78 resultados para Algebre monounarie, ordine, classificazione
Resumo:
La regolazione dell’espressione genica è un processo molto complesso e finemente controllato da fattori multipli, tra i quali quelli epigenetici hanno richiamato l’attenzione nell’ultima decade. I meccanismi di regolazione epigenetica comprendono la metilazione del DNA a livello delle isole CpG nella regione del promotore del gene e le modifiche istoniche post-traduzionali, quali acetilazioni e metilazioni. Questa serie di elementi di regolazione concorre a determinare uno stato di impacchettamento della cromatina più o meno rilassato, che influenzerà la trascrizione di geni critici, per esempio nello sviluppo o nelle neoplasie. Gli ambiti nei quali lo studio del profilo epigenetico ha assunto maggiore rilievo sono effettivamente quello oncologico e quello del differenziamento di cellule staminali, due contesti nei quali si è svolto il mio programma di Dottorato, nel quale ho seguito in parallelo più progetti presentati nella tesi in modo indipendente. La ricerca in campo tumorale è centrata sull’indagine di nuovi marcatori e sull’individuazione di profili epigenetici specifici per un determinato tumore che possano aiutare la diagnostica precoce, la classificazione e la sorveglianza dell’evoluzione clinica della neoplasia. In questo contesto si inserisce il progetto finalizzato alla costruzione di quadri associativi di metilazione in due tumori cerebrali, il glioblastoma (GBM) e l’oligodendroglioma (ODG). La casistica di GBM e di ODG in dotazione è stata valutata dal punto di vista della metilazione dei promotori di geni (MGMT, EMP3,..) con funzioni oncosoppressive e trovati ipermetilati anche in altri tumori o localizzati in regioni citologicamente instabili, per poter correlare questi dati con la risposta terapeutica nel caso del GBM o con i dati di perdita di eterozigosità (LOH) 1p19q nel caso dell’ODG. Parallelamente all’individuazione di marcatori epigenetici in ambito oncologico, la ricerca si sta muovendo anche nell’indagine di nuove potenziali terapie farmacologiche antitumorali su base epigenetica. In questo contesto, con lo scopo di approfondire le relazioni tra i meccanismi alla base della regolazione epigenetica, ci si è riproposti di valutare la correlazione tra il meccanismo di metilazione/demetilazione del DNA e quello di acetilazione/deacetilazione istonica e la loro vicendevole influenza nel determinare silenziamento genico piuttosto che riattivazione dell’espressione di geni ipermetilati. Sono stati usati farmaci epigenetici demetilanti, quali Azacitidina e Decitabina, inibitori della istone deacetilasi, quali la Tricostatina A, e inibitori della via di sintesi di molecole, le poliammine, coinvolte nella regolazione dell’espressione genica con modalità ancora da precisare in modo definitivo. Sebbene i meccanismi di regolazione epigenetica vengano studiati per lo più nel cancro, a causa delle gravi conseguenze che una loro disregolazione porta in termini di silenziamento di geni oncosoppressori, essi sono implicati fisiologicamente anche nel differenziamento di cellule staminali. Gli ultimi due progetti trattati nella tesi si contestualizzano in questo ambito. In particolare viene presentata la messa a punto di una metodologia di immunoprecipitazione sequenziale della cromatina finalizzata all’individuazione di due modificazioni istoniche associate alla stessa regione di DNA. Le modifiche hanno riguardato i marcatori rappresenatativi di cromatina trascrizionalmente repressa H3K27me3 (trimetilazione della Lys27 dell’istone H3) e di cromatina trascrizionalmente attiva H3K24me2 (dimetilazione della Lys4 dell’istone H3) che definiscono i domini detti bivalenti, associati a geni che codificano per fattori di trascrizione che regolano lo sviluppo in cellule embrionali staminali, mantenendoli pronti per un veloce indirizzamento verso l’ attivazione trascrizionale. Il ruolo che la regolazione epigenetica svolge durante il differenziamento di cellule staminali non è ancora noto con precisione. È chiaro però che la memoria della linea cellulare verso la quale si differenzia una cellula staminale adulta, implica l’utilizzo di modifiche epigenetiche, quali la metilazione del DNA e correlati pattern di metilazione e acetilazione istonica. L’ultimo progetto, trattato, è stato finalizzato a verificare il coinvolgimento dell’epigenetica e in particolare della metilazione dei promotori di fattori trascrizionali precocemente attivati durante il differenziamento verso il fenotipo muscolare cardiaco di cellule staminali umane derivate da tessuto adiposo (ADSCs).
