468 resultados para Progetto, spazio pubblico. Tesi curricolare
Resumo:
In quest’ultimi decenni si è assistito ad un notevole miglioramento nella terapia delle Leucemie Acute (LA) pediatriche, nonostante tutto si assiste oggi ad una fase di plateau della curva di sopravvivenza e le leucemie continuano a costituire la principale causa di morte pediatrica per malattia. Ulteriori progressi nel trattamento delle LA potrebbero essere ottenuti mediante studi di farmacogenomica che, identificando le componenti genetiche associate alla risposta individuale ai trattamenti farmacologici, consentono il disegno di terapie personalizzate e tumore-specifiche, ad alta efficacia e bassa tossicità per ciascun paziente. Il lavoro svolto è stato, dunque, finalizzato allo studio della farmacogenomica del farmaco antitumorale Clofarabina (CLO) nel trattamento delle LA pediatriche al fine di identificare marcatori genetici predittivi di risposta delle cellule leucemiche al farmaco, delucidare i meccanismi di resistenza cellulare ed individuare nuovi bersagli verso cui indirizzare terapie più mirate ed efficaci. L’analisi in vitro della sensibilità alla CLO di blasti provenienti da pazienti pediatrici affetti da Leucemia Acuta Linfoblastica (LAL) e Mieloide (LAM) ha consentito l’identificazione di due sottopopolazioni di cellule LAL ad immunofenotipo T a diversa sensibilità alla CLO. Mediante DNA-microarrays, si è identificata la “signature” genetica specificamente associata alla diversa risposta delle cellule LAL-T al farmaco. Successivamente, la caratterizzazione funzionale dei geni differenziali e l’analisi dei pathways hanno consentito l’identificazione specifica di potenziali biomarcatori di risposta terapeutica aprendo nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi di resistenza cellulare alla CLO e suggerendo un nuovo bersaglio terapeutico per le forme LAL-T a bassa sensibilità al farmaco. In conclusione, nel lavoro svolto si sono identificati set di geni e pathways di rilievo biologico per la risposta delle cellule LAL-T alla CLO suggerendo marcatori genetici in grado di identificare i soggetti eleggibili per il trattamento o verso cui disegnare terapie innovative. Il lavoro è paradigma per l’applicazione della farmacogenomica in altre neoplasie.
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In un quadro internazionale di forte interesse verso uno sviluppo sostenibile e sfide energetiche per il futuro, il DIEM, in collaborazione con altri istituti di ricerca ed imprese private, sta progettando l’integrazione di componentistica avanzata su di una caldaia alimentata a biomasse. Lo scopo finale è quello di realizzare una caldaia a biomasse che produca energia in maniera più efficiente e con un impatto ambientale ridotto. L’applicazione è indirizzata inizialmente verso caldaie di piccola-media taglia (fino a 350 kW termici) vista la larga diffusione di questa tipologia di impianto. La componentistica in oggetto è: - filtro sperimentale ad alta efficienza per la rimozione del particolato; - celle a effetto Seebeck per la produzione di energia elettrica direttamente da energia termica senza parti meccaniche in movimento; - pompa Ogden per la produzione di energia meccanica direttamente da energia termica; La finalità dell’attività di ricerca è la progettazione dell’integrazione dei suddetti dispositivi con una caldaia a biomassa da 290 kW termici per la realizzazione di un prototipo di caldaia stand-alone ad impatto ambientale ridotto: in particolare, la caldaia è in grado, una volta raggiunte le condizioni di regime, di autoalimentare le proprie utenze elettriche, garantendo il funzionamento in sicurezza in caso di black-out o consentendo l’installazione della caldaia medesima in zone remote e prive di allaccio alla rete elettrica. Inoltre, la caldaia può fornire, tramite l'utilizzo di una pompa a vapore o pompa Ogden, energia meccanica per il pompaggio di fluidi: tale opportunità si ritiene particolarmente interessante per l'integrazione della caldaia nel caso di installazione in ambito agricolo. Infine, l'abbinamento di un filtro ad alta efficienza e basso costo consente l'abbattimento delle emissioni inquinanti, favorendo una maggiore diffusione della tecnologia senza ulteriori impatti sull'ambiente.
