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Resumo:
E stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altres ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E stata altres descritta, contestualizzandola temporalmente, levoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato pi efficiente. Sotto questultimo aspetto lattenzione dello scrivente si incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilit o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di unattivit produttiva o di unimpresa, posto che, come verr specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sullevidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua lobiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, , a parere di chi scrive, anche lesistenza di autorit pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare lambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono lazione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, bench lordinamento italiano, per la sua specificit non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sullAnalisi Costi-Benefici e sullAnalisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa stata analizzata con specifico riferimento allattivit di regolazione delleconomia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad unautorit amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinch essa agisca, nella sua attivit di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando lorizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con lunico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare unapplicazione in salsa cinese del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bens, pi semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporr di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e levoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. Levoluzione del diritto antitrust statunitense stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire lobiettivo dellefficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie Post-Chicago. Nel terzo capitolo, in altri termini, si dato conto dellevoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando lattenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia listituto giuridico della tutela della concorrenza sia lanalisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dellanalisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, bench esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poich essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come lUnione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneit di obiettivi abbia influito sullapplicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato lampiezza dellambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina delleffetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dellart. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dallapplicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilit di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso limplementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinch un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dellesenzione, nonch la possibile diversa interpretazione della locuzione progresso tecnico ed economico, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dellefficienza, giustificando cos quelleterogeneit dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dellUnione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nellapplicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, lart. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilit di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata allelaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che lorgano comunitario dovr seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, lassenza di un preciso schema cui subordinare la possibilit di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorit competenti un pi ampio margine di discrezionalit nellutilizzo del suddetto criterio poich manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui allart. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, cos come nel precedente Regolamento 4064/89. Si infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire loccasione per recepire nella disciplina comunitaria lattribuzione della facolt di ricorrere allefficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile pi di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nellart. 81(3). Il capitolo attesta anche lattenzione verso listanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, linnovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, unattribuzione pi razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorit nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorit competenti. Capitolo 5 Lanalisi del quarto capitolo stata condotta, sebbene in forma pi sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunit Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorit nazionali antitrust oggetto di studio dallordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorit prese in esame, la Commissione e le diverse autorit nazionali e ci con particolare riferimento alla idoneit di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinch unautorit si possa ispirare al criterio di efficienza economica nelladozione delle decisioni, infatti, preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le stato affidato dallordinamento. In questo senso si osservata la difficolt dei paesi di civil law a inquadrare le autorit indipendenti allinterno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorit che, al contrario, costituiscono un potere ibrido che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente n al potere esecutivo n a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorit antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre allintroduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorit del sistema che impediscano ladozione e limplementazione di decisioni definitive, incrementando altres i costi dellintervento pubblico. Un giudizio a parte stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato lassenza di vincolo di mandato dei Commissari e lelevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dellautorit indipendenti, e lampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilit di valersi dellassistenza delle autorit nazionali. Dallaltra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di pi come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso lattivit antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneit a svolgere la funzione affidatagli dallordinamento comunitario, nonch da quelli nazionali, si proceduto quindi allanalisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorit nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dellefficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dellefficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust pi significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorit antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altres di valutare levoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ci sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorit nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorit nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dellattivit antitrust motivato, a parere di chi scrive, in parte dalleterogeneit degli obiettivi che lUnione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dallincapacit (o dallimpossibilit) delle autorit di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorit nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dellefficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Pi innovativa nellapplicazione del criterio di efficienza economica cos come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si finora dimostrato lOFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra pi lenta levoluzione in questo senso dellUfficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle gi citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorit siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad unanalisi teorica dellesistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacit potenziale della condotta dellimpresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonch sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacit reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunit, ovvero se la struttura e lorganizzazione interna dellimpresa (o delle imprese) non in grado di mettere in pratica ci che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poich lapproccio ispirato al criterio di efficienza economica non pu prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano limpresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poich una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantit di decisioni adottate dalle autorit, ho infine ritenuto di svolgere unanalisi dettagliata dellattivit delle autorit con riferimento ad uno specifico settore. La scelta caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano lesigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonch per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto pi alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dellimpiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, daltra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Cos come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e pi in generale di capitale umano da una parte allaltra del globo, e favorito altres la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto unanalisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dellormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dallanalisi svolta emerge innanzitutto come lassoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attivit economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse allerogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, linadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorit competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite alleanze, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nellEuropa solo un nodo di un network ben pi ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, limpossibilit per lautorit comunitaria e ancor pi per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta pu provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza allattivit antitrust nel settore dei trasporti non pu prescindere da una collaborazione tra autorit a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni Lopera si chiude con lindividuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nellambito dellattuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono lintervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altres proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dellattuale configurazione dellintervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorit competenti sia dei mercati in cui le autorit stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, lautorit antitrust comunitaria, non replicabile n esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dellUnione Europea e come tale non pu ovviamente costituire un esempio di autorit indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ci anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dallaltro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorit esaminate rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificit dei mercati rilevanti n tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacit di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, cos come prescrive la pi recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dellapplicazione del criterio di efficienza si pu comunque affermare che levoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. Leffetto stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente lintervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorit antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorit. Il secondo lestensivo ricorso allessential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dellefficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e lampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialit. Ci soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. Estata infine sottolineata linadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorit competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E di tutta evidenza che le autorit comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. N tali autorit sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalit delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceit o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sulleconomia interna, rendendo cos ancora pi improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come lapplicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorit antitrust del tutto nuove, sganciate quanto pi possibile dallelemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonch ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale difficile e il quadro che attualmente viene formato ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetter, sperabilmente, di incrementare lefficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto pi piccolo lambito in cui opera quanto pi si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentir di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.
