341 resultados para Case di paglia, LCA, ciclo di vita, Pescomaggiore, efficienza energetica


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La traduzione poetica viene affrontata sul piano empirico dell'analisi testuale. Una breve introduzione presenta le riflessioni più importanti sulla traduzione del testo poetico, da Benjamin e Steiner fino alle teorie più recenti di Meschonnic, Apel, Berman e Mattioli. Alla luce di queste teorie vengono analizzate le opere di due coppie di poeti e poeti-traduttori. Nel primo esempio troviamo il poeta svizzero (francofono) Philippe Jaccottet alle prese con l'intera opera di Ungaretti; nel secondo il rapporto travagliato di Vittorio Sereni con la poesia di René Char. Oltre a indagare la natura problematica della traduzione poetica come pratica e come esperienza, questa tesi di Letteratura Comparata vuole presentare la traduzione come strumento ermeneutico e come meccanismo rienunciativo: il suo ruolo nella dialettica delle influenze e dell'evoluzione letteraria è da considerarsi infatti essenziale. La vocazione originariamente etica della traduzione è sfondo costante della trattazione.

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Questa ricerca indaga come il “caso Ustica” si è articolato nell’opinione pubblica italiana negli anni compresi tra il 1980 e il 1992. Con l'espressione “caso Ustica” ci si riferisce al problema politico determinato dalle vicende legate all’abbattimento dell’aereo civile DC-9 dell’Itavia, avvenuto il 27 giugno 1980 in circostanze che, come noto, furono chiarite solamente a distanza di molti anni dal fatto. L’analisi intende cogliere le specificità del processo che ha portato la vicenda di Ustica ad acquisire rilevanza politica nell’ambito della sfera pubblica italiana, in particolare prendendo in considerazione il ruolo svolto dall’opinione pubblica in un decennio, quale quello degli anni ’80 e dei primi anni ’90 italiani, caratterizzato da una nuova centralità dei media rispetto alla sfera politica. Attraverso l’analisi di un’ampia selezione di fonti a stampa (circa 1500 articoli dei principali quotidiani italiani e circa 700 articoli tratti dagli organi dei partiti politici italiani) si sono pertanto messe in luce le dinamiche mediatiche e politiche che hanno portato alla tematizzazione di una vicenda che era rimasta fino al 1986 totalmente assente dall’agenda politica nazionale. L’analisi delle fonti giudiziarie ha permesso inoltre di verificare come la politicizzazione del caso Ustica, costruita intorno alla tensione opacità/trasparenza del potere politico e all’efficace quanto banalizzante paradigma delle “stragi di Stato”, sia risultata funzionale al raggiungimento, dopo il 1990, dei primi elementi di verità sulla tragedia e all’ampiamento del caso a una dimensione internazionale.

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La tesi dottorale si incentra sull'analisi del principio di precauzione e sulla sua portata applicativa in quella che possiamo definire “la vita del medicinale”. La disamina prende le sue mosse dalla teoria generale relativa al principio di precauzione e ne indaga, in primis, le sue origini e la sua evoluzione e successivamente ne considera la trasposizione giuridica nel settore ambientale e della salute umana. Si può sintetizzare, in via generale, come il ricorso al principio di precauzione avvenga quando il rischio connesso ad un evento non è un rischio determinato, ma è un rischio potenziale, cioè non supportato da dati scientifici che dimostrino in modo chiaro la connessione esistente tra avvenimento e danni (causa – effetto). In particolare, i dati scientifici che tentano di analizzare detto rischio non sono sufficienti o non sono giunti ad un risultato concludente e quindi la valutazione che viene fatta non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. La tesi dottorale focalizza la sua attenzione sull’applicazione del principio di precauzione ad un particolare bene, il medicinale; la necessità di minimizzare i rischi derivanti dall’assunzione del farmaco richiede un presidio dei pubblici poteri e di conseguenza questo comporta la necessità di “amministrare” il medicinale anche attraverso una serie di autorizzazioni amministrative quali l’autorizzazione alla produzione, l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’autorizzazione alla distribuzione ed alla commercializzazione.

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La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.

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Ogni anno in Europa milioni di tonnellate di cibo vengono gettate via. Una stima pubblicata dalla Commissione europea afferma che, nei 27 Stati membri, 89 milioni di tonnellate di cibo, o di 179 kg pro capite, vengono scartati. Lo spreco si verifica lungo tutta la catena di agro alimentare; la riduzione dei rifiuti alimentari è diventata una delle priorità dell'agenda europea. La ricerca si concentra su un caso studio, Last Minute Market, un progetto di recupero di sprechi alimentari. L'impatto di questo progetto dal punto di vista economico e ambientale è già stato calcolato. Quello che verrà analizzato è l'impatto di questa iniziativa sulla comunità e in particolare sul capitale sociale, definito come "l'insieme di norme e reti che consentono l'azione collettiva". Obiettivo del presente lavoro è, quindi, quello di eseguire, attraverso la somministrazione di un questionario a diversi stakeholder del progetto, un’analisi confrontabile con quella del 2009 e di verificare a distanza di cinque anni, se l'iniziativa Last Minute Market abbia prodotto una crescita di capitale sociale nella comunità interessata da questa iniziativa. Per riassumere l’influenza del progetto sul capitale sociale in un indice sintetico, viene calcolato quello che verrà chiamato indice di "affidabilità del progetto" (definito in statistica, la "capacità di un prodotto, un sistema o un servizio di fornire le prestazioni richieste, per un certo periodo di tempo in condizioni predeterminate").

