22 resultados para lab on a chip
Resumo:
The progresses of electron devices integration have proceeded for more than 40 years following the well–known Moore’s law, which states that the transistors density on chip doubles every 24 months. This trend has been possible due to the downsizing of the MOSFET dimensions (scaling); however, new issues and new challenges are arising, and the conventional ”bulk” architecture is becoming inadequate in order to face them. In order to overcome the limitations related to conventional structures, the researchers community is preparing different solutions, that need to be assessed. Possible solutions currently under scrutiny are represented by: • devices incorporating materials with properties different from those of silicon, for the channel and the source/drain regions; • new architectures as Silicon–On–Insulator (SOI) transistors: the body thickness of Ultra-Thin-Body SOI devices is a new design parameter, and it permits to keep under control Short–Channel–Effects without adopting high doping level in the channel. Among the solutions proposed in order to overcome the difficulties related to scaling, we can highlight heterojunctions at the channel edge, obtained by adopting for the source/drain regions materials with band–gap different from that of the channel material. This solution allows to increase the injection velocity of the particles travelling from the source into the channel, and therefore increase the performance of the transistor in terms of provided drain current. The first part of this thesis work addresses the use of heterojunctions in SOI transistors: chapter 3 outlines the basics of the heterojunctions theory and the adoption of such approach in older technologies as the heterojunction–bipolar–transistors; moreover the modifications introduced in the Monte Carlo code in order to simulate conduction band discontinuities are described, and the simulations performed on unidimensional simplified structures in order to validate them as well. Chapter 4 presents the results obtained from the Monte Carlo simulations performed on double–gate SOI transistors featuring conduction band offsets between the source and drain regions and the channel. In particular, attention has been focused on the drain current and to internal quantities as inversion charge, potential energy and carrier velocities. Both graded and abrupt discontinuities have been considered. The scaling of devices dimensions and the adoption of innovative architectures have consequences on the power dissipation as well. In SOI technologies the channel is thermally insulated from the underlying substrate by a SiO2 buried–oxide layer; this SiO2 layer features a thermal conductivity that is two orders of magnitude lower than the silicon one, and it impedes the dissipation of the heat generated in the active region. Moreover, the thermal conductivity of thin semiconductor films is much lower than that of silicon bulk, due to phonon confinement and boundary scattering. All these aspects cause severe self–heating effects, that detrimentally impact the carrier mobility and therefore the saturation drive current for high–performance transistors; as a consequence, thermal device design is becoming a fundamental part of integrated circuit engineering. The second part of this thesis discusses the problem of self–heating in SOI transistors. Chapter 5 describes the causes of heat generation and dissipation in SOI devices, and it provides a brief overview on the methods that have been proposed in order to model these phenomena. In order to understand how this problem impacts the performance of different SOI architectures, three–dimensional electro–thermal simulations have been applied to the analysis of SHE in planar single and double–gate SOI transistors as well as FinFET, featuring the same isothermal electrical characteristics. In chapter 6 the same simulation approach is extensively employed to study the impact of SHE on the performance of a FinFET representative of the high–performance transistor of the 45 nm technology node. Its effects on the ON–current, the maximum temperatures reached inside the device and the thermal resistance associated to the device itself, as well as the dependence of SHE on the main geometrical parameters have been analyzed. Furthermore, the consequences on self–heating of technological solutions such as raised S/D extensions regions or reduction of fin height are explored as well. Finally, conclusions are drawn in chapter 7.
