93 resultados para MAFIA - ORGANIZACION - SICILIA (ITALIA)


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Il lavoro ripercorre le tracce che gli ebrei portoghesi, esuli dopo il biennio 1496-97, lasciarono nel loro cammino attraverso l'Europa. In particolare, l'interesse si concentra sulla breve parentesi italiana, che grazie all'apertura e alla disponibilità  di alcuni Signori, come i Gonzaga di Mantova, i Medici, i Dogi della Serenissima e gli Este, risulta ricchissima di avvenimenti e personaggi, decisivi anche per la storia culturale del Portogallo. L'analisi parte evidenziando l'importanza che ebbe la tipografia ebraica in Portogallo all'epoca della sua introduzione nel Paese; in secondo luogo ripercorre la strada che, dal biennio del primo decreto di espulsione e del conseguente battesimo di massa, porta alla nascita dell'€™Inquisizione in Portogallo. Il secondo capitolo tenta di fare una ricostruzione, il più possibile completa e coerente, dei movimenti degli esuli, bollati come marrani e legati alle due maggiori famiglie, i Mendes e i Bemveniste, delineando poi il primo nucleo di quella che diventerà  nel Seicento la comunità  sefardita portoghese di Amsterdam, dove nasceranno le personalità  dissidenti di Uriel da Costa e del suo allievo Spinoza. Il terzo capitolo introduce il tema delle opere letterarie, effettuando una rassegna dei maggiori volumi editi dalle officine tipografiche ebraiche stanziatesi in Italia fra il 1551 e il 1558, in modo particolare concentrando l'attenzione sull'€™attività  della tipografia Usque, da cui usciranno numerosi testi di precettistica in lingua ebraica, ma soprattutto opere cruciali come la famosa «Bibbia Ferrarese» in castigliano, la «Consolação às Tribulações de Israel», di Samuel Usque e la raccolta composta dal romanzo cavalleresco «Menina e Moça» di Bernardim Ribeiro e dall'ecloga «Crisfal», di un autore ancora non accertato. L'ultimo capitolo, infine, si propone di operare una disamina di queste ultime tre opere, ritenute fondamentali per ricostruire il contesto letterario e culturale in cui la comunità  giudaica in esilio agiva e proiettava le proprie speranze di futuro. Per quanto le opere appartengano a generi diversi e mostrino diverso carattere, l'€™ipotesi è che siano parte di un unicum filosofico e spirituale, che intendeva sostanzialmente indicare ai confratelli sparsi per l'Europa la direzione da prendere, fornendo un sostegno teoretico, psicologico ed emotivo nelle difficili condizioni di sopravvivenza, soprattutto dell'integrità religiosa, di ciascun membro della comunità.

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Il progetto di ricerca, dal titolo La Nuova destra dalla Francia all'Italia, prende come oggetto di studio specifico quel fenomeno politico, emerso in Italia verso la metà degli anni Settanta, che si originò in seno agli ambienti politici della destra radicale, noto con la definizione di Nuova Destra (ND), sul modello dell’omologa e più matura corrente francese il cui nucleo principale ruotava attorno all’associazione culturale GRECE (Groupement de recherche et d’études sur la civilisation européenne). Dal livello avanzato della ricerca sviluppata in questi anni, si è potuto notare che questo soggetto culturale ed ideologico è stato scarsamente studiato nel panorama scientifico italiano dove la maggior parte delle indagini ad esso dedicate sono state svolte da politologi, o comunque risultano riconducibili agli ambienti accademici delle Facoltà di Scienze Politiche, mentre pochissimi sono i lavori che si sono accostati alla ND con le armi specifiche della ricerca storica. Al contrario in Francia il fenomeno è stato oggetto di numerose ricerche da parte di autorevoli studiosi e ha dato avvio ad un florido dibattito ideologico. L’obiettivo principale a cui questa ricerca di dottorato tenta di rispondere è, quindi, quello di ricostruire le vicende storiche della ND italiana, sia attraverso i suoi rapporti con il Movimento sociale italiano (MSI), dalle cui sezioni giovanili essa nacque e si sviluppò per poi distaccarsene, sia tramite l’analisi delle sue evoluzioni politiche e concettuali, sia, infine, cercando di porre in evidenza i lasciti, le influenze e gli stretti legami, che intercorsero fra l’Italia e la più matura esperienza della Nouvelle Droite francese, ed in particolare con il pensiero politico e filosofico di Alain de Benoist, il suo maggiore esponente.

