153 resultados para Realtà aumentata metodologie di progetto settore aerospaziale


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Il problema storico che è al centro di questo progetto di ricerca può essere così riassunto: in che modo viene selezionata la classe dirigente comunista nell’Italia repubblicana? Ovvero, detto in altri termini, in che misura le nomine dipendevano dal centro, per cooptazione, secondo la tradizione del modello di partito centralizzato, e quanto, invece, costituivano una ratifica alta di processi di selezione che si sviluppavano in periferia? Quanto contava, insomma, l’aver avuto lo scettro del comando nei territori di provenienza per ricoprire incarichi direttivi nel partito a livello nazionale? La nostra ricerca vuole quindi verificare la valididi alcuni paradigmi interpretativi, scaturiti da un’analisi complessiva della politica comunista, prendendo in esame un caso di studio locale, quello di una regione «rossa» per antonomasia come la Toscana. Tenendo conto, contestualmente, della realtà nazionale e di quella locale, cercheremo di analizzare, le ricadute che processi di portata nazionale ebbero sulla realtà locale, e in particolare, sulle modalità che regolavano la selezione della classe dirigente, dando alla ricerca un taglio prosopografico.

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OBIETTIVO : Quantificare le CECs/ml nei pazienti affetti da ischemia critica (IC) degli arti inferiori, eventuali correlazioni tra i fattori di rischio, lo stadio clinico con l’ aumento delle CECs. Valutare i cambiamenti strutturali (calcificazione ed infiltratto infiammatorio) e l’ angiogenesi (numero di capillari /sezione) della parete arteriosa. MATERIALI E METODI: Da Maggio 2006 ad Aprile 2008 in modo prospettico abbiamo arruolato paziente affetti da IC da sottoporre ad intervento chirurgico. In un data base abbiamo raccolto : caratteristiche demografiche, fattori di rischio, stadiazione dell'IC secondo Leriche-Fontaine (L-F), il tipo di intervento chirurgico. Per ogni paziente abbiamo effettuato un prelievo ematico di 2 ml per la quantificazione immunomagnetica delle CECs e prelievo di parete arteriosa. RISULTATI: In modo consecutivo abbiamo arruolato 33 pazienti (75.8% maschi) con età media di 71 aa (range 34-91aa), affetti da arteriopatia ostruttiva cronica periferica al IV stadio di L-F nel 84.8%, da cardiopatia ischemica cronica nel 60.6%, da ipertensione arteriosa nel 72.7% e da diabete mellito di II tipo nel 66.6%. Il valore medio di CECs/ml è risultato significativamente più elevato (p= 0.001) nei soggetti affetti da IC (CECs/ml =531.24 range 107- 3330) rispetto ai casi controllo (CECs/ml = 125.8 range 19-346 ). Le CECs/ml nei pazienti diabetici sono maggiori rispetto alle CECs/ml nei pazienti non diabetici ( 726.7 /ml vs 325.5/ml ), p< 0.05 I pazienti diabetici hanno presentato maggior incidenza di lesioni arteriose complesse rispetto ai non diabetici (66% vs 47%) e minor densità capillare (65% vs 87%). Conclusioni : Le CECs sono un marker sierologico attendibile di danno vascolare parietale, la loro quantità è maggiore nei pazienti diabetici e ipertesi. La minor capacità angiogenetica della parete arteriosa in presenza di maggior calcificazioni ed infiltrato infiammatorio nei diabetici, dimostra un danno istopatologico di parete maggiore .

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Oggetto centrale della presente ricerca è il rapporto che, attraverso il progetto, Byrne stabilisce di volta in volta con il territorio, identificando le origini di un atteggiamento di tipo geografico in una serie di esperienze e di sperimentazioni che maturano all’interno della cultura architettonica portoghese. La riflessione teorica e la pratica sono per Byrne strettamente legati nella definizione di una metodologia progettuale. Da questo punto di vista è determinante il suo interesse per le teorie sulla razionalizzazione delle metodologie del progetto sviluppate negli anni Sessanta in Inghilterra. L’architettura come strumento di conoscenza ha origine da un processo di analisi e di interpretazione che passa attraverso una lettura complessiva del territorio. Questo processo vede l’impiego di strumenti specifici come: il disegno, l’ordine dato dalla geometria, l’impiego di spazi matrice e la rispondenza a un programma preciso. La presente ricerca si concentra sul tema della residenza e propone di individuare una linea di continuità che, ben al di là dei caratteri linguistici esplorati attraverso ciascuno dei progetti oggetto di analisi, accompagni la riflessione attraverso cui Gonçalo Byrne si confronta con la geografia. Tali progetti sono indagati nella loro configurazione spaziale, concentrandosi nell’individuazione di soluzioni ricorrenti derivanti dalla relazione tra architettura ed elementi condizionanti locali, che trovano espressione in una serie di temi (frammentazione, imposizione, mimesi, innesto) costantemente presenti e indagati dall’autore attraverso il confronto con la ricerca progettuale, condotta negli stessi anni sia in ambito portoghese che europeo. Paradigmatici, a questo proposito, sono i progetti per Chelas (1972) e per Casal das Figueiras (1975), assunti come elementi di confronto e di verifica degli strumenti che l’architetto utilizza per l’interpretazione del luogo. La lettura e l’analisi del progetto mirano ad approfondire le relazioni fra architettura e geografia come elementi di originalità nell’opera di Byrne, individuandone le influenze socio-culturali e i riferimenti progettuali.