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L’anticoagulazione regionale con citrato (RCA) è una valida opzione in pazienti ad alto rischio emorragico. Lo scopo del nostro studio è stato di valutare, in pazienti critici sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta post-cardiochirurgica, efficacia e sicurezza di un protocollo di RCA in CVVH con l’impiego di una soluzione di citrato a bassa concentrazione (12mmol/L). Metodi: L’RCA-CVVH è stata adottata come alternativa all’eparina o alla CRRT senza anticoagulante (no-AC). Criteri per lo switch verso l’RCA: coagulazione dei circuiti entro 24h o complicanze legate all’eparina. Per facilitare l’impostazione dei parametri CVVH, abbiamo sviluppato un modello matematico per stimare il carico metabolico di citrato e la perdita di calcio. Risultati: In 36 mesi, sono stati sottoposti a RCA-CVVH 30 pazienti. La durata dei circuiti con RCA (50.5 ± 35.8 h, mediana 41, 146 circuiti) è risultata significativamente maggiore (p<0.0001) rispetto all’eparina (29.2±22.7 h, mediana 22, 69 circuiti) o alla no-AC CRRT (24.7±20.6 h, mediana 20, 74 circuiti). Il numero di circuiti funzionanti a 24, 48, 72 h è risultato maggiore durante RCA (p<0.0001). I target di Ca++ sistemico e del circuito sono stati facilmente mantenuti (1.18±0.13 e 0.37±0.09 mmol/L). Durante l’RCA-CVVH nessun paziente ha avuto complicanze emorragiche e il fabbisogno trasfusionale si è ridotto rispetto alle altre modalità (0.29 vs 0.69 unità/die, p<0.05). Le piastrine (p=0.012) e l’AT-III (p=0.004) sono aumentate durante RCA riducendo la necessità di supplementazione. L’RCA è stata interrotta per accumulo di citrato in un solo paziente (calcemia totale/s-Ca++ >2.5). Conclusioni: L’RCA ha consentito di prolungare la durata dei circuiti riducendo il fabbisogno trasfusionale e la necessità di supplementazione di AT-III e piastrine. L’utilizzo di un modello matematico ha facilitato l’impostazione dei parametri CVVH. L’RCA appare meritevole di maggiore considerazione come metodica di anticoagulazione di prima scelta in pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a CRRT.
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Background: Lymphangioleiomyomatosis (LAM), a rare progressive disease, is characterized by the proliferation of abnormal smooth muscle cells (LAM cells) in the lung, which leads to cystic parenchymal destruction and progressive respiratory failure. Estrogen receptors are present in LAM cells. LAM affects almost exclusively women of childbearing age. These findings, along with reports of disease progression during pregnancy or treatment with exogenous estrogens, have led to the assumption that hormonal factors play an important role in the pathogenesis of LAM. So, various therapies aim at preventing estrogen receptors (ER) by lowering circulating estrogen levels, by trying to block ER activity, or by attempting to lower ER expression in LAM. Prior experience have yielded conflicting results. Objective: The goal of this study was to evaluate, retrospectively, the effect of estrogen suppression in 21 patients with LAM. Design: We evaluated hormonal assays, pulmonary function tests and gas-exchange at baseline and after 12, 24 and 36 months after initiating hormonal manipulation. Results: The mean yearly rates of decline in FEV1 and DLCO are lower than those observed in prior studies and just DLCO decline was statistically significant. We also found an improvement of mean value of FVC and PaO2. Conclusions: Estrogen suppression appears to prevent decline in lung function in LAM.