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Questa ricerca mostra l’evoluzione della letteratura mitologica per ragazzi in Italia. Il primo libro italiano di mitologia per bambini è stato pubblicato nel 1911 (lo stesso anno di un’importante e violenta guerra coloniale tra l’Italia e la Libia): la scrittrice italiana Laura Orvieto pubblicò allora “Storie della storia del mondo”, in cui riunì antichi racconti greci per giovani lettori. Queste storie erano ispirate al libro mitologico per bambini “Il libro delle meraviglie” di Hawthorne (titolo originale “A Wonder Book for Girls and Boys”). In seguito molti scrittori italiani scrissero libri mitologici per giovani lettori: serie importanti di libri di mitologia per bambini furono pubblicate durante il regime mussoliniano – talvolta per diffondere l’ideologia fascista della superiorità romana. Durante questo periodo, i libri mitologici spesso mostravano uno stile letterario solenne. Dopo la seconda guerra mondiale, la letteratura mitologica per bambini cambiò lentamente prospettiva: gli scrittori italiani cominciarono ad usare il mito per parlare di problemi sociali (p.e. Gianni Rodari descriveva re Mida come un capitalista) e per spiegare le diverse condizioni umane (p.e. Beatrice Masini fa riferimento alle dee e alle eroine greche per descrivere la condizione femminile). La ricerca analizza anche la relazione tra mito e scuola in Italia: i racconti mitologici hanno sempre fatto parte dei programmi scolastici italiani per bambini dagli 8 agli 11 anni. Le riforme scolastiche – deliberate negli anni ’20 e ’40 – fissarono pratiche didattiche sui miti ancora oggi in uso. I racconti mitologici erano soprattutto un supporto per gli studi storici e letterari. Tuttavia, negli ultimi decenni, i miti sono divenuti un importante aiuto per gli insegnamenti scientifici e artistici.

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L’argomento scelto riguarda l’adozione di standard privati da parte di imprese agro-alimentari e le loro conseguenze sulla gestione globale dell’azienda. In particolare, lo scopo di questo lavoro è quello di valutare le implicazioni dovute all’adozione del BRC Global Standard for Food Safety da parte delle imprese agro-alimentari italiane. La valutazione di tale impatto è basata sulle percezioni dei responsabili aziendali in merito ad aspetti economici, gestionali, commerciali, qualitativi, organizzativi. La ricerca ha seguito due passaggi fondamentali: innanzitutto sono state condotte 7 interviste in profondità con i Responsabili Qualità (RQ) di aziende agro-alimentari italiane certificate BRC Food. Le variabili estrapolate dall’analisi qualitativa del contenuto delle interviste sono state inserite, insieme a quelle rilevate in letteratura, nel questionario creato per la successiva survey. Il questionario è stato inviato tramite e-mail e con supporto telefonico ad un campione di aziende selezionato tramite campionamento random. Dopo un periodo di rilevazione prestabilito, sono stati compilati 192 questionari. L’analisi descrittiva dei dati mostra che i RQ sono in buona parte d’accordo con le affermazioni riguardanti gli elementi d’impatto. Le affermazioni maggiormente condivise riguardano: efficienza del sistema HACCP, efficienza del sistema di rintracciabilità, procedure di controllo, formazione del personale, miglior gestione delle urgenze e non conformità, miglior implementazione e comprensione di altri sistemi di gestione certificati. Attraverso l’analisi ANOVA fra variabili qualitative e quantitative e relativo test F emerge che alcune caratteristiche delle aziende, come l’area geografica, la dimensione aziendale, la categoria di appartenenza e il tipo di situazione nei confronti della ISO 9001 possono influenzare differentemente le opinioni degli intervistati. Successivamente attraverso un’analisi fattoriale sono stati estratti 8 fattori partendo da un numero iniziale di 28 variabili. Sulla base dei fattori è stata applicata la cluster analysis di tipo gerarchico che ha portato alla segmentazione del campione in 5 gruppi diversi. Ogni gruppo è stato interpretato sulla base di un profilo determinato dal posizionamento nei confronti dei vari fattori. I risultati oltre ad essere stati validati attraverso focus group effettuati con ricercatori ed operatori del settore, sono stati supportati anche da una successiva indagine qualitativa condotta presso 4 grandi retailer inglesi. Lo scopo di questa successiva indagine è stato quello di valutare l’esistenza di opinioni divergenti nei confronti dei fornitori che andasse quindi a sostenere l’ipotesi di un problema di asimmetria informativa che nonostante la presenza di standard privati ancora sussiste nelle principali relazioni contrattuali. Ulteriori percorsi di ricerca potrebbero stimare se la valutazione dell’impatto del BRC può aiutare le aziende di trasformazione nell’implementazione di altri standard di qualità e valutare quali variabili possono influenzare invece le percezioni in termini di costi dell’adozione dello standard.

