63 resultados para PostGis PostgreSQL PgAdminIII immagini satellitari


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Lo studio si pone l'obiettivo di approfondire il tema della valutazione affettiva del setting odontoiatrico in età evolutiva indagando se possa essere modulata da fattori quali: differenze di genere, specifici quadri patologici (Displasia Ectodermica e Patologie Sistemiche Croniche) responsabili di pregresse esperienze odontoiatriche e/o ospedalizzazioni; stato affettivo del bambino, stato affettivo del genitore. Materiali e metodi Studio 1. 85 soggetti [39 (19 maschi e 20 femmine) affetti da PSC e 46 (26 maschi e 20 femmine) soggetti sani] (range di età: 5-14 anni). Sono stati somministrati: un compito di valutazione immagini con 36 immagini (12 a contenuto piacevole, 12 neutro e 12 spiacevole) dallo IAPS e 12 immagini a contenuto odontoiatrico e dei questionari (MCDASf, CFSS-DS, TAD). Studio 2. 45 soggetti (19 maschi affetti da EDs e 26 maschi sani) (range di età: 5-14 anni). Sono stati somministrati: il compito di valutazione immagini precedentemente descritto e i questionari (MCDASf, CFSS-DS, TAD). Studio 3. 104 bambini (64 maschi and 40 femmine) (range di età: 5-14 anni) e uno dei genitori (19 padri and 69 madri). Sono stati somministrati i questionari MCDASf, CFSS-DS, TAD ai bambini e FDPQ, STAI-Y1, Y2-BDI-II ai genitori. Risultati: il contesto odontoiatrico ha una caratterizzazione affettiva distinta rispetto a contesti piacevoli, spiacevoli o neutri; specifici quadri patologici (EDs e PSC) non sembrano modulare il tipo di valutazione affettiva del contesto odontoiatrico; le femmine, attribuiscono al contesto odontoiatrico una valenza significativamente più spiacevole e una maggiore attivazione emotiva rispetto ai maschi; la paura del dolore odontoiatrico del genitore ha una correlazione con l’ansia dei bambini. Conclusione: è importante che l’odontoiatra consideri che la risposta emotiva delle bambine può essere caratterizzata da vissuti di paura con tendenza a comportamenti di allontanamento e valuti se la figura genitoriale rappresenta una risorsa o un elemento disturbante nella corso della seduta stessa.

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Perfusion CT imaging of the liver has potential to improve evaluation of tumour angiogenesis. Quantitative parameters can be obtained applying mathematical models to Time Attenuation Curve (TAC). However, there are still some difficulties for an accurate quantification of perfusion parameters due, for example, to algorithms employed, to mathematical model, to patient’s weight and cardiac output and to the acquisition system. In this thesis, new parameters and alternative methodologies about liver perfusion CT are presented in order to investigate the cause of variability of this technique. Firstly analysis were made to assess the variability related to the mathematical model used to compute arterial Blood Flow (BFa) values. Results were obtained implementing algorithms based on “ maximum slope method” and “Dual input one compartment model” . Statistical analysis on simulated data demonstrated that the two methods are not interchangeable. Anyway slope method is always applicable in clinical context. Then variability related to TAC processing in the application of slope method is analyzed. Results compared with manual selection allow to identify the best automatic algorithm to compute BFa. The consistency of a Standardized Perfusion Index (SPV) was evaluated and a simplified calibration procedure was proposed. At the end the quantitative value of perfusion map was analyzed. ROI approach and map approach provide related values of BFa and this means that pixel by pixel algorithm give reliable quantitative results. Also in pixel by pixel approach slope method give better results. In conclusion the development of new automatic algorithms for a consistent computation of BFa and the analysis and definition of simplified technique to compute SPV parameter, represent an improvement in the field of liver perfusion CT analysis.