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La stenosi valvolare aortica è la più frequente patologia valvolare cardiaca nei paesi sviluppati come diretta conseguenza dell’aumentata aspettativa di vita. In Europa si stima che il numero di soggetti sintomatici per stenosi valvolare aortica aumenterà da 1.3 milioni nel 2025 a 2.1 milioni in 2050. Di conseguenza la stenosi aortica ha e avrà un forte impatto sulla salute pubblica e sui costi che ne determina, poiché spesso associata a un declino funzionale dei pazienti ed aumentata incidenza di ospedalizzazione. D’altra parte è noto che la stenosi valvolare aortica severa non trattata si associa a prognosi infausta con una sopravvivenza del 50% a 2 anni dall’insorgenza dei sintomi e del 20% a 5 anni. Ad oggi non esiste una terapia medica efficace per la stenosi valvolare aortica in quanto andando a costituire un’ostruzione meccanica, resta di competenza del cardiochirurgo o del cardiologo interventista. La sostituzione valvolare aortica, sia essa chirurgica o percutanea, resta pertanto il solo trattamento definitivo per la stenosi valvolare aortica. Nel tempo il rischio operatorio è estremamente diminuito e i vantaggi in termini di miglioramento della qualità di vita sono evidenti. Questo progetto di ricerca prevede pertanto un’analisi delle più recenti tecnologie per il trattamento chirurgico della stenosi valvolare aortica a partire dalla tipologia di approccio chirurgico, se mini-invasivo o tradizionale, fino all’utilizzo delle più recenti protesi biologiche sutureless studiandone i vantaggi, svantaggi e risultati. Prima ancora, tuttavia, saranno analizzati i meccanismi di biologia molecolare alla base dell’eziologia della stenosi aortica al fine di poter identificare precocemente i pazienti, di prevedere l’andamento della patologia e forse, in futuro, anche di ipotizzare una terapia farmacologica mirata.

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Negli ultimi anni la longevità è divenuto un argomento di notevole interesse in diversi settori scientifici. Le ricerche volte ad indagare i meccanismi che regolano i fattori della longevità si sono moltiplicate nell’ultimo periodo interessando, in maniera diversa, alcune regioni del territorio italiano. Lo studio presentato nella tesi ha l’obiettivo di identificare eventuali aggregazioni territoriali caratterizzate da una significativa propensione alla longevità nella regione Emilia-Romagna mediante l’impiego di metodologie di clustering spaziale, alcune delle quali di recente implementazione. La popolazione in esame è costituita dagli individui residenti in Emilia- Romagna nel quinquennio 2000-2004 suddivisa in classi di età, sesso e comune. L’analisi è di tipo puramente spaziale, in cui l’unità geografica elementare è identificata dal comune, ed è stata condotta separatamente per i due sessi. L’identificazione delle aree regionali ad elevata longevità è avvenuta utilizzando quattro metodologie di clustering spaziale, basate sulla teoria della massima verosimiglianza, che si differenziano tra loro per la modalità di ricerca dei potenziali clusters. La differenza consiste nella capacità di identificare aggregazioni territoriali di forma regolare (spatial scan statistic, Kulldorff e Nagarwalla,1995; Kulldorff,1997, 1999) o dall’andamento geometrico “libero” (flexible scan statistic, Tango e Takahashi,2005; algoritmo genetico, Duczmal et al.,2007; greedy growth search, Yiannakoulias et al.,2007). Le caratteristiche di ciascuna metodologia consentono, in tal modo, di “catturare” le possibili conformazioni geografiche delle aggregazioni presenti sul territorio e la teoria statistica di base, comune ad esse, consente di effettuare agevolmente un confronto tra i risultati ottenuti. La persistenza di un’area caratterizzata da un’elevata propensione alla longevità consente, infatti, di ritenere il cluster identificato di notevole interesse per approfondimenti successivi. Il criterio utilizzato per la valutazione della persistenza di un cluster è stato derivato dalla teoria dei grafi, con particolare riferimento ai multigrafi. L’idea è confrontare, a parità di parametri di ricerca, i grafi associati alle aggregazioni spaziali identificate con le diverse metodologie attraverso una valutazione delle occorrenze dei collegamenti esistenti tra le coppie di vertici. Alcune valutazioni di carattere demografico ed un esame della letteratura esistente sugli studi di longevità, hanno indotto alla definizione di una classe (aperta) di età per rappresentare il fenomeno nella nostra ricerca: sono stati considerati gli individui con età superiore o uguale a 95 anni (indicata con 95+). La misura di sintesi utilizzata per descrivere il fenomeno è un indicatore specifico di longevità, mutuato dalla demografia, indicato con Centenarian Rate (CR) (Robine e Caselli, 2005). Esso è definito dal rapporto tra la popolazione 95+ e la popolazione residente, nello stesso comune, al censimento del 1961. L’idea alla base del CR è confrontare gli individui longevi di un istante temporale con quelli presenti, nella stessa area, circa 40 anni prima dell’osservazione, ipotizzando che l’effetto migratorio di una popolazione possa ritenersi trascurabile oltre i 60 anni di età. La propensione alla longevità coinvolge in maniera diversa le aree del territorio dell’Emilia-Romagna. Le province della regione caratterizzate da una maggiore longevità sono Bologna, Ravenna