Resumo:
La presente tesi di dottorato ha ad oggetto l’analisi dei profili critici emersi nella prassi in relazione alle transnational damages group actions. All’interno di tale esteso ambito di ricerca, senza pretese di esaustività, si affronteranno determinati aspetti, tenendo in considerazione quanto accaduto negli ordinamenti che, sebbene in modo assai limitato, hanno già conosciuto tali problematiche. A seguito di una prima parte meramente introduttiva, nel secondo capitolo, si inquadreranno brevemente gli strumenti di tutela collettiva risarcitoria, indicando in che cosa consistano, a quali esigenze rispondano e quale origine abbiano; si indicheranno altresì i criteri distintivi e di classificazione che maggiormente possono rilevare nell’ottica di una cross border litigation. Nel terzo capitolo si analizzerà in termini essenziali la disciplina delle azioni collettive di alcuni Paesi, al fine di porre le basi necessarie per comprendere in quale contesto normativo si pongano le problematiche inerenti alle multi-jurisdictional collective redress actions. Nel quarto capitolo, si prenderà in considerazione la dimensione transnazionale delle azioni collettive, tenendo presenti le categorie e le regole affermatesi nel diritto internazionale privato e processuale e, soprattutto, quelle esistenti nell’ordinamento italiano e comunitario. Si individueranno poi gli obiettivi prioritari che si deve porre il giudice richiesto di giudicare sull’azione collettiva nella necessità di rendere una pronuncia o approvare una transazione che, da un lato, sia riconosciuta ed eseguita nei Paesi in cui dovrà essere riconosciuta ed eseguita e che, dall’altro lato, in ipotesi di opt out procedure, precluda ai soggetti che la pronuncia o la transazione dovrebbe vincolare successive azioni individuali e/o collettive in altri Paesi. Nel quinto capitolo, alla luce dei dati indicati nel terzo capitolo e delle considerazioni effettuate nel quarto capitolo, si analizzeranno alcuni dei profili critici posti dalla dimensione transnazionale delle azioni collettive; a tal fine, la trattazione verrà suddivisa in diversi punti che, pur essendo necessariamente connessi tra loro, nella loro individualità riescano ad evidenziare l’importanza e la centralità di determinate questioni. Peraltro, nell’intento di rispondere in modo adeguato alle problematiche analizzate, si indicheranno alcune delle soluzioni sperimentate dalla pratica giudiziaria o proposte dalla recente letteratura sul tema. Seguirà, infine, un ultimo capitolo contenente le osservazioni conclusive sugli esiti del lavoro.
Resumo:
Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.
Resumo:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
Il pensiero politico internazionale di Montesquieu: tra la geopolitica e le relazioni internazionali
Resumo:
La tesi ha mostrato come il pensiero politico di Montesquieu possa costituire un utile riferimento teorico per affrontare il problema della ricontestualizzazione dello studio delle relazioni internazionali. La prima parte del lavoro evidenzia alcuni aspetti del metodo di ricerca e del pensiero politico di Montesquieu. Nel primo capitolo, è stato identificato un metodo di ricerca ed un approccio sociologico nello studio della politica, che rappresenta un precedente rispetto alla fondazione di una scienza politica che si propone di identificare nessi causali tra i fenomeni politici. In particolare, si deve riconoscere a Montesquieu il merito di aver introdotto un tipo di analisi della politica che consideri l’interazione di più fattori tra loro. La complessità del reale può essere spiegata soltanto identificando i rapporti che si formano tra gli elementi della realtà. Quindi è possibile porre dei principi in grado di produrre un ordine conoscibile ed interpretabile di tutti questi elementi. Nel secondo capitolo è stata presentata un’analisi delle tipologie