64 resultados para Mare Adriatico, circolazione, batimetria


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The thesis objectives are to develop new methodologies for study of the space and time variability of Italian upper ocean ecosystem through the combined use of multi-sensors satellite data and in situ observations and to identify the capability and limits of remote sensing observations to monitor the marine state at short and long time scales. Three oceanographic basins have been selected and subjected to different types of analyses. The first region is the Tyrrhenian Sea where a comparative analysis of altimetry and lagrangian measurements was carried out to study the surface circulation. The results allowed to deepen the knowledge of the Tyrrhenian Sea surface dynamics and its variability and to defined the limitations of satellite altimetry measurements to detect small scale marine circulation features. Channel of Sicily study aimed to identify the spatial-temporal variability of phytoplankton biomass and to understand the impact of the upper ocean circulation on the marine ecosystem. An combined analysis of the satellite of long term time series of chlorophyll, Sea Surface Temperature and Sea Level field data was applied. The results allowed to identify the key role of the Atlantic water inflow in modulating the seasonal variability of the phytoplankton biomass in the region. Finally, Italian coastal marine system was studied with the objective to explore the potential capability of Ocean Color data in detecting chlorophyll trend in coastal areas. The most appropriated methodology to detect long term environmental changes was defined through intercomparison of chlorophyll trends detected by in situ and satellite. Then, Italian coastal areas subject to eutrophication problems were identified. This work has demonstrated that satellites data constitute an unique opportunity to define the features and forcing influencing the upper ocean ecosystems dynamics and can be used also to monitor environmental variables capable of influencing phytoplankton productivity.

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La presente ricerca mira ad individuare e risolvere alcuni problemi di inquadramento e di disciplina applicabile in ordine all’istituto regolato dall’art. 8 della legge n. 40/2007, con successive modificazioni ed integrazioni, definito a livello normativo come «portabilità del mutuo». In particolare, ci si è chiesti come la nuova normativa in tema di trasferibilità del mutuo possa inserirsi all’interno della disciplina della surrogazione se quest’ultima non venga considerata come possibile strumento di circolazione del credito e se ci si possa spingere fino a considerare l’art. 8 come una riscrittura moderna dell’istituto codicistico. Sebbene l’art. 8 non sia stato limitato ai finanziamenti ipotecari, tali istituti costituiscono il principale ambito di applicazione della normativa. Per questa ragione si è sostenuto che la disposizione, più che la «portabilità del mutuo», avrebbe lo scopo di incentivare la «portabilità dell’ipoteca», intendendosi quest’ultima come la surrogazione del nuovo finanziatore nel credito ipotecario, ovvero più specificamente nell’ipoteca, ai sensi dell’art. 1202 c.c. Lo studio dei riflessi della surrogazione, così come prevista dalla legge del 2007, sulle garanzie in generale e sull’ipoteca in particolare, ha mostrato come il legislatore, tramite l’introduzione di una disciplina semplificata, abbia inteso adeguare gli istituti giuridici tradizionali alle esigenze pratiche di flessibilità del mercato del credito; ciò tuttavia con scarso successo e lasciando aperti taluni dubbi interpretativi. Al fine di approfondire la ricerca, si è affrontata la materia oggetto di studio in un’ottica comparata, rilevando quali siano a livello europeo le principali differenze in tema di circolazione del credito, portabilità del mutuo e trasferibilità delle garanzie.

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Utilizzando fonti della più diversa tipologia (liturgiche, agiografiche, storiche, letterarie, archeologiche ed epigrafiche), lo studio condotto sulla Passio s. Prisci e sulla Vita s. Castrensis, entrambe con ogni probabilità composte da monaci benedettini a Capua tra X e XI secolo, si concentra innanzitutto sulle vicende che in quell'arco di tempo resero possibile la permanenza delle comunità di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno nel centro campano e sul riflesso che la loro presenza ebbe sulla vita politica e culturale della città. La Passio s. Prisci acquista una valenza non solo religiosa ma anche politica se messa in relazione con la quasi contemporanea istituzione della metropolia capuana; la Vita s. Castrensis, per la netta prevalenza dell'elemento fantastico e soprannaturale che la caratterizza, appare meno legata alle contingenze storico-politiche e più vicina ai topoi della tradizione agiografica e popolare. I capitoli centrali della tesi sono dedicati alla figura di Quodvultdeus, vescovo cartaginese esiliato dai Vandali nel V secolo, la cui vicenda, narrata da Vittore di Vita nell'Historia persecutionis africanae provinciae ha funto da modello per le agigrafie campane. La ricerca prende dunque in considerazione le fonti letterarie, i ritrovamenti archeologici e le testimonianze epigrafiche che confermerebbero la testimonianza di Vittore, riflettendo inoltre sui rapporti di natura commerciale che nel V secolo intercorsero tra Africa e Campania e sul forte legame esistente, già a partire dal secolo precedente, tra le Chiese delle due regioni, fattori che potrebbero aver facilitato l'arrivo degli esuli cartaginesi a Napoli. L'ultima parte del lavoro è volta a rintracciare le ragioni storiche e letterarie che possono aver spinto gli autori dei testi a trasformare due santi di sicura origine campana in vescovi africani venuti dal mare, favorendo la diffusione del topos nell'agiografia campana medievale.

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Questa ricerca intende esaminare l'impatto della circolazione transfrontaliera dei servizi sul bilanciamento tra regole di mercato e politiche sociali. L'analisi di questa tensione costituisce il punto di partenza per una riflessione più ampia che si propone di comprendere come la conciliazione tra solidarietà e competitività e, più generalmente, tra esigenze di protezione sociale degli Stati membri e tradizionali competenze comunitarie nell'ambito del mercato comune, possa operare nel settore dei servizi. Un mercato comune dei servizi in costante espansione in senso transfrontaliero ha indubbiamente effetti non trascurabili sul piano sociale ed in particolare sul diritto del lavoro consolidatosi nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri. La necessità di conciliare solidarietà e competitività alla base del concetto di economia sociale ed il rinnovato accento sulla dimensione sociale dell'Unione accolto nel Trattato di Lisbona dovrebbero promuovere una convivenza armoniosa tra un'integrazione europea di carattere principalmente economico ed i residui spazi di intervento statale a tutela dei mercati nazionali del lavoro. Prima di analizzare cause ed effetti di tale potenziale conflitto nell'ambito del mercato europeo dei servizi risulta necessario fornire un panorama del quadro normativo applicabile agli operatori economici che intendano fornire a titolo temporaneo una prestazione in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento. Nell'ambito di tale disamina, dedicata alle fonti conflittuali del diritto europeo applicabili ai prestatori di servizi, individueremo le condizioni che devono rispettare gli operatori per esercitare un'attività in uno Stato membro diverso da quello di origine (Parte I). Potremo quindi illustrare come l'esercizio delle libertà comunitarie di circolazione da parte delle imprese europee abbia fatto emergere le contraddizioni ed i limiti del funzionamento del mercato comune rispetto alla fruizione dei diritti sociali da parte dei lavoratori locali e distaccati (Parte II).