e parte di Forlì-Cesena mentre la provincia di Ferrara si distingue per un livello ridotto del fenomeno. La distinzione per sesso non appare netta: gli uomini con età 95+, numericamente inferiori alle donne, risiedono principalmente nei comuni delle province di Bologna e Ravenna, con qualche estensione nel territorio forlivese, analogamente a quanto accade per la popolazione femminile che mostra, tuttavia, una maggiore prevalenza nei territori di Bologna e Forlì-Cesena, includendo alcune aree del riminese. Le province occidentali della regione, invece, non risultano interessate significativamente da questo fenomeno. Le metodologie di cluster detection utilizzate nello studio hanno prodotto risultati pressoché simili seppur con criteri di ricerca differenti. La spatial scan statistic si conferma una metodologia efficace e veloce ma il vincolo geometrico regolare imposto al cluster condiziona il suo utilizzo, rivelando una scarsa adattabilità nell’identificazione di aggregazioni irregolari. La metodologia FSC ha evidenziato buone capacità di ricerca e velocità di esecuzione, completata da una descrizione chiara e dettagliata dei risultati e dalla possibilità di poter visualizzare graficamente i clusters finali, anche se con un livello minimo di dettaglio. Il limite principale della metodologia è la dimensione ridotta del cluster finale: l’eccessivo impegno computazionale richiesto dalla procedura induce a fissare il limite massimo al di sotto delle 30 aree, rendendola così utilizzabile solo nelle indagini in cui si ipotizza un’estensione limitata del fenomeno sul territorio. L’algoritmo genetico GA si rivela efficace nell’identificazione di clusters di qualsiasi forma ed estensione, seppur con una velocità di esecuzione inferiore rispetto alle procedure finora descritte. Senza un’adeguata selezione dei parametri di ricerca,la procedura può individuare clusters molto irregolari ed estesi, consigliando l’uso di penalizzazione non nulla in fase di ricerca. La scelta dei parametri di ricerca non è comunque agevole ed immediata e, spesso, è lasciata all’esperienza del ricercatore. Questo modo di procedere, in aggiunta alla mancanza di informazioni a priori sul fenomeno, aumenta il grado di soggettività introdotto nella selezione dei parametri influenzando i risultati finali. Infine, la metodologia GGS richiede un carico computazionale nettamente superiore rispetto a quello necessario per le altre metodologie utilizzate e l’introduzione di due parametri di controllo favorisce una maggiore arbitrarietà nella selezione dei valori di ricerca adeguati; inoltre, la recente implementazione della procedura e la mancanza di studi su dati reali inducono ad effettuare un numero maggiore di prove durante la fase di ricerca dei clusters.

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L’attività di ricerca del dottorando è stata rivolta allo studio della trasmissione del rumore per via strutturale negli edifici. Questo argomento e' di notevole interesse sia fondamentale che applicativo. Il fenomeno e le problematiche ad essa connesse contribuiscono alla diminuzione delle prestazioni fonoisolanti, sia per le strutture verticali (usualmente valutate rispetto al rumore aereo), sia per quelle orizzontali (valutate anche rispetto al rumore impattivo) ed è tipico degli edifici con struttura portante a telaio e tamponatura in laterizi. Si tratta delle tipiche tipologie edilizie italiane, per le quali il problema risulta amplificato rispetto ad altre tipologie. La metodologia di studio è stata di tipo sperimentale. La scelta è dettata sia dall’insufficiente avanzamento dello stato dell’arte dei metodi di calcolo teorici, o delle loro versioni numeriche, sia dalla necessità di disporre di dati certi da confrontare con i valori forniti dai metodi previsionali semplificati indicati nelle norme UNI (modello CEN); infatti queste ultime sono un recepimento letterale di quelle europee, sebbene esse si basino su tipologie costruttive, materiali e tecniche di realizzazione differenti da quelle comunemente in uso in Italia; da qui la difformità di risultati tra formule previsionali e misurazioni sperimentali. Al fine di realizzare uno studio completo delle principali casistiche della trasmissione laterale sono state utilizzate 6 configurazioni in scala reale, con elementi edilizi diversamente collegati fra loro in modo da simulare i nodi strutturali comunemente realizzati negli edifici. La parte sperimentale della ricerca è stata svolta presso le “Camere Acustiche di Prova” del Laboratorio del Lazzaretto “R. Alessi” del DIENCA. Oltre alle usuali misurazioni di isolamento acustico, sono state eseguite numerose misurazioni di vibrazione. Infatti, dal confronto dei livelli di velocità di vibrazione dei diversi elementi di una struttura, rigidamente connessi, è possibile determinare l’indice di riduzione delle vibrazioni Kij che è la grandezza chiave per modellizzare il fenomeno della trasmissione laterale. La possibilità di determinare sperimentalmente tali valori nel contesto di un lavoro di ricerca finalizzato a determinare i meccanismi di propagazione delle vibrazioni nelle strutture, permette di valutare la precisione delle formule previsionali del modello CEN e di proporne varianti e integrazioni. I valori di Kij così determinati assumono grande importanza anche in fase di progetto, fornendo dati attendibili da utilizzare per la progettazione acustica degli edifici.