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Ultrasound imaging is widely used in medical diagnostics as it is the fastest, least invasive, and least expensive imaging modality. However, ultrasound images are intrinsically difficult to be interpreted. In this scenario, Computer Aided Detection (CAD) systems can be used to support physicians during diagnosis providing them a second opinion. This thesis discusses efficient ultrasound processing techniques for computer aided medical diagnostics, focusing on two major topics: (i) Ultrasound Tissue Characterization (UTC), aimed at characterizing and differentiating between healthy and diseased tissue; (ii) Ultrasound Image Segmentation (UIS), aimed at detecting the boundaries of anatomical structures to automatically measure organ dimensions and compute clinically relevant functional indices. Research on UTC produced a CAD tool for Prostate Cancer detection to improve the biopsy protocol. In particular, this thesis contributes with: (i) the development of a robust classification system; (ii) the exploitation of parallel computing on GPU for real-time performance; (iii) the introduction of both an innovative Semi-Supervised Learning algorithm and a novel supervised/semi-supervised learning scheme for CAD system training that improve system performance reducing data collection effort and avoiding collected data wasting. The tool provides physicians a risk map highlighting suspect tissue areas, allowing them to perform a lesion-directed biopsy. Clinical validation demonstrated the system validity as a diagnostic support tool and its effectiveness at reducing the number of biopsy cores requested for an accurate diagnosis. For UIS the research developed a heart disease diagnostic tool based on Real-Time 3D Echocardiography. Thesis contributions to this application are: (i) the development of an automated GPU based level-set segmentation framework for 3D images; (ii) the application of this framework to the myocardium segmentation. Experimental results showed the high efficiency and flexibility of the proposed framework. Its effectiveness as a tool for quantitative analysis of 3D cardiac morphology and function was demonstrated through clinical validation.

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La relazione interdisciplinare tra letteratura e fotografia, nella rilettura della storia recente del Mozambico, è l’oggetto di studio della presente tesi. Il presupposto coincide in primo luogo con la disamina interna della dialettica esistente tra archivio coloniale e oralità, modalità narrativa in parte transitata nella estória, declinazione lusofona della forma breve che permette di recuperare l’eredità popolare del racconto tradizionale. Il dialogo tra verbale e visuale consente a sua volta di stabilire nuovi paradigmi interpretativi nel dibattito postcoloniale tra memoria, trauma e rappresentazione. L’analisi comparativa tra la narrativa di João Paulo Borges Coelho e la fotografia di Ricardo Rangel rivela sguardi diversi sul mondo circostante, ma anche convergenze contemplative che si completano nell’incorporazione reciproca delle “omologie strutturali” comuni alle due modalità espressive. La fotografia colma delle lacune fornendoci delle visioni del passato, ma, in quanto “rappresentazione”, ci mostra il mondo per come appare e non per come funziona. Il testo letterario, grazie al suo approccio dialogico-narrativo, consente la rielaborazione museologica della complessa pletora di interferenze semantiche e culturali racchiuse nelle immagini, in altre parole fornisce degli “indizi di verità” da cui (ri)partire per l’elaborazione di nuovi archetipi narrativi tra l’evento rappresentato e la Storia di cui fa parte. Il punto di tangenza tra i due linguaggi è la cornice, espediente fotografico e narrativo che permette di tracciare i confini tra l’indicibile e l’invisibile, ma anche tra ciò che si narra e ciò che sta fuori dalla narrazione, ovvero fuori dalla storia. La tensione dialettica che si instaura tra questi due universi è seminale per stabilire le ragioni della specificità letteraria mozambicana perché, come afferma Luandino Vieira, “nel contesto postcoloniale gli scrittori sono dei satelliti che ruotano intorno ai «buchi neri della storia» la cui forza di attrazione permette la riorganizzazione dell’intero universo letterario.

