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Dopo aver introdotto lo status quaestionis sulla Didascalia apostolorum, segue la trascrizione del testo siriaco, la traduzione italiana corredata di note, una sinossi a quattro colonne (testo siriaco del manoscritto A e del manoscritto E, i frammenti latini e la loro traduzione). L'ultima parte della tesi riguarda l'analisi redazionale del testo, ovvero le fonti e le interpolazioni, a cui segue in ultimo un'ipotesi ricostruttiva.

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Lo studio analizza le svolte nel teatro di innovazione francese prodotte dalla rivolta sociale e dalla sua rivoluzione culturale del 1968. La ricerca si è concentrata su tre livelli di analisi: un'analisi – storica, politica, sociale, culturale – dell'anno-tournant; un'analisi delle reazioni nel mondo del teatro contemporanee alla rivolta; un'analisi delle prassi spettacolari di lunga durata originate dall'evento. Sono stati, quindi, esaminati criticamente i testi cardine degli intellettuali ispiratori, protagonisti e interpreti della breccia culturale, per poi rintracciare i valori emersi all'interno del mondo dello spettacolo. La contestazione sociale ha agito sul mondo del teatro producendo delle ripercussioni immediate – l'occupazione dell'Odéon, la contestazione al XXII Festival d'Avignon, la produzione della Déclaration de Villeurbanne – e delle prassi di lunga durata che hanno agito sui processi formativi e creativi delle compagnie francesi che, dalla fine degli anni Sessanta, hanno prodotto creazioni collettive (in particolare il Théâtre du Soleil e il Théâtre de l'Aquarium, ma anche la Nouvelle Compagnie d'Avignon, il Grand Magic Circus e il Théâtre Populaire di Lorraine) e sul corpus drammaturgico e teorico di Michel Vinaver. Sono state, quindi, analizzate le relazioni che si sono instaurate tra i protagonisti appena nominati e i differenziati contesti, sociali e teatrali, facendo emergere nuove istanze creative. Tali istanze hanno saputo rispondere alle spinte etiche ed estetiche del momento storico, le hanno declinate sul piano delle prassi teatrali e rilanciate verso modalità nuove che hanno favorito l'emersione di una nuova civiltà del testuale.

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L'inno dedicato ai sette Amesha Spəṇta è parte della produzione avestica recenziore, e si compone in gran parte di porzioni testuali riprese da altri testi avestici a loro volta di formazione tardiva. Lo Yašt si divide in tre parti principali: le stanze 0-10; 11-14; e infine la stanza 15 che comprende la formula di chiusura tipica degli inni avestici. La prima sezione (2.0-10) è composta dalla formula di apertura, incompleta rispetto a quelle dei restanti inni, seguita dai primi sette capitoli di entrambi i Sīh-rōzag compresi i Gāh. Le stanze centrali (11-14) si caratterizzano per l'assenza di passi gemelli, un elevato numero di hapax e di arcaismi formali e inoltre, una grande variabilità nella tradizione manoscritta. Si tratta di una formula magica per esorcizzare/allontanare demoni e stregoni, che doveva essere recitata per sette volte. Tale formula probabilmente rappresentava in origine un testo autonomo che veniva recitato assieme ad altri testi avestici. La versione a noi pervenuta comprende la recitazione di parte di entrambi i Sīh-rōzag, ma è molto probabile che tale arrangement sia soltanto una sequenza recitativa che doveva coesistere assieme ad altre. Attualmente la formula magica viene recitata principalmente assieme allo Yasna Haptaŋhāiti, senza le restanti stanze dell'inno nella sua versione geldneriana. Il testo sembra nascere come formula magica la quale venne recitata assieme a diversi testi avestici come per esempio parti dello Sīh-rōzag. In un periodo impossibile da stabilire con certezza la versione viene fissata nella forma a noi pervenuta nella maggior parte dei manoscritti e per la sua affinità formale probabilmente interpretato come inno e perciò incluso nell'innario avestico.

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La ricerca consiste nell’edizione e traduzione del trattato ‘Practica musice’ di Franchino Gaffurio corredata da apparati critici e storico-contestuali. Si inizia con la biografia dell’autore redatta secondo gli ultimi dati disponibili e si presenta una esposizione del contenuto del trattato con proposte di chiarimenti dei passi più oscuri. Segue quindi uno studio dei cambiamenti intercorsi tra le parti del trattato come trasmesse nei manoscritti preparatori e la sua versione finale a stampa, seguito da una indagine sulle edizioni successive all’editio princeps, con tabelle sulle varianti tra le edizioni. Vengono quindi offerte la trascrizione interpretativa del testo latino del trattato (che può essere considerata la più corretta attualmente disponibile ed è l’unica a riportare numeri di partizione testuale) seguita dalla sua traduzione in italiano, con trascrizione degli esempi musicali. Il trattato, diviso in quattro libri, ha per argomenti rispettivamente il cantus planus e le scale modali gregoriane, la musica misurata e le figure della notazione, l’arte del contrappunto e la più ampia casistica disponibile sulle proporzioni ritmiche.

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Questo lavoro si concentra su un particolare aspetto della sfaccettata ricerca scientifica di Johannes Kepler (1571-1630), ossia quello teorico-musicale. I pensieri dell’astronomo tedesco riguardanti tale campo sono concentrati – oltre che in alcuni capitoli del Mysterium cosmographicum (1596) ed in alcune sue lettere – nel Libro III dell’Harmonices mundi libri quinque (1619), che, per la sua posizione mediana all’interno dell’opera, tra i primi due libri geometrici e gli ultimi due astronomici, e per la sua funzione di raccordo tra la «speculazione astratta» della geometria e la concretizzazione degli archetipi geometrici nel mondo fisico, assume la struttura di un vero e proprio trattato musicale sul modello di quelli rinascimentali, nel quale la «musica speculativa», dedicata alla teoria delle consonanze e alla loro deduzione geometrica precede la «musica activa», dedicata alla pratica del canto dell’uomo nelle sue differenze, generi e modi. La tesi contiene la traduzione italiana, con testo latino a fronte, del Libro III dell’Harmonice, e un’ampia introduzione che percorre le tappe fondamentali del percorso biografico e scientifico che hanno portato alla concezione di quest’opera – soffermandosi in particolare sulla formazione musicale ricevuta da Keplero, sulle pagine di argomento musicale del Mysterium e delle lettere, e sulle riflessioni filosofico-armoniche sviluppate negli anni di ricerca – e offre gli elementi fondamentali per poter comprendere l’Harmonice mundi in generale e il Libro III in particolare. A ciò si aggiunge, in Appendice, la traduzione, anch’essa con testo latino a fronte, della Sectio V, dedicata alla musica, del Liber IX dell’Almagestum novum (1651) di Giovanni Battista Riccioli (1598-1671), interessante sia dal punto di vista della recezione delle teorie di Keplero che dal punto di vista della storia delle idee musicali.