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Stem cells are one of the most fascinating areas of biology today, and since the discover of an adult population, i.e., adult Stem Cells (aSCs), they have generated much interest especially for their application potential as a source for cell based regenerative medicine and tissue engineering. aSCs have been found in different tissues including bone marrow, skin, intestine, central nervous system, where they reside in a special microenviroment termed “niche” which regulate the homeostasis and repair of adult tissues. The arterial wall of the blood vessels is much more plastic than ever before believed. Several animal studies have demonstrated the presence of cells with stem cell characteristics within the adult vessels. Recently, it has been also hypothesized the presence of a “vasculogenic zone” in human adult arteries in which a complete hierarchy of resident stem cells and progenitors could be niched during lifetime. Accordingly, it can be speculated that in that location resident mesenchymal stem cells (MSCs) with the ability to differentiate in smooth muscle cells, surrounding pericytes and fibroblasts are present. The present research was aimed at identifying in situ and isolating MSCs from thoracic aortas of young and healthy heart-beating multiorgan donors. Immunohistochemistry performed on fresh and frozen human thoracic aortas demonstrated the presence of the vasculogenic zone between the media and the adventitial layers in which a well preserved plexus of CD34 positive cells was found. These cells expressed intensely HLA-I antigens both before and after cryopreservation and after 4 days of organ cultures remained viable. Following these preliminary results, we succeeded to isolate mesenchymal cells from multi-organ thoracic aortas using a mechanical and enzymatic combined procedure. Cells had phenotypic characteristics of MSC i.e., CD44+, CD90+, CD105+, CD166+, CD34low, CD45- and revealed a transcript expression of stem cell markers, e.g., OCT4, c-kit, BCRP-1, IL6 and BMI-1. As previously documented using bone marrow derived MSCs, resident vascular wall MSCs were able to differentiate in vitro into endothelial cells in the presence of low-serum supplemented with VEGF-A (50 ng/ml) for 7 days. Under the condition described above, cultured cells showed an increased expression of KDR and eNOS, down-regulation of the CD133 transcript, vWF expression as documented by flow cytometry, immunofluorescence, qPCR and TEM. Moreover, matrigel assay revealed that VEGF induced cells were able to form capillary-like structures within 6 hours of seeding. In summary, these findings indicate that thoracic aortas from heart-beating, multi-organ donors are highly suitable for obtaining MSCs with the ability to differentiate in vitro into endothelial cells. Even though their differentiating potential remains to be fully established, it is believed that their angiogenic ability could be a useful property for allogenic use. These cells can be expanded rapidly, providing numbers which are adequate for therapeutic neovascularization; furthermore they can be cryostored in appropriate cell banking facilities for later use.

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Introduction The “eversion” technique for carotid endarterectomy (e-CEA), that involves the transection of the internal carotid artery at the carotid bulb and its eversion over the atherosclerotic plaque, has been associated with an increased risk of postoperative hypertension possibly due to a direct iatrogenic damage to the carotid sinus fibers. The aim of this study is to assess the long-term effect of the e-CEA on arterial baroreflex and peripheral chemoreflex function in humans. Methods A retrospective review was conducted on a prospectively compiled computerized database of 3128 CEAs performed on 2617 patients at our Center between January 2001 and March 2006. During this period, a total of 292 patients who had bilateral carotid stenosis ≥70% at the time of the first admission underwent staged bilateral CEAs. Of these, 93 patients had staged bilateral e-CEAs, 126 staged bilateral s- CEAs and 73 had different procedures on each carotid. CEAs were performed with either the eversion or the standard technique with routine Dacron patching in all cases. The study inclusion criteria were bilateral CEA with the same technique on both sides and an uneventful postoperative course after both procedures. We decided to enroll patients submitted to bilateral e-CEA to eliminate the background noise from contralateral carotid sinus fibers. Exclusion criteria were: age >70 years, diabetes mellitus, chronic pulmonary disease, symptomatic ischemic cardiac disease or medical therapy with b-blockers, cardiac arrhythmia, permanent neurologic deficits or an abnormal preoperative cerebral CT scan, carotid restenosis and previous neck or chest surgery or irradiation. Young and aged-matched healthy subjects were also recruited as controls. Patients were assessed by the 4 standard cardiovascular reflex tests, including Lying-to-standing, Orthostatic hypotension, Deep breathing, and Valsalva Maneuver. Indirect autonomic parameters were assessed with a non-invasive approach based on spectral analysis of EKG RR interval, systolic arterial pressure, and respiration variability, performed with an ad hoc software. From the analysis of these parameters the software provides the estimates of spontaneous baroreflex sensitivity (BRS). The ventilatory response to hypoxia was assessed in patients and controls by means of classic rebreathing tests. Results A total of 29 patients (16 males, age 62.4±8.0 years) were enrolled. Overall, 13 patients had undergone bilateral e-CEA (44.8%) and 16 bilateral s-CEA (55.2%) with a mean interval between the procedures of 62±56 days. No patient showed signs or symptoms of autonomic dysfunction, including labile hypertension, tachycardia, palpitations, headache, inappropriate diaphoresis, pallor or flushing. The results of standard cardiovascular autonomic tests showed no evidence of autonomic dysfunction in any of the enrolled patients. At spectral analysis, a residual baroreflex performance was shown in both patient groups, though reduced, as expected, compared to young controls. Notably, baroreflex function was better maintained in e-CEA, compared to standard CEA. (BRS at rest: young controls 19.93 ± 2.45 msec/mmHg; age-matched controls 7.75 ± 1.24; e-CEA 13.85 ± 5.14; s-CEA 4.93 ± 1.15; ANOVA P=0.001; BRS at stand: young controls 7.83 ± 0.66; age-matched controls 3.71 ± 0.35; e-CEA 7.04 ± 1.99; s-CEA 3.57 ± 1.20; ANOVA P=0.001). In all subjects