66 resultados para Prova sperimentale, Struttura prefabbricata, Nodo trave-pilastro, Cemento armato


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Background: Several lines of evidence showed that inflammation is associated with changes in the expression of tachykinins both in human and animal models. Tachykinins, including substance P (SP), are small peptides expressed in the extrinsic primary afferent nerve fibres and enteric neurons of the gut: they exert their action through three distinct receptors, termed NK1, NK2 and NK3. SP modulates intestinal motility and enteric secretion, acting preferentially through the NK1 receptor. SP neural network and NK1 receptor expression are increased in patients with inflammatory bowel disease, and similar changes were observed in experimental models of inflammation. The 2,4 Dinitrobenzene Sulphonic Acid (DNBS) model of colitis is useful to study innate immunity, non-specific inflammation and wound healing; it has been suggested that the transmural inflammation seen in this model resembles that found in Crohn’s disease and can therefore be used to study what cells and mediators are involved in this type of inflammation. Aim: To test the possible protective effect of the NK1 receptor antagonist SSR140333 on: 1) acute model of intestinal inflammation; 2) reactivation of DNBS-induced colitis in rats. Methods: Acute colitis was induced in male SD rats by intrarectal administration of DNBS (15 mg/rat in 50% ethanol). Reactivation of colitis was induced by intrarectal injections of DNBS on day 28 (7.5 mg/rat in 35% ethanol). Animals were sacrificed on day 6 (acute colitis) and 29 (reactivation of colitis). SSR140333 (10 mg/kg) was administered orally starting from the day before the induction of colitis for 7 days (acute colitis) or seven days before the reactivation of colitis. Colonic damage was assessed by means of macroscopic and microscopic scores, myeloperoxidase activity (MPO) and TNF-α tissue levels. Enzyme immunoassay was used to measure colonic substance P levels. Statistical analysis was performed using analysis of variance (one-way or two-way, as appropriate) with the Bonferroni’s correction for multiple comparisons. Results: DNBS administration impaired body weight gain and markedly increased all inflammatory parameters (p<0.01). Treatment with SSR140333 10 mg/kg significantly counteracted the impairment in body weight gain, decreased macroscopic and histological scores and reduced colonic myeloperoxidase activity (p<0.01). Drug treatment counteracted TNF-α tissue levels and colonic SP concentrations (acute model). Similar results were obtained administering the NK1 receptor antagonist SSR140333 (3 and 10 mg/kg) for 5 days, starting the day after the induction of colitis. Intrarectal administration of DNBS four weeks after the first DNBS administration resulted in reactivation of colitis, with increases in macroscopic and histological damage scores and increase in MPO activity. Preventive treatment with SSR140333 10 mg/kg decreased macroscopic damage score, significantly reduced microscopic damage score but did not affect MPO activity. Conclusions: Treatment with SSR140333 significantly reduced intestinal damage in acute model of intestinal inflammation in rats. The NK1 receptor antagonist SSR140333 was also able to prevent relapse in experimental colitis. These results support the hypothesis of SP involvement in intestinal inflammation and indicate that NK receptor antagonists may have a therapeutic potential in inflammatory bowel disease.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Attraverso l’analisi di teorie della lettura “centripete” e “centrifughe”, tra fenomenologia, semiotica e teoria della risposta estetica, questa ricerca punta a definire la lettura come un’esperienza estetica di una variabile e plurale letterarietà, o per essere più precisi, come una relazione estetica ad una funzione nel linguaggio, che di volta in volta diviene immanente e trascendente rispetto al linguaggio, immanente nella percepibilità espressiva del segno e trascendente nella sua ristretta finzionalità o fittività, aperta alla dimensione del senso. Così, la letterarietà è vista, dal punto di vista di una teoria della lettura, come una funzione che nega o sovverte il linguaggio ordinario, inteso come contesto normale, ma anche una funzione che permette il supplemento di senso del linguaggio. Ciò rende la definizione di cosa sia letteratura e di quali testi siano considerabili come