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Le caratteristiche istologiche, immunologiche e fisiologiche della cute in età pediatrica sono responsabili di quadri dermatologici differenti nel bambino rispetto all’adulto, per cui la dermatologia pediatrica sta acquisendo sempre maggiore importanza come branca specifica nell’ambito sia della dermatologia generale che della pediatria. Il problema cruciale che si incontra nel management delle dermatosi pediatriche è legato alle difficoltà diagnostiche incontrate, che comportano spesso la necessità di eseguire una biopsia cutanea. Mentre gli studi epidemiologici relativi alla frequenza delle patologie dermatologiche pediatriche siano ampiamente riportati in letteratura, i dati e le revisioni relative alla chirurgia pediatrica dermatologica, nell’ambito dei servizi di Dermatologia Pediatrica, sono ridotti. Nell’arco dei tre anni di dottorato, la mia attività è stata finalizzata a valutare la possibilità di organizzare un servizio ambulatoriale per i prelievi bioptici in età pediatrica, con il solo ausilio di anestetici topici e locali. Durante i tre anni di Dottorato di Ricerca sono stati eseguiti 296 prelievi. Le biopsie eseguite sono state suddivise in 3 gruppi: biopsie diagnostiche su patologie dermatologiche (108 pz, 36%), biopsie su neoformazioni cutanee (174 pz, 59 %) e biopsie su lesioni follicolari ( 14 pz, 5%). Di ciascun gruppo sono state valutate le patologie riscontrate, l’età, il sesso, l’impiego di anestetico topico associato ad anestetico locale. In 180 (61%) pazienti dopo la biopsia si è proceduto all’applicazione di punti di sutura. Si sono valutati inoltre i vantaggi e gli svantaggi di tale attività ambulatoriale rispetto ai prelievi eseguiti avvalendosi di una sedazione profonda.
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Introduction. Microembolization during the carotid artery revascularization procedure may cause cerebral lesions. Elevated C-Reactive Protein (hsCRP), Vascular endothelial growth factor (VEGF) and serum amyloid A protein (SAA) exert inflammatory activities thus promoting carotid plaque instability. Neuron specific enolase (NSE) is considered a marker of cerebral injury. Neoangiogenesis represents a crucial step in atherosclerosis, since neovessels density correlates with plaque destabilization. However their clinical significance on the outcome of revascularization is unknown. This study aims to establish the correlation between palque vulnerabilty, embolization and histological or serological markers of inflammation and neoangiogenesis. Methods. Serum hsCRP, SAA, VEGF, NSE mRNA, PAPP-A mRNA levels were evaluated in patients with symptomatic carotid stenosis who underwent filter-protected CAS or CEA procedure. Cerebral embolization, presence of neurologicals symptoms, plaque neovascularization were evaluated testing imaging, serological and histological methods. Results were compared by Fisher’s, Student T test and Mann-Whitney U test. Results. Patients with hsCRP<5 mg/l, SAA<10mg/L and VEGF<500pg/ml had a mean PO of 21.5% versus 35.3% (p<0.05). In either group, embolic material captured by the filter was identified as atherosclerotic plaque fragments. Cerebral lesions increased significantly in all patients with hsCRP>5mg/l and SAA>10mg/l (16.5 vs 2.8 mean number, 3564.6 vs 417.6 mm3 mean volume). Discussion. High hsCRP, SAA and VEGF levels are associated with significantly greater embolization during CAS and to the vulnerabiliy of the plaque. This data suggest CAS might not be indicated as a method of revascularization in this specific group of patients.