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Il fine principale della tesi è di dimostrare che il concetto di economia verde, pur non avendo natura giuridica, ha un rilievo notevole nel diritto dell’Unione europea, in particolare rispetto al mercato dei servizi. L’indagine concerne innanzitutto lo sviluppo sostenibile, del quale l’economia verde rappresenta uno strumento, per poi incentrarsi sul concetto di economia verde, al fine di ricostruire la sua veste giuridica e la sua collocazione nel diritto (primario) dell’Unione europea. In secondo luogo, si analizza come l’Unione stia utilizzando il proprio diritto per favorire la transizione verso un’economia verde e per stimolare la circolazione dei relativi servizi. Da ultimo, vengono prospettate le varie relazioni che si ritiene possano intercorrere tra l’economia verde (nella sua dimensione giuridica a livello sovranazionale) e la libera prestazione dei servizi.

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La tesi esplora il rapporto tra architettura e acqua, concentrandosi sulle nuove sfide poste dall'innalzamento del livello del mare per i territori marginali come il Basso Ferrarese nel Delta del Po. L'acqua è stata esplorata come elemento fluente e legato alla vita umana attraverso vari aspetti, dall'abitare ai giardini di Barragan, dalle opere di ingegneria romana alle architetture galleggianti. La ricerca ha portato alla creazione di un vocabolario progettuale che comprende relazioni spaziali, funzionali, formali e percettive per sviluppare nuovi scenari futuri. La tesi considera le sfide del cambiamento climatico soprattutto in relazione all’innalzamento del mare, che richiede nuovi approcci progettuali. L'elaborazione di visioni e immaginari utopici, in cui l'acqua diventa materia del progetto, è considerata importante dalla letteratura legata all’ecological urbanism per creare nuovi territori che affrontino le sfide ambientali in modo sostenibile. La ricerca si è concentrata sul Delta del Po e sulla costa adriatica italiana come una delle aree più estese a rischio in Europa. La tesi propone un'immaginario per la composizione futura dello spazio d'acqua che consenta alla persistenza e all'elemento naturale di convivere in armonia. Attraverso esercitazioni progettuali, la ricerca ha esplorato le possibilità compositive dell'area e ha cercato di capire se il sistema di relazioni identificato nella prima fase di ricerca può essere utilizzato per definire nuove possibilità dell'area. In sintesi, la tesi propone nuove riflessioni sul rapporto tra architettura e acqua e suggerisce l'importanza di un approccio sostenibile alle sfide ambientali che devono essere affrontate nei territori marginali. L'immaginario proposto per la composizione futura dello spazio d'acqua si basa su un sistema di relazioni che incoraggia la convivenza dell'uomo con la natura.

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La ricerca presentata è un’ampia esplorazione delle possibili applicazioni di concetti, metodi e procedure della Fuzzy Logic all’Ingegneria dei Materiali. Tale nuovo approccio è giustificato dalla inadeguatezza dei risultati conseguiti con i soli metodi tradizionali riguardo alla reologia ed alla durabilità, all’utilizzo di dati di laboratorio nella progettazione e alla necessità di usare un linguaggio (informatizzabile) che consenta una valutazione congiunta degli aspetti tecnici, culturali, economici, paesaggistici della progettazione. – In particolare, la Fuzzy Logic permette di affrontare in modo razionale l’aleatorietà delle variabili e dei dati che, nel settore specifico dei materiali in opera nel costruito dei Beni Culturali, non possono essere trattati con i metodi statistici ordinari. – La scelta di concentrare l’attenzione su materiali e strutture in opera in siti archeologici discende non solo dall’interesse culturale ed economico connesso ai sempre più numerosi interventi in questo nuovo settore di pertinenza dell’Ingegneria dei Materiali, ma anche dal fatto che, in tali contesti, i termini della rappresentatività dei campionamenti, della complessità delle interazioni tra le variabili (fisiche e non), del tempo e quindi della durabilità sono evidenti ed esasperati. – Nell’ambito di questa ricerca si è anche condotto un ampio lavoro sperimentale di laboratorio per l’acquisizione dei dati utilizzati nelle procedure di modellazione fuzzy (fuzzy modeling). In tali situazioni si è operato secondo protocolli sperimentali standard: acquisizione della composizione mineralogica tramite diffrazione di raggi X (XRD), definizione della tessitura microstrutturale con osservazioni microscopiche (OM, SEM) e porosimetria tramite intrusione forzata di mercurio (MIP), determinazioni fisiche quali la velocità di propagazione degli ultrasuoni e rotoviscosimetria, misure tecnologiche di resistenza meccanica a compressione uniassiale, lavorabilità, ecc. – Nell’elaborazione dei dati e nella modellazione in termini fuzzy, la ricerca è articolata su tre livelli: a. quello dei singoli fenomeni chimico-fisici, di natura complessa, che non hanno trovato, a tutt’oggi, una trattazione soddisfacente e di generale consenso; le applicazioni riguardano la reologia delle dispersioni ad alto tenore di solido in acqua (calci, cementi, malte, calcestruzzi SCC), la correlazione della resistenza a compressione, la gelività dei materiali porosi ed alcuni aspetti della durabilità del calcestruzzo armato; b. quello della modellazione della durabilità dei materiali alla scala del sito archeologico; le applicazioni presentate riguardano i centri di cultura nuragica di Su Monte-Sorradile, GennaMaria-Villanovaforru e Is Paras-Isili; c. quello della scelta strategica costituita dalla selezione del miglior progetto di conservazione considerando gli aspetti connessi all’Ingegneria dei Materiali congiuntamente a quelli culturali, paesaggistici ed economici; le applicazioni hanno riguardato due importanti monumenti (Anfiteatro e Terme a Mare) del sito Romano di Nora-Pula.