delle forme di governo e del concetto di libertà politica. Questo capitolo ha evidenziato solo alcuni aspetti del pensiero politico di Montesquieu utili alla comprensione del pensiero politico internazionale. In particolare, è stata analizzata la struttura e il ressort di ogni forma di governo sottolineando gli aspetti di corruzione e i relativi processi di mutamento. La seconda parte del lavoro ha affrontato l’analisi di un pensiero politico internazionale ed ha evidenziato la rilevanza di una riflessione geopolitica. Nel terzo capitolo abbiamo mostrato l’emersione di una riflessione su alcuni argomenti di relazioni internazionali, quali il problema della guerra e della pace, il diritto internazionale e l’interdipendenza economica, legandoli alle forme di governo. Quindi sono stati identificati ed analizzati tre modelli di sistema internazionale sottolineando in particolare il nesso con il concetto di società internazionale. Tra questi modelli di sistema internazionale, quello che presenta le caratteristiche più singolari, è certamente il sistema della federazione di repubbliche. Infine, nell’ultimo capitolo, abbiamo evidenziato l’importanza della rappresentazione spaziale del mondo di Montesquieu e l’uso di categorie concettuali e metodi di analisi della geopolitica. In particolare, è stata rilevata l’importanza dell’aspetto dimensionale per la comprensione delle dinamiche di ascesa e declino delle forme di Stato e delle forme di governo. Si è mostrato come non sia possibile ascrivere il pensiero di Montesquieu nella categoria del determinismo geografico o climatico. Al contrario, abbiamo evidenziato come tale pensiero possa essere considerato un precedente di una corrente di pensiero della geopolitica francese definita “possibilismo”. Secondo questa teoria i fattori ambientali, più che esercitare un’azione diretta sul comportamento dell’uomo, agiscono selezionando il campo delle scelte possibili.
Resumo:
Il presente lavoro di ricerca si inserisce all’interno degli ambiti di interesse del settore disciplinare dell’ICAR 10 – Architettura Tecnica, rappresentato dalla Storia della costruzione. In questo quadro, lo studio sulla Costruzione Moderna a Bologna tra il 1920 e il 1940, costituisce un tassello di una ricerca più ampia ed intesa a delineare l’importanza assunta dalla vicenda bolognese nel definire il profilo teorico ed applicativo della tecnica in cemento armato nella genesi del linguaggio architettonico che connota l’esperienza del Modernismo italiano degli anni trenta. La ricaduta più diretta della ricerca è rintracciabile nella creazione di una base informativa ipertestuale strutturata secondo diversi livelli di lettura tra loro correlati: la localizzazione, i progettisti e le imprese costruttrici, l’anno di realizzazione, la tipologia, le tecniche costruttive impiegate, la storia dell’edificio, le trasformazioni, la localizzazione della documentazione e le fonti bibliografiche, con collegamenti ipertestuali che consentono di consultare il materiale documentario. Gli esiti di tale studio hanno una duplice finalità: da un lato tale lavoro restituisce una mappatura analitica del patrimonio edilizio costruito nel ventennio analizzato, consentendo una registrazione sintetica ma puntuale delle fonti archivistiche e dei relativi apparati documentali. Un lavoro di supporto indispensabile per ogni futura ricerca intesa ad indagare le singole vicende che hanno accompagnato lo sviluppo edilizio della città di Bologna. In seconda istanza questo studio consente di porre in luce l’importanza assunta dai magisteri tecnici nel definire le scelte di ordine architettonico, ovvero di evidenziare come la conoscenza della storia materiale degli edifici induca a formulare una valutazione più appropriata e stringente sugli esiti architettonici conseguiti, superando così l’astrattezza di una interpretazione votata ai soli aspetti figurativi.
