza allelica variante (VAF) [HR: 0,60 (0.36 – 0.99), P=0.047]. La mutazione BRAF era associata a OS inferiore [HR: 2,62 (1,59-4,32), P <0,001]. Il panello NGS ha consentito a otto pazienti di accedere a terapie a bersaglio molecolare non ancora registrate per il cancro colorettale. In conclusione, i pannelli NGS in mCRC sono fattibili nella pratica clinica in laboratori di riferimento per consentire un impatto inferiore sui costi e un aggiornamento regolare. La mutazione di BRAF risulta associata a una prognosi peggiore. Le mutazioni di KRAS con un’elevata variazione di frequenza allelica erano associate a una sopravvivenza globale superiore rispetto ai pazienti KRAS non mutati. Sono necessari studi più approfonditi per analizzare meglio i fattori prognostici.

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La perfusione polmonare extracorporea (EVLP) è una tecnica utilizzata dal 2010 per valutare e migliorare la qualità dell'organo da trapiantare e il danno da ischemia-ripefusione (IRI). Tale perfusione utilizza la soluzione di Steen, la cui composizione è solo parzialmente nota. Lo scopo è quello di identificare gli effetti di T3 su IRI polmonare ex vivo, in un modello di ratto di donatore a cuore non battente. Animali (40) randomizzati in otto gruppi e il protocollo EVLP sono stati standardizzati nel nostro centro. Sono state valutate la funzione polmonare, PEEP, la resistenza vascolare polmonare totale a 45, 60, 120 e 180 minuti di EVLP per eseguire analisi di gas, dosaggio del mediatore di infiammazione, mitocondriale libero DNA, freeT3 e freeT4. Alla fine dei campioni di tessuto polmonare sono stati congelati dal dosaggio ATP, espressione genica, DNA mitocondriale, T3. Non date le concentrazioni del produttore, abbiamo analizzato gli acidi grassi liberi, vitamine, ormoni e composizione della soluzione Steen. Risultati La soluzione di steen contiene albumina umana x2 nel siero umano (7,5-8 g/dl): le concentrazioni di ft4 e ft3 sono x2 quelle nel siero umano e vengono rilasciati dall'albumina. La concentrazione di ft4 e ft3 non è cambiata durante l'EVLP. La Steen ha alta fluorescenza per l'alta concentrazione delle molecole aromatiche (ormoni) mai descritto in precedenza. NADH e mtDNA nel perfused aumenta con danno ischemico e nel gruppo trattato con T3 Conclusione Il modello EVLP è già convalidato nella perfusione nel trapianto polmonare, ma è necessario approfondire l'effetto della Steen in termini di ormoni e analiti. L'effetto sull'IRI dell'EVLP sembra essere influenzato negativamente da un T3 troppo alto in Steen, cosa che descriviamo per la prima volta. L'ulteriore aggiunta di T3 provoca disfunzione mitocondriale e infiammazione.