Resumo:
La tesi ha per obiettivo di quantificare gli effetti che la variabilit spaziale del mezzo poroso ha sull'evoluzione di un sistema geochimico. Le reazioni di dissoluzione o precipiazione di minerali modificano la struttura microscopica del mezzo, e con essa le propriet idrodinamiche del sistema, la permeabilit in modo particolare. La variabilit spaziale iniziale del mezzo pu essere causa della formazione di digitazioni o canalizzazioni? La prima parte della tesi tratta il cambiamento di scala, necessario per passare da una simulazione geostatistica su griglia fine al calcolo di trasporto su una tessellazione pi grossolana. Nel caso del codice di calcolo Hytec, che implementa uno schema ai volumi finiti basato su discretizzazione in poligoni di Vorono, sono stati confrontati diversi metodi di calcolo della permeabilit equivalente, seguendo differenti criteri. La seconda parte riguarda i calcoli di trasporto reattivo condotti su famiglie di simulazioni geostatistiche del mezzo; l'influenza della variabilit spaziale iniziale sull'evoluzione dei sistemi viene quantificata grazie ad opportune grandezze osservabili. Sono state studiate due reazioni distinte: un caso di dissoluzione, in maniera pi approfondita, e pi rapidamente un caso di precipitazione, il cui effetto complessivo quello di riequilibrare il sistema.
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La ricerca oggetto di questa tesi, come si evince dal titolo stesso, volta alla riduzione dei consumi per vetture a forte carattere sportivo ed elevate prestazioni specifiche. In particolare, tutte le attivit descritte fanno riferimento ad un ben definito modello di vettura, ovvero la Maserati Quattroporte. Lo scenario allinterno del quale questo lavoro si inquadra, quello di una forte spinta alla riduzione dei cosiddetti gas serra, ossia dellanidride carbonica, in linea con quelle che sono le disposizioni dettate dal protocollo di Kyoto. La necessit di ridurre limmissione in atmosfera di CO2 sta condizionando tutti i settori della societ: dal riscaldamento degli edifici privati a quello degli stabilimenti industriali, dalla generazione di energia ai processi produttivi in senso lato. Nellambito di questo panorama, chiaramente, sono chiamati ad uno sforzo considerevole i costruttori di automobili, alle quali imputata una percentuale considerevole dellanidride carbonica prodotta ogni giorno e riversata nellatmosfera. Al delicato problema inquinamento ne va aggiunto uno forse ancor pi contingente e diretto, legato a ragioni di carattere economico. I combustibili fossili, come tutti sanno, sono una fonte di energia non rinnovabile, la cui disponibilit legata a giacimenti situati in opportune zone del pianeta e non inesauribili. Per di pi, la situazione socio politica che il medio oriente sta affrontando, unita alla crescente domanda da parte di quei paesi in cui il processo di industrializzazione partito da poco a ritmi vertiginosi, hanno letteralmente fatto lievitare il prezzo del petrolio. A causa di ci, avere una vettura efficiente in senso lato e, quindi, a ridotti consumi, a tutti gli effetti un contenuto di prodotto apprezzato dal punto di vista del marketing, anche per i segmenti vettura pi alti. Nellambito di questa ricerca il problema dei consumi stato affrontato come una conseguenza del comportamento globale della vettura in termini di efficienza, valutando il miglior compromesso fra le diverse aree funzionali costituenti il veicolo. Una parte consistente del lavoro stata dedicata alla messa a punto di un modello di calcolo, attraverso il quale eseguire una serie di analisi di sensibilit sullinfluenza dei diversi parametri vettura sul consumo complessivo di carburante. Sulla base di tali indicazioni, stata proposta una modifica dei rapporti del cambio elettro-attuato con lo scopo di ottimizzare il compromesso tra consumi e prestazioni, senza inficiare considerevolmente queste ultime. La soluzione proposta stata effettivamente realizzata e provata su vettura, dando la possibilit di verificare i risultati ed operare unapprofondita attivit di correlazione del modello di calcolo per i consumi. Il beneficio ottenuto in termini di autonomia stato decisamente significativo con riferimento sia ai cicli di omologazione europei, che a quelli statunitensi. Sono state inoltre analizzate le ripercussioni dal punto di vista delle prestazioni ed anche in questo caso i numerosi dati rilevati hanno permesso di migliorare il livello di correlazione del modello di simulazione per le prestazioni. La vettura con la nuova rapportatura proposta stata poi confrontata con un prototipo di Maserati Quattroporte avente cambio automatico e convertitore di coppia. Questa ulteriore attivit ha permesso di valutare il differente comportamento tra le due soluzioni, sia in termini di consumo istantaneo, che di consumo complessivo rilevato durante le principali missioni su banco a rulli previste dalle normative. Lultima sezione del lavoro stata dedicata alla valutazione dellefficienza energetica del sistema vettura, intesa come resistenza allavanzamento incontrata durante il moto ad una determinata velocit. Sono state indagate sperimentalmente le curve di coast down della Quattroporte e di alcune concorrenti e sono stati proposti degli interventi volti alla riduzione del coefficiente di penetrazione aerodinamica, pur con il vincolo di non alterare lo stile vettura.