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La Muay Thai, comunemente detta “Boxe Thailandese” è un'arte marziale che rientra nella classificazione delle attività intermittenti con entrambi i sistemi energetici reclutati, aerobico e anaerobico, è inoltre caratterizzata dal fatto che il combattimento alla distanza si alterna alla lotta, denominata “clinch”. Nonostante la popolarità della Muay Thai, in ambito mondiale, stia progressivamente aumentando così come è in aumento il numero di atleti che la praticano, le ricerche incentrate su questa arte marziale e gli studi relativi agli aggiustamenti cardiometabolici nonché alle modalità temporali con cui gli specifici gesti atletici si possono succedere nel tempo durante un match, sono ancora estremamente esigui. L’oggetto del nostro studio è stato l’analisi della struttura temporale del combattimento, tramite la Match Analysis off line (analisi visiva del combattimento), con comparazione dei dati ottenuti tra il vincitore (winner) e il perdente (loser) e la valutazione dell’andamento di alcuni importanti parametri metabolici attraverso la misurazione del lattato e della HR, durante un incontro reale di Boxe Thailandese. La sperimentazione è stata condotta su un gruppo di dieci soggetti di sesso maschile, praticanti la disciplina ad un alto livello nazionale, la cui media ± deviazione standard (DS), di età, peso e altezza è di 24,6 ±4,01 anni, 69,4 ±7 kg e 174,1 ±4,3 cm. Gli atleti sono stati sottoposti, in due diverse giornate separate da almeno tre giorni, a due test; durante una prima seduta sperimentale preliminare abbiamo determinato il massimo consumo di ossigeno (VO2max) nel corso di un test sul nastro trasportare, con concomitante stima della Soglia anaerobica (SA) e misura della massima frequenza cardiaca (HR max). In una seconda seduta sperimentale abbiamo effettuato i test di combattimento in palestra e infine abbiamo analizzato i video degli incontri attraverso la Match Analysis. Dai risultati della Match - Analysis è scaturito che i vincitori hanno eseguito un numero più elevato di azioni efficaci (p < 0,05) rispetto ai non-vincitori, grazie ad un numero maggiore di combinazioni (C ) e di attacchi singoli (A) e un numero minore di difese (D) e di tecniche inefficaci. È così emerso come il livello delle realizzazioni sia quasi esclusivamente dovuto all’efficacia della tecnica e alla tattica delle azioni. Abbiamo quindi focalizzato la nostra attenzione sul clinch e sulle azioni di attacco perché si ipotizzava che potessero essere attività dispendiose e probabilmente responsabili dell’incremento di lattato durante il combattimento, dall’ analisi dei dati però non è stata riscontrata nessuna significativa correlazione tra l’andamento dei dati metabolici e le fasi di attacco e di lotta. Dai nostri risultati emerge in maniera interessante come durante le fasi attive del combattimento si siano raggiunti alti valori di lattato ematico e di frequenza cardiaca, rispettivamente di 12,55 mmol/L e di 182,68 b/min, ben oltre la SA rilevata nel test incrementale dove la HR si posizionava a 168,2 b/min. In conclusione si evidenzia come la Boxe Thailandese sia una disciplina caratterizzata da un considerevole impegno energetico-metabolico, sia aerobico che anaerobico. La predominanza del metabolismo lattacido è dimostrata dagli elevati valori di lattato osservati nel presente studio e dalla frequenza degli attacchi (8,6 ± 3,5 sec.). Questo studio potrà essere utilizzato dagli allenatori per la predisposizione di allenamenti specifici che inducano gli adattamenti propri della Muay Thai.
Resumo:
A fronte della frammentarietà e della confusione semantica della città contemporanea, la ricerca sui ‘Luoghi di identità e spazi del sacro nella città europea contemporanea’ ha inteso affrontare il tema della morfologia urbana in termini di significato. La focalizzazione sui temi dell’identità e del sacro nella città odierna è stata intesa quale modalità per tentare di andare alla radice dell’irrisolto problema di mancanza di senso che affligge la compagine urbana contemporanea e per cercare di individuare le cause e, quindi, le possibili azioni necessarie a riportare il costruito nell’ambito della relazione significante. Il campo di indagine è quello delle aree periferiche europee, ma la ricerca si muove da considerazioni di ordine generale relativamente alle reti di relazioni che l’essere umano instaura con il mondo circostante. Il lavoro sviluppa un primo inquadramento del tema di carattere generale, con un riferimento sistematico alla letteratura scientifica, individuando attraverso un sintetico excursus storico, i principi fondamentali della costruzione dell’immagine spaziale e del suo evolversi nel tempo. Su questa base i tre concetti di ‘centralità’, ‘identità’ e ‘sacro’, sono intesi come i cardini del discorso circa gli ambiti di significato e, sulla base di studi di alcune esperienze europee ritenute particolarmente esemplificative, la trattazione di questi tre temi arriva a proporre alcune considerazioni in merito alle caratteristiche che il contesto urbano deve avere per manifestarsi come luogo di costruzione di una identità personale e comunitaria. Nella consapevolezza che l’ampiezza dei temi considerati non ne consente una trattazione esaustiva, le considerazioni fatte sono da intendersi quali spunti di riflessione a riguardo dei metodi e delle modalità di relazione che sono ritenute necessarie per la costruzione di spazi di riferimento orientativo, identitario e socializzante.
Resumo:
Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.