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Come dimostrano i sempre più numerosi casi di cronaca riportati dai notiziari, la preoccupazione per la gestione delle immagini di morte si configura come un nodo centrale che coinvolge spettatori, produttori di contenuti e broadcaster, dato che la sua emersione nel panorama mediale in cui siamo immersi è sempre più evidente. Se la letteratura socio-antropologica è generalmente concorde nel ritenere che, rispetto al passato, oggi la morte si manifesti con meno evidenza nella vita comune delle persone, che tendono a rimuovere i segni della contiguità vivendo il lutto in forma privata, essa è però percepita in modo pervasivo perché disseminata nei (e dai) media. L'elaborato, concentrandosi in maniera specifica sulle produzioni audiovisive, e quindi sulla possibilità intrinseca al cinema – e alle sue forme derivate – di registrare un evento in diretta, tenta di mappare alcune dinamiche di produzione e fruizione considerando una particolare manifestazione della morte: quella che viene comunemente indicata come “morte in diretta”. Dopo una prima ricognizione dedicata alla tensione continua tra la spinta a considerare la morte come l'ultimo tabù e le manifestazioni che essa assume all'interno della “necrocultura”, appare chiaro che il paradigma pornografico risulta ormai inefficace a delineare compiutamente le emersioni della morte nei media, soggetta a opacità e interdizioni variabili, e necessita dunque di prospettive analitiche più articolate. Il fulcro dell'analisi è dunque la produzione e il consumo di precisi filoni quali snuff, cannibal e mondo movie e quelle declinazioni del gore che hanno ibridato reale e fittizio: il tentativo è tracciare un percorso che, a partire dal cinema muto, giunga al panorama contemporaneo e alle pratiche di remix rese possibili dai media digitali, toccando episodi controversi come i Video Nasties, le dinamiche di moral panic scatenate dagli snuff film e quelle di contagio derivanti dalla manipolazione e diffusione delle immagini di morte.

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La presente tesi indaga le potenzialità, in termini di criteri operativi di inserimento ambientale e procedure di intervento, che possono derivare dall’analisi dei fenomeni insediativi facendo riferimento ai concetti di ‘transizione’ e ‘resilienza’. L’attuale periodo di crisi sembra scaturire dal disequilibrio di due fattori: le esigenze umane e l’ambiente. La contestualizzazione degli interventi, il graduale adattamento alle risorse ambientali locali e la valorizzazione dei processi “dal basso” sembrano consentire di riappropriarsi sia del valore identitario dei luoghi, dando risposta ai problemi di natura sociale evidenziati, sia della eco-compatibilità delle trasformazioni, del corretto utilizzo delle risorse energetiche e della gestione delle dinamiche economiche, in risposta ai problemi ambientali analizzati. Il prefigurare applicazioni pratiche del modello di trasformazione indagato alla scala edilizia, utilizzando tavole parametriche di analisi del costruito, viste d’insieme planivolumetriche ed elaborazioni di dati e immagini, può consentire la gestione di eventuali fasi di programmazione e di pianificazione da parte delle amministrazioni finalizzate a favorire e non ostacolare i presenti e futuri fenomeni di transizione. Particolarmente significativa appare l’analisi delle diverse tendenze di ricerca progettuale in atto, con riferimento a contributi caratterizzati da un’impostazione fenomenologica e tipo-morfologica, che dimostra l’attualità degli argomenti affrontati. La ricerca di Dottorato si conclude con l’applicazione dei criteri operativi di inserimento ambientale e delle procedure di intervento individuati ad uno specifico caso di studio.