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Lung ultrasound use is increasing in respiratory medicine thanks to its development in the latest years. Actually it allows to study diseases of the chest wall (traumas, infections, neoplasms), diaphragm (paralysis, ipokinesis), pleura (effusions, pneumothorax, thickenings, neoplasms) and lung parenchyma (consolidations, interstitial syndromes, peripheral lesions). One of the most useful application of chest ultrasound is the evaluation of effusions. However, no standardized approach for ultrasound-guided thoracenthesis is available. Our study showed that our usual ultrasonographic landmark (“V-point”) could be a standard site to perform thoracenthesis: in 45 thoracenthesis no pneumothorax occurred, drainage was always successful at first attempt. Values of maximum thickness at V-point and drained fluid volume showed a significative correlation. Proteins concentration of ultrasound patterns of effusions (anechoic, ipoechoic, moving echoic spots, dense moving spots, hyperechoic) were compared to those of the macroscopic features of fluids showing connection between light-yellow fluid and echoic moving spots pattern and between ipoechoic/dense moving spots and cloudy-yellow/serum-haematic fluids. These observations suggest that ultrasound could predict chemical-physical features of effusions. Lung ultrasound provides useful information about many disease of the lung, but actually there is not useful in obstructive bronchial diseases. Analysing diaphragmatic kinetics using M-mode through transhepatic scan we described a similarity between diaphragm excursion during an expiratory forced maneuver and the volume/time curve of spirometry. This allowed us to identify the M-mode Index of Obstruction (MIO), an ultrasound-analogue of FEV1/VC. We observed MIO values of normal subjects (9) and obstructed patients (9) comparing the two groups. FEV1/VC and MIO showed a significant correlation suggesting that MIO may be affected by airways obstruction; MIO values were significatively different between normal and obstructed so that it could identify an obstructive syndrome. The data show that it is possible to suspect the presence of obstructive syndrome of the airways using ultrasonography of the diaphragm.
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CD33 is a myeloid cell surface marker absent on normal hematopoietic stem cells and normal tissues but present on leukemic blasts in 90% of adult and paediatric acute myeloid leukaemia (AML) cases. By virtue of its expression pattern and its ability to be rapidly internalized after antibody binding, CD33 has become an attractive target for new immunotherapeutic approaches to treat AML. In this study two immunoconjugates were constructed to contain a humanised single-chain fragment variable antibody (scFv) against CD33 in order to create new antibody-derived therapeutics for AML. The first immunoconjugate was developed to provide targeted delivery of siRNAs as death effectors into leukemic cells. To this purpose, a CD33-specific scFv, modified to include a Cys residue at its C-terminal end (scFvCD33-Cys), was coupled through a disulphide bridge to a nona-d-arginine (9R) peptide carrying a free Cys to the N-terminal. The scFvCD33-9R was able to completely bind siRNAs at a protein to nucleic acid ratio of about 10:1, as confirmed by electrophoretic gel mobility-shift assay. The conjugate was unable to efficiently transduce cytotoxic siRNA (siTox) into the human myeloid cell line U937. We observed slight reductions in cell viability, with a reduction of 25% in comparison to the control group only at high concentration of siTox (300 nM). The second immunoconjugate was constructed by coupling the scFvCD33-Cys to the type 1 ribosome inactivating protein Dianthin 30 (DIA30) through a chemical linking The resulting immunotoxin scFvCD33-DIA30 caused the rapid arrest of protein synthesis, inducing apoptosis and leading ultimately to cell death. In vitro dose-dependent cytotoxicity assays demonstrated that scFvCD33-DIA30 was specifically toxic to CD33-positive cell U937. The concentration needed to reach 50 % of maximum killing efficiency (EC50) was approximately 0.3 nM. The pronounced antigen-restricted cytotoxicity of this novel agent makes it a candidate for further evaluation of its therapeutic potential.