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La ricerca consiste nell’analisi degli elementi normativi che caratterizzano l’azione della Comunità in materia di alimenti. L’obiettivo è quello di verificare l’esistenza di un nucleo di principi comuni cui il legislatore comunitario si ispira nella ricerca di un equilibrio tra le esigenze di tutela della salute e quelle relative alla libera circolazione degli alimenti. Lo studio si apre con la ricostruzione storica delle principali fasi che hanno condotto alla definizione della politica comunitaria di sicurezza alimentare. Durante i primi anni del processo di integrazione europea, l’attenzione del legislatore comunitario si è concentrata sugli alimenti, esclusivamente in virtù della loro qualità di merci. La tutela della salute rimaneva nella sfera di competenza nazionale e le incursioni del legislatore comunitario in tale settore erano volte ad eliminare le divergenze normative suscettibili di rappresentare un ostacolo al commercio. Nella trattazione sono illustrati i limiti che un approccio normativo essenzialmente orientato alla realizzazione del mercato interno era in grado potenzialmente di creare sul sistema e che le vicende legate alle crisi alimentari degli anni Novanta hanno contribuito a rendere evidenti. Dall’urgenza di un coinvolgimento qualitativamente diverso della Comunità nelle tematiche alimentari, si è sviluppata progressivamente la necessità di una politica che fosse in grado di determinare un punto di equilibrio tra le esigenze di sicurezza alimentare e quelle della libera circolazione degli alimenti. Il risultato di tale processo di riflessione è stata l’adozione del Regolamento 178/2002 CE che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare ed istituisce l’Autorità per la sicurezza alimentare. Nei capitoli successivi, è svolta un’analisi dettagliata delle innovazioni normative introdotte nell’ambito dell’azione comunitaria in materia di alimenti, con l’obiettivo di verificare se tale riforma abbia impresso alla formazione delle regole in materia di alimenti caratteristiche e specificità proprie. In particolare, vengono esaminate le finalità della politica alimentare comunitaria, evidenziando il ruolo centrale ormai assunto dalla tutela della salute rispetto al principio fondamentale della libera circolazione. Inoltre, l’analisi si concentra nell’identificazione del campo di applicazione materiale – la definizione di alimento – e personale – la definizione di impresa alimentare e di consumatore – della legislazione alimentare. Successivamente, l'analisi si concentra s sui principi destinati ad orientare l’attività normativa della Comunità e degli Stati membri nell’ambito del settore in precedenza individuato. Particolare attenzione viene dedicata allo studio dell’interazione tra l’attività di consulenza scientifica e la fase politico-decisionale, attraverso l’approfondimento del principio dell’analisi dei rischi, del principio di precauzione e del principio di trasparenza. Infine, l’analisi si conclude con lo studio di alcuni requisiti innovativi introdotti dal Regolamento 178 come la rintracciabilità degli alimenti, l’affermazione generale dell’esigenza di garantire la sicurezza dei prodotti e la responsabilità primaria degli operatori del settore alimentare. Il risultato del profondo ripensamento del sistema attuato con il Regolamento 178 é la progressiva individuazione di un quadro di principi e requisiti orizzontali destinati ad imprimere coerenza ed organicità all’azione della Comunità in materia di alimenti. Tale tendenza è inoltre confermata dalla giurisprudenza comunitaria che utilizza tali principi in chiave interpretativa ed analogica. Lo studio si conclude con alcune considerazioni di carattere generale, mettendo in luce la difficoltà di bilanciare le esigenze di protezione della salute con gli imperativi della libera di circolazione degli alimenti. Tale difficoltà dipende dalla natura di merce “complessa” dei prodotti alimentari nel senso che, accanto alla dimensione economica e commerciale, essi sono caratterizzati da un’importante dimensione sociale e culturale. L'indagine svolta mostra come nel settore considerato la ricerca di un equilibrio tra esigenze contrapposte ha prodotto una sostanziale centralizzazione della gestione della politica alimentare a livello europeo.