Resumo:
I moderni sistemi embedded sono equipaggiati con risorse hardware che consentono l’esecuzione di applicazioni molto complesse come il decoding audio e video. La progettazione di simili sistemi deve soddisfare due esigenze opposte. Da un lato è necessario fornire un elevato potenziale computazionale, dall’altro bisogna rispettare dei vincoli stringenti riguardo il consumo di energia. Uno dei trend più diffusi per rispondere a queste esigenze opposte è quello di integrare su uno stesso chip un numero elevato di processori caratterizzati da un design semplificato e da bassi consumi. Tuttavia, per sfruttare effettivamente il potenziale computazionale offerto da una batteria di processoriè necessario rivisitare pesantemente le metodologie di sviluppo delle applicazioni. Con l’avvento dei sistemi multi-processore su singolo chip (MPSoC) il parallel programming si è diffuso largamente anche in ambito embedded. Tuttavia, i progressi nel campo della programmazione parallela non hanno mantenuto il passo con la capacità di integrare hardware parallelo su un singolo chip. Oltre all’introduzione di multipli processori, la necessità di ridurre i consumi degli MPSoC comporta altre soluzioni architetturali che hanno l’effetto diretto di complicare lo sviluppo delle applicazioni. Il design del sottosistema di memoria, in particolare, è un problema critico. Integrare sul chip dei banchi di memoria consente dei tempi d’accesso molto brevi e dei consumi molto contenuti. Sfortunatamente, la quantità di memoria on-chip che può essere integrata in un MPSoC è molto limitata. Per questo motivo è necessario aggiungere dei banchi di memoria off-chip, che hanno una capacità molto maggiore, come maggiori sono i consumi e i tempi d’accesso. La maggior parte degli MPSoC attualmente in commercio destina una parte del budget di area all’implementazione di memorie cache e/o scratchpad. Le scratchpad (SPM) sono spesso preferite alle cache nei sistemi MPSoC embedded, per motivi di maggiore predicibilità, minore occupazione d’area e – soprattutto – minori consumi. Per contro, mentre l’uso delle cache è completamente trasparente al programmatore, le SPM devono essere esplicitamente gestite dall’applicazione. Esporre l’organizzazione della gerarchia di memoria ll’applicazione consente di sfruttarne in maniera efficiente i vantaggi (ridotti tempi d’accesso e consumi). Per contro, per ottenere questi benefici è necessario scrivere le applicazioni in maniera tale che i dati vengano partizionati e allocati sulle varie memorie in maniera opportuna. L’onere di questo compito complesso ricade ovviamente sul programmatore. Questo scenario descrive bene l’esigenza di modelli di programmazione e strumenti di supporto che semplifichino lo sviluppo di applicazioni parallele. In questa tesi viene presentato un framework per lo sviluppo di software per MPSoC embedded basato su OpenMP. OpenMP è uno standard di fatto per la programmazione di multiprocessori con memoria shared, caratterizzato da un semplice approccio alla parallelizzazione tramite annotazioni (direttive per il compilatore). La sua interfaccia di programmazione consente di esprimere in maniera naturale e molto efficiente il parallelismo a livello di loop, molto diffuso tra le applicazioni embedded di tipo signal processing e multimedia. OpenMP costituisce un ottimo punto di partenza per la definizione di un modello di programmazione per MPSoC, soprattutto per la sua semplicità d’uso. D’altra parte, per sfruttare in maniera efficiente il potenziale computazionale di un MPSoC è necessario rivisitare profondamente l’implementazione del supporto OpenMP sia nel compilatore che nell’ambiente di supporto a runtime. Tutti i costrutti per gestire il parallelismo, la suddivisione del lavoro e la sincronizzazione inter-processore comportano un costo in termini di overhead che deve essere minimizzato per non comprometterre i vantaggi della parallelizzazione. Questo può essere ottenuto soltanto tramite una accurata analisi delle caratteristiche hardware e l’individuazione dei potenziali colli di bottiglia nell’architettura. Una implementazione del task management, della sincronizzazione a barriera e della condivisione dei dati che sfrutti efficientemente le risorse hardware consente di ottenere elevate performance e scalabilità. La condivisione dei dati, nel modello OpenMP, merita particolare attenzione. In un modello a memoria condivisa le strutture dati (array, matrici) accedute dal programma sono fisicamente allocate su una unica risorsa di memoria raggiungibile da tutti i processori. Al crescere del numero di processori in un sistema, l’accesso concorrente ad una singola risorsa di memoria costituisce un evidente collo di bottiglia. Per alleviare la pressione sulle memorie e sul sistema di connessione vengono da noi studiate e proposte delle tecniche di partizionamento delle strutture dati. Queste tecniche richiedono che una singola entità di tipo array venga trattata nel programma come l’insieme di tanti sotto-array, ciascuno dei quali può essere fisicamente allocato su una risorsa di memoria differente. Dal punto di vista del programma, indirizzare un array partizionato richiede che ad ogni accesso vengano eseguite delle istruzioni per ri-calcolare l’indirizzo fisico di destinazione. Questo è chiaramente un compito lungo, complesso e soggetto ad errori. Per questo motivo, le nostre tecniche di partizionamento sono state integrate nella l’interfaccia di programmazione di OpenMP, che è stata significativamente estesa. Specificamente, delle nuove direttive e clausole consentono al programmatore di annotare i dati di tipo array che si vuole partizionare e allocare in maniera distribuita sulla gerarchia di memoria. Sono stati inoltre sviluppati degli strumenti di supporto che consentono di raccogliere informazioni di profiling sul pattern di accesso agli array. Queste informazioni vengono sfruttate dal nostro compilatore per allocare le partizioni sulle varie risorse di memoria rispettando una relazione di affinità tra il task e i dati. Più precisamente, i passi di allocazione nel nostro compilatore assegnano una determinata partizione alla memoria scratchpad locale al processore che ospita il task che effettua il numero maggiore di accessi alla stessa.