letterari come una definizione dipendente dalla lettura, ed anche mette in questione la classica dicotomia tra linguaggio standard e linguaggio deviante, di secondo grado e figurativo, comportamento che distinguerebbe la letteratura. Questi quattro saggi vorrebbero dimostrare che la lettura, come una pratica estetica, è l’espressione di una oscillazione tra una Finzione variabile nei suoi effetti ed una Ricezione, la quale è una risposta estetica controllata dal testo, ma anche una relazione estetica all’artefatto a natura verbale. Solo in questo modo può essere compresa la caratteristica paradossale della lettura, il suo stare tra una percezione passiva ed un’attiva esecuzione, tra un’attenzione aspettuale ed una comprensione intenzionale. Queste modalità si riflettono anche sulla natura dialettica della lettura, come una dialettica di apertura e chiusura, ma anche di libertà e fedeltà, risposta ad uno stimolo che può essere interpretato come una domanda, e che presenta la lettura stessa come una premessa dell’interpretazione, come momento estetico. Così una teoria della lettura dipende necessariamente da una teoria dell’arte che si presenta come funzionale, relativa più al Quando vi è arte?/Come funziona? piuttosto che al Che cosa è Arte?, che rende questo secondo problema legato al primo. Inoltre, questo Quando dell’Arte, che definisce l’opera d’arte come un’arte- all’-opera, dipende a sua volta, in un campo letterario, dalla domanda Quando vi è esperienza estetica letteraria? e dalla sue condizioni, quelle di finzione e ricezione.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Camptothecin, (CPT) is a pentacyclic alkaloid isolated for the first time from the Chinese tree Camptotheca acuminata, and which has soon attracted the attention of medicinal chemists and pharmacologists due to its promising anti-cancer activity against the most aggressive histo-types. So far, most of the synthesized camptothecin analogues are A and B ring modified compounds, which have been prepared via synthetic or semi-synthetic routes. To the best of our knowledge, a very limited number of C, D, or E ring modified analogues of CPT have been reported; moreover, the few derivatives known from the literature showed a reduced or no biological activity. This dissertation presents synthetic studies on camptothecin new derivatives along with the development of a new and general semi-synthetic methodology to obtain a large variety of analogues. We report here the semi-synthesis of a new family of 5-substituted CPT's, along with their biological activity evaluation, which will be compared with reference compounds. The use of carrier-linked prodrugs has emerged as a useful strategy to overcome some of the drawbacks related with the use of the parent drug, such as low solubility, membrane permeability properties, low oral absorption, instability, toxicity, and nontargeting. Herein we report CPT-prodrugs synthesized via ring opening of the lactone moiety as 17-O-acyl camptothecin tripartate conjugates, which bear a polyamine side chain with different architectures, as the carriers. Moreover, we found that the replacement of the oxygen atom with sulphur on the piridone D-ring, dramatically improves the potency of the novel 16a-thio-camptothecin derivatives, opening new possibilities in the modelling of this class of compounds.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

The doctorate’s theme of research - Abstract My doctorate’s theme of research is about the Investigation in the Italian criminal proceedings. The Italian Code of criminal procedure of 1988 is the fruit of a new ideology that marks a departure from Italy’s prior inquisitorial tradition. According to criminal procedure Code of 1988, an accusatorial system separates the investigation and trial stages and the judge’s decision is based only on evidence collected in oral form in his presence in a public trial containing adversarial dynamics. The Italian Code of 1988 created a separation between criminal investigations and trial. Investigations are conducted by Public Prosecutor: he conducts the investigation phase in order to deem whether to file a formal charge against the defendant or to dismiss the case and the investigative evidence collected should serve only for this purpose. According to so called “inutilizzabilità fisiologica”’s rule, the evidence collected during investigations by prosecutor is not usable during trial by the judge: the results of the investigative efforts displayed by