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Il percorso sui Frammenti di Erodoto è cronologico. L'introduzione presenta criteri di lavoro, un esempio di studio sul Proemio delle Storie e la struttura generale. Per ogni momento è preso in considerazione un fenomeno particolare con un esempio. Il primo caso è contemporaneo ad Erodoto. Si tratta di un test che riguarda la criticità di alcuni concetti chiave tradizionali: intertestualità e riferimenti letterali. Il secondo capitolo è uno studio sulla storiografica di IV secolo a.C., periodo di fioritura e determinazione delle norme del genere. Qui si mettono in luce la criticità dei frammenti multipli aprendo in questo modo ampie possibilità di ricerca. Il capitolo successivo, sulla tradizione papiracea mostra il passaggio storico tra la tradizione indiretta a la tradizione manoscritta e permette uno sguardo all'epoca alessandrina. Include un catalogo ed alcuni aggiornamenti. Il capitolo quinto pone invece problemi tradizionali di trasmissione delle tradizioni storiche affrontando lo studio di FGrHist 104, testo che permette di osservare passaggi della storiografia di quinto e quarto secolo avanti Cristo. I due capitoli sulle immagini e sul Rinascimento, paralleli per quanto riguarda i riferimenti cronologici, offrono un ponte per passare dal discorso storiografico a quello in cui la consapevolezza di Erodoto è già maturata come parte della ”cultura”. Alto Medioevo, Umanesimo e Rinascimento offrono spazio a storie delle Storie che iniziano ad essere quasi di ricezione di Erodoto. Questo tema è l'oggetto dei due capitoli finali, studi legati alla presenza o assenza di Erodoto in discipline e pensieri moderni e contemporanei: il pensiero di genere e l’analisi conversazionale. Le appendici completano soprattutto il capitolo su Aristodemo con uno studio sul codice che lo trasmette, il papiro P.Oxy 2469 e il testo stesso, con traduzione e commento storico. Il lavoro si completa con una premessa, una bibliografia strutturata e indici di persone e passi citati.

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La pratica del remix è al giorno d’oggi sempre più diffusa e un numero sempre più vasto di persone ha ora le competenze e gli strumenti tecnologici adeguati per eseguire operazioni un tempo riservate a nicchie ristrette. Tuttavia, nella sua forma audiovisiva, il remix ha ottenuto scarsa attenzione a livello accademico. Questo lavoro esplora la pratica del remix intesa al contempo come declinazione contemporanea di una pratica di lungo corso all’interno della storia della produzione audiovisiva – ovvero il riuso di immagini – sia come forma caratteristica della contemporaneità mediale, atto di appropriazione grassroots dei contenuti mainstream da parte degli utenti. La tesi si articola in due sezioni. Nella prima, l’analisi di tipo teorico e storico-critico è suddivisa in due macro-aree di intervento: da una parte il remix inteso come pratica, atto di appropriazione, gesto di riciclo, decontestualizzazione e risemantizzazione delle immagini mediali che ha attraversato la storia dei media audiovisivi [primo capitolo]. Dall’altra, la remix culture, ovvero il contesto culturale e sociale che informa l’ambiente mediale entro il quale la pratica del remix ha conosciuto, nell’ultimo decennio, la diffusione capillare che lo caratterizza oggi [secondo capitolo]. La seconda, che corrisponde al terzo capitolo, fornisce una dettagliata panoramica su un caso di studio, la pratica del fan vidding. Forma di remix praticata quasi esclusivamente da donne, il vidding consiste nel creare fan video a partire da un montaggio d’immagini tratte da film o serie televisive che utilizza come accompagnamento musicale una canzone. Le vidders, usando specifiche tecniche di montaggio, realizzano delle letture critiche dei prodotti mediali di cui si appropriano, per commentare, criticare o celebrare gli oggetti di loro interesse. Attraverso il vidding il presente lavoro indaga le tattiche di rielaborazione e riscrittura dell’immaginario mediale attraverso il riuso di immagini, con particolare attenzione al remix inteso come pratica di genere.