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The need for high bandwidth, due to the explosion of new multi\-media-oriented IP-based services, as well as increasing broadband access requirements is leading to the need of flexible and highly reconfigurable optical networks. While transmission bandwidth does not represent a limit due to the huge bandwidth provided by optical fibers and Dense Wavelength Division Multiplexing (DWDM) technology, the electronic switching nodes in the core of the network represent the bottleneck in terms of speed and capacity for the overall network. For this reason DWDM technology must be exploited not only for data transport but also for switching operations. In this Ph.D. thesis solutions for photonic packet switches, a flexible alternative with respect to circuit-switched optical networks are proposed. In particular solutions based on devices and components that are expected to mature in the near future are proposed, with the aim to limit the employment of complex components. The work presented here is the result of part of the research activities performed by the Networks Research Group at the Department of Electronics, Computer Science and Systems (DEIS) of the University of Bologna, Italy. In particular, the work on optical packet switching has been carried on within three relevant research projects: the e-Photon/ONe and e-Photon/ONe+ projects, funded by the European Union in the Sixth Framework Programme, and the national project OSATE funded by the Italian Ministry of Education, University and Scientific Research. The rest of the work is organized as follows. Chapter 1 gives a brief introduction to network context and contention resolution in photonic packet switches. Chapter 2 presents different strategies for contention resolution in wavelength domain. Chapter 3 illustrates a possible implementation of one of the schemes proposed in chapter 2. Then, chapter 4 presents multi-fiber switches, which employ jointly wavelength and space domains to solve contention. Chapter 5 shows buffered switches, to solve contention in time domain besides wavelength domain. Finally chapter 6 presents a cost model to compare different switch architectures in terms of cost.
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The Ph.D. thesis describes the simulations of different microwave links from the transmitter to the receiver intermediate-frequency ports, by means of a rigorous circuit-level nonlinear analysis approach coupled with the electromagnetic characterization of the transmitter and receiver front ends. This includes a full electromagnetic computation of the radiated far field which is used to establish the connection between transmitter and receiver. Digitally modulated radio-frequency drive is treated by a modulation-oriented harmonic-balance method based on Krylov-subspace model-order reduction to allow the handling of large-size front ends. Different examples of links have been presented: an End-to-End link simulated by making use of an artificial neural network model; the latter allows a fast computation of the link itself when driven by long sequences of the order of millions of samples. In this way a meaningful evaluation of such link performance aspects as the bit error rate becomes possible at the circuit level. Subsequently, a work focused on the co-simulation an entire link including a realistic simulation of the radio channel has been presented. The channel has been characterized by means of a deterministic approach, such as Ray Tracing technique. Then, a 2x2 multiple-input multiple-output antenna link has been simulated; in this work near-field and far-field coupling between radiating elements, as well as the environment factors, has been rigorously taken into account. Finally, within the scope to simulate an entire ultra-wideband link, the transmitting side of an ultrawideband link has been designed, and an interesting Front-End co-design technique application has been setup.