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Il tema della Logistica Urbana è un argomento complesso che coinvolge diverse discipline. Infatti, non è possibile affrontare la distribuzione delle merci da un solo punto di vista. Da un lato, infatti, manifesta l’esigenza della città e della società in generale di migliorare la qualità della vita anche attraverso azioni di contenimento del traffico, dell’inquinamento e degli sprechi energetici. A questo riguardo, è utile ricordare che il trasporto merci su gomma costituisce uno dei maggiori fattori di impatto su ambiente, sicurezza stradale e congestione della viabilità urbana. Dall’altro lato vi sono le esigenze di sviluppo economico e di crescita del territorio dalle quali non è possibile prescindere. In questa chiave, le applicazioni inerenti la logistica urbana si rivolgono alla ricerca di soluzioni bilanciate che possano arrecare benefici sociali ed economici al territorio anche attraverso progetti concertati tra i diversi attori coinvolti. Alla base di tali proposte di pratiche e progetti, si pone il concetto di esternalità inteso come l’insieme dei costi esterni sostenuti dalla società imputabili al trasporto, in particolare al trasporto merci su gomma. La valutazione di questi costi, che rappresentano spesso una misurazione qualitativa, è un argomento delicato in quanto, come è facile immaginare, non può essere frutto di misure dirette, ma deve essere dedotto attraverso meccanismi inferenziali. Tuttavia una corretta definizione delle esternalità definisce un importante punto di partenza per qualsiasi approccio al problema della Logistica Urbana. Tra gli altri fattori determinanti che sono stati esplorati con maggiore dettaglio nel testo integrale della tesi, va qui accennata l’importanza assunta dal cosiddetto Supply Chain Management nell’attuale assetto organizzativo industriale. Da esso dipendono approvvigionamenti di materie prime e consegne dei prodotti finiti, ma non solo. Il sistema stesso della distribuzione fa oggi parte di quei servizi che si integrano con la qualità del prodotto e dell’immagine della Azienda. L’importanza di questo settore è accentuata dal fatto che le evoluzioni del commercio e l’appiattimento dei differenziali tra i sistemi di produzione hanno portato agli estremi la competizione. In questa ottica, minimi vantaggi in termini di servizio e di qualità si traducono in enormi vantaggi in termini di competitività e di acquisizione di mercato. A questo si aggiunge una nuova logica di taglio dei costi che porta a ridurre le giacenze di magazzino accorciando la pipeline di produzione ai minimi termini in tutte le fasi di filiera. Naturalmente questo si traduce, al punto vendita in una quasi totale assenza di magazzino. Tecnicamente, il nuovo modello di approvvigionamento viene chiamato just-in-time. La ricerca che è stata sviluppata in questi tre anni di Dottorato, sotto la supervisione del Prof. Piero Secondini, ha portato ad un approfondimento di questi aspetti in una chiave di lettura ad ampio spettro. La ricerca si è quindi articolata in 5 fasi: 1. Ricognizione della letteratura italiana e straniera in materia di logistica e di logistica urbana; 2. Studio delle pratiche nazionali ed europee 3. Analisi delle esperienze realizzate e delle problematiche operative legate ai progetti sostenuti dalla Regione Emilia Romagna 4. Il caso di studio di Reggio Emilia e redazione di più proposte progettuali 5. Valutazione dei risultati e conclusioni Come prima cosa si è quindi studiata la letteratura in materia di Logistica Urbana a livello nazionale. Data la relativamente recente datazione dei primi approcci nazionali ed europei al problema, non erano presenti molti testi in lingua italiana. Per contro, la letteratura straniera si riferisce generalmente a sistemi urbani di dimensione e configurazione non confrontabili con le realtà nazionali. Ad esempio, una delle nazioni che hanno affrontato per prime tale tematica e sviluppato un certo numero di soluzioni è stata il Giappone. Naturalmente, città come Tokyo e Kyoto sono notevolmente diverse dalle città europee ed hanno necessità ed esigenze assai diverse. Pertanto, soluzioni tecnologiche e organizzative applicate in questi contesti sono per la maggior parte inattuabili nei contesti del vecchio continente. Le fonti che hanno costituito maggiore riferimento per lo sviluppo del costrutto teorico della tesi, quindi, sono state i saggi che la Regione Emilia Romagna ha prodotto in occasione dello sviluppo del progetto City Ports di cui la Regione stessa era coordinatore di numerosi partners nazionali ed europei. In ragione di questo progetto di ricerca internazionale, l’Emilia Romagna ha incluso il trattamento della logistica delle merci negli “Accordi di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria” con le province ed i capoluoghi. In Questo modo si è posta l’attenzione sulla sensibilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni locali verso la mobilità sostenibile anche nell’ambito di distribuzione urbana delle merci. Si noti infatti che l’impatto sulle esternalità dei veicoli leggeri per il trasporto merci, quelli cioè che si occupano del cosiddetto “ultimo miglio” sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei veicoli passeggeri. Nella seconda fase, la partecipazione a convegni di ambito regionale e nazionale ha permesso di arricchire le conoscenze delle best-practice attuate in Italia per lo sviluppo di strumenti finalizzati ad condividere i costi esterni della mobilità delle merci con gli operatori logistici. In questi contesti è stato possibile verificare la disponibilità di tre linee di azione sulle quali, all’interno del testo della tesi si farà riferimento molto spesso: - linea tecnologica; - linea amministrativa; - linea economico/finanziaria. Nel discutere di questa tematica, all’interno di questi contesti misti in cui partecipavano esponenti della cultura accademica, delle pubbliche amministrazioni e degli operatori, ci si è potuti confrontare con la complessità che il tema assume. La terza fase ha costituito la preparazione fondamentale allo studio del caso di studio. Come detto sopra, la Regione Emilia Romagna, all’interno degli Accordi di Programma con le Province, ha deliberato lo stanziamento di co-finanziamenti per lo sviluppo di progetti, integrati con le pratiche della mobilità, inerenti la distribuzione delle merci in città. Inizialmente, per tutti i capoluoghi di provincia, la misura 5.2 degli A.d.P. prevedeva la costruzione di un Centro di Distribuzione Urbana e l’individuazione di un gestore dei servizi resi dallo stesso. Successive considerazioni hanno poi portato a modifiche della misura lasciando una maggiore elasticità alle amministrazioni locali. Tramite una esperienza di ricerca parallela e compatibile con quella del Dottorato finanziata da un assegno di ricerca sostenuto dall’Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia, si è potuto partecipare a riunioni e seminari presentati dalla Regione Emilia Romagna in cui si è potuto prendere conoscenza delle proposte progettuali di tutte le province. L’esperienza di Reggio Emilia costituisce il caso di studio della tesi di Dottorato. Le molteplici problematiche che si sono affrontate si sono protratte per tempi lunghi che hanno visto anche modifiche consistenti nell’assetto della giunta e del consiglio comunali. Il fatto ha evidenziato l’ennesimo aspetto problematico legato al mantenimento del patrimonio conoscitivo acquisito, delle metodiche adottate e di mantenimento della coerenza dell’impostazione – in termini di finalità ed obiettivi – da parte dell’Amministrazione Pubblica. Essendo numerosi gli attori coinvolti, in un progetto di logistica urbana è determinante per la realizzazione e la riuscita del progetto che ogni fattore sia allineato e ben informato dell’evoluzione del progetto. In termini di programmazione economica e di pianificazione degli interventi, inoltre, la pubblica amministrazione deve essere estremamente coordinata internamente. Naturalmente, questi sono fattori determinanti per ogni progetto che riguarda le trasformazioni urbane e lo sviluppo delle città. In particolare, i diversi settori (assessorati) coinvolti su questa tematica, fanno o possno fare entrare in situazioni critiche e rischiose la solidità politica dello schieramento di maggioranza. Basti pensare che la distribuzione delle merci in città coinvolge gli assessorati della mobilità, del commercio, del centro storico, dell’ambiente, delle attività produttive. In funzione poi delle filiere che si ritiene di coinvolgere, anche la salute e la sicurezza posso partecipare al tavolo in quanto coinvolte rispettivamente nella distribuzione delle categorie merceologiche dei farmaci e nella security dei valori e della safety dei trasporti. L’esperienza di Reggio Emilia è stata una opportunità preziosissima da molteplici punti di vista. Innanzitutto ha dato modo di affrontare in termini pratici il problema, di constatare le difficoltà obiettive, ad esempio nella concertazione tra gli attori coinvolti, di verificare gli aspetti convergenti su questo tema. Non ultimo in termini di importanza, la relazione tra la sostenibilità economica del progetto in relazione alle esigenze degli operatori commerciali e produttivi che ne configurano gli spazi di azione. Le conclusioni del lavoro sono molteplici. Da quelle già accennate relative alla individuazione delle criticità e dei rischi a quelle dei punti di forza delle diverse soluzioni. Si sono affrontate, all’interno del testo, le problematiche più evidenti cercando di darne una lettura costruttiva. Si sono evidenziate anche le situazioni da evitare nel percorso di concertazione e si è proposto, in tal proposito, un assetto organizzativo efficiente. Si è presentato inoltre un modello di costruzione del progetto sulla base anche di una valutazione economica dei risultati per quanto riguarda il Business Plan del gestore in rapporto con gli investimenti della P.A.. Si sono descritti diversi modelli di ordinanza comunale per la regolamentazione della circolazione dei mezzi leggeri per la distribuzione delle merci in centro storico con una valutazione comparativa di meriti ed impatti negativi delle stesse. Sono inoltre state valutate alcune combinazioni di rapporto tra il risparmio in termini di costi esterni ed i possibili interventi economico finanziario. Infine si è analizzato il metodo City Ports evidenziando punti di forza e di debolezza emersi nelle esperienze applicative studiate.