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Il settore suinicolo ricopre un ruolo rilevante nel contesto nazionale, con ricadute economiche e sociali di primaria importanza in varie regioni. Tuttavia da alcuni anni il settore si trova in crisi a causa dell’instabilità dei mercati internazionali, dello scarso coordinamento tra gli attori della filiera, della progressiva riduzione della redditività dei prodotti trasformati a Denominazione di Origine, della mancata valorizzazione dei tagli di carne fresca, nonché della difficoltà di aggredire i mercati esteri. Altre criticità riguardano la distribuzione del valore lungo la filiera e la scarsa efficacia delle politiche di coordinamento finora adottate. L'obiettivo della ricerca è quello di identificare gli elementi che possono garantire maggiore equilibrio di potere negoziale tra allevatori suinicoli e macellatori rispetto alla situazione attuale: verificati gli elementi critici che caratterizzano la relazione commerciale tra allevatori e macellatori, si avanzano alcune proposte operative utili al superamento delle fratture tra la componente agricola e quella dei macelli in Emilia Romagna. La struttura della tesi è la seguente: (capitolo 1) si descrive il quadro economico del settore suinicolo a livello internazionale e nazionale. Successivamente (capitolo 2) si passano in rassegna le teorie economiche utili a comprendere le ragioni alla base del malfunzionamento dei rapporti tra gli attori della filiera agroalimentare, mentre nel terzo capitolo è richiamato il quadro normativo comunitario, nazionale e regionale all’interno del quale tali relazioni si configurano. Nel quarto capitolo si elabora un modello interpretativo al fine di spiegare le fratture che oggi contraddistinguono le relazioni in essere tra gli attori della filiera: il “modello delle fratture”. Alla luce di questa concettualizzazione è stata svolta un’indagine diretta svolta presso gli operatori aderenti all’Organizzazione Interprofessionale del Gran Suino Italiano, i cui risultati hanno consentito di valutare l’efficacia del modello interpretativo e di fornire indicazioni migliorative della strategia di governance delle relazioni tra allevatori e macellatori.

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Il presente studio si colloca all’interno di una ricerca più ampia volta alla definizione di criteri progettuali finalizzati all’ottimizzazione delle prestazioni energetiche delle cantine di aziende vitivinicole, di dimensioni produttive medio - piccole. Nello specifico la ricerca riguarda la riqualificazione di fabbricati rurali esistenti di modeste dimensioni, da convertire a magazzini per la conservazione del vino in bottiglia. Lo studio si pone come obiettivo la definizione di criteri di analisi per la valutazione di interventi di retrofit di tali fabbricati, volto sia al miglioramento delle prestazioni energetiche dell’involucro edilizio, sia alla riduzione del fabbisogno energetico legato al funzionamento di eventuali impianti di controllo termico. La ricerca è stata condotta mediante l’utilizzo del software di simulazione termica Energy Plus, per ottenere i valori simulati di temperatura interna relativi ai diversi scenari migliorativi ipotizzati, e mediante la successiva definizione di indicatori che esplicitino l’influenza delle principali variabili progettuali sull’andamento delle temperature interne dei locali di conservazione e sul fabbisogno energetico del fabbricato necessario a garantire l’intervallo di temperatura di comfort del vino. Tra tutti gli interventi possibili per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, quelli analizzati in questo studio prevedono l’aggiunta di un isolamento a cappotto delle pareti esterne, l’isolamento della copertura e l’aggiunta di una struttura ombreggiante vegetale esterna. I risultati ottenuti danno una prima indicazione sugli interventi più efficaci in termini di miglioramento energetico e mettono in luce l’utilità del criterio proposto nell’evidenziare le criticità degli interventi migliorativi ipotizzati. Il metodo definito nella presente ricerca risulta quindi un valido strumento di valutazione a supporto della progettazione degli interventi di retrofit dei fabbricati rurali da convertire a magazzini per la conservazione del vino.