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I rifiuti come oggetti impegnano tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione del posto che occupano e quindi del valore che assumono. In tale dinamica la gestione dei rifiuti diventa un fatto sociale totale che coinvolge tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione territorializzata. La storia del movimento ambientalista ci mostra come partendo dal disagio nei confronti delloggetto si passati ad un disagio nei confronti delle idee che lo generano. Modernizzazione ecologica e modernizzazione democratica sembrano andare per un certo periodo daccordo. Nei casi di conflittualit recente, e nello studio di caso approfondito di un piano provinciale della gestione rifiuti, il carattere anticipatore dellattivismo ambientalista, sta rendendo sempre pi costosi e incerti, investimenti e risultati strategici . Anche i principi delle politiche sono messi in discussione. La sostenibilit da ricercare in una relativizzazione dei principi di policy e degli strumenti tecnici di valutazione (e.g. LCA) verso una maggiore partecipazione di tutti gli attori. Si propone un modello di governance che parta da un coordinamento amministrativo territoriale sulle reti logistiche, quindi un adeguamento geografico degli ATO, e un loro maggior ruolo nella gestione del processo di coordinamento e pianificazione. Azioni queste che devono a loro volta aprirsi ai flussi (ecologici ed economici) e ai loro attori di riferimento: dalle aziende multiutility agli ambientalisti. Infine necessario un momento di controllo democratico che pu avere una funzione arbitrale nei conflitti tra gli attori o di verifica. La ricerca si muove tra la storia e la filosofia, la ricerca empirica e la riflessione teorica. Sono state utilizzate anche tecniche di indagine attiva, come il focus group e lintervista.
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Il trasporto intermodale ha acquisito un ruolo sempre pi importante nello scenario dei trasporti comunitari merci durante gli ultimi quindici anni. La sfida che si era posta a inizi anni novanta in Europa consisteva nello sviluppo di una rete europea di trasporto combinato strada-ferrovia. A questo fine stata fondamentale la cooperazione tra gli operatori del settore e le istituzioni (comunitarie e nazionali), nonch limpulso dato dalla liberalizzazione del trasporto ferroviario, che fortemente influenza il trasporto combinato. Questa tesi, in particolare, intende studiare il ruolo del Sistema Gateway come strumento innovativo e di nuovo impulso per lo sviluppo della rete di trasporto combinato strada-rotaia in ambito europeo. Grazie a questo sistema, le unit di carico, dirette in una determinata regione, giungono ad un "Terminal Gateway", dove secondo un sistema di tipo hub-and-spoke vengono trasbordate a mezzo gru su treni Shuttle verso la destinazione finale. Tutto ci avviene con operazioni fortemente automatizzate e veloci con sensibile vantaggio in termini di tempo e costi. La tesi parte da una descrizione del trasporto intermodale, facendo un focus sugli aspetti strutturali, tecnici e organizzativi del trasporto combinato strada rotaia e del suo funzionamento. Passando attraverso lanalisi delle reti di trasporto merci in Europa, nel secondo capitolo. Il terzo capitolo entra nel vivo della Tesi introducendo loggetto dellindagine: il Sistema Gateway nellambito dello sviluppo della rete europea del traffico combinato strada-ferrovia. Nella seconda parte della tesi voluto studiare il Sistema Gateway con lausilio dei metodi danalisi che vengono applicati per la scelta fra progetti alternativi nel campo della pianificazione dei trasporti, pertanto sono stati presi in rassegna e descritti i metodi pi utilizzati: lAnalisi Benefici-Costi e lAnalisi Multicriteria. Nel caso applicativo stata utilizzata lAnalisi Benefici-Costi. Infine nel capitolo sesto stato presentato dettagliatamente il caso reale di studio che riguarda il progetto per la trasformazione del terminal di Verona Quadrante Europa in un terminal gateway.
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Nowadays, computing is migrating from traditional high performance and distributed computing to pervasive and utility computing based on heterogeneous networks and clients. The current trend suggests that future IT services will rely on distributed resources and on fast communication of heterogeneous contents. The success of this new range of services is directly linked to the effectiveness of the infrastructure in delivering them. The communication infrastructure will be the aggregation of different technologies even though the current trend suggests the emergence of single IP based transport service. Optical networking is a key technology to answer the increasing requests for dynamic bandwidth allocation and configure multiple topologies over the same physical layer infrastructure, optical networks today are still far from accessible from directly configure and offer network services and need to be enriched with more user oriented functionalities. However, current Control Plane architectures only facilitate efficient end-to-end connectivity provisioning and certainly cannot meet future network service requirements, e.g. the coordinated control of resources. The overall objective of this work is to provide the network with the improved usability and accessibility of the services provided by the Optical Network. More precisely, the definition of a service-oriented architecture is the enable technology to allow user applications to gain benefit of advanced services over an underlying dynamic optical layer. The definition of a service oriented networking architecture based on advanced optical network technologies facilitates users and applications access to abstracted levels of information regarding offered advanced network services. This thesis faces the problem to define a Service Oriented Architecture and its relevant building blocks, protocols and languages. In particular, this work has been focused on the use of the SIP protocol as a inter-layers signalling protocol which defines the Session Plane in conjunction with the Network Resource Description language. On the other hand, an advantage optical network must accommodate high data bandwidth with different granularities. Currently, two main technologies are emerging promoting the development of the future optical transport network, Optical Burst and Packet Switching. Both technologies respectively promise to provide all optical burst or packet switching instead of the current circuit switching. However, the electronic domain is still present in the scheduler forwarding and routing decision. Because of the high optics transmission frequency the burst or packet scheduler faces a difficult challenge, consequentially, high performance and time focused design of both memory and forwarding logic is need. This open issue has been faced in this thesis proposing an high efficiently implementation of burst and packet scheduler. The main novelty of the proposed implementation is that the scheduling problem has turned into simple calculation of a min/max function and the function complexity is almost independent of on the traffic conditions.