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I continui sviluppi nel campo della fabbricazione dei circuiti integrati hanno comportato frequenti travolgimenti nel design, nell’implementazione e nella scalabilità dei device elettronici, così come nel modo di utilizzarli. Anche se la legge di Moore ha anticipato e caratterizzato questo trend nelle ultime decadi, essa stessa si trova a fronteggiare attualmente enormi limitazioni, superabili solo attraverso un diverso approccio nella produzione di chip, consistente in pratica nella sovrapposizione verticale di diversi strati collegati elettricamente attraverso speciali vias. Sul singolo strato, le network on chip sono state suggerite per ovviare le profonde limitazioni dovute allo scaling di strutture di comunicazione condivise. Questa tesi si colloca principalmente nel contesto delle nascenti piattaforme multicore ad alte prestazioni basate sulle 3D NoC, in cui la network on chip viene estesa nelle 3 direzioni. L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una serie di strumenti e tecniche per poter costruire e aratterizzare una piattaforma tridimensionale, cosi come dimostrato nella realizzazione del testchip 3D NOC fabbricato presso la fonderia IMEC. Il primo contributo è costituito sia una accurata caratterizzazione delle interconnessioni verticali (TSVs) (ovvero delle speciali vias che attraversano l’intero substrato del die), sia dalla caratterizzazione dei router 3D (in cui una o più porte sono estese nella direzione verticale) ed infine dal setup di un design flow 3D utilizzando interamente CAD 2D. Questo primo step ci ha permesso di effettuare delle analisi dettagliate sia sul costo sia sulle varie implicazioni. Il secondo contributo è costituito dallo sviluppo di alcuni blocchi funzionali necessari per garantire il corretto funziomento della 3D NoC, in presenza sia di guasti nelle TSVs (fault tolerant links) che di deriva termica nei vari clock tree dei vari die (alberi di clock indipendenti). Questo secondo contributo è costituito dallo sviluppo delle seguenti soluzioni circuitali: 3D fault tolerant link, Look Up Table riconfigurabili e un sicnronizzatore mesocrono. Il primo è costituito fondamentalmente un bus verticale equipaggiato con delle TSV di riserva da utilizzare per rimpiazzare le vias guaste, più la logica di controllo per effettuare il test e la riconfigurazione. Il secondo è rappresentato da una Look Up Table riconfigurabile, ad alte prestazioni e dal costo contenuto, necesaria per bilanciare sia il traffico nella NoC che per bypassare link non riparabili. Infine la terza soluzione circuitale è rappresentata da un sincronizzatore mesocrono necessario per garantire la sincronizzazione nel trasferimento dati da un layer and un altro nelle 3D Noc. Il terzo contributo di questa tesi è dato dalla realizzazione di un interfaccia multicore per memorie 3D (stacked 3D DRAM) ad alte prestazioni, e dall’esplorazione architetturale dei benefici e del costo di questo nuovo sistema in cui il la memoria principale non è piu il collo di bottiglia dell’intero sistema. Il quarto ed ultimo contributo è rappresentato dalla realizzazione di un 3D NoC test chip presso la fonderia IMEC, e di un circuito full custom per la caratterizzazione della variability dei parametri RC delle interconnessioni verticali.