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Come noto, il testosterone (T) gioca un ruolo importante in differenti funzioni fisiologiche. Il ruolo del T nelle donne è tuttavia largamente sconosciuto. Recenti studi riportano un ruolo del T nella modulazione della funzionalità sessuale femminile. SCOPO: Indagare gli effetti del T nelle donne, su parametri metabolici, ossei e composizione corporea e studiare gli effetti del T sulla proliferazione e innervazione della vagina. METODI: 16 soggetti FtM ovariectomizzati sono stati sottoposti a terapia con TU 1000 mg im + placebo o dutasteride. Alla settimana 0 e 54 sono stati valutati: parametri metabolici e composizione corporea. 16 campioni di tessuto vaginale ottenuti da soggetti FtM trattati con T, 16 donne PrM e 16 donne M sono stati analizzati. Sono stati valutati: morfologia, contenuto di glicogeno, espressione del Ki-67, recettori per estrogeni e androgeni ed innervazione. RISULTATI: La somministrazione di T in soggetti FtM determina aumento del colesterolo LDL e riduzione delle HDL. L’HOMA si riduce significativamente nel gruppo TU e tende ad aumentare nel gruppo TU+D. L’ematocrito aumenta. BMI, WHR e grasso tendono a ridursi, la massa magra ad aumentare. Non riportiamo cambiamenti del metabolismo osseo. Nel tessuto vaginale di FtM osserviamo perdita della normale architettura dell’epitelio. La somministrazione di T determina riduzione della proliferazione cellulare. I recettori per E e il PGP 9.5 sono significativamente ridotti nei FtM. La presenza di recettori per A è dimostrata nello stroma e nell’epitelio. L’espressione di AR si riduce con l’età e non cambia con la terapia con T nella mucosa, mentre aumenta nello stroma dopo somministrazione di T. CONCLUSIONI: Non riportiamo effetti avversi maggiori dopo somministrazione di T. La terapia con T determina ridotta proliferazione dell’epitelio vaginale. I recettori per AR sono presenti sia nello stroma che nell’epitelio. T aumenta l’espressione di AR nello stroma.
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La sindrome di Noonan (SN) è una patologia a trasmissione autosomica dominante caratterizzata da bassa statura, difetti cardiaci congeniti, dismorfia facciale. In letteratura sono stati pubblicati pochi case reports riguardanti le condizioni orali-facciali in pazienti affetti da SN. Obiettivo. Individuare patologie di pertinenza ortopedico-ortodontica caratteristiche della sindrome utilizzando un campione di pazienti con diagnosi di SN. Metodi. Un gruppo di 10 pazienti affetti da SN è stato sottoposto a esame obiettivo extraorale ed intraorale, ortopantomografia, teleradiografia latero-laterale, impronte delle arcate dentarie. Le misurazioni sulle TLL sono state effettuate sulla base dell'analisi MBT; i valori palatali provengono dai modelli di studio dell’arcata superiore. È stata utilizzato il test t-Student per mettere a confronto il gruppo di studio e il gruppo di controllo riguardo le misure cefalometriche e i valori palatali. Risultati. Nel gruppo di studio sono state rilevate anomalie di numero (un dente deciduo soprannumerario e una agenesia di un dente permanente). Il test t-Student rivela differenze statisticamente significative per 7 variabili cefalometriche su 13 e per 2 variabili palatali. Conclusioni. Basandosi su questo studio è possibile concludere che i pazienti con SN mostrano II classe scheletrica di tipo mandibolare, crescita iperdivergente, tendenza al morso aperto scheletrico, palatoversione degli incisivi superiori, palato stretto. Questi risultati possono fornire informazioni utili sia per la diagnosi di SN sia per la pianificazione del corretto trattamento ortodontico.
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Background. Intravenous steroids represent the mainstay of therapy for severe attacks of Ulcerative Colitis (UC). In steroid refractory patients, both iv cyclosporine (CsA) and infliximab (IFX) are valid rescue therapies. Several studies have shown that oral microemulsion CsA (Neoral) is equivalent to iv CsA in term of safety and efficacy in UC patients. Aim. To investigate the efficacy and safety of oral microemulsion CsA vs IFX in patients with severe attack of UC, refractory to iv steroids. Material and methods. From May 2006, all consecutive pts admitted for severe UC were considered eligible. Pts were treated with iv steroid, according to the Oxford regime. After 1 week of intensive treatment, pts non responder to the therapy and not candidate to the surgery, were asked to participate to the trial. They were randomised to receive IFX 5 mg/kg or oral CsA 5 mg/kg. Results. A total of 30 patients were randomised, 17 in the IFX group and 13 in the CsA group. One month after study inclusion, 9 patients of the IFX group (53%) and 7 pts of the CsA group (54%) were in clinical remission (p=0.96), with a Powell-Tuck index ≤ 3. At the end of the follow-up, 7 pts in the IFX group (41%) vs 4 in the CsA group (31%) (p=0.35) underwent colectomy. The total cost of the IFX therapy with IFX was 8.052,84 € versus 1.106,82 €, for each patient. Conclusions. Oral microemulsion CsA and IFX seem to be equivalent in term of efficacy and safety in severe UC patients refractory to iv steroids. In patients treated with IFX the cost of therapy were significantly higher.