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Abstract. This thesis presents a discussion on a few specific topics regarding the low velocity impact behaviour of laminated composites. These topics were chosen because of their significance as well as the relatively limited attention received so far by the scientific community. The first issue considered is the comparison between the effects induced by a low velocity impact and by a quasi-static indentation experimental test. An analysis of both test conditions is presented, based on the results of experiments carried out on carbon fibre laminates and on numerical computations by a finite element model. It is shown that both quasi-static and dynamic tests led to qualitatively similar failure patterns; three characteristic contact force thresholds, corresponding to the main steps of damage progression, were identified and found to be equal for impact and indentation. On the other hand, an equal energy absorption resulted in a larger delaminated area in quasi-static than in dynamic tests, while the maximum displacement of the impactor (or indentor) was higher in the case of impact, suggesting a probably more severe fibre damage than in indentation. Secondly, the effect of different specimen dimensions and boundary conditions on its impact response was examined. Experimental testing showed that the relationships of delaminated area with two significant impact parameters, the absorbed energy and the maximum contact force, did not depend on the in-plane dimensions and on the support condition of the coupons. The possibility of predicting, by means of a simplified numerical computation, the occurrence of delaminations during a specific impact event is also discussed. A study about the compressive behaviour of impact damaged laminates is also presented. Unlike most of the contributions available about this subject, the results of compression after impact tests on thin laminates are described in which the global specimen buckling was not prevented. Two different quasi-isotropic stacking sequences, as well as two specimen geometries, were considered. It is shown that in the case of rectangular coupons the lay-up can significantly affect the damage induced by impact. Different buckling shapes were observed in laminates with different stacking sequences, in agreement with the results of numerical analysis. In addition, the experiments showed that impact damage can alter the buckling mode of the laminates in certain situations, whereas it did not affect the compressive strength in every case, depending on the buckling shape. Some considerations about the significance of the test method employed are also proposed. Finally, a comprehensive study is presented regarding the influence of pre-existing in-plane loads on the impact response of laminates. Impact events in several conditions, including both tensile and compressive preloads, both uniaxial and biaxial, were analysed by means of numerical finite element simulations; the case of laminates impacted in postbuckling conditions was also considered. The study focused on how the effect of preload varies with the span-to-thickness ratio of the specimen, which was found to be a key parameter. It is shown that a tensile preload has the strongest effect on the peak stresses at low span-to-thickness ratios, leading to a reduction of the minimum impact energy required to initiate damage, whereas this effect tends to disappear as the span-to-thickness ratio increases. On the other hand, a compression preload exhibits the most detrimental effects at medium span-to-thickness ratios, at which the laminate compressive strength and the critical instability load are close to each other, while the influence of preload can be negligible for thin plates or even beneficial for very thick plates. The possibility to obtain a better explanation of the experimental results described in the literature, in view of the present findings, is highlighted. Throughout the thesis the capabilities and limitations of the finite element model, which was implemented in an in-house program, are discussed. The program did not include any damage model of the material. It is shown that, although this kind of analysis can yield accurate results as long as damage has little effect on the overall mechanical properties of a laminate, it can be helpful in explaining some phenomena and also in distinguishing between what can be modelled without taking into account the material degradation and what requires an appropriate simulation of damage. Sommario. Questa tesi presenta una discussione su alcune tematiche specifiche riguardanti il comportamento dei compositi laminati soggetti ad impatto a bassa velocit. Tali tematiche sono state scelte per la loro importanza, oltre che per lattenzione relativamente limitata ricevuta