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L’evoluzione dei sensori multispettrali e la prospettiva di sviluppo dei sensori iperspettrali nel campo del telerilevamento ottico offrono nuovi strumenti per l’indagine del territorio e rinnovano la necessità di ridefinire potenzialità, limiti e accuratezza delle metodologie tradizionali. Nel caso delle immagini iperspettrali, in particolare, l’elevatissima risoluzione spettrale apre nuove possibilità di sviluppo di modelli fisicamente basati per correlare grandezze radiometriche con indicatori fisico-chimici caratteristici delle superfici osservate, a prezzo però di maggiori oneri nella gestione del dato. Il presente lavoro mira appunto ad esaminare, per alcune applicazioni di carattere ambientale e attraverso casi di studio specifici, le criticità del problema del rilevamento da remoto nel suo complesso: dai problemi di correzione radiometrica delle immagini, all'acquisizione di dati di calibrazione sul campo, infine all'estrazione delle informazioni di interesse dal dato telerilevato. A tal fine sono stati sperimentati diversi modelli di trasferimento radiativo ed è stata sviluppata un’interfaccia per la gestione del modello 6SV. Per quest’ultimo sono state inoltre sviluppate routine specifiche per il supporto dei sensori Hyperion e World View 2. La ricerca svolta intende quindi offrire un contributo alla definizione di procedure operative ripetibili, per alcune applicazioni intimamente connesse all’indagine conoscitiva ed al monitoraggio dei processi in atto sul territorio. Nello specifico, si è scelto il caso di studio dell’oasi del Fayyum, in Egitto, per valutare il contenuto informativo delle immagini satellitari sotto tre diversi profili, soltanto in apparenza distinti: la classificazione della litologia superficiale, la valutazione dello stato di qualità delle acque ed il monitoraggio delle opere di bonifica. Trattandosi di un’oasi, le aree coltivate del Fayyum sono circondate dai suoli aridi del deserto libico. La mancanza di copertura vegetale rappresenta una condizione privilegiata per l’osservazione della litologia superficiale da remoto, auspicabile anche per la scarsa accessibilità di alcune aree. Il fabbisogno idrico dell’oasi è garantito dall’apporto di acque del fiume Nilo attraverso una rete di irrigazione che ha, come recettore finale, il lago Qarun, situato nella porzione più depressa dell’oasi. Questo lago, privo di emissari, soffre enormi problemi di salinizzazione, visto il clima iper-arido in cui si trova, e di inquinamento da fertilizzanti agricoli. Il problema della sostenibilità ambientale dello sfruttamento agricolo intensivo dell’oasi è un problema di deterioramento della qualità dell’acqua e della qualità dei suoli. È un problema che richiede una adeguata conoscenza del contesto geologico in cui questi terreni sono inseriti ed una capacità di monitoraggio degli interventi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto; entrambe conoscenze necessarie alla definizione di un piano di sviluppo economico sostenibile. Con l’intento di contribuire ad una valutazione delle effettive potenzialità del telerilevamento come strumento di informazione territoriale, sono state sperimentate tecniche di classificazione di immagini multispettrali ASTER ed iperspettrali Hyperion di archivio per discriminare la litologia superficiale sulle aree adiacenti al lago Qarun nell’oasi del Fayyum. Le stesse immagini Hyperion di archivio più altre appositamente acquisite sono state utilizzate, assieme ad immagini multispettrali ALI, per la valutazione qualitativa e quantitativa di parametri di qualità delle acque, attraverso l’applicazione di modelli empirici di correlazione. Infine, per valutare l’ipotesi che il deterioramento della qualità delle acque possa essere correlato ai processi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto negli ultimi decenni, le immagini dell’archivio Landsat sono state utilizzate per analisi di change detection. Per quanto riguarda il problema della validazione dei risultati, si è fatto uso di alcuni dati di verità a terra acquisiti nel corso di un survey preliminare effettuato nell’Ottobre 2010. I campioni di roccia prelevati e le misure di conducibilità elettrica delle acque del lago, benché in numero estremamente limitato per la brevità della missione e le ovvie difficoltà logistiche, consentono alcune valutazioni preliminari sui prodotti ottenuti dalle elaborazioni. Sui campioni di roccia e sabbie sciolte, in particolare, sono state effettuate misure di riflettività in laboratorio ed analisi mineralogiche dettagliate. Per la valutazione della qualità delle acque, più precisamente delle concentrazioni di clorofilla, la metodologia utilizzata per il caso di studio egiziano è stata applicata anche sul tratto costiero adriatico antistante le foci dei fiumi Tronto e Salinello. In questo sito sono state effettuate misure in situ di conducibilità elettrica ed il prelievo di campioni di acqua per la determinazione in laboratorio delle concentrazioni di clorofilla. I risultati ottenuti hanno evidenziato le potenzialità offerte dall’informazione spettrale contenuta nelle immagini satellitari e consentono l’individuazione di alcune pratiche operative. D’altro canto hanno anche messo in luce le carenze dei modelli attualmente esistenti, nonché le criticità legate alla correzione atmosferica delle grandezze radiometriche rilevate.