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Hepatitis B x protein (HBx) is a non structural, multifunctional protein of hepatitis B virus (HBV) that modulates a variety of host processes.Due to its transcriptional activity,able to alter the expression of growth-control genes,it has been implicated in hepatocarcinogenesis.Increased expression of HBx has been reported on the liver tissue samples of hepatocellular carcinoma (HCC),and a specific anti-HBx immune response can be detected in the peripheral blood of patients with chronic HBV.However,its role and entity has not been yet clarified.Thus,we performed a cross-sectional analysis of anti-HBx specific T cell response in HBV-infected patients in different stage of disease.A total of 70 HBV-infected subjects were evaluated:15 affected by chronic hepatitis (CH-median age 45 yrs),14 by cirrhosis (median age 55 yrs),11 with dysplastic nodules (median age 64 yrs),15 with HCC (median age 60 yrs),15 with IC(median age 53 yrs).All patients were infected by virus genotype D with different levels of HBV viremia and most of them (91%) were HBeAb positive.The HBx-specific T cell response was evaluated by anti-Interferon (IFN)-gamma Elispot assay after in vitro stimulation of peripheral blood mononuclear cells,using 20 overlapping synthetic peptides covering all HBx protein sequence.HBx-specific IFN-gamma-secreting T cells were found in 6 out of 15 patients with chronic hepatitis (40%), 3 out of 14 cirrhosis (21%), in 5 out of 11 cirrhosis with macronodules (54%), and in 10 out of 15 HCC patients (67%). The number of responding patients resulted significantly higher in HCC than IC (p=0.02) and cirrhosis (p=0.02). Central specific region of the protein x was preferentially recognize,between 86-88 peptides. HBx response does not correlate with clinical feature disease(AFP,MELD).The HBx specific T-cell response seems to increase accordingly to progression of the disease, being increased in subjects with dysplastic or neoplastic lesions and can represent an additional tool to monitor the patients at high risk to develop HCC
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I linfomi primitivi cutanei riconosciuti nella classificazione della WHO/EORTC si presentano come “entità cliniche distinte” su base clinica, morfologica, immunofenotipica e molecolare. Il fenotipo linfocitario T helper CD4+ caratterizza i CTCL, ma alcune entità a prognosi aggressiva presentano un immunofenotipo citotossico CD8+. Numerosi studi di citogenetica (CGH) e gene-expression profiling (GEP) sono stati condotti negli ultimi anni sui CTCL e sono state riscontrate numerose aberrazioni cromosomiche correlate ai meccanismi di controllo del ciclo cellulare. Scopo del nostro studio è la valutazione delle alterazioni genomiche coinvolte nella tumorigenesi di alcuni CTCL aggressivi: il linfoma extranodale NK/T nasal-type, il linfoma primitivo cutaneo aggressivo epidermotropo (AECTCL) e il gruppo dei PTCL/NOS pleomorfo CD8+. Il materiale bioptico dei pazienti è stato sottoposto alla metodica dell’array-CGH per identificare le anomalie cromosomiche; in alcuni casi di AECTCL è stata applicata la GEP, che evidenzia il profilo di espressione genica delle cellule neoplastiche. I dati ottenuti sono stati valutati in modo statistico, evidenziando le alterazioni cromosomiche comuni significative di ogni entità. In CGH, sono state evidenziate alcune aberrazioni comuni fra le entità studiate, la delezione di 9p21.3, l’amplificazione di 17q, 19p13, 19q13.11-q13.32 , 12q13 e 16p13.3, che determinano la delezione dei geni CDKN2A e CDKN2B e l’attivazione del JAK/STAT signaling pathway. Altre alterazioni definiscono l’amplificazione di c-MYC (8q24) e CCND1/CDK4-6 (11q13). In particolare, sono state evidenziate numerose anomalie genomiche comuni in casi di AECTCL e PTCL/NOS pleomorfo. L’applicazione della GEP in 5 casi di AECTCL ha confermato l’alterata espressione dei geni CDKN2A, JAK3 e STAT6, che potrebbero avere un ruolo diretto nella linfomagenesi. Lo studio di un numero maggiore di casi in GEP e l’introduzione delle nuove indagini molecolari come l’analisi dei miRNA, della whole-exome e whole genome sequences consentiranno di evidenziare alterazioni molecolari correlate con la prognosi, definendo anche nuovi target terapeutici.