finora dalla comunit scientifica. La prima delle problematiche considerate il confronto fra gli effetti prodotti da una prova sperimentale di impatto a bassa velocit e da una prova di indentazione quasi statica. Viene presentata unanalisi di entrambe le condizioni di prova, basata sui risultati di esperimenti condotti su laminati in fibra di carbonio e su calcoli numerici svolti con un modello ad elementi finiti. mostrato che sia le prove quasi statiche sia quelle dinamiche portano a un danneggiamento con caratteristiche qualitativamente simili; tre valori di soglia caratteristici della forza di contatto, corrispondenti alle fasi principali di progressione del danno, sono stati individuati e stimati uguali per impatto e indentazione. Daltro canto lo stesso assorbimento di energia ha portato ad unarea delaminata maggiore nelle prove statiche rispetto a quelle dinamiche, mentre il massimo spostamento dellimpattatore (o indentatore) risultato maggiore nel caso dellimpatto, indicando la probabilit di un danneggiamento delle fibre pi severo rispetto al caso dellindentazione. In secondo luogo stato esaminato leffetto di diverse dimensioni del provino e diverse condizioni al contorno sulla sua risposta allimpatto. Le prove sperimentali hanno mostrato che le relazioni fra larea delaminata e due parametri di impatto significativi, lenergia assorbita e la massima forza di contatto, non dipendono dalle dimensioni nel piano dei provini e dalle loro condizioni di supporto. Viene anche discussa la possibilit di prevedere, per mezzo di un calcolo numerico semplificato, il verificarsi di delaminazioni durante un determinato caso di impatto. presentato anche uno studio sul comportamento a compressione di laminati danneggiati da impatto. Diversamente della maggior parte della letteratura disponibile su questo argomento, vengono qui descritti i risultati di prove di compressione dopo impatto su laminati sottili durante le quali linstabilit elastica globale dei provini non stata impedita. Sono state considerate due differenti sequenze di laminazione quasi isotrope, oltre a due geometrie per i provini. Viene mostrato come nel caso di provini rettangolari la sequenza di laminazione possa influenzare sensibilmente il danno prodotto dallimpatto. Due diversi tipi di deformate in condizioni di instabilit sono stati osservati per laminati con diversa laminazione, in accordo con i risultati dellanalisi numerica. Gli esperimenti hanno mostrato inoltre che in certe situazioni il danno da impatto pu alterare la deformata che il laminato assume in seguito ad instabilit; daltra parte tale danno non ha sempre influenzato la resistenza a compressione, a seconda della deformata. Vengono proposte anche alcune considerazioni sulla significativit del metodo di prova utilizzato. Infine viene presentato uno studio esaustivo riguardo allinfluenza di carichi membranali preesistenti sulla risposta allimpatto dei laminati. Sono stati analizzati con simulazioni numeriche ad elementi finiti casi di impatto in diverse condizioni di precarico, sia di trazione sia di compressione, sia monoassiali sia biassiali; stato preso in considerazione anche il caso di laminati impattati in condizioni di postbuckling. Lo studio si concentrato in particolare sulla dipendenza degli effetti del precarico dal rapporto larghezza-spessore del provino, che si rivelato un parametro fondamentale. Viene illustrato che un precarico di trazione ha leffetto pi marcato sulle massime tensioni per bassi rapporti larghezza-spessore, portando ad una riduzione della minima energia di impatto necessaria per innescare il danneggiamento, mentre questo effetto tende a scomparire allaumentare di tale rapporto. Il precarico di compressione evidenzia invece gli effetti pi deleteri a rapporti larghezza-spessore intermedi, ai quali la resistenza a compressione del laminato e il suo carico critico di instabilit sono paragonabili, mentre linfluenza del precarico pu essere trascurabile per piastre sottili o addirittura benefica per piastre molto spesse. Viene evidenziata la possibilit di trovare una spiegazione pi soddisfacente dei risultati sperimentali riportati in letteratura, alla luce del presente contributo. Nel corso della tesi vengono anche discussi le potenzialit ed i limiti del modello ad elementi finiti utilizzato, che stato implementato in un programma scritto in proprio. Il programma non comprende alcuna modellazione del danneggiamento del materiale. Viene per spiegato come, nonostante questo tipo di analisi possa portare a risultati accurati soltanto finch il danno ha scarsi effetti sulle propriet meccaniche dinsieme del laminato, esso possa essere utile per spiegare alcuni fenomeni, oltre che per distinguere fra ci che si pu riprodurre senza tenere conto del degrado del materiale e ci che invece richiede una simulazione adeguata del danneggiamento.