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Oggigiorno le richieste di rilievi tridimensionali e di rappresentazioni 3D ad alta qualità i sono sempre più frequenti, e coinvolgono un numero sempre maggiore di discipline e ambiti applicativi, quali quello industriale, medico, archeologico, forense, museale, ecc., con ulteriori prospettive di allargamento per quanto riguarda la natura ed il numero delle realizzazioni. Il lavoro di ricerca svolto, di natura prevalentemente applicata, vuole andare ad investigare un settore, quello degli oggetti di medie, medio-piccole e soprattutto piccole dimensioni, che, a parere dell’autore, non è stato ancora investigato a fondo;di questo d’altra parte dà riscontro il numero relativamente limitato di lavori presenti in letteratura su questo tema. Sebbene la metodologia di lavoro non sia concettualmente diversa da quella che si adotta comunemente in ambito close range, le problematiche che sono state incontrate nel corso dei diversi casi di studio analizzati nel periodo di dottorato hanno evidenziato la necessità di soluzioni tecniche e metodologiche specifiche, anche in funzione dei requisiti di precisione che competono ad oggetti di piccole dimensioni. Nel corso degli anni, si è visto un allargamento della base di utenti che trovano nel prodotto 3D un importante strumento di lavoro; si pensi alla cinematografia, alla computer grafica, alle simulazioni virtuali a partire da modelli 3D realistici, ecc. Questo trend sembra, al giorno d’oggi, non trovare ancora una battuta d’arresto. Considerando il settore dei Beni Culturali, per esempio, si tratta di un campo di applicazione delle tecniche geomatiche abbastanza ristretto e sostanzialmente nuovo, in quanto le problematiche di documentazione e visualizzazione di beni mobili ed immobili sono in genere indirizzate prevalentemente ad oggetti a scala di edificio, porzione di edificio o elementi quali bassorilievi e statue, comunque con un ordine di grandezza che va da qualche metro alla decina di metri. Qualora, come detto in precedenza, si volesse aumentare ulteriormente la scala di indagine e di rappresentazione, devono essere adottate delle tecniche di rilievo che possano fornire un'adeguata precisione, con strumenti e tecnologie che possano adattarsi alle diverse configurazioni e caratteristiche geometriche. Nella tesi viene dunque affrontata la problematica del rilievo e della modellazione tridimensionale, con alto livello di dettaglio, di oggetti di dimensioni che variano da qualche decina a pochi centimetri; una situazione di questo tipo può aversi in svariati ambiti, che vanno da quello industriale e del design a quello biologico e medico, dall’archeologia ed alla musealizzazione virtuale alle indagini forensi, ecc. Concentrando l’analisi al campo dei Beni Culturali, oggi oggetto di importanti ricerche applicative che trovano impulso anche dallo sviluppo delle nuove tecnologie, sono molto numerose e varie le occasioni in cui operare con oggetti di altissimo valore e dimensioni molto ridotte: un esempio immediato è quello fornito dal rilievo di reperti archeologici, ma nell’ambito del restauro, dell’analisi dei materiali, delle indagini non distruttive, le potenzialità sono di grandissimo interesse.. Comunemente, fino a poco tempo fa, e soprattutto in ambito museale, la documentazione geometrica di un bene culturale mobile di piccole dimensioni si è limitata ad una rappresentazione fotografica, riportante magari elementi metrici minimali, come un righello posto di fianco all’oggetto, in grado di fornire una scala di lettura. Ciò che si è in genere tenuto in scarsa considerazione, ma in grado invece di dare al contenuto informativo quel qualcosa in più rispetto alla semplice fotografia, è l’adozione di metodologie per un rilievo rigoroso e metrico, metodologie che possono essere di grandissimo interesse non solo a fini di studio e divulgazione dell’oggetto (si pensi alla problematica della virtualizzazione della fruizione di beni museali) ma anche per scopi diversi quali la duplicazione e riproduzione di copie dell’oggetto (a scala identica al vero o a scala diversa). Di frequente infatti ci si trova di fronte a problematiche legate alla salvaguardia e conservazione dell’oggetto, in termini di accesso e visione da parte del pubblico, di mantenimento in particolari