ventilation (VÝ E) and oximetry data fitted a linear regression model with r values > 0.8. Oneway analysis of variance showed a significantly higher slope both for ΔVE/ΔSaO2 in controls compared with both patient groups which were not different from each other (-1.37 ± 0.33 compared with -0.33±0.08 and -0.29 ±0.13 l/min/%SaO2, p<0.05, Fig.). Similar results were observed for and ΔVE/ΔPetO2 (-0.20 ± 0.1 versus -0.01 ± 0.0 and -0.07 ± 0.02 l/min/mmHg, p<0.05). A regression model using treatment, age, baseline FiCO2 and minimum SaO2 achieved showed only treatment as a significant factor in explaining the variance in minute ventilation (R2= 25%). Conclusions Overall, we demonstrated that bilateral e-CEA does not imply a carotid sinus denervation. As a result of some expected degree of iatrogenic damage, such performance was lower than that of controls. Interestingly though, baroreflex performance appeared better maintained in e-CEA than in s-CEA. This may be related to the changes in the elastic properties of the carotid sinus vascular wall, as the patch is more rigid than the endarterectomized carotid wall that remains in the e-CEA. These data confirmed the safety of CEA irrespective of the surgical technique and have relevant clinical implication in the assessment of the frequent hemodynamic disturbances associated with carotid angioplasty stenting.

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In the recent years it is emerged that peripheral arterial disease (PAD) has become a growing health problem in Western countries. This is a progressive manifestation of atherothrombotic vascular disease, which results into the narrowing of the blood vessels of the lower limbs and, as final consequence, in critical leg ischemia. PAD often occurs along with other cardiovascular risk factors, including diabetes mellitus (DM), low-grade inflammation, hypertension, and lipid disorders. Patients with DM have an increased risk of developing PAD, and that risk increases with the duration of DM. Moreover, there is a growing population of patients identified with insulin resistance (IR), impaired glucose tolerance, and obesity, a pathological condition known as “metabolic syndrome”, which presents increased cardiovascular risk. Atherosclerosis is the earliest symptom of PAD and is a dynamic and progressive disease arising from the combination of endothelial dysfunction and inflammation. Endothelial dysfunction is a broad term that implies diminished production or availability of nitric oxide (NO) and/or an imbalance in the relative contribution of endothelium-derived relaxing factors. The secretion of these agents is considerably reduced in association with the major risks of atherosclerosis, especially hyperglycaemia and diabetes, and a reduced vascular repair has been observed in response to wound healing and to ischemia. Neovascularization does not only rely on the proliferation of local endothelial cells, but also involves bone marrow-derived stem cells, referred to as endothelial progenitor cells (EPCs), since they exhibit endothelial surface markers and properties. They can promote postnatal vasculogenesis by homing to, differentiating into an endothelial phenotype, proliferating and incorporating into new vessels. Consequently, EPCs are critical to endothelium maintenance and repair and their dysfunction contributes to vascular disease. The aim of this study has been the characterization of EPCs from healthy peripheral blood, in terms of proliferation, differentiation and function. Given the importance of NO in neovascularization and homing process, it has been investigated the expression of NO synthase (NOS) isoforms, eNOS, nNOS and iNOS, and the effects of their inhibition on EPC function. Moreover, it has been examined the expression of NADPH oxidase (Nox) isoforms which are the principal source of ROS in the cell. In fact, a number of evidences showed the correlation between ROS and NO metabolism, since oxidative stress causes NOS inactivation via enzyme uncoupling. In particular, it has been studied the expression of Nox2 and Nox4, constitutively expressed in endothelium, and Nox1. The second part of this research was focused on the study of EPCs under pathological conditions. Firstly, EPCs isolated from healthy subject were cultured in a hyperglycaemic medium, in order to evaluate the effects of high glucose concentration on EPCs. Secondly, EPCs were isolated from the peripheral blood of patients affected with PAD, both diabetic or not, and it was assessed their capacity to proliferate, differentiate, and to participate to neovasculogenesis. Furthermore, it was investigated the expression of NOS and Nox in these cells. Mononuclear cells isolated from peripheral blood of healthy patients, if cultured under differentiating conditions, differentiate into EPCs. These cells are not able to form capillary-like structures ex novo, but participate to vasculogenesis by incorporation into the new vessels formed by mature endothelial cells, such as HUVECs. With respect to NOS expression, these cells have high levels of iNOS, the inducible isoform of NOS, 3-4 fold higher than in HUVECs. While the endothelial isoform, eNOS, is poorly expressed in EPCs. The higher iNOS expression could be a form of compensation of lower eNOS levels. Under hyperglycaemic conditions, both iNOS and eNOS expression are enhanced compared to control EPCs, as resulted from experimental studies in animal models. In patients affected with PAD, the EPCs may act in different ways. Non-diabetic patients and diabetic patients with a higher vascular damage, evidenced by a higher number of circulating endothelial cells (CECs), show a reduced proliferation and ability to participate to vasculogenesis. On the other hand, diabetic patients with lower CEC number have proliferative and vasculogenic capacity more similar to healthy EPCs. eNOS levels in both patient types are equivalent to those of control, while iNOS expression is enhanced. Interestingly, nNOS is not detected in diabetic patients, analogously to other cell types in diabetics, which show a reduced or no nNOS expression. Concerning Nox expression, EPCs present higher levels of both Nox1 and Nox2, in comparison with HUVECs, while Nox4 is poorly expressed, probably because of uncompleted differentiation into an endothelial phenotype. Nox1 is more expressed in PAD patients, diabetic or not, than in controls, suggesting an increased ROS production. Nox2, instead, is lower in patients than in controls. Being Nox2 involved in cellular response to VEGF, its reduced expression can be referable to impaired vasculogenic potential of PAD patients.