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Il confronto in corso tra gli esperti di management sanitario sui dipartimenti ospedalieri, la crescente attenzione sui modelli di organizzazione a rete e le indagini sui servizi sanitari condotte con strumenti di analisi dei network hanno rappresentato la base su cui sviluppare il disegno dello studio. La prospettiva relazionale e le tecniche di social network analysis (Sna) sono state impiegate in un indagine empirica effettuata presso tre Dipartimenti Ospedalieri dellAzienda USL di Bologna per osservare la struttura delle relazioni che intercorrono nellambito dei dipartimenti, tra le unit operative e tra i clinici, al fine di assicurare il quotidiano svolgersi dei processi clinico assistenziali dei pazienti. Lindagine si posta tre obiettivi. Il primo quello di confrontare la rete delle relazioni reali che intercorrono tra unit operative e tra clinici con le relazioni progettate attraverso lafferenza delle unit operative nei dipartimenti e dei singoli clinici nelle unit operative. In sostanza si tratta di confrontare, con intenti esclusivamente conoscitivi, la struttura organizzativa formale istituzionale con quella informale, che emerge dalle relazioni giornaliere tra i professionisti. In secondo luogo si intende comprendere se e come i fattori di natura attributiva che caratterizzano i singoli rispondenti, (es. et, sesso, laurea, anni di permanenza in azienda, ecc.) incidano sulla natura e sullintensit delle relazioni e delle collaborazioni intrattenute con i colleghi allinterno dellazienda. Lanalisi ha un intento esplicativo, in quanto si cerca di indagare come le similitudini nelle caratteristiche individuali possano o meno incidere sullintensit degli scambi e quindi delle collaborazioni tra professionisti. Il terzo obiettivo volto a comprendere se e come i fattori attributivi e/o relazionali siamo in grado di spiegare lattitudine mostrata dai singoli professionisti rispetto ladozione di un approccio alla pratica clinica ispirato allEvidence based medicine. Lo scopo quello di verificare se la disponibilit / orientamento ad operare in una prospettiva evidence based sia pi legata ad elementi e caratteristiche personali piuttosto che allinfluenza esercitata da coloro con i quali si entra in contatto per motivi lavorativi. La relativa semplicit della fase di indagine ha indotto ad arricchire i contenuti e gli obiettivi originari del lavoro allo scopo di correlare indicatori relazionali e attributivi con indicatori di performance, in particolare di efficienza e appropriatezza. Le relazioni sono state rilevate attraverso un questionario sociometrico inserito in uno spazio web accessibile dalla rete ospedaliera e compilato online da parte dei medici. Il questionario stato organizzato in tre sezioni: la prima per la raccolta di informazioni anagrafiche e dati attributivi dei clinici; la seconda volta a raccogliere i dati relazionali, funzionali e di consulenza, verso le equipe di professionisti (unit operative) e verso i singoli colleghi clinici; la terza sezione dedicata alla raccolta di informazioni sullutilizzo delle evidenze scientifiche a supporto della propria pratica clinica (consultazione di riviste, banche dati, rapporti di HTA, etc,) e sulla effettiva possibilit di accesso a tali strumenti. Lazienda ha fornito i dati di struttura e la base dati degli indicatori di attivit delle UO arruolate nello studio. La compliance complessiva per i tre dipartimenti stata pari a circa il 92% (302 rispondenti su un campione di 329 medici.). Non si sono rilevate differenze significative sulla compliance per i tre dipartimenti considerati. Lelaborazione dei dati stata effettuata mediante specifici software per lanalisi delle reti sociali, UCINET 6 per il calcolo degli indicatori relazionali (centralit, densit, structural holes etc.), e Pajek per lanalisi grafica dei network. Lultima fase stata realizzata con lausilio del software statistico STATA vers. 10. Lanalisi dei risultati distinta in due 2 fasi principali. In primis stato descritto il network di relazioni professionali rilevate, sono stai calcolati i relativi indicatori di centralit relazionale e verificato il grado di sovrapposizione tra struttura formale dei dipartimenti in studio con le relazioni informali che si stabiliscono tra di essi nellambito clinico. Successivamente stato analizzato limpatto che le relazioni esercitano sulla propensione da parte dei singoli medici a utilizzare nuove evidenze scientifiche I primi risultati emersi dallo studio forniscono interessanti evidenze, con particolare riguardo al dato di un discreto grado di sovrapposizione tra struttura formale e informale delle unit organizzative in studio e a correlazioni significative tra fattori relazionali e attitudine dei medici verso lutilizzo dellapproccio EBM. Altre evidenze, in specie la correlazione tra centralit degli attori organizzativi e alcuni indicatori di performance /appropriatezza, meritano ulteriori approfondimenti e una definitiva validazione. In conclusione lo studio dimostra che la prospettiva relazionale e la Sna consentono di porre in evidenza caratteristiche dei dipartimenti, dei suoi attori e delle loro reti di reciproche relazioni, in grado di favorire la comprensione di alcune dinamiche ricercate proprio attraverso lorganizzazione dipartimentale e quindi di specifico interesse per il management, i clinici e quanti altri impegnati nella gestione e nello sviluppo di questo modello di organizzazione dellospedale.