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In two Italian sites, multiaxis trees slightly reduced primary axis length and secondary axis length of newly grafted trees, and increased the number of secondary shoots. The total length, node production, and total dry matter gain were proportional to the number of axis. Growth of both primary and secondary shoots, and dry matter accumulation, have been found to be also well related to rootstock vigour. A great variability in axillary shoot production was recorded among different environments. Grafted trees had higher primary growth, secondary axis growth, and dry matter gain than chip budded trees. Stem water potential measured in the second year after grafting was not affected by rootstocks or number of leaders. Measurements performed in New Zealand (Hawke’s Bay) during the second year after grafting revealed that both final length and growth rate of primary and secondary axis were related to the rootstock rather than to the training system. Dwarfing rootstocks reduced the number of long vegetative shoots and increased the proportion of less vigorous shoots.
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Millisecond Pulsars (MSPs) are fast rotating, highly magnetized neutron stars. According to the "canonical recycling scenario", MSPs form in binary systems containing a neutron star which is spun up through mass accretion from the evolving companion. Therefore, the final stage consists of a binary made of a MSP and the core of the deeply peeled companion. In the last years, however an increasing number of systems deviating from these expectations has been discovered, thus strongly indicating that our understanding of MSPs is far to be complete. The identification of the optical companions to binary MSPs is crucial to constrain the formation and evolution of these objects. In dense environments such as Globular Clusters (GCs), it also allows us to get insights on the cluster internal dynamics. By using deep photometric data, acquired both from space and ground-based telescopes, we identified 5 new companions to MSPs. Three of them being located in GCs and two in the Galactic Field. The three new identifications in GCs increased by 50% the number of such objects known before this Thesis. They all are non-degenerate stars, at odds with the expectations of the "canonical recycling scenario". These results therefore suggest either that transitory phases should also be taken into account, or that dynamical processes, as exchange interactions, play a crucial role in the evolution of MSPs. We also performed a spectroscopic follow-up of the companion to PSRJ1740-5340A in the GC NGC 6397, confirming that it is a deeply peeled star descending from a ~0.8Msun progenitor. This nicely confirms the theoretical expectations about the formation and evolution of MSPs.
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The formation and evolution of galaxy bulges is a greatly debated topic in modern astrophysics. An approach to address this issue is to look at the Galactic bulge, the closest to us. According to some theoretical models, our bulge built-up from the merger of substructures formed from the instability and fragmentation of a proto-disk in the early phases of Galactic evolution. We may have discovered the remnant of one of these substructures: the stellar system Terzan 5. Terzan 5 hosts two stellar populations with different iron abundances, thus suggesting it once was far more massive than today. Moreover, its peculiar chemistry resembles that observed only in the Galactic bulge. In this Thesis we perform a detailed photometric and spectroscopic analysis of this cluster to determine its formation and evolutionary histories. Form the photometric point of view we built a high-resolution differential reddening map in Terzan 5 direction and we measured relative proper motions to separate its member population from the contaminating field stars. This information represents the necessary work to measure the absolute ages of Terzan 5 populations via the Turn-off luminosity method. From the spectroscopic point of view we measured abundances for more than 600 stars belonging to Terzan 5 and its surroundings in order to build the largest field-decontaminated metallicity distribution for this system. We find that the metallicity distribution is extremely wide (more than 1 dex) and we discovered a third, metal-poor and alpha-enhanced population with average [Fe/H]=-0.8. The striking similarity between Terzan 5 and the bulge in terms of their chemical formation and evolution revealed by this Thesis suggests that Terzan 5 formed in situ with the bulge itself. In particular its metal-poor populations trace the early stages of the bulge formation, while its most metal-rich component contains crucial information on the bulge more recent evolution.
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We have used high-resolution spectra, acquired with UVES@ESO-VLT, to determine the chemical abundances of different samples of AGB and RGB stars in 4 Galactic globular clusters, namely 47Tuc, NGC3201, M22 and M62. For almost all the analyzed AGB stars we found a clear discrepancy between the iron abundance measured from neutral lines and that obtained from single ionized lines, while this discrepancy is not obtained for the RGB samples observed in the same clusters and analyzed with the same procedure. Such a behavior exactly corresponds to what expected in the case of Non-Local Thermodynamical Equilibrium (NLTE) in the star atmosphere. These results have a huge impact on the proper determination of GC chemistry. In fact, one of the most intriguing consequences is that, at odds with previous claims, no iron spread is found in NGC3201 and M22 if the iron abundance is obtained from ionized lines only.