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In un periodo di tre anni è stato svolto un lavoro mirato alla valutazione delle complicanze correlate all’utilizzo dello stenting carotideo. Dopo la preparazione di un protocollo con definizione di tutti i fattori di rischio sono stati individuati i criteri di inclusione ed esclusione attraverso i quali arruolare i pazienti. Da Luglio 2004 a Marzo 2007 sono stati inclusi 298 pazienti e sono state valutate le caratteristiche della placca carotidea, con particolare riferimento alla presenza di ulcerazione e/o di stenosi serrata, la tortuosità dei vasi e il tipo di arco aortico oltre a tutti i fattori di rischio demografici e metabolici. E’ stato valutato quanto e se questi fattori di rischio incrementino la percentuale di complicanze della procedura di stenting carotideo. I pazienti arruolati sono stati suddivisi in due gruppi a seconda della morfologia della placca: placca complicata (placca con ulcera del diametro > di 2 mm e placca con stenosi sub occlusiva 99%) e placca non complicata. I due gruppi sono stati comparati in termini di epidemiologia, sintomatologia neurologica preoperatoria, tipo di arco, presenza di stenosi o ostruzione della carotide controlaterale, tipo di stent e di protezione cerebrale utilizzati, evoluzione clinica e risultati tecnici. I dati sono stati valutati mediante analisi statistica di regressione logistica multipla per evidenziare le variabili correlate con l’insuccesso. Dei 298 pazienti consecutivi sottoposti a stenting, 77 hanno mostrato una placca complicata (25,8%) e 221 una placca non complicata (74,2%). I due gruppi non hanno avuto sostanziali differenze epidemiologiche o di sintomatologia preoperatoria. Il successo tecnico si è avuto in 272 casi (91,2%) e sintomi neurologici post-operatosi si sono verificati in 23 casi (23.3%). Tutti i sintomi sono stati temporanei. Non si sono avute differenze statisticamente significative tra i due gruppi in relazione alle complicanze neurologiche e ai fallimenti tecnici. L’età avanzata è correlata ad un incremento dei fallimenti tecnici. I risultati dello studio portano alla conclusione che la morfologia della placca non porta ad un incremento significativo dei rischi correlati alla procedura di stenting carotideo e che l’indicazione alla CAS può essere posta indipendentemente dalla caratteristica della placca.