condizioni microclimatiche, di difficoltà di manipolazione a fini di studio e misura, ecc. Nella tesi sono state prese in considerazione le due tecniche geomatiche che si prestano a soddisfare nel miglior modo possibile i requisiti di correttezza metrica e radiometrica che un rilievo ad elevata precisione richiede. Tali tecniche, rappresentate dalla fotogrammetria digitale con ottiche Macro e dal laser a scansione, in particolare del tipo a triangolazione, sono state sperimentate sul campo , in modo da poter valutarne le potenzialità, non solo alla luce dei risultati finali ottenuti, ma anche considerando i problemi al contorno che esse comportano. Nel corso di numerose sperimentazioni in laboratorio e sul campo sono stati analizzati problemi quali la calibrazione di obiettivi macro e la realizzazione di reticoli speciali atti allo scopo, la qualità dei DSM di origine laser e fotogrammetrica, l’estrazione di caratteristiche morfologiche di microrilievo, le conseguenze della compressione dei dati immagine, la calibrazione radiometrica ed il filtraggio delle immagini digitali, l’allineamento di nuvole di punti con algoritmi ICP.
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Parallel mechanisms show desirable characteristics such as a large payload to robot weight ratio, considerable stiffness, low inertia and high dynamic performances. In particular, parallel manipulators with fewer than six degrees of freedom have recently attracted researchers’ attention, as their employ may prove valuable in those applications in which a higher mobility is uncalled-for. The attention of this dissertation is focused on translational parallel manipulators (TPMs), that is on parallel manipulators whose output link (platform) is provided with a pure translational motion with respect to the frame. The first part deals with the general problem of the topological synthesis and classification of TPMs, that is it identifies the architectures that TPM legs must possess for the platform to be able to freely translate in space without altering its orientation. The second part studies both constraint and direct singularities of TPMs. In particular, special families of fully-isotropic mechanisms are identified. Such manipulators exhibit outstanding properties, as they are free from singularities and show a constant orthogonal Jacobian matrix throughout their workspace. As a consequence, both the direct and the inverse position problems are linear and the kinematic analysis proves straightforward.
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Oggetto dell’elaborato è il vaglio di ammissibilità dei ricorsi in materia civile avanti alla Corte di cassazione francese. Il primo dei tre capitoli ha ad oggetto alcuni aspetti storici ed ordinamentali ritenuti essenziali per una migliore comprensione del giudizio civile di cassation: dalle origini storiche della Corte di cassazione, alle funzioni attualmente attribuite alla Cour de cassation, sino alla presentazione dei membri che la compongono e delle differenti formazioni, non solo giudicanti, nelle quali può riunirsi; in tale capitolo trova, altresì, spazio una rassegna delle riforme che si sono susseguite negli ultimi decenni, volte, in maniera più o meno diretta, a contrastare il sovraccarico di ricorsi che affliggeva la S.C. francese ed a rafforzarne la funzione nomofilattica. Il secondo capitolo è interamente dedicato all’analisi della disciplina del processo civile avanti alla Cour de cassation. Dopo aver affrontato la questione della classificazione del mezzo di impugnazione, vengono illustrati i caratteri tradizionalmente attribuiti al pourvoi en cassation (assenza di effetto devolutivo e di effetto sospensivo), nonché la c.d. ouverture del ricorso, ossia le condizioni di ammissibilità dello stesso; sono, infine, descritti le fasi in cui si svolge il giudizio e l’esito del procedimento. L’attenzione si rivolge, nel terzo capitolo, a quel peculiare momento del giudizio rappresentato dal vaglio preliminare di ammissibilità del ricorso. Dopo un breve excursus storico, la tesi si sofferma sulla disciplina odierna, trattando, in particolare, i criteri offerti alle formazioni ridotte per la valutazione di ammissibilità del pourvoi; le peculiarità del procedimento volto alla dichiarazione di non-admission del ricorso; la natura, il contenuto e gli effetti della decisione della formation restreinte. Particolare attenzione è prestata, in tale capitolo, alle prassi applicative che integrano la scarna disciplina dell’istituto ed alla compatibilità del vaglio preliminare con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