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Obiettivo del lavoro è quello di legare tra di loro due aspetti che storicamente sono sempre stati scollegati. Il primo è il lungo dibattito sul tema “oltre il PIL”, che prosegue ininterrottamente da circa mezzo secolo. Il secondo riguarda l’utilizzo dei sistemi di misurazione e valutazione della performance nel settore pubblico italiano. Si illustra l’evoluzione del dibattito sul PIL facendo un excursus storico del pensiero critico che si è sviluppato nel corso di circa cinquanta anni analizzando le ragioni assunte dagli studiosi per confutare l’utilizzo del PIL quale misura universale del benessere. Cogliendo questa suggestione l’Istat, in collaborazione con il CNEL, ha avviato un progetto per individuare nuovi indicatori da affiancare al PIL, in grado di misurare il livello non solo della crescita economica, ma anche del benessere sociale e sostenibile, con l’analisi degli indicatori riferiti a 12 domini di benessere individuati. Al progetto Istat-CNEL si è affiancato il progetto UrBES, promosso dall’Istat e dal Coordinamento dei sindaci metropolitani dell’ANCI, che hanno costituito una rete di città metropolitane per sperimentare la misurazione e il confronto sulla base di indicatori di benessere urbano equo e sostenibile, facendo proprio un progetto del Comune di Bologna e di Laboratorio Urbano (Centro di documentazione, ricerca e proposta sulle città), che ha sottoposto a differenti target un questionario on line, i cui risultati, con riferimento alle risposte fornite alle domande aperte, sono stati elaborati attraverso l’utilizzo di Taltac, un software per l’analisi dei testi, al fine di individuare i “profili” dei rispondenti, associando i risultati dell’elaborazione alle variabili strutturali del questionario. Nell’ultima parte i servizi e progetti erogati dal comune di Bologna sono stati associati alle dimensioni UrBES, per valutare l’impatto delle politiche pubbliche sulla qualità della vita e sul benessere dei cittadini, indicando le criticità legate alla mancanza di dati adeguati.

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L'elaborato, dopo aver esaminato le modifiche operate dalla legge n. 190 del 2012, svolge una dettagliata analisi della giurisprudenza intervenuta in seguito all'approvazione della riforma.

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I cambiamenti e le innovazioni sociali, che hanno caratterizzato il secolo scorso, hanno generato mutamenti significativi nella struttura dei consumi, legati in particolare a una maggiore consapevolezza dei consumatori e allo scoppio della crisi economica. Assume sempre maggiore importanza, all’interno delle politiche di brand management, il ruolo della Responsabilità Sociale d’Impresa, che spinge la Grande Distribuzione Organizzata a proporre prodotti con più alti standard qualitativi e di sicurezza. Il caso analizzato è quello della linea biologica ViviVerde Coop, la cui offerta di prodotti biologici a private label ha avuto un impatto molto positivo sul mercato. L’analisi dell’elasticità della curva di domanda di alcuni di questi prodotti nel periodo gennaio 2010-maggio 2012 rivela diversi valori positivi e maggiori di 1, indice del fatto che il prezzo non abbia avuto effetti negativi sulle vendite dei prodotti considerati. Tale evidenza risulta rilevante proprio in un periodo di profonda crisi economica che ha interessato, in modo significativo, anche i consumi alimentari.

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La detenzione amministrativa degli stranieri, pur condividendo il carattere tipicamente afflittivo e stigmatizzante delle pene, non si fonda sulla commissione di un reato e non gode delle medesime garanzie previste dal sistema della giustizia penale. Nel nostro ordinamento l’inadeguatezza della legislazione, l’ampio margine di discrezionalità rimesso all’autorità di pubblica sicurezza, nonché il debole potere di sindacato giurisdizionale rimesso all’autorità giudiziaria, raggiungono il loro apice problematico nell’ambito delle pratiche di privazione della libertà personale che hanno per destinatari gli stranieri maggiormente vulnerabili, ossia quelli appena giunti sul territorio e il cui status giuridico non è ancora stato accertato (c.d. situazione di pre-admittance). E’ proprio sulla loro condizione che il presente lavoro si focalizza maggiormente. Le detenzioni de facto degli stranieri in condizione di pre-admittance sono analizzate, nel primo capitolo, a partire dal “caso Lampedusa”, descritto alla luce dell’indagine sul campo condotta dall’Autrice. Nel secondo capitolo viene ricostruito lo statuto della libertà personale dello straniero sulla base dei principi costituzionali e, nel terzo capitolo, sono analizzati i principi che informano il diritto alla libertà personale nell’ambito delle fonti sovranazionali, con particolare riferimento al diritto dell’Unione Europea e al sistema della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Sulla scorta dei principi indagati, nel quarto capitolo è tracciata l’evoluzione legislativa in materia di detenzione amministrativa dello straniero in Italia e, nel quinto capitolo, è approfondito il tema dei Centri dell’immigrazione e delle regole che li disciplinano. Nelle conclusioni, infine, sono tirate le fila del percorso tracciato, attraverso la valutazione degli strumenti di tutela in grado di prevenire le pratiche di privazione della libertà informali e di garantire uno standard minimo nella tutela della libertà individuale, anche nelle zone di frontiera del nostro ordinamento.