the parties should be kept outside of court. If the proceedings go on to trial, the case shall be deemed with only evidence collected in front of the judge. To create the separation of the trial phase from the investigation stage, there is the double-dossier system. During the investigations, evidence are collected in an investigation dossier. The trial judge will never see the investigation dossier and the trial judge’s decision is based on a new dossier, the trial dossier, with the evidence collected during the trial. The issue of my research is about the investigation, the so called “inutilizzabilità fisiologica”’s rule and also the exclusionary rules that concern the investigative phase and the decisions pronounced during the investigations (for example, the decisions concerning pre-trial confinement). 2 In fact, the exclusionary rule system (so called “inutilizzabilità patologica”) provides that evidence cannot be used in Italian criminal proceedings if it was the result of illegal inquiry.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Chromatography represents one of the most important and widely used unit operation in the biotechnology industry. However this technique suffers from several limitations such as high pressure drop, slow mass transfer through the diffusive pores and strong dependence of the binding capacity on flow rate. In this work, affinity membranes with improved capacity have been considered as an alternative technology for the capturing step in antibody manufacturing. Several affinity membranes have been prepared starting from various membrane supports. Different affinity ligands have been utilized like Protein A, the natural ligand of choice for antibodies, as well as synthetic ligands that exhibit affinity for the Fc portion of antibodies. The membranes have been characterized in detail: binding and elution performance was evaluated in adsorption experiments using pure IgG solutions, while membrane selectivity was evaluated using complex solutions like a cell culture supernatant. The most promising affinity membranes were extensively tested in dynamic experiments. The effects of operating parameters like feed concentration and flow rate on separation performances like binding capacity, selectivity and process yield have been studied in detail in order to find the optimal conditions for binding and elution steps. The membranes have been used over several complete chromatographic cycles to evaluate the effects of ageing and of membrane regeneration on dynamic binding capacity. A novel mathematical model is proposed that can describe all the chromatographic steps involved in the membrane affinity chromatography process for protein purification. The mathematical description is based on the species continuity equation coupled with a proper binding kinetic equation, and suitable to describe adequately the dispersion phenomena occurring both in the micro-porous membranes as well as in the extra-column devices used in the system. The model considers specifically all the different chromatographic steps, namely adsorption, washing and elution. The few relevant fitting parameters of the model were derived from a calibration with the experimental affinity cycles performed with pure IgG solutions, then the model is used to describe experimental data obtained in chromatographic cycles carried out with complex feeds as the cell culture supernatant. Simulations reveal a good agreement with experimental data in all the chromatography steps, both in the case of pure IgG solutions and for the cell culture supernatant considered.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Definizione del problema: Nonostante il progresso della biotecnologia medica abbia consentito la sopravvivenza del feto, fuori dall’utero materno, ad età gestazionali sempre più basse, la prognosi a breve e a lungo termine di ogni nuovo nato resta spesso incerta e la medicina non è sempre in grado di rimediare completamente e definitivamente ai danni alla salute che spesso contribuisce a causare. Sottoporre tempestivamente i neonati estremamente prematuri alle cure intensive non ne garantisce la sopravvivenza; allo stesso modo, astenervisi non ne garantisce la morte o almeno la morte immediata; in entrambi i casi i danni alla salute (difetti della vista e dell’udito, cecità, sordità, paralisi degli arti, deficit motori, ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento e del comportamento) possono essere gravi e permanenti ma non sono