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Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.

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La tesi studia l’intermediazione attuata da agenti costituenti il campo letterario, nel processo di ammissione di autori esordienti. E’ il processo che inizia con un aspirante autore, con un dattiloscritto inedito, e termina con una casa editrice che accetta il dattiloscritto per la pubblicazione. Il risultato è duplice: da un lato permette una comprensione nuova e profonda del campo letterario italiano, che non ha ricevuto sufficiente attenzione. Dall’altro, lo studio dei processi di intermediazione ha ricadute teoriche più generali. Il campo letterario, così come definito da Bourdieu, comprende tutti gli agenti e le istituzioni che, da posizioni diverse, contribuiscono alla produzione simbolica e materiale dei libri, in quanto oggetti culturali. In questo ambito, teorie sull’intermediazione che ci sono utili sono la definizione bourdesiana di intermediario culturale, il concetto di gate-keeper, utilizzato come metafora dei filtri che si frappongono al flusso della produzione di oggetti culturali, quello di knowledge broker, figura in grado di generare innovazione, svolgendo un ruolo di intermediazione della conoscenza fra domini in cui esiste ma non è fruttuosa ed altri in cui non esiste e, infine, quella di intermediari studiati dall’economia della qualità, che non fanno scelte di produzione o consumo, ma influenzano le scelte fatte dai consumatori. Coerentemente con la sua natura esplorativa e l’approccio induttivo, la ricerca è condotta attraverso 64 interviste semistrutturate ad agenti del campo letterario italiano: editor, editori, agenti letterari, scrittori ed altri agenti, che svolgano un ruolo di intermediazione. Il primo risultato è una descrizione ricca del campo letterario italiano e degli agenti ed istituzioni che lo costituiscono. Si analizzano i criteri di selezione di autori ed opere inedite ed i canali che permettono l’accesso al campo letterario, insieme agli intermediari che li attivano. Degli intermediari si analizzano aspetti soggettivi ed oggettivi, per capire chi siano, cosa fanno e perché.

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Italy and France in Trianon’s Hungary: two political and cultural penetration models During the first post-war, the Danubian Europe was the theatre of an Italian-French diplomatic challenge to gain hegemony in that part of the continent. Because of his geographical position, Hungary had a decisive strategic importance for the ambitions of French and Italian foreign politics. Since in the 1920s culture and propaganda became the fourth dimension of international relations, Rome and Paris developed their diplomatic action in Hungary to affirm not only political and economic influence, but also cultural supremacy. In the 1930, after Hitler’s rise to power, the unstoppable comeback of German political influence in central-eastern Europe determined the progressive decline of Italian and French political and economic positions in Hungary: only the cultural field allowed a survey of Italian-Hungarian and French-Hungarian relations in the contest of a Europe dominated by Nazi Germany during the Second World War. Nevertheless, the radical geopolitical changes in second post-war Europe did not compromise Italian and French cultural presence in the new communist Hungary. Although cultural diplomacy is originally motivated by contingent political targets, it doesn’t respect the short time of politics, but it’s the only foreign politics tool that guarantees preservations of bilateral relations in the long run.