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La sindrome di Cushing (SC) è una delle endocrinopatie più comuni nel cane. La diagnosi richiede l'integrazione di anamnesi, segnalamento, segni clinici, esami ematobiochimici, test endocrini specifici e diagnostica per immagini . Nel corso degli anni diversi sono i principi attivi testati per la terapia della SC del cane. In passato, il mitotane è stato il farmaco più utilizzato, sebbene il suo uso risulti complicato e non privo di potenziali effetti collaterali. Recentemente, il trilostano ha dimostrato di essere un trattamento efficace per il controllo dei sintomi ed è stato approvato per tale uso nel cane. Al fine di testare metodiche non invasive per la diagnosi di SC nel cane abbiamo valutato le concentrazioni di cortisolo nel pelo (HCC) .Queste risultavano significativamente più elevate nei cani con SC rispetto ai cani sani e malati. Questo test può essere quindi considerato una procedura diagnostica non invasiva in cani con un elevato sospetto di SC. Inoltre, a causa della difficile reperibilità dell’ACTH esogeno sono state valutate le concentrazioni di cortisolo basale come strumento di monitoraggio in cani con SC trattati con trilostano. Tuttavia la singola valutazione del cortisolo basale non rappresenta un parametro efficace ed accurato per il monitoraggio della terapia con trilostano. Sono stati inoltre valutati i fattori prognostici in cani con SC alla diagnosi. L' iperfosfatemia è risultata un riscontro comune nei cani SC, rappresentando un fattore prognostico negativo. La terapia chirurgica non è una procedura di routine nella SC del cane, tuttavia abbiamo descritto l'approccio di ipofisectomia transsfenoidale in un Galgo spagnolo di 8 anni con SC . Il cane è stato sottoposto per due volte ad ipofisectomia transsfenoidale che ha permesso di rimuovere completamente il macroadenoma ipofisario. In conclusione, questi studi ci hanno permesso di indagare alcuni aspetti patogenetici, clinici e diagnostici della SC del cane.

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Il presente studio si propone come una rilettura del profilo drammaturgico e teatrale di Sarah Kane a partire dalla ricostruzione e integrazione dei dati biografici e delle interazioni artistiche e personali dell’autrice. Lo studio si articola in due sezioni: in un primo momento esso inquadra contestualmente la drammaturgia inglese del secondo dopoguerra, origine della prima generazione dei Giovani Arrabbiati e sostrato della trasformazione teatrale britannica degli anni Novanta. La seconda sezione, invece, si articola come un’indagine biografica della vita della Kane scandita da documenti e immagini inediti. Tali immagini restituiscono una preziosa testimonianza dei primi spettacoli giovanili, delle prime regie e del percorso professionale maturo della drammaturga/regista, oltre a far luce sulla sua vita personale e famigliare e sugli influssi della stessa sul suo teatro. Inoltre, lo studio approfondito delle vicende biografiche dell’autrice ridisegna le caratteristiche fondanti dell'universo teatrale britannico comprendendo il valore che hanno: i teatri, la critica giornalistica e le strutture universitarie, per la configurazione del sistema teatrale.

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Il continuo sdoppiamento e la riverberazione sono le matrici di sviluppo di questa tesi, in cui le ricerche di Grotowski legate al Parateatro e al Teatro delle Fonti sono indagate e interpretate a partire da un pensiero polivalente che prende avvio nella sociologia della cultura e si radica in un terreno antropologico. La ricerca si configura come un’interpretazione possibile delle scelte operate da Grotowski e, complessivamente, dal Teatro Laboratorio, nel contesto delle trasformazioni socio-culturali successive agli anni Sessanta verificando come nel periodo dal '70 all'82 le scelte stesse rispecchino i valori culturali dell’epoca.La ricerca ricorre alla categoria della “festa” - intesa come realtà quotidiana elevata alla forma rituale, attraverso gli elementi culturali e identitari del gruppo di appartenenza - e, a partire da essa, sovrappone criticamente la logica dell’“identità in performance” con la nozione di “Incontro” elaborata da Grotowski. Questa logica è, successivamente, problematizzata attraverso il “diamante culturale”, un dispositivo di analisi della sociologia della culturache, a sua volta, è discusso eridimensionato a partire dalpresuppostodi “Decostruzione” e dall’idea di “Decondizionamento”legata al lavoro del Performer, inteso come individuo.Tre immagini e un’incognita rivelano i campi d’azioneed i principi che permeano l’intera ricerca raddoppiandosi e congiungendo l’immagine del Performer come individuo riflessivo. L’immagine riflessa si configura nel contrasto fra apparenza e presenza: nella domanda posta da Grotowski “che si può fare con la propria solitudine?” si evidenzia uno dei problemi a cui deve far fronte l’individuo in una determinata struttura culturale e, al contempo, viene suggerita una possibilità di amplificazione della percezione di “se stesso” da parte dell’Attore-Performer come Individuo.