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Obiettivo: Lo scopo principale di questo studio è analizzare lo sviluppo di complicanze cardiovascolari (CV) nei pazienti con neoplasia e malattia moderata-severa da COVID-19 e valutare differenze di genere per il rischio di mortalità intraospedaliera o di complicanze CV. Materiali e Metodi. Popolazione oggetto di studio. Pazienti inclusi nel registro ISACS-COVID 19 (ClinicalTrials.gov: NCT05188612), dati raccolti a partire da Febbraio 2020 a Luglio 2022. I pazienti arruolati sono stati reclutati da centri ospedalieri di cinque paesi: Italia, Croazia, Macedonia, Serbia e Romania. Le caratteristiche d’inclusione comprendono: età >18 anni, essere ospedalizzati e avere diagnosi certa d’infezione da SARS-CoV2. Gli endpoint analizzati sono stati: mortalità intraospedaliera e lo sviluppo di scompenso cardiaco acuto (SCA) nei pazienti con neoplasia. Risultati. La popolazione finale oggetto dello studio era di 4,014 pazienti ospedalizzati per malattia da COVID-19. Di questi circa l’8% risultava affetto da neoplasia. I pazienti con neoplasia risultavano essere più frequentemente donne (49% vs 40%, p=0.004), con un’età media più alta (68.3±12.95 vs 65.2±15.6, p<0.001) ma con profilo di rischio CV simile ai pazienti liberi da neoplasia. A seguito di analisi logistica di regressione multivariata, le donne non risultavano avere un incremento del rischio di mortalità intraospedaliera (OR 0.83;95%CI 0.66-2.45), mentre la presenza di tumore era significativamente associata ad incremento di mortalità (OR 1.68;95%CI 1.16-2.45). Restringendo le analisi di regressione logistica ai pazienti oncologici, le donne presentavano un incremento del rischio di sviluppo di SC acuto (OR3.07;95%CI 1.14 – 8.30) così come lo era la presenza di tumore al seno (OR 2.26; 95%CI 1.38 – 12.1). Conclusioni. La presenza di neoplasia rappresenta una condizione che incrementa il rischio di mortalità intraospedaliera nei pazienti ricoverati con COVID-19, mentre il genere femminile no. Le donne sembrano avere un rischio aumentato di sviluppo di SC acuto soprattutto se presentano un tumore al seno

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Durante il secolo scorso sono state individuate alcune mutazioni per il colore della buccia della varietà William che invece di essere giallo arriva a maturazione con diverse tonalità di colore rosso. L’intensità e la tipologia del fenotipo dovuto a questa mutazione mostra una variabilità all’interno dei diversi cloni rossi di questa cultivar: Max Red Bartlett, Rosired e Sensation. Questa mutazione è ereditabile e usando come genitore uno dei sopra-citati mutanti per il rosso sono state prodotte altre cultivar caratterizzate da buccia rossa come Cascade. Max Red Bartlett presenta una intensa colorazione rossa nelle prime fasi di maturazione per poi striarsi perdendo di lucentezza e non ricoprendo totalmente la superficie del frutto. Max Red Bartlett ha inoltre il problema di regressione del colore. Questa mutazione infatti non è stabile e dopo qualche anno può regredire e presentare il fenotipo di William. Diverso è invece lo sviluppo per esempio di Rosired che durante le prime fasi di accrescimento del frutto è identica a Williams (di colore verde con la parte del frutto rivolta verso il sole leggermente rossastra) per poi virare e mantenere un vivo colore rosso su tutta la superficie del frutto. Questa tesi si è proposta di caratterizzare questa mutazione che coinvolge in qualche modo la via biosintetica per la sintesi del colore. In particolare si è cercato di investigare sui probabili geni della via degli antociani coinvolti e in quale modo vengono espressi durante la maturazione del frutto, inoltre si è cercato di trovare quali specifiche molecole venissero diversamente sintetizzate. Le cultivar utilizzate sono state William e Max Red Bartlett. Di quest’ultima era già disponibile una mappa molecolare, ottenuta sulla popolazione di’incrocio di Abate Fetel (gialla) x MRB (rossa) con AFLP e SSR, quest’ultimi hanno permesso di denominare i diversi linkage group grazie alla sintenia con le altre mappe di pero e di melo. I semenzali appartenenti a questa popolazione, oltre a dimostrare l’ereditarietà del carattere, erano per il 50% gialli e 50% rossi. Questo ha permesso il mappaggio di questo carattere/mutazione che si è posizionato nel linkage group 4. Una ricerca in banca dati eseguita in parallelo ha permesso di trovare sequenze di melo dei geni coinvolti nella via biosintetica degli antociani (CHS, CHI, F3H, DFR, ANS e UFGT), sulle quali è stato possibile disegnare primer degenerati che amplificassero su DNA genomico di pero. Le amplificazioni hanno