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La ricerca si pone come obbiettivo principale quello di individuare gli strumenti in grado di controllare la qualità di una progettazione specifica che risponde alle forti richieste della domanda turistica di un territorio. Parte dalle più semplici teorie che inquadrano una costante condizione dell’uomo, “il VIAGGIARE”. La ricerca si pone come primo interrogativo quello definire una “dimensione” in cui le persone viaggiano, dove il concetto fisico di spazio dedicato alla vita si è spostato come e quanto si sposta la gente. Esiste una sorta di macroluogo (destinazione) che comprende tutti gli spazi dove la gente arriva e da cui spesso riparte. Pensare all'architettura dell’ospitalità significa indagare e comprendere come la casa non è più il solo luogo dove la gente abita. La ricerca affonda le proprie tesi sull’importanza dei “luoghi” appartenenti ad un territorio e come essi debbano riappropriarsi, attraverso un percorso progettuale, della loro più stretta vocazione attrattiva. Così come si sviluppa un’architettura dello stare, si manifesta un’architettura dello spostarsi e tali architetture si confondono e si integrano ad un territorio che per sua natura è esso stesso attrattivo. L’origine terminologica di nomadismo è passaggio necessario per la comprensione di una nuova dimensione architettonica legata a concetti quali mobilità e abitare. Si indaga pertanto all’interno della letteratura “diasporica”, in cui compaiono le prime configurazioni legate alla provvisorietà e alle costruzioni “erranti”. In sintesi, dopo aver posizionato e classificato il fenomeno turistico come nuova forma dell’abitare, senza il quale non si potrebbe svolgere una completa programmazione territoriale in quanto fenomeno oramai imprescindibile, la ricerca procede con l’individuazione di un ambito inteso come strumento di indagine sulle relazioni tra le diverse categorie e “tipologie” turistiche. La Riviera Romagnola è sicuramente molto famosa per la sua ospitalità e per le imponenti infrastrutture turistiche ma a livello industriale non è meno famosa per il porto di Ravenna che costituisce un punto di riferimento logistico per lo scambio di merci e materie prime via mare, oltre che essere, in tutta la sua estensione, caso di eccellenza. La provincia di Ravenna mette insieme tutti i fattori che servono a soddisfare le Total Leisure Experience, cioè esperienze di totale appagamento durante la vacanza. Quello che emerge dalle considerazioni svolte sul territorio ravennate è che il turista moderno non va più in cerca di una vacanza monotematica, in cui stare solo in spiaggia o occuparsi esclusivamente di monumenti e cultura. La richiesta è quella di un piacere procurato da una molteplicità di elementi. Pensiamo ad un distretto turistico dove l’offerta, oltre alla spiaggia o gli itinerari culturali, è anche occasione per fare sport o fitness, per rilassarsi in luoghi sereni, per gustare o acquistare cibi tipici e, allo stesso tempo, godere degli stessi servizi che una persona può avere a disposizione nella propria casa. Il percorso, finalizzato a definire un metodo di progettazione dell’ospitalità, parte dalla acquisizione delle esperienze nazionali ed internazionali avvenute negli ultimi dieci anni. La suddetta fase di ricerca “tipologica” si è conclusa in una valutazione critica che mette in evidenza punti di forza e punti di debolezza delle esperienze prese in esame. La conclusione di questa esplorazione ha prodotto una prima stesura degli “obbiettivi concettuali” legati alla elaborazione di un modello architettonico. Il progetto di ricerca in oggetto converge sul percorso tracciato dai Fiumi Uniti in Ravenna. Tale scelta consente di prendere in considerazione un parametro che mostri fattori di continuità tra costa e città, tra turismo balneare e turismo culturale, considerato quindi come potenziale strumento di connessione tra realtà spesso omologhe o complementari, in vista di una implementazione turistica che il progetto di ricerca ha come primo tra i suoi obiettivi. Il tema dell’architettura dell’ospitalità, che in questo caso si concretizza nell’idea di sperimentare l’ALBERGO DIFFUSO, è quello che permette di evidenziare al meglio la forma specifica della cultura locale, salvandone la vocazione universale. La proposta progettuale si articola in uno studio consequenziale ed organico in grado di promuovere una riflessione originale sul tema del modulo “abitativo” nei luoghi di prossimità delle emergenze territoriali di specifico interesse, attorno alle quali la crescente affluenza di un’utenza fortemente differenziata evidenzia la necessità di nodi singolari che si prestino a soddisfare una molteplicità di usi in contesti di grande pregio.

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A far data dalla pubblicazione di un importante ed illustre contributo scientifico (GIORGIANNI, voce Causa (dir. priv.), in Enc. dir., VI, Milano, 1960), e dalla proposta, in esso contenuta, di restituire spazio a fattispecie attributive di diritti giustificate, sotto il profilo causale, dal solo riferimento espresso al rapporto fondamentale che ne costituisca fondamento (le c.d. ), un serrato dibattito ha visto contrapporsi nel tempo fautori di soluzioni possibiliste e sostenitori di una più uniforme descrizione del sistema della circolazione dei diritti e dei rimedi connessi alla mancanza di causa negli atti di disposizione, per quanto avulsi dal contratto cui essi intendano dare compiuta attuazione. La ricerca ha cercato di dimostrare, attraverso una compiuta analisi di ciò che la formula expressio causae davvero significhi, come la presenza o assenza di questa non sia in grado di giustificare un effetto tanto pregnante come la sottrazione della vicenda traslativa alle conseguenze derivanti dalla mancanza di causa, per tale intendendosi il rapporto fondamentale che ne costituisce l’antecedente logico. Allo scrivente è parso che il vero nodo teorico da sciogliere non sia costituito dal concetto di causa che questi Autori assumono a fondamento, quanto piuttosto da una impropria valutazione dell’expressio causae. Tale valutazione conduce ad attribuire al momento ricognitivo, di cui l’enunciazione della causa consiste, una valenza sostanzialmente astratta che non si rinviene nemmeno nelle più estreme ricostruzioni delle fattispecie contemplate all’art. 1988 c.c. e che, in materia di accertamento negoziale, è senza eccezioni rifiutata. Ciò che sembra decisivo, infatti, è che la natura dell'expressio causae, in primo luogo ricognitiva del rapporto cui si dà esecuzione, ben lungi dal rappresentare elemento sufficiente per una autonoma considerazione della causa dell'atto (sussistente) e della causa dell'attribuzione (la cui conservazione è decisa dalle sorti del Rechtsgrund), non pare idonea a suffragare – seppur in via provvisoria, ma con una divergente considerazione dell’avente causa rispetto ai terzi ulteriori acquirenti – una soluzione compiutamente esaustiva del problema della giustificazione dell'effetto, rimandando a modelli – quello della dichiarazione di scienza, innanzitutto – rispetto ai quali una astrazione più che processuale sembra del tutto preclusa, anche per considerazioni storiche che si è cercato di descrivere. Del resto, l’analisi delle ipotesi in cui la ricognizione di un rapporto fondamentale, o la promessa di quanto già dovuto in forza di un rapporto fondamentale (art. 1988 c.c.) mostra come, indipendentemente dalla soluzione che si ritenga pertinente circa la natura di tali figure (meramente dichiarativa del vincolo o addirittura costitutiva), un effetto di astrazione materiale, per quanto relativa, è da escludersi. Trasposta nell’ambito delle prestazioni isolate, questa consapevolezza significa impossibilità di rendere invece materialmente astratta l’attribuzione (efficace immediatamente, e solo soggetta ad essere da un atto di segno contrario dall’avente causa al dante causa, oggetto di una pretesa giudiziale personale). La dichiarazione del rapporto fondamentale, che è intimamente connessa ed insopprimibile in ogni fenomeno di imputazione soggettiva (si deve infatti enunciare ciò cui si dà esecuzione), appare sicuramente sussumibile nello schema della dichiarazione di scienza, nell’effetto in senso lato ricognitivo. Ritenere che essa possa di fatto rendere irrilevante, ai fini della conservazione dell’efficacia della prestazione isolata cui si collega, la reale situazione del rapporto fondamentale (in ipotesi mai esistito, o successivamente venuto meno) significa introdurre surrettiziamente una ipotesi di riconoscimento costitutivo e astratto. Ma tale ultima soluzione non può trovare spazio in alcuna delle opzioni interpretative proposte in materia di riconoscimento e, nemmeno, in quella più estrema che ravvisa nel riconoscimento del debito titolato una forma di accertamento unilaterale. In conclusione, la dottrina delle prestazioni isolate nel fare dell’expressio causae l’elemento capace di decidere in via definitiva del verificarsi dell’effetto traslativo – effetto che va, giova ripeterlo, solo rimosso con un atto uguale e contrario assolutamente diverso da quanto nel nostro sistema appare essere, oggi, la ripetizione di indebito – determina una supervalutazione del momento ricognitivo, insito in ogni fenomeno di imputazione/esecuzione. Detto esito costituisce non tanto la recezione del Trennungsprinzip vigente in Germania, ammissibile nella misura in cui si reputi dispositiva la norma di cui all’art. 1376 c.c., quanto piuttosto la silenziosa riproposizione del modello della Schuldanerkenntnis (§781 B.G.B.), la cui totale estraneità rispetto alla tradizione giuridica delle codificazioni franco-italiane (Code civil, c.c. del 1865, c.c. del 1942) si crede di avere sufficientemente dimostrato.