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Questa tesi valuta l’efficacia della tecnica delle griglie in titanio con osso particolato nella ricostruzione dei difetti alveolari tridimensionali ai fini della riabilitazione dentale implanto-protesica. Il primo studio ha considerato la metodica in termini di complicanze post-operatorie e di risultati implanto-protesici. Sono stati considerati 24 pazienti con difetti tridimensionali trattati con l’applicazione di 34 griglie di titanio e osso particolato e riabilitati protesicamente dopo circa 8-9 mesi. 4 su 34 griglie sono state rimosse prima dell’inserimento implantare (11.76% di fallimento totale); 20 su 34 griglie si sono esposte per deiscenza dei tessuti molli (58.82% di complicanze): 4 (11.77%) prima e 16 (47.05%) dopo le prime 4-6 settimane dall’intervento; in nessun caso il piano di trattamento implanto-protesico ha subito variazioni. Dopo un follow-up medio di 20 (3-48) mesi dal carico protesico, nessuno degli 88 impianti ha perso la propria osteo-integrazione (100% di sopravvivenza implantare), con un valore complessivo di successo implantare di 82.9%. Il secondo studio ha calcolato in termini volumetrici la ricostruzione ossea ottenuta con griglie e la sua corre-lazione con l’estensione dell’esposizione e la tempistica del suo verificarsi. Sono stati valutati 12 pazienti con 15 difetti alveolari. Per ciascun sito sono state studiate le immagini TC con un software dedicato per misurare i volumi in tre dimensioni: il volume di osso non formatosi rispetto a quanto pianificato, lacking bone volume (LBV), è stato calcolato sottraendo il volume di osso ricostruito, reconstructed bone volume (RBV) in fase di ri-entro chirurgico dal volume di osso pianificato pre-operativamente, planned bone volume (PBV). LBV è risultato direttamente proporzionale all’area di esposizione della griglia, con un valore del 16.3% di LBV per ogni cm2 di griglia esposta. Si sono evidenziate, inoltre, correlazioni positive tra LBV , la tempistica precoce di esposizione e il valore di PBV.

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Il presente lavoro di ricerca si focalizza sulla rappresentazione della cultura arabo-islamica, così come viene restituita nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Il fatto che il mondo di oggi è caratterizzato, ora più che mai, da continui e inevitabili incontri tra persone con multiple appartenenze esige un forte impegno volto a favorire pacifici rapporti interculturali. A tale scopo si ritiene che i contenuti dei libri di testo abbiano un ruolo molto rilevante. Di qui, uno degli obiettivi consiste nel verificare se i libri di testo veicolano un’efficace educazione alla conoscenza e al rispetto delle altre culture e religioni, all’ascolto e al dialogo interculturale; nonché al superamento dell'etnocentrismo, degli stereotipi e dei pregiudizi. Si è cercato così di verificare – nel campione dei libri di testo presi in esame – quali eventuali pregiudizi ricorrenti, stereotipi o prospettive etnocentriche vengono costruite, consolidate, reiterate e trasmesse, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso le affermazioni o le immagini che illustrano la cultura arabo-islamica. La prima parte della tesi, quella teorica, è dedicata all'approfondimento di due temi: il primo riguarda il rapporto Oriente-Occidente e la rappresentazione dell'altro e il secondo riguarda invece la condizione della donna musulmana tra stereotipi e realtà. La seconda parte invece, quella empirica, è dedicata principalmente all'analisi del contenuto dei testi di storia. Dall'analisi effettuata è evidente l'interesse, da parte degli autori e degli editori dei libri di testo, per il tema della cultura arabo-islamica. Nonostante ciò, si è potuto riscontrare nei libri presi in esame, sebbene in misura differente, la presenza (o compresenza) di stereotipi, generalizzazioni e informazioni parziali, imprecise o errate attorno alla cultura arabo-islamica e a chi vi appartiene.