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Il medulloblastoma (MB) è il tumore più comune del sistema nervoso centrale. Attualmente si riesce a curare solo il 50-60% dei pazienti che tuttavia presentano gravi effetti collaterali dovuti alle cure molto aggressive. Una recente classificazione molecolare ha ridistribuito le varianti più comuni di MB in quattro distinti gruppi. In particolare, il gruppo SHH e D sono caratterizzati da un’ alta espressione di MYCN ed associati a prognosi sfavorevole. MYCN è coinvolto nella regolazione della proliferazione cellulare, differenziazione, apoptosi, angiogenesi e metastasi. L’obiettivo di questo lavoro è la valutazione dell’attività antitumorale di oligonucleotidi diretti contro MYCN, sia in vitro su diverse linee cellulari di MB che in vivo in modelli murini xenograft ortotopici di MB. I risultati hanno dimostrato un’ottima inibizione della crescita in linee cellulari di MB, accompagnata da una riduzione della trascrizione genica e dei livelli proteici di MYCN. Inoltre, sono stati confermati tramite RT-PCR alcuni dei geni trovati significativamente variati nell’esperimento di microarray , dopo il trattamento. Molto interessanti sono stati geni quali BIRC5, che risulta down regolato mentre il gene p21 risulta up regolato in tutte le linee cellulari di MB utilizzate. Inoltre, sono stati generati modelli murini di MB utilizzando cellule precedentemente trasfettate per esprimere il gene della luciferasi e valutarne così la crescita tumorale tramite imaging bioluminescente in vivo (BLI), al fine di poter testare l’attività antitumorale data dagli oligonucleotidi. I risultati hanno dimostrato una buona risposta al trattamento come rilevato dalla tecnica di BLI. I dati preliminari prodotti, dimostrano che MYCN potrebbe esser un buon target per la terapia del MB nei casi in cui è overespresso. In particolare, una sua inibizione potrebbe presentare effetti indesiderati moderati in quanto è poco espresso dopo la nascita.
Resumo:
Il lavoro di ricerca prende le mosse da una premessa di ordine economico. Il fenomeno delle reti di impresa, infatti, nasce dalla realtà economica dei mercati. In tale contesto non può prescindere dal delineare un quadro della situazione- anche di crisi- congiunturale che ha visto coinvolte specialmente le imprese italiane. In tale prospettiva, si è reso necessario indagare il fenomeno della globalizzazione, con riferimento alle sue origini,caratteristiche e conseguenze. Ci si sofferma poi sulla ricostruzione dogmatica del fenomeno. Si parte dalla ricostruzione dello stesso in termini di contratto plurilaterale- sia esso con comunione di scopo oppure plurilaterale di scambio- per criticare tale impostazione, non del tutto soddisfacente, in quanto ritenuto remissiva di fronte alla attuale vis espansiva del contratto plurilaterale. Più convincente appare lo schema del collegamento contrattuale, che ha il pregio di preservare l’autonomia e l’indipendenza degli imprenditori aderenti, pur inseriti nel contesto di un’operazione economica unitaria, volta a perseguire uno scopo comune, l’“interesse di rete”, considerato meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex art. 1322 2.co. c.c. In effetti il contratto ben si presta a disegnare modelli di rete sia con distribuzione simmetrica del potere decisionale, sia con distribuzione asimmetrica, vale a dire con un elevato livello di gerarchia interna. Non può d’altra parte non ravvisarsi un’affinità con le ipotesi di collegamento contrattuale in fase di produzione, consistente nel delegare ad un terzo parte della produzione, e nella fase distributiva, per cui la distribuzione avviene attraverso reti di contratti. Si affronta la materia della responsabilità della rete, impostando il problema sotto due profili: la responsabilità interna ed esterna. La prima viene risolta sulla base dell’affidamento reciproco maturato da ogni imprenditore. La seconda viene distinta in responsabilità extracontrattuale, ricondotta nella fattispecie all’art. 2050 c.c., e contrattuale.