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La tesi si propone di tracciare un confronto tra due autori molto distanti tra loro sia nel tempo che nello spazio: Nikolaj Gogol’ e Dario Fo; in particolare si analizzano le commedie Il Revisore di Gogol’ (1836) e Morte accidentale di un anarchico di Fo (1970). Il nesso tra le due opere è stato individuato dalla critica italiana (Franco Quadri, Ferdinando Taviani, Paolo Puppa). Tuttavia gli spunti interpretativi e comparativi non sono mai stati sviluppati appieno della critica. Nonostante le grandi distanze temporali e spaziali, l’analisi si propone dunque di evidenziare i numerosi motivi di consonanza tra le due opere e i due autori, che peraltro testimoniano anche della grande fortuna arrisa all’estero all’autore ucraino, attraverso la mediazione del teatro russo-sovietico del XX secolo. L’approccio metodologico adottato si fonda sui testi dei formalisti russi, di Lotman, sulla Stilkritik di Aurbach, sugli studi di Frye sulla Bibbia intesa come “grande canone” della letteratura occidentale, e soprattutto sull’analisi della cultura carnevalesca e popolare condotta da Bachtin. Lo studio è indirizzato su alcuni elementi precisi: la trama, lo scambio della personalità, l’impostura, la paura e il riso. Per ciascun di questi elementi è stata svolta l’analisi comparativa delle due opere, situandole in un contesto letterario e culturale che va all’antichità e al Medio Evo, dal quale entrambi gli autori mutuano molte suggestioni.
Resumo:
Obiettivi. L’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS) può fornire informazioni sulla microvascolarizzazione della parete intestinale nella malattia di Crohn. L’infiammazione della parete intestinale non sembra essere correlata alla quantità di parete vascolarizzata (studi di pattern di vascolarizzazione, SVP) ma all’intensità del flusso di parete in un determinato periodo di tempo (studi di intensità-tempo, SIT). Scopo dello studio è valutare se gli studi SVP e/o SIT mediante CEUS siano in grado di mostrare il reale grado d’infiammazione della parete vascolare e se possano predire l’attività di malattia a 3 mesi. Materiali e metodi: 30 pazienti con malattia di Crohn venivano sottoposti a SVP e SIT mediante CEUS e venivano rivisti dopo 3 mesi. L’eCografia era eseguita con uno strumento dedicato con un software particolare per il calcolo delle curve intensità-tempo e con l’ausilio di un mezzo di contrasto (Sonovue). L’analisi quantitativa consisteva nella misura dell’area sotto la curva (AUC) (con cut-off tra malattia attiva e inattiva di 15) e di un intensità media (IM) con un cut-off di 10. Tutti gli esami venivano registrati e analizzati in modo digitale. Risultati: A T0: CDAI era inferiore a 150 in 22 pazienti e superiore a 150 in 8 pazienti; a T3: CDAI era inferiore a 150 in 19 pazienti e superiore a 150 in 11 pazienti. A T0 sia la CEUS SPV che la SIT evidenziavano bassa specificità, accuratezza diagnostica e valore predittivo negativo; a T3 la CEUS SVP mostrava bassa sensibilità e accuratezza diagnostica rispetto alla SIT che era in grado, in tutti i casi tranne uno, di predire l’attività clinica di malattia a tre mesi. Conclusioni: in questo studio, la CEUS-SIT ha mostrato buona accuratezza diagnostica nel predire l’attività clinica di malattia nel follow-up a breve termine di pazienti con malattia di Crohn.