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L’idea che il bogomilismo sia “in una qualche maniera” da riconnettere al manicheismo è di per sè molto antica. Fin da quando giunsero le prime voci su questa nuova eresia che si era diffusa in terra bulgara, i bogomili vennero etichettati come manichei. Non necessariamente però chi è più vicino ad un fenomeno, sia nello spazio sia nel tempo, vede meglio i suoi contorni, le sue implicazioni e la sua essenza. Altri campi di studio ci insegnano che la natura umana tende a inquadrare ciò che non è noto all’interno degli schemi del “già conosciuto”: è così che spesso nomi di popoli si fissano al territorio divenendo concetti geografici anche quando i popoli cambiano; non a caso tutta la regione che si estendeva ad est della Germania veniva definita Sarmazia ed i numerosi popoli che si muovevano al seguito ed agli ordini del gran qan venivano chiamati Tartari; analogamente in semantica possiamo assistere al posizionamento di etichette consolidate e particolari su “oggetti” che ne condividono tratti pur essendo sotto molti aspetti del tutto estranei a quella che si potrebbe definire la matrice: il terrorista islamico che si fa esplodere viene chiamato sui giornali kamikaze e non casualmente lo tsunami porta questo nome: l’onda anomala che può sconvolgere coste distanti migliaia di chilometri dall’epicentro di un terremoto sottomarino ricorda la più familiare onda di porto. Se il continuo riconnettere il bogomilismo al manicheismo delle fonti antiche rappresenta un indizio, ma non necessariamente una prova di certa connessione, la situazione si è notevolmente complicata nel corso del XX secolo. Dobbiamo al principe Obolensky l’introduzione del termine neomanicheismo per indicare le eresie di carattere dualistico sviluppatesi dal X secolo in avanti sul territorio europeo con particolare riferimento al bogomilismo. Il termine dal 1948 in avanti è stato ripetutamente utilizzato più o meno a proposito in svariati lavori a volte pubblicati in sedi editoriali d’eccellenza apparsi in Europa occidentale e nell’est europeo. Il problema principale resta definire il valore da attribuire al termine “neomanicheismo”: indica un forte dualismo religioso in generale, ben diffuso e studiato da tempo ad esempio nei lavori del Bianchi dedicati ai popoli siberiani e mongoli, oppure presuppone una reale catena di connessioni che ci conducono fino al manicheismo vero e proprio? A fronte di chi sostiene che il bogomilismo, così come l’eresia catara, può essere spiegato semplicemente come fenomeno interno al cristianesimo sulla base di un’interpretazione contrastante da quella ufficiale dei testi sacri vi è chi ritiene che sia stato un contatto diretto con gli ambienti manichei a generare le caratteristiche proprie del bogomilismo. Da qui nasce la parte più affascinante della ricerca che porta all’individuazione di possibili contatti attraverso gli spostamenti delle popolazioni, alla circolazione delle idee all’interno di quello che fu il commonwealth bizantino ed all’individuazione di quanto sia rimasto di tutto ciò all’interno della dottrina bogomila. Il lavoro è suddiviso in tre capitoli, preceduti dalla bibliografia e seguiti da un indice analitico dei nomi di persona e luogo. Il primo capitolo prende in esame le fonti sul bogomilismo, il tempo ed il luogo in cui si è manifestato e la sua evoluzione. Il secondo analizza la dottrina bogomila, i suoi possibili contatti con le dottrine iraniche ed i possibili canali di trasmissione delle idee. Il terzo capitolo è costituito da una serie di racconti popoloari bulgari di matrice dualistica e da testi antico slavi usati dai bogomili. La maggior parte di questi testi viene presentata per la prima volta qui in traduzione italiana.