prevedibili con certezza per ogni singolo neonato. Il futuro ignoto di ogni nuovo nato, insieme allo sgretolamento di terreni morali condivisi, costringono ad affrontare laceranti dilemmi morali sull’inizio e sul rifiuto, sulla continuazione e sulla sospensione delle cure. Oggetto: Questo lavoro si propone di svolgere un’analisi critica di alcune strategie teoriche e pratiche con le quali, nell’ambito delle cure intensive ai neonati prematuri, la comunità scientifica, i bioeticisti e il diritto tentano di aggirare o di risolvere l’incertezza scientifica e morale. Tali strategie sono accomunate dalla ricerca di criteri morali oggettivi, o almeno intersoggettivi, che consentano ai decisori sostituti di pervenire ad un accordo e di salvaguardare il vero bene del paziente. I criteri esaminati vanno dai dati scientifici riguardanti la prognosi dei prematuri, a “fatti” di natura più strettamente morale come la sofferenza del paziente, il rispetto della libertà di coscienza del medico, l’interesse del neonato a sopravvivere e a vivere bene. Obiettivo: Scopo di questa analisi consiste nel verificare se effettivamente tali strategie riescano a risolvere l’incertezza morale o se invece lascino aperto il dilemma morale delle cure intensive neonatali. In quest’ultimo caso si cercherà di trovare una risposta alla domanda “chi deve decidere per il neonato?” Metodologia e strumenti: Vengono esaminati i più importanti documenti scientifici internazionali riguardanti le raccomandazioni mediche di cura e i pareri della comunità scientifica; gli studi scientifici riguardanti lo stato dell’arte delle conoscenze e degli strumenti terapeutici disponibili ad oggi; i pareri di importanti bioeticisti e gli approcci decisionali più frequentemente proposti ed adoperati; alcuni documenti giuridici internazionali riguardanti la regolamentazione della sperimentazione clinica; alcune pronunce giudiziarie significative riguardanti casi di intervento o astensione dall’intervento medico senza o contro il consenso dei genitori; alcune indagini sulle opinioni dei medici e sulla prassi medica internazionale; le teorie etiche più rilevanti riguardanti i criteri di scelta del legittimo decisore sostituto del neonato e la definizione dei suoi “migliori interessi” da un punto di vista filosofico-morale. Struttura: Nel primo capitolo si ricostruiscono le tappe più importanti della storia delle cure intensive neonatali, con particolare attenzione agli sviluppi dell’assistenza respiratoria negli ultimi decenni. In tal modo vengono messi in luce sia i cambiamenti morali e sociali prodotti dalla meccanizzazione e dalla medicalizzazione dell’assistenza neonatale, sia la continuità della medicina neonatale con il tradizionale paternalismo medico, con i suoi limiti teorici e pratici e con lo sconfinare della pratica terapeutica nella sperimentazione incontrollata. Nel secondo capitolo si sottopongono ad esame critico le prime tre strategie di soluzione dell’incertezza scientifica e morale. La prima consiste nel decidere la “sorte” di un singolo paziente in base ai dati statistici riguardanti la prognosi di tutti i nati in condizioni cliniche analoghe (“approccio statistico”); la seconda, in base alla risposta del singolo paziente alle terapie (“approccio prognostico individualizzato”); la terza, in base all’evoluzione delle condizioni cliniche individuali osservate durante un periodo di trattamento “aggressivo” abbastanza lungo da consentire la raccolta dei dati clinici utili a formulare una prognosi sicura(“approccio del trattamento fino alla certezza”). Viene dedicata una più ampia trattazione alla prima strategia perché l’uso degli studi scientifici per predire la prognosi di ogni nuovo nato accomuna i tre approcci e costituisce la strategia più diffusa ed emblematica di aggiramento dell’incertezza. Essa consiste nella costruzione di un’ “etica basata sull’evidenza”, in analogia alla “medicina basata sull’evidenza”, in quanto ambisce a fondare i doveri morali dei medici e dei genitori solo su fatti verificabili (le prove scientifiche di efficacia delle cure)apparentemente indiscutibili, avalutativi o autocertificativi della moralità delle scelte. Poiché la forza retorica di questa strategia poggia proprio su una (parziale) negazione dell’incertezza dei dati scientifici e sulla presunzione di irrilevanza della pluralità e della complessità dei valori morali nelle decisioni mediche, per metterne in luce i limiti si è scelto di dedicare la maggior parte del secondo capitolo alla discussione dei limiti di validità scientifica degli studi prognostici di cui i medici si avvalgono per predire la prognosi di ogni nuovo nato. Allo stesso scopo, in questo capitolo vengono messe in luce la falsa neutralità morale dei giudizi scientifici di “efficacia”, “prognosi buona”, “prognosi infausta” e di “tollerabilità del rischio” o dei “costi”. Nel terzo capitolo viene affrontata la questione della natura sperimentale delle cure intensive per i neonati prematuri al fine di suggerire un’ulteriore ragione dell’incertezza morale, dell’insostenibilità di obblighi medici di trattamento e della svalutazione dell’istituto del consenso libero e informato dei genitori del neonato. Viene poi documentata l’esistenza di due atteggiamenti opposti manifestati dalla comunità scientifica, dai bioeticisti e dal diritto: da una parte il silenzio sulla natura sperimentale delle terapie e dall’altra l’autocertificazione morale della sperimentazione incontrollata. In seguito si cerca di mostrare come entrambi, sebbene opposti, siano orientati ad occultare l’incertezza e la complessità delle cure ai neonati prematuri, per riaffermare, in tal modo, la precedenza dell’autorità decisionale del medico rispetto a quella dei genitori. Il quarto capitolo, cerca di rispondere alla domanda “chi deve decidere in condizioni di incertezza?”. Viene delineata, perciò, un’altra strategia di risoluzione dell’incertezza: la definizione del miglior interesse (best interest) del neonato, come oggetto, limite e scopo ultimo delle decisioni mediche, qualsiasi esse siano. Viene verificata l’ipotesi che il legittimo decisore ultimo sia colui che conosce meglio di ogni altro i migliori interessi del neonato. Perciò, in questo capitolo vengono esposte e criticate alcune teorie filosofiche sul concetto di “miglior interesse” applicato allo speciale status del neonato. Poiché quest’analisi, rivelando l’inconoscibilità del best interest del neonato, non consente di stabilire con sicurezza chi sia intitolato a prendere la decisione ultima, nell’ultimo capitolo vengono esaminate altre ragioni per le quali i genitori dovrebbero avere l’ultima parola nelle decisioni di fine o di proseguimento della vita. Dopo averle scartate, viene proposta una ragione alternativa che, sebbene non risolutiva, si ritiene abbia il merito di riconoscere e di non mortificare l’irriducibilità dell’incertezza e l’estrema complessità delle scelte morali, senza rischiare, però, la paralisi decisionale, il nichilismo morale e la risoluzione non pacifica dei conflitti.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Il Medio Oriente è una regione in cui le scarse risorse idriche giocano un ruolo fondamentale nei rapporti e nelle relazioni tra gli Stati. Soprattutto nell'area di Israele, Palestina e Giordania la natura transfrontaliera delle fonti idriche condivise è considerata da qualche ricercatore come un catalizzatore del più ampio conflitto arabo-israeliano. Altri studiosi, tuttavia, vedono nella cooperazione regionale sulle risorse idriche un potenziale cammino verso una pace duratura veicolata dalla natura interdipendente delle fonti idriche comuni a più territori. Dato che l'acqua è l'elemento che per molti aspetti contribuisce allo sviluppo sociale ed economico e dato che le fonti idriche sotterranee e di superficie non conoscono confini e si muovono liberamente nel territorio, la cooperazione tra gli Stati rivieraschi delle risorse idriche dovrebbe arrivare a prevalere sul conflitto. Unica nel suo genere, l'ong trilaterale israelo-palestinese giordana Friends of the Earth Middle East, FoEME, ha fatto proprio tale auspicio e dal 1994 punta a sviluppare progetti di cooperazione per la salvaguardia del patrimonio naturale dell'area del bacino del fiume Giordano e del Mar Morto. Attraverso l'esperienza del Progetto Good Water Neighbors, GWN, avviato nel 2002, sta lavorando ad una serie di iniziative nel campo dell'environmental awareness e del social empowerment a favore di comunità  israeliane, palestinesi e giordane transfrontaliere che condividono risorse idriche sotterranee o di superficie. Operando inizialmente a livello locale per identificare i problemi idrico-ambientali di ogni comunità  selezionata e lavorare con i cittadini (ragazzi, famiglie e amministratori municipali) per migliorare la conoscenza idrica locale attraverso attività  di educazione ambientale, di water awareness e piani di sviluppo urbano eco-compatibile, il Progetto GWN ha facilitato a livello transfrontaliero i rapporti tra le comunità  confinanti abbattendo la barriera di sfiducia e sospetto che normalmente impedisce relazioni pacifiche, ha coadiuvato l'analisi dei problemi idrici comuni cercando di risolverli attraverso uno sforzo programmatico condiviso e sostenibile, per giungere infine a livello regionale ad incoraggiare la gestione idrica comune attraverso lo scambio di informazioni, il dialogo e lo sforzo/impegno cooperativo congiunto tra gli attori parte del GWN al fine di incentivare la pace attraverso l'interesse comune della tutela delle fonti idriche condivise. Gli approcci di local development e participation, le azioni di confidence building e il peacebuilding attraverso la tutela ambientale applicati con il metodo di bottom up all'interno di un contesto non pacificato come quello del conflitto arabo-israeliano, fanno del Progetto GWN un esperimento innovativo e originale. Le comunità  israeliane, palestinesi e giordane selezionate hanno imparato a migliorare le proprie condizioni idrico-ambiennali cooperando assieme e sfruttando l'interdipendenza dalle fonti idriche condivise, avviando nel contempo rapporti pacifici con società  sempre considerate nemiche. La sfida è stata quella di far comprendere le potenzialità  di una cooperazione locale, in vista di un coordinamento regionale e di uno sforzo comune in grado di generare un beneficio collettivo. La lezione appresa finora durante questi primi sette anni di Progetto è stata quella di capire che non è necessario attendere la fine del conflitto per poter essere di aiuto alle proprie comunità  o per un benessere personale, ma si può agire subito, anche nel pieno dell'Intifada al-Aqsa e con i coprifuoco.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

The research project presented in this dissertation is about text and memory. The title of the work is "Text and memory between Semiotics and Cognitive Science: an experimental setting about remembering a movie". The object of the research is the relationship between texts or "textuality" - using a more general semiotic term - and memory. The goal is to analyze the link between those semiotic artifacts that a culture defines as autonomous meaningful objects - namely texts - and the cognitive performance of memory that allows to remember them. An active dialogue between Semiotics and Cognitive Science is the theoretical paradigm in which this research is set, the major intend is to establish a productive alignment between the "theory of text" developed in Semiotics and the "theory of memory" outlined in Cognitive Science. In particular the research is an attempt to study how human subjects remember and/or misremember a film, as a specific case study; in semiotics, films are “cinematographic texts”. The research is based on the production of a corpus of data gained through the qualitative method of interviewing. After an initial screening of a fulllength feature film each participant of the experiment has been interviewed twice, according to a pre-established set of questions. The first interview immediately after the screening: the subsequent, follow-up interview three months from screening. The purpose of this design is to elicit two types of recall from the participants. In order to conduce a comparative inquiry, three films have been used in the experimental setting. Each film has been watched by thirteen subjects, that have been interviewed twice. The corpus of data is then made by seventy-eight interviews. The present dissertation displays the results of the investigation of these interviews. It is divided into six main parts. Chapter one presents a theoretical framework about the two main issues: memory and text. The issue of the memory is introduced through many recherches drown up in the field of Cognitive Science and Neuroscience. It is developed, at the same time, a possible relationship with a semiotic approach. The theoretical debate about textuality, characterizing the field of Semiotics, is examined in the same chapter. Chapter two deals with methodology, showing the process of definition of the whole method used for production of the corpus of data. The interview is explored in detail: how it is born, what are the expected results, what are the main underlying hypothesis. In Chapter three the investigation of the answers given by the spectators starts. It is examined the phenomenon of the outstanding details of the process of remembering, trying to define them in a semiotic way. Moreover there is an investigation of the most remembered scenes in the movie. Chapter four considers how the spectators deal with the whole narrative. At the same time it is examined what they think about the global meaning of the film. Chapter five is about affects. It tries to define the role of emotions in the process of comprehension and remembering. Chapter six presents a study of how the spectators account for a single scene of the movie. The complete work offers a broad perspective about the semiotic issue of textuality, using both a semiotic competence and a cognitive one. At the same time it presents a new outlook on the issue of memory, opening several direction of research.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Polymer blends constitute a valuable way to produce relatively low cost new materials. A still open question concerns the miscibility of polyethylene blends. Deviations from the log-additivity rule of the newtonian viscosity are often taken as a signature of immiscibility of the two components. The aim of this thesis is to characterize the rheological behavior in shear and elongation of five series of LLDPE/LDPE blends whose parent polymers have been chosen with different viscosity and SCB content and length. Synergistic effects have been measured for both zero shear viscosity and melt strength. Both SCB length and viscosity ratio between the components have been found to be key parameters for the miscibility of the pure polymers. In particular the miscibility increases with increasing SCB length and with decreasing the LDPE molecular weight and viscosity. This rheological behavior has significant effects on the processability window of these blends when the uni or biaxial elongational flows are involved. The film blowing is one of the processes for which the synergistic effects above mentioned can be crucial. Small scale experiments of film blowing performed for one of the series of blends has demonstrated that the positive deviation of the melt strength enlarges the processability window. In particular, the bubble stability was found to improve or disappear when the melt strength of the samples increased. The blending of LDPE and LLDPE can even reduce undesired melt flow instability phenomena widening, as a consequence, the processability window in extrusion. One of the series of blends has been characterized by means of capillary rheometry in order to allow a careful morphological analysis of the surface of the extruded polymer jets by means of Scanning Electron Microscopy (SEM) with the aim to detect the very early stages of the small scale melt instabilty at low shear rates (sharksin) and to follow its subsequent evolution as long as the shear rate was increased. With this experimental procedure it was possible to evaluate the shear rate ranges corresponding to different flow regions: smooth extrudate surface (absence of instability), sharkskin (small scale instability produced at the capillary exit), stick-slip transition (instability involving the whole capillary wall) and gross melt fracture (i.e. a large scale "upstream" instability originating from the entrance region of the capillary). A quantitative map was finally worked out using which an assessment of the flow type for a given shear rate and blend composition can be predicted.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Sect. 606, par. 1, e), as modified by Law 46, enacted on Februray 20th, 2006 introduced the chance to appeal to the Court of cassation in case of inconsistent reasoning and extended control on its existence and on other flaws and lack of obvious logic over the text of the contested decision, namely “to other acts the process specified in the grounds of burden”. The renewed provision seems to properly reappoint the “distortion of the evidence”, i.e. the omitted or distorted evidence that could be relevant and conclusive one, in the peculiar context of the grounds' vice. After a general review of the obligation to state reasons for judicial decisions, we analyze the innovative status of the vice of “distortion of evidence” and the conditions and the limits - defined by the law - within we can contest a resolution for illegitimacy. Then, we outline the systematic spin-off brought by the new form of sect. 606, par. 1, e) on some institutions in the code of criminal procedure. Finally, we make the role of the Court of cassation clear in the modern criminal trial, since the 2006 reform gave no definite answer on this fundamental aspect of the question.