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Nell’ambito dell’ingegneria dei tessuti, la possibilità di rigenerazione del miocardio post-infartuale è un argomento “caldo”, che suscita grandi speranze ma solleva altrettanto grandi interrogativi - sostenuti dal sussistere di dubbi di base sulle scelte operative praticabili. Esiste tuttavia concordanza nel considerare fondamentale l’utilizzo di un “supporto” che possa mantenere nella sede peri-infartuale le cellule competenti. Infatti, la semplice iniezione di cellule staminali per via endovenosa o direttamente nell’area infartuata non si è dimostrata particolarmente efficace, soprattutto a causa della cospicua perdita cellulare che si verifica rapidamente dopo il trapianto. Ci si orienta quindi verso la strategia di seminare cellule in grado di transdifferenziare in senso muscolare cardiaco su un materiale biocompatibile in vitro e di impiantare successivamente il costrutto ottenuto in vivo dove ci si attende il riassorbimento del biomateriale e l’integrazione delle cellule. Tuttavia, mentre in altri settori della medicina - quali ortopedia e dermatologia - l’impiego di pseudotessuti ingegnerizzati ha già permesso di conseguire ottimi risultati nella rigenerazione di tessuti danneggiati, allo stato attuale, i progressi ottenuti nell’ambito della rigenerazione del miocardio infartuato appaiono ancora aneddotici e distanti dall’ottenere protocolli condivisi per l’impiego in clinica. Il lavoro presentato in questa ricerca, condotto grazie alla sinergia di competenze interdisciplinari negli ambiti chimico, biologico e dell’ingegneria biomedica meccanica ed elettronica, è uno studio di fattibilità di una metodica standardizzata in grado di indirizzare cellule staminali mesenchimali (MSCs) indifferenziate verso l’acquisizione in vitro di caratteri fenotipici confrontabili con quelli delle cellule muscolari cardiache attraverso il paradigma della coltura dinamica in bioreattore. Il prototipo di bioreattore impiegato, in quanto sviluppato originalmente nel corso di questa attività di ricerca, presenta rispetto ad altri strumenti descritti l’innovazione e il vantaggio di non richiedere l’utilizzo di un incubatore, in quanto esso stesso permette di coltivare cellule al suo interno in condizioni controllate di temperatura, pH e concentrazione di CO2. La sua flessibilità operativa consente di impostare e controllare da personal computer leggi di moto di qualsiasi forma anche con cicliche molto veloci. Infine, la presenza di estensimetri in grado di misurare finemente la variazione di tensione esercitata sulla matrice polimerica utilizzata, posta in trazione tra due afferraggi, permette di applicare nel tempo una forza di stiramento costante, ottenendo deformazioni controllate e risultati riproducibili in termini di modificazioni cellulari. Il superamento delle problematiche sorte durante la fase di messa a punto del sistema, che deve essere ritenuto parte integrante del lavoro di sviluppo condotto, ha permesso di studiare l’adattamento di MSCs allo stiramento ciclico, mostrando che questo effettivamente determina alcune differenze fenotipiche rispetto al controllo statico. Inoltre le cellule hanno acquistato una disposizione orientata lungo l’asse longitudinale delle fibre, dato questo particolarmente importante se si considera la disposizione ordinata delle cellule del miocardio, le quali costituiscono un vero e proprio sincizio, indispensabile per una diffusione sincrona dell’impulso elettrico di contrazione. La creazione di uno pseudotessuto cardiaco ottimale richiederà ovviamente ulteriore lavoro, ma la metodica qui presentata si propone al tempo stesso come uno strumento di studio e come una strategia operativa per un approccio innovativo e standardizzabile alla medicina rigenerativa del miocardio.

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Objectives In diabetic and non diabetic patients with peripheral artery obstructive disease (PAOD), we sought to establish whether the vascular wall damage, the mature circulating endothelium and the "in situ" neoangiogenesis are related with each other. Design In the peripheral blood of diabetic patients suffering critical ischaemia associated with peripheral artery disease, low levels and poor function of circulating endothelial progenitor cells (EPCs) were observed. Moreover, circulating endothelial cells (CECs) have been described in different conditions of vascular injury. In this type of disorders, which are all characterized by endothelial damage, neoangiogenesis plays a key role. Materials In the study we recruited 22 diabetic and 16 non diabetic patients, all of them suffering PAOD and critical ischaemia; healthy subjects and multiorgan donors have also been considered like controls. Methods Histopathologic characterization was performed on arterial tissue samples under a light microscope. Flow cytofluorimetric analysis was used to quantify CECs in peripheral blood samples. "In situ" expression of the Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) and Metalloproteinase 9 (MMP-9) transcripts was quantified in a Real Time-PCR analysis. Circulating VEGF concentration was determined by an ELISA assay. Results Arterial wall from diabetic patients, compared with non diabetic subjects, revealed a higher incidence of serious lesions (60% vs 47%) and a lower number of capillaries (65% vs 87%). Mean number of CECs/ml was significantly increased in all patients, compared to healthy controls (p=0.001). Compared to healthy subjects, VEGF transcripts expression resulted significantly higher in diabetic patients and in all patients (p<0.05) and a similar result was obtained in the MMP-9 transcripts expression. Serum VEGF concentration was significantly increased in PAOD patients correlated with controls (p=0.0431). Conclusions Our study demonstrates that in all patients considered, probably, regressive phenomenons prevail on reparative ones, causing an inesorable and progressive degeneration of the vascular wall, worse by diabetes. The vascular damage can be monitored by determining CECs number and its severity and development are emphasized by the MMP-9 transcripts expression. The "in situ" VEGF increased expression seems to be the evidence of a parietal cells bid to induce local angiogenesis. This reparing mechanism could induce the EPCs mobilitation by means the release of VEGF from the arterial wall. The mechanism, however, is ineffective like demonstrated by the EPCs reduced number and activities observed in patients suffering PAOD and critical ischaemia.

