22 resultados para Mitología romana


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Questa ricerca mostra l’evoluzione della letteratura mitologica per ragazzi in Italia. Il primo libro italiano di mitologia per bambini è stato pubblicato nel 1911 (lo stesso anno di un’importante e violenta guerra coloniale tra l’Italia e la Libia): la scrittrice italiana Laura Orvieto pubblicò allora “Storie della storia del mondo”, in cui riunì antichi racconti greci per giovani lettori. Queste storie erano ispirate al libro mitologico per bambini “Il libro delle meraviglie” di Hawthorne (titolo originale “A Wonder Book for Girls and Boys”). In seguito molti scrittori italiani scrissero libri mitologici per giovani lettori: serie importanti di libri di mitologia per bambini furono pubblicate durante il regime mussoliniano – talvolta per diffondere l’ideologia fascista della superiorità romana. Durante questo periodo, i libri mitologici spesso mostravano uno stile letterario solenne. Dopo la seconda guerra mondiale, la letteratura mitologica per bambini cambiò lentamente prospettiva: gli scrittori italiani cominciarono ad usare il mito per parlare di problemi sociali (p.e. Gianni Rodari descriveva re Mida come un capitalista) e per spiegare le diverse condizioni umane (p.e. Beatrice Masini fa riferimento alle dee e alle eroine greche per descrivere la condizione femminile). La ricerca analizza anche la relazione tra mito e scuola in Italia: i racconti mitologici hanno sempre fatto parte dei programmi scolastici italiani per bambini dagli 8 agli 11 anni. Le riforme scolastiche – deliberate negli anni ’20 e ’40 – fissarono pratiche didattiche sui miti ancora oggi in uso. I racconti mitologici erano soprattutto un supporto per gli studi storici e letterari. Tuttavia, negli ultimi decenni, i miti sono divenuti un importante aiuto per gli insegnamenti scientifici e artistici.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Scopo di questo lavoro è quello di analizzare le componenti tattiche, strategiche e sociali della guerriglia antiromana in Britannia e in Giudea, in un periodo che va dal I secolo a. C. al III secolo d. C., con l'obiettivo di mettere in luce la differente efficacia delle tattiche non ortodosse rispetto a quelle convenzionali; e di analizzare le risposte teoriche ed empiriche concepite dai Romani per affrontare questa forma di lotta. La tesi è stata articolata nel modo seguente: una prima parte analizza gli aspetti tattici, strategici e sociali della guerriglia e della controguerriglia, anche attraverso il metodo comparativo, mettendo cioè a confronto alcuni dei principali testi sulla guerra non convenzionale redatti in epoche e contesti diversi, dai quali si è cercato di delle costanti potenzialmente applicabili a qualsiasi periodo storico e a qualsiasi area geografica. Nella seconda parte si cerca di applicare tali costanti alla realtà storico – sociale dell'impero romano. Particolare attenzione è stata riservata al rapporto tra la mentalità romana, basata sul concetto di bellum iustum, e le tattiche non ortodosse. La terza e la quarta parte analizzano la resistenza antiromana in Britannia e in Giudea, mettendone in luce tutti gli aspetti, in particolare quelli legati alla guerriglia rurale, a quella urbana, al terrorismo, all'evoluzione della guerriglia da guerra per bande a guerra convenzionale e alla controguerriglia. La scelta di queste due province non è casuale. In province così lontane e diverse tra loro, Roma inviò spesso gli stessi generali esperti di controguerriglia. Questo particolare permette di notare la presenza, a Roma, di una grand strategy che, consapevole del fenomeno della guerriglia, ne affidò la repressione agli stessi generali, specialisti della controguerriglia, non esitando a spostarli, in caso di necessità, da un capo all'altro dell'impero.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi si occupa del rapporto tra il Maestro di Ozieri e la produzione figurativa in Sardegna nella prima metà del Cinquecento. Studia l'uso delle incisioni. Valuta l'influenza della pittura romana e meridionale. Riflette sulla possibile identità straniera del pittore, sulla base delle molte somiglianze con artisti tedeschi e fiamminghi. Si occupa di comprendere quali possano essere considerate le opere autografe e quali quelle eseguite da seguaci e imitatori. Riformula alla luce dei confronti stilistici e delle ricerche in archivio la personalità dell'artista e la sua collocazione cronologica.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La VI regio augustea di Roma rappresenta uno dei settori urbani maggiormente investiti dalle modifiche radicali compiute dall’uomo nel processo di urbanizzazione della città che ne hanno modificato profondamente la situazione altimetrica e la conformazione originaria. Questi notevoli cambiamenti ebbero origine sin dall’età antica, ma si intensificarono profondamente soprattutto nel periodo rinascimentale quando a partire da Pio IV e soprattutto con Sisto V, attivo in tante altre zone della città, si svilupparono numerose opere di rinnovamento urbanistico che incisero notevolmente sul volto e sulle caratteristiche della zona in esame. A partire dal Rinascimento fino ad arrivare ai grandi scavi della fine del 1800 tutto il quartiere incominciò a “popolarsi” di numerosi edifici di grande mole che andarono ad intaccare completamente le vestigia del periodo antico: la costruzione del Palazzo del Quirinale e dei vari palazzi nobiliari ma soprattutto la costruzione dei numerosi ministeri e della prima stazione Termini alla fine dell’800 comportarono numerosi sventramenti senza la produzione di una adeguata documentazione delle indagini di scavo. Questa ricerca intende ricostruire, in un’ottica diacronica, la topografia di uno dei quartieri centrali della Roma antica attraverso l’analisi dei principali fenomeni che contraddistinguono l’evoluzione del tessuto urbano sia per quanto riguarda le strutture pubbliche che in particolar modo quelle private. Infatti, il dato principale che emerge da questa ricerca è che questa regio si configura, a partire già dal periodo tardo-repubblicano, come un quartiere a vocazione prevalentemente residenziale, abitato soprattutto dall’alta aristocrazia appartenente alle più alte cariche dello Stato romano; oltre a domus ed insulae, sul Quirinale, vennero costruiti lungo il corso di tutta l’età repubblicana alcuni tra i più antichi templi della città che con la loro mole occuparono parte dello spazio collinare fino all’età tardoantica, rappresentando così una macroscopica e costante presenza nell’ingombro dello spazio edificato.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Il presente lavoro si pone l'obiettivo di fornire una rilettura filologica delle fonti numismatiche sui membri femminili della domus imperiale romana da Livia a Matidia Maggiore, supportata da una schedatura informatizzata del documento monetale. La compilazione è stata condotta tramite lo spoglio dei repertori di maggiore consultazione (RIC, BMCRE, BNCMER, HCC) e ha posto l'attenzione sia sugli elementi iconografici che su quelli epigrafici che vanno a comporre l'aspetto estrinseco della moneta. La scelta di tali elementi nelle emissioni imperiali è l'espressione di un vero e proprio linguaggio dotato di una logica comunicativa ben precisa e finalizzata a garantire la comprensibilità del messaggio. La sua decodifica consente di individuare possibili linee di definizione del ruolo pubblico e politico delle Auguste nel quadro dell'ideologia imperiale. A veicolare questo significato contribuiscono ugualmente gli elementi iconografici, con valore connotativo rispetto al soggetto raffigurato, e quelli epigrafici, con valore esplicativo ai fini della comprensione del dato visivo. La moneta rappresenta dunque un documento complesso, che necessita di una specifica metodologia di indagine volta a interpretarne tutti gli elementi.