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Cosa e’ stato fatto e il fine della ricerca in questi tre anni si è esaminato il materiale edito sui sarcofagi del periodo in esame, sui culti funerari, i problemi religiosi ed artistici. Per trovare confronti validi si sono resi necessari alcuni viaggi sia in Italia che all’estero. Lo scopo della ricerca è stato quello di “leggere” i messaggi insiti nelle figurazioni delle casse dei sarcofagi, per comprendere meglio la scelta dei committenti verso determinati temi e la ricezione di questi ultimi da parte del pubblico. La tomba, infatti, è l’ultima traccia che l’uomo lascia di sé ed è quindi importante cercare di determinare l’impatto psicologico del monumento funerario sul proprietario, che spesso lo acquistava quando ancora era in vita, e sui familiari in visita alla tomba durante la celebrazione dei riti per i defunti. Nell’ultimo anno, infine, si è provveduto a scrivere la tesi suddivindendo i capitoli e i pezzi in base all’argomento delle figurazioni (mitologici, di virtù, etc.). I capitoli introduttivi Nel primo capitolo di introduzione si è cercato di dare un affresco per sommi capi del periodo storico in esame da Caracalla a Teodosio e della Chiesa di III e IV secolo, mettendo in luce la profonda crisi che gravava sull’Impero e le varie correnti che frammentavano il cristianesimo. In particolare alcune dispute, come quella riguardante i lapsi, sarà alla base di ipotesi interpretative riguardanti la raffigurazione del rifiuto dei tre giovani Ebrei davanti a Nabuchodonosor. Nel capitolo seguente vengono esaminati i riti funerari e il ruolo dei sarcofagi in tali contesti, evidenziando le diverse situazioni emotive degli osservatori dei pezzi e, quindi, l’importanza dei temi trattati nelle casse. I capitolo Questo capitolo tratta dei sarcofagi mitologici. Dopo una breve introduzione, dove viene spiegata l’entrata in uso dei pezzi in questione, si passa alla discussione dei temi, suddivisi in paragrafi. La prima classe di materiali è qualla con la “caduta di Fetonte” la cui interpretazione sembra chiara: una tragedia familiare. Il compianto sul corpo di un ragazzo morto anzi tempo, al quale partecipa tutto il cosmo. L’afflizione dei familiari è immane e sembra priva di una possibile consolazione. L’unico richiamo a riprendere a vivere è solo quello del dovere (Mercurio che richiama Helios ai propri impegni). La seconda classe è data dalle scene di rapimento divino visto come consolazione e speranza in un aldilà felice, come quelle di Proserpina e Ila. Nella trasposizione della storia di Ila è interessante anche notare il fatto che le ninfe rapitrici del giovane – defunto abbiano le sembianze delle parenti già morte e di un fanciullo, probabilmente la madre, la nonna e un fratello deceduto anzi tempo. La terza classe presenta il tema del distacco e dell’esaltazione delle virtù del defunto nelle vesti dei cacciatori mitici Mealeagro, Ippolito e Adone tutti giovani, forti e coraggiosi. In questi sarcofagi ancor più che negli altri il motivo della giovinezza negata a causa della morte è fondamentale per sottolineare ancora di più la disperazione e il dolore dei genitori rimasti in vita. Nella seguente categoria le virtù del defunto sono ancora il tema dominante, ma in chiave diversa: in questo caso l’eroe è Ercole, intento ad affrontare le sue fatiche. L’interpretazione è la virtù del defunto che lo ha portato a vincere tutte le difficoltà incontrate durante la propria vita, come dimostrerebbe anche l’immagine del semidio rappresentato in età diverse da un’impresa all’altra. Vi è poi la categoria del sonno e della morte, con i miti di Endimione, Arianna e Rea Silvia, analizzato anche sotto un punto di vista psicologico di aiuto per il superamento del dolore per la perdita di un figlio, un marito, o, ancora, della sposa. Accanto ai sarcofagi con immagini di carattere narrativo, vi sono numerosi rilievi con personaggi mitici, che non raccontano una storia, ma si limitano a descrivere situazioni e stati d’animo di felicità. Tali figurazioni si possono dividere in due grandi gruppi: quelle con cortei marini e quelle con il tiaso dionisiaco, facendo dell’amore il tema specifico dei rilievi. Il fatto che quello del tiaso marino abbia avuto così tanta fortuna, forse, per la numerosa letteratura che metteva in relazione l’Aldilà con l’acqua: l’Isola dei Beati oltre l’Oceano, viaggi per mare verso il mondo dei morti. Certo in questo tipo di sarcofagi non vi sono esplicitate queste credenze, ma sembrano più che altro esaltare le gioie della vita. Forse il tutto può essere spiegato con la coesistenza, nei familiari del defunto, della memoria retrospettiva e della proiezione fiduciosa nel futuro. Sostanzialmente era un modo per evocare situazioni gioiose e di godimento sensibile, riferendole ai morti in chiave beneaugurale. Per quanto rigurda il tiaso di Bacco, la sua fortuna è stata dettata dal fatto che il suo culto è sempre stato molto attivo. Bacco era dio della festa, dell’estasi, del vino, era il grande liberatore, partecipe della crescita e della fioritura, il grande forestiero , che faceva saltare gli ordinamenti prestabiliti, i confini della città con la campagna e le convenzioni sociali. Era il dio della follia, al quale le menadi si abbandonavano nella danza rituale, che aggrediva le belve, amante della natura, ma che penetra nella città, sconvolgendola. Del suo seguito facevano parte esseri ibridi, a metà tra l’ordine e la bestialità e animali feroci ammansiti dal vino. I suoi nemici hanno avuto destini orribili di indicibile crudeltà, ma chi si è affidato anima e corpo a lui ha avuto gioia, voluttà, allegria e pienezza di vita. Pur essendo un valente combattente, ha caratteri languidi e a tratti femminei, con forme floride e capelli lunghi, ebbro e inebriante. Col passare del tempo la conquista indiana di alessandro si intrecciò al mito bacchico e, a lungo andare, tutti i caratteri oscuri e minacciosi della divinità scomparirono del tutto. Un esame sistematico dei temi iconografici riconducibili al mito di Bacco non è per nulla facile, in quanto l’oggetto principale delle raffigurazioni è per lo più il tiaso o come corteo festoso, o come gruppi di figure danzanti e musicanti, o, ancora, intento nella vendemmia. Ciò che interessava agli scultori era l’atmosfera gioiosa del tiaso, al punto che anche un episodio importante, come abbiamo visto, del ritrovamento di Arianna si pèerde completamente dentro al corteo, affollatissimo di personaggi. Questo perché, come si è detto anche al riguardo dei corte marini, per creare immagini il più possibile fitte e gravide di possibilità associative. Altro contesto iconografico dionisiaco è quello degli amori con Arianna. Sui sarcofagi l’amore della coppia divina è raffigurato come una forma di stupore e rapimento alla vista dell’altro, un amore fatto di sguardi, come quello del marito sulla tomba della consorte. Un altro tema , che esalta l’amore, è senza ombra di dubbio quello di Achille e Pentesilea, allegoria dell’amore coniugale. Altra classe è qualla con il mito di Enomao, che celebra il coraggio virile e l’attitudine alla vittoria del defunto e, se è presente la scena di matrimonio con Ippodamia, l’amore verso la sposa. Infine vi sono i sarcofagi delle Muse: esaltazione della cultura e della saggezza del morto. II capitolo Accanto ad i grandi ambiti mitologici dei due tiasi del capitolo precedente era la natura a lanciare un messaggio di vita prospera e pacifica. Gli aspetti iconografici diq uesto tema sono due: le stagioni e la vita in un ambiente bucolico. Nonostante la varietà iconografica del soggetto, l’idea di fondo rimane invariata: le stagioni portano ai morti i loro doni affinchè possano goderne tutto l’anno per l’eternità. Per quanto riguarda le immagini bucoliche sono ispirate alla vita dei pastori di ovini, ma ovviamente non a quella reale: i committenti di tali sarcofagi non avevano mai vissuto con i pastori, né pensavano di farlo i loro parenti. Le immagini realistiche di contadini, pastori, pescatori, tutte figure di infimo livello sociale, avevano assunto tratti idilliaci sotto l’influsso della poesia ellenistica. Tutte queste visioni di felicità mancano di riferimenti concreti sia temporali che geografici. Qui non vi sono protagonisti e situazioni dialogiche con l’osservatore esterno, attraverso la ritrattistica. I defunti se appaiono sono all’interno di un tondo al centro della cassa. Nei contesti bucolici, che andranno via, via, prendendo sempre più piede nel III secolo, come in quelli filosofici, spariscono del tutto le scene di lutto e di cordoglio. Le immagini dovevano essere un invito a godersi la vita, ma dovevano anche dire qualcosa del defunto. In una visione retrospettiva, forse, si potrebbero intendere come una dichiarazione che il morto, in vita, non si era fatto mancare nulla. Nel caso opposto, poteve invece essere un augurio ad un’esistenza felice nell’aldilà. III capitolo Qui vengono trattati i sarcofagi con l’esaltazione e l’autorappresentazione del defunto e delle sue virtù in contesti demitizzati. Tra i valori ricorrenti, esaltati nei sarcofagi vi è l’amore coniugale espresso dal tema della dextrarum iunctio, simbolo del matrimonio, la cultura, il potere, la saggezza, il coraggio, esplicitato dalle cacce ad animali feroci, il valore guerriero e la giustizia, dati soprattutto dalle scene di battaglia e di giudizio sui vinti. IV capitolo In questo capitolo si è provato a dare una nuova chiave di lettura ai sarcofagi imperiali di S. Elena e di Costantina. Nel primo caso si tratterebbe della vittoria eterna sul male, mentre nel secondo era un augurio di vita felice nell’aldilà in comunione con Dio e la resurrezione nel giorno del giudizio. V capitolo Il capitolo tratta le mediae voces, quei pezzi che non trovano una facile collocazione in ambito religioso poiché presentano temi neutri o ambivalenti, come quelli del buon pastore, di Prometeo, dell’orante. VI capitolo Qui trovano spazio i sarcofagi cristiani, dove sono scolpite varie scene tratte dalle Sacre Scritture. Anche in questo caso si andati al di là della semplice analisi stilistica per cercare di leggere il messaggio contenuto dalle sculture. Si sono scoperte preghiere, speranze e polemiche con le correnti cristiane considerate eretiche o “traditrici” della vera fede, contro la tradizionale interpretazione che voleva le figurazioni essenzialmente didascaliche. VII capitolo Qui vengono esposte le conclusioni da un punto di vista sociologico e psicologico.