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La memoria pubblica della Sho'ah è inscritta in una quantità proliferante di immagini e spazi memoriali. Ciò è riscontrabile in modo particolare nei principali "siti dello sterminio" assurti a simbolo nel corso degli anni, mentre molti altri "luoghi di memoria" della Deportazione soffrono di una condizione di intrinseca debolezza. Essa è riconducibile in primo luogo alla fragilità del dato materiale, i cui resti ormai privi di eloquenza risultano difficili da interpretare e conservare, in secondo luogo alla sovrapposizione di memorie concorrenti venutesi a determinare in conseguenza dei riusi successivi a cui queste strutture sono spesso andate soggette dopo la guerra, infine alla difficoltà di rendere espressione compiuta alla tragedia della Deportazione. Il caso del campo di Fossoli è paradigmatico: esso interroga la capacità del progetto di "dare forma" al palinsesto delle memorie, rendendo possibile il riconoscimento ed esplicitando una significazione delle tracce, senza aggiungere ulteriori interpretazioni. Lo spazio e il paesaggio, in quanto linguaggi indentitari, possono offrirsi come strumenti da questo punto di vista. Michel De Certeau vi fa riferimento quando afferma che lo spazio coincide con «l’effetto prodotto dalle operazioni che lo orientano, che lo circostanziano, o temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali». Lo spazio gioca un ruolo cruciale nel conformare l'esperienza del presente e allo stesso tempo nel rendere visibili le esperienze passate, compresse nella memoria collettiva. Lo scopo di questa ricerca è interrogare le potenzialità spaziali del luogo, considerate sotto il profilo culturale e semantico, come valida alternativa alla forma-monumento nella costruzione di una o più narrazioni pertinenti della memoria.

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Tra le plurime conseguenze dell’avvento del digitale, la riarticolazione dei rapporti tra immagine statica e immagine in movimento è certamente una delle più profonde. Sintomatica dei cambiamenti in atto sia nei film studies sia nella storia dell’arte, tale riarticolazione richiede un ripensamento dei confini disciplinari tradizionali entro cui il cinema e la fotografia sono stati affrontati come oggetti di studio separati e distinti. Nell’adottare un approccio molteplice, volto a comprendere prospettive provenienti dalla New Film History e dalla media archaeology, dalla teoria dell’arte e dagli studi visuali, questo lavoro esplora l’esistenza di una relazione dialettica tra il cinema e la fotografia intesa in modo duplice: come tensione costitutiva tra due media indissolubilmente connessi – non tanto in considerazione di un medesimo principio realistico di rappresentazione quanto, piuttosto, in virtù di uno scambio incessante nella modellizzazione di categorie quali il tempo, il movimento, l’immobilità, l’istante, la durata; come istanza peculiare della pratica artistica contemporanea, paradigma di riferimento nella produzione estetica di immagini. La tesi si suddivide in tre capitoli. Il primo si concentra sul rapporto tra l’immobilità e il movimento dell’immagine come cifra in grado di connettere l’estetica delle attrazioni e la cronofotografia a una serie di esperienze filmiche e artistiche prodotte nei territori delle avanguardie. Il secondo capitolo considera l’emergenza, dagli anni Novanta, di pratiche artistiche in cui l’incontro intermediale tra film e fotografia fornisce modelli di analisi volti all’indagine dell’attuale condizione estetica e tecnologica. Il terzo offre una panoramica critica su un caso di studio, la GIF art. La GIF è un formato digitale obsoleto che consente di produrre immagini che appaiono, simultaneamente, come fisse e animate; nel presente lavoro, la GIF è discussa come un medium capace di contraddire i confini attraverso cui concepiamo l’immagine fissa e in movimento, suggerendo, inoltre, un possibile modello di pensiero storico-cronologico anti-lineare.