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L'attivit di ricerca descritta in questa tesi fornisce linee guida per la progettazione di arti protesici inferiori, con particolare riferimento alla progettazione di protesi a basso costo. La necessit di efficienti protesi a basso costo risulta infatti sentita nei Paesi in via di sviluppo ma anche dalle fasce meno abbienti dei paesi occidentali. Al fine di comprendere le strategie adottate dall'apparato locomotorio per muoversi con le protesi sono analizzati il cammino fisiologico, le protesi presenti sul mercato ed infine le modalit con cui le loro prestazioni sono valutate. Con il presente lavoro, dopo aver osservato la presenza di una scarsa strutturazione della metodologia di progettazione che riguarda specialmente il settore del basso costo, si propone una metodologia il pi possibile oggettiva e ripetibile tesa ad individuare quali sono gli aspetti essenziali di una protesi per garantire al paziente una buona qualit di vita. Solo questi aspetti dovranno essere selezionati al fine di ottenere la massima semplificazione della protesi e ridurre il pi possibile i costi. Per la simulazione delle attivit di locomozione, in particolare del cammino, stato elaborato un apposito modello spaziale del cammino. Il modello proposto ha 7 membri rigidi (corrispondenti a piedi, tibie, femori e bacino) e 24 gradi di libert. Le articolazioni e l'appoggio dei piedi al suolo sono modellati con giunti sferici. La pianta del piede consente tre possibili punti di appoggio. I criteri di realizzazione delle simulazioni possono comprendere aspetti energetici, cinematici e dinamici considerati come obiettivo dall'apparato locomotorio. In questa tesi vengono trattati in particolare gli aspetti cinematici ed mostrata un'applicazione della procedura nella quale vengono dapprima identificati i riferimenti fisiologici del cammino e quindi simulato il cammino in presenza di una menomazione al ginocchio (eliminazione della flessione in fase di appoggio). Viene quindi lasciato a sviluppi futuri il completamento della procedura e la sua implementazione in un codice di calcolo.
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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori lorientamento determinato da parte della comunit europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale allinterno dei quali i sistemi di citt potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. Lorientamento europeo si confrontato con una realt storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra citt sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la citt capitale dominante su citt subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non n continua n gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una citt capitale di riconosciuto potere ma con citt di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisivit nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e lInghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dellaera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realt locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e artificiosamente rinata ad unit, dopo le vicende del XIX secolo: lEmilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralit di centri emergenti, il rapporto col territorio mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dalluso attuale. La crescente domanda di capacit di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacit degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle figure retoriche comunitarie, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nelleconomia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire unulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dellUE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee. La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilit; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalit, ed la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessit di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilit politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunit Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con lindagare il concetto di regione funzionale, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realt territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che pu essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificit territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perch si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perci solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire unazione di governo del territorio. Sin dallinizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dellOCSE ha condotto unindagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di contorni determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilit del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche un elemento fondamentale che determina lubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nellambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda ladeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori dEuropa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimit spaziale solo uno degli aspetti di interazione tra le citt, laltro aspetto importante quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce levoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare lesigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nellinterpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ci ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Citt Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novit costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralit di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dallattivit settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dellEuropa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta lattuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dellassetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente pi idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto lente storico di riferimento della pianificazione il comune e lente di gestione delegato dallo stato la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realt locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilit con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso unagenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perch ci avvenga necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dallattivit dello stato abbia caratteri definiti e fattibilit economico concreta.
Resumo:
Nella tesi sono rielaborati i dati etnografici, prodotti in Italia ed in Ghana, con una ricerca sul campo di oltre un anno. Attraverso la ricostruzione di un progetto di co-sviluppo che mobilita i migranti in quanto attori di sviluppo, ed in questo caso lassociazione ghanese di Modena per avviare alcune iniziative di sviluppo economico, umano e sostenibile nel paese dorigine, si sono indagate le forme concrete di transnazionalismo attivate da questo gruppo sociale. Nellanalisi, prettamente antropologica, si rivela come, nel progetto di co-sviluppo osservato, le identit etniche, le relazioni asimmetriche di genere ed i processi di negoziazione politica sono celati ed agiti dai diversi attori sociali coinvolti. Si sono inoltre osservate le forme di partecipazione politica in Italia ed in Ghana rivelando come il collettivo ghanese abbia avviato un processo di depoliticizzazione dello sviluppo nel contesto dorigine e, nonostante ci, sia divenuto nel paese dimmigrazione un nuovo attore politico. Particolare attenzione stata posta alle produzioni discorsive dello sviluppo e della diaspora, evidenziando come i collettivi migranti se ne riapproprino e le riformulino nelle pratiche quotidiane.