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The arterial wall contains MSCs with mesengenic and angiogenic abilities. These multipotent precursors have been isolated from variously-sized human adult segments, belying the notion that vessel wall is a relatively quiescent tissue. Recently, our group identified in normal human arteries a vasculogenic niche and subsequently isolated and characterized resident MSCs (VW-MSCs) with angiogenic ability and multilineage potential. To prove that VW-MSCs are involved in normal and pathological vascular remodeling, we used a long-term organ culture system; this method was of critical importance to follow spontaneous 3-D vascular remodeling without any influence of blood cells. Next we tried to identify and localize in situ the VW-MSCs and to understand their role in the vascular remodeling in failed arterial homografts. Subsequently, we isolated this cell population and tested in vitro their multilineage differentiation potential through immunohistochemical, immunofluorescence, RT-PCR and ultrastructural analysis. From 25-30cm2 of each vascular wall homograft sample, we isolated a cell population with MSCs properties; these cells expressed MSC lineage molecules (CD90, CD44, CD105, CD29, CD73), stemness (Notch-1, Oct-4, Sca-1, Stro-1) and pericyte markers (NG2) whilst were negative for hematopoietic and endothelial markers (CD34, CD133, CD45, KDR, CD146, CD31 and vWF). MSCs derived from failed homografts (H-MSCs) exhibited adipogenic, osteogenic and chondrogenic potential but scarce propensity to angiogenic and leiomyogenic differentiation. The present study demonstrates that failed homografts contain MSCs with morphological, phenotypic and functional MSCs properties; H-MSCs are long-lived in culture, highly proliferating and endowed with prompt ability to differentiate into adipocytes, osteocytes and chondrocytes; compared with VW-MSCs from normal arteries, H-MSCs show a failure in angiogenic and leiomyogenic differentiation. A switch in MSCs plasticity could be the basis of pathological remodeling and contribute to aneurysmal failure of arterial homografts. The study of VW-MSCs in a pathological setting indicate that additional mechanisms are involved in vascular diseases; their knowledge will be useful for opening new therapeutic options in cardiovascular diseases.

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The "sustainability" concept relates to the prolonging of human economic systems with as little detrimental impact on ecological systems as possible. Construction that exhibits good environmental stewardship and practices that conserve resources in a manner that allow growth and development to be sustained for the long-term without degrading the environment are indispensable in a developed society. Past, current and future advancements in asphalt as an environmentally sustainable paving material are especially important because the quantities of asphalt used annually in Europe as well as in the U.S. are large. The asphalt industry is still developing technological improvements that will reduce the environmental impact without affecting the final mechanical performance. Warm mix asphalt (WMA) is a type of asphalt mix requiring lower production temperatures compared to hot mix asphalt (HMA), while aiming to maintain the desired post construction properties of traditional HMA. Lowering the production temperature reduce the fuel usage and the production of emissions therefore and that improve conditions for workers and supports the sustainable development. Even the crumb-rubber modifier (CRM), with shredded automobile tires and used in the United States since the mid 1980s, has proven to be an environmentally friendly alternative to conventional asphalt pavement. Furthermore, the use of waste tires is not only relevant in an environmental aspect but also for the engineering properties of asphalt [Pennisi E., 1992]. This research project is aimed to demonstrate the dual value of these Asphalt Mixes in regards to the environmental and mechanical performance and to suggest a low environmental impact design procedure. In fact, the use of eco-friendly materials is the first phase towards an eco-compatible design but it cannot be the only step. The eco-compatible approach should be extended also to the design method and material characterization because only with these phases is it possible to exploit the maximum potential properties of the used materials. Appropriate asphalt concrete characterization is essential and vital for realistic performance prediction of asphalt concrete pavements. Volumetric (Mix design) and mechanical (Permanent deformation and Fatigue performance) properties are important factors to consider. Moreover, an advanced and efficient design method is necessary in order to correctly use the material. A design method such as a Mechanistic-Empirical approach, consisting of a structural model capable of predicting the state of stresses and strains within the pavement structure under the different traffic and environmental conditions, was the application of choice. In particular this study focus on the CalME and its Incremental-Recursive (I-R) procedure, based on damage models for fatigue and permanent shear strain related to the surface cracking and to the rutting respectively. It works in increments of time and, using the output from one increment, recursively, as input to the next increment, predicts the pavement conditions in terms of layer moduli, fatigue cracking, rutting and roughness. This software procedure was adopted in order to verify the mechanical properties of the study mixes and the reciprocal relationship between surface layer and pavement structure in terms of fatigue and permanent deformation with defined traffic and environmental conditions. The asphalt mixes studied were used in a pavement structure as surface layer of 60 mm thickness. The performance of the pavement was compared to the performance of the same pavement structure where different kinds of asphalt concrete were used as surface layer. In comparison to a conventional asphalt concrete, three eco-friendly materials, two warm mix asphalt and a rubberized asphalt concrete, were analyzed. The First Two Chapters summarize the necessary steps aimed to satisfy the sustainable pavement design procedure. In Chapter I the problem of asphalt pavement eco-compatible design was introduced. The low environmental impact materials such as the Warm Mix Asphalt and the Rubberized Asphalt Concrete were described in detail. In addition the value of a rational asphalt pavement design method was discussed. Chapter II underlines the importance of a deep laboratory characterization based on appropriate materials selection and performance evaluation. In Chapter III, CalME is introduced trough a specific explanation of the different equipped design approaches and specifically explaining the I-R procedure. In Chapter IV, the experimental program is presented with a explanation of test laboratory devices adopted. The Fatigue and Rutting performances of the study mixes are shown respectively in Chapter V and VI. Through these laboratory test data the CalME I-R models parameters for Master Curve, fatigue damage and permanent shear strain were evaluated. Lastly, in Chapter VII, the results of the asphalt pavement structures simulations with different surface layers were reported. For each pavement structure, the total surface cracking, the total rutting, the fatigue damage and the rutting depth in each bound layer were analyzed.