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The question “artificial nutrition and hydration (ANH) is therapy or not?” is one of the key point of end-of-life issues in Italy, since it was (and it is also nowadays) a strategic and crucial point of the Italian Bioethics discussion about the last phases of human life: determining if ANH is therapy implies the possibility of being included in the list of treatments that could be mentioned for refusal within the living will document. But who is entitled to decide and judge if ANH is a therapy or not? Scientists? The Legislator? Judges? Patients? This issue at first sight seems just a matter of science, but at stake there is more than a scientific definition. According to several scholars, we are in the era of post-academic Science, in which Science broaden discussion, production, negotation and decision to other social groups that are not just the scientific communities. In this process, called co-production, on one hand scientific knowledge derives from the interaction between scientists and society at large. On the other hand, science is functional to co-production of social order. The continuous negotation on which science has to be used in social decisions is just the evidence of the mirroring negotation for different way to structure and interpret society. Thus, in the interaction between Science and Law, deciding what kind of Science could be suitable for a specific kind of Law, envisages a well defined idea of society behind this choice. I have analysed both the legislative path (still in progress) in the living will act production in Italy and Eluana Englaro’s judicial case (that somehow collapsed in the living will act negotiation), using official documents (hearings, texts of the official conference, committees comments and ruling texts) and interviewing key actors in the two processes from the science communication point of view (who talks in the name of science? Who defines what is a therapy? And how do they do?), finding support on the theoretical framework of the Science&Technologies Studies (S&TS).

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In un arco temporale che copre il decennio settanta, ma che si spinge fino ad analizzare anche il dibattito italiano odierno, la presente ricerca ricostruisce i passaggi attraverso i quali l’aborto, da pratica clandestina, è diventato un “fatto” che ha creato e cambiato l’opinione pubblica italiana. Non si tratta di una ricostruzione cronologica pura e semplice, ma quello che si propone è un percorso che procede per temi, utilizzando una particolare chiave di lettura delle fonti giornalistiche e degli atti parlamentari che documentano la costruzione complessiva del discorso. In tale prospettiva, un particolare rilievo assumono alcuni momenti della storia italiana che, nell’arco del decennio, hanno favorito l’immissione di un argomento così complesso, delicato e inusuale come il corpo riproduttivo delle donne sulla scena pubblica, facendone un tema da agenda politica dei partiti. Tra gli eventi più significativi che la ricerca individua certamente il processo a Gigliola Pierobon, avvenuto a Padova nel 1973, di cui si propone una lettura attraverso la chiave interpretativa dell’affaire. Si tratta di una forma di costruzione discorsiva di un “fatto di legge” codificata da Voltaire nel XVIII secolo e ripresa attraverso gli studi dell’antropologa Elisabeth Claverie e del sociologo Luc Boltanski , che applicano in maniera diacronica il concetto di “affaire” a diverse “situazioni di conflitto”, strutturando in tal modo il concetto di “verità contro la legge” . La ricerca è stata condotta utilizzando sia fonti giornalistiche che da diversi punti di vista, hanno fotografato e “tradotto” per l’opinione pubblica il dibattito culturale e politico sul tema dei diritti riproduttivi, sia utilizzando gli atti parlamentari ufficiali , cioè le trascrizioni delle sedute del dibattito alla Camera e al Senato che tra il 1976 e il 1978 hanno creato i presupposti per la nascita della legge 194.

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La tesi compie un'analisi sul ruolo della cooperazione nei mercati esteri, focalizzandosi, da un lato, sullo studio dei flussi di export nei settori dell'agroalimentare caratterizzati da una forte presenza cooperativa e, dall'altro, sulle caratteristiche di struttura ed i comportamenti delle imprese cooperative esportatrici e non esportatrici. A tal fine è stata realizzata un'indagine diretta che ha coinvolto un campione di 516 cooperative agroalimentari, delle quali 162 esportatrici e 354 non esportatrici. Sulla base dei risultati dell'indagine è stato possibile analizzare le caratteristiche strutturali ed i comportamenti delle cooperative non esportatrici ed esportatrici, focalizzandosi successivamente sulle modalità  di accesso al mercato estero delle cooperative esportatrici ed infine approfondendo le motivazioni che ostacolano l'export nelle cooperative non esportatrici.

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Translations, says Gideon Toury, are facts of target cultures – but the perceived status of source texts has a bearing on how these are reflected or refracted in the target language. This proposition is particularly evident in the case of classics: when translators have to work on literary creations occupying a pivotal position in the source/target cultures, they adopt strategies of literalness and ennoblement which betray a quasi-religious awe – on the one hand, a desire to ruffle the surface of the revered original as little as possible; and on the other, a determination to reproduce the supposed “classical qualities” of the classic even when they are not present in the source. In this dissertation, Paola Venturi studies how the “idea of classic” influences translation theory and practice, and substantiates her theoretical observations by looking at Italian translations of eighteenth- and nineteenth-century English classics. A marked – and historically determined – disparity between source and target readerships, and the translators’ reverence for their prestigious originals, conspire to produce Italian versions which are much more “wooden” and “elegant” than their English counterparts.