dato frammenti di lunghezza diversa. Infatti nel caso di F3H e DFR l’altissima omologia tra melo e pero ha permesso l’amplificazione quasi totale del gene, negli altri casi invece è stato necessario utilizzare primer sempre più vicini in modo da facilitare l’amplificazione. I frammenti ottenuti sono stati clonati sequenziati per confermare la specificità degli amplificati. Non sono stati evidenziati polimorfismi di sequenza in nessuna delle sei sequenze tra William e Max Red Bartlett e nessun polimorfismo con Abate, per questo motivo non è stato possibile mapparli e vedere se qualcuno di questi geni era localizzato nella medesima posizione in cui era stato mappato il “colore/mutazione”. Sulle le sequenze ottenute è stato possibile disegnare altri primer, questa volta specifici, sia per analisi d’espressione. Inizialmente è stato sintetizzato il cDNA dei geni suddetti per retrotrascrizione da RNA estratto sia da bucce sia da foglie appena germogliate (le quali presentano solo in questa fase una colorazione rossastra in MRB ma non in William). Al fine di osservare come varia l’espressione dei geni della via biosintetica delle antocianine durante la fase di maturazione dei frutti, sono stati fatti 4 campionamenti, il primo a 45gg dalla piena fioritura, poi a 60, 90, 120 giorni. Foglie e bucce sono state prelevate in campo e poste immediatamente in azoto liquido. Dai risultati con Real Time è emerso che vi è una maggiore espressione nelle prime fasi di sviluppo in Max Red Bartlett per poi calare enormemente in giugno. Si potrebbe ipotizzare che ci sia una reazione di feed back da parte della piante considerando che in questa fase il frutto non si accresce. I livelli di espressione poi aumentano verso la fase finale della maturazione del frutto. In agosto, con l’ultimo campionamento vi è una espressione assai maggiore in Max Red Bartlett per quei geni posti a valle della via biosintetica per la sintesi delle antocianine. Questo risultato è confermato anche dal livello di espressione che si riscontra nelle foglie. In cui i geni F3H, LDOX e UFGT hanno un livello di espressione nettamente maggiore in Max Red Bartlett rispetto a William. Recentemente Takos et al (2006) hanno pubblicato uno studio su un gene regolatore della famiglia Myb e ciò ha permesso di ampliare i nostri studi anche su questo gene. L’altissima omologia di sequenza, anche a livello di introni, non ha permesso di individuare polimorfismi tra le varietà Abate Fetel e Max Red Bartlett, per nessun gene ad eccezione proprio del gene regolatore Myb. I risultati ottenuti in questa tesi dimostrano che in pero l’espressione relativa del gene Myb codificante per una proteina regolatrice mostra una netta sovra-espressione nel primo stadio di maturazione del frutto, in Max Red Bartlett 25 volte maggiore che in William. All’interno della sequenza del gene un polimorfismo prodotto da un microsatellite ha permesso il mappaggio del gene nel linkage group 9 in Max Red Bartlett e in Abate Fetel. Confrontando questo dato di mappa con quello del carattere morfologico rosso, mappato nel linkage group 4, si deduce che la mutazione non agisce direttamente sulla sequenza di questo gene regolatore, benché sia espresso maggiormente in Max Red Bartlett rispetto a William ma agisca in un altro modo ancora da scoprire. Infine per entrambe le varietà (William e Max Red Bartlett) sono state effettuate analisi fenotipiche in diversi step. Innanzi tutto si è proceduto con una analisi preliminare in HPLC per osservare se vi fossero differenze nella produzione di composti con assorbenza specifica delle antocianine e dei flavonoidi in generale. Si è potuto quindi osservare la presenza di due picchi in Max Red Bartlett ma non in William. La mancanza di standard che coincidessero con i picchi rilevati dallo spettro non ha permesso in questa fase di fare alcuna ipotesi riguardo alla loro natura. Partendo da questo risultato l’investigazione è proceduta attraverso analisi di spettrometria di massa associate ad una cromatografia liquida identificando con una certa precisione due composti: la cianidina-3-0-glucoside e la quercitina-3-o-glucoside. In particolare la cianidina sembra essere la molecola responsabile della colorazione della buccia nei frutti di pero. Successive analisi sono state fatte sempre con lo spettrometro di massa ma collegato ad un gas cromatografo per verificare se vi fossero delle differenze anche nella produzione di zuccheri e più in generale di molecole volatili. L’assenza di variazioni significative ha dimostrato che la mutazione coinvolge solo il colore della buccia e non le caratteristiche gustative e organolettiche di William che restano inalterate nel mutante.