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Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica complessa di notevole prevalenza ed incidenza nella popolazione generale, con elevata mortalità e morbidità. Le numerose alterazioni strutturali e funzionali che lo caratterizzano sono in grado di generare contemporaneamente diversi tipi di alterazioni del ritmo: dalle tachiaritmie ventricolari/sopraventricolari alle turbe della conduzione dell’impulso con bradi-aritmie e dissincronie di contrazione. La cardioversione della fibrillazione atriale e la resincronizzazione cardiaca rappresentano due terapie elettriche molto importanti in tale contesto. Le modificazioni emodinamiche, funzionali e neuro-ormonali indotte da tali trattamenti, tanto in acuto che a medio/lungo termine, possono generare numerose informazioni sulla fisio-patologia di questa sindrome. Il progetto scientifico alla base del presente manoscritto è costituito da due studi volti ad affrontare separatamente le tematiche accennate. Il primo studio è stato focalizzato sulle modificazioni indotte in 38 pazienti dalla terapia di resincronizzazione cardiaca sui parametri di circolazione periferica. I risultati ottenuti evidenziano come il trattamento consenta un incremento del flusso muscolare, soprattutto in chi presenterà un rimodellamento ventricolare inverso. La diversa eziologia sottostante (ischemica vs. non ischemica) appare influenzare i parametri relativi alla circolazione periferica tanto in acuto, quanto in cronico. Il diverso comportamento in merito alle variabili della circolazione periferica nelle valutazioni seriate suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca abbia, principalmente nei pazienti responders, effetti non solo “centrali”, e che essi non siano puramente meccanici ma mediati da fattori probabilmente di natura neuro-ormonale. Il secondo studio si è occupato della cardioversione elettrica esterna di fibrillazione atriale, un’aritmia che presenta strette relazioni con l’insufficienza cardiaca. 242 pazienti sono stati sottoposti a cardioversione elettrica esterna con onda bifasica, utilizzando due 1 diverse configurazioni di erogazione dell’energia: antero-posteriore con patch adesivi e antero-apicale con piastre standard. Il ripristino del ritmo sinusale è stato ottenuto in oltre l’80% dei pazienti già col primo shock a 120J. Sebbene fra le due metodiche non si evidenzi una significatività in termini di efficacia, i risultati ottenuti suggeriscono che la scelta della specifica configurazione di shock dovrebbe prendere in considerazione anche alcune variabili biometriche: peso, altezza e superficie corporea del paziente. Il ripristino ed il mantenimento del ritmo sinusale inducono un’importante modificazione della concentrazione di NT-pro-BNP. Un’elevata attivazione neuro-ormonale pre-procedura predispone alle recidive a medio-lungo termine, mentre le recidive nel breve-medio periodo appaiono influenzate da tale fattore solo in corso di profilassi anti-aritmica per il mantenimento del ritmo sinusale. In conclusione i risultati del progetto di ricerca sottolineano come trattamenti mirati a parametri strettamente cardiaci (ritmo e conduzione dell’impulso) siano in grado di determinare importanti modificazioni sugli equilibri emodinamici e neuro-ormonali dell’intero organismo, confermando la stretta relazione tra questi parametri e l’evoluzione del quadro clinico.

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La tesi dottorale in oggetto prende spunto da alcune considerazioni di base relative alla salute di una comunità. Infatti quest’ultima si fonda sulla sicurezza dell’ambiente in cui vive e sulla qualità delle relazioni tra i suoi componenti. In questo ambito la mobilità rappresenta uno degli elementi di maggior criticità, sia per la sicurezza delle persone, che per la salute pubblica, che per le conseguenze sull’ambiente che ne derivano. Negli ultimi anni la circolazione stradale è notevolmente aumentata è questo ha portato a notevoli aspetti negativi, uno dei quali è connesso agli incidenti stradali. In tale ambito viene ricordato che l’Unione Europea ha da tempo indicato come obiettivo prioritario il miglioramento della sicurezza stradale e nel 2001 ha fissato il traguardo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime degli incidenti stradali. Non ultima, l’approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio di un atto legislativo (d’imminente pubblicazione sulla GU Europea) relativo alla gestione della sicurezza in tutte le fasi della pianificazione, della progettazione e del funzionamento delle infrastrutture stradali, in cui si evidenzia l’esigenza di una quantificazione della sicurezza stradale. In tale contesto viene sottolineato come uno dei maggiori problemi nella gestione della sicurezza stradale sia la mancanza di un metodo affidabile per stimare e quantificare il livello di sicurezza di una strada esistente o in progetto. Partendo da questa considerazione la tesi si sviluppa mettendo in evidenza le grandezza fondamentali nel problema della sicurezza stradale, (grado di esposizione, rischio d’incidente e le possibili conseguenze sui passeggeri) e analizzando i sistemi adottati tradizionalmente per effettuare analisi di sicurezza: • Statistiche dei dati storici d’incidente; • Previsione da modelli basati su analisi di regressione dei dati incidentali; • Studi Before-After; • Valutazione da giudizi di esperti. Dopo aver analizzato gli aspetti positivi e negativi delle alternative in parola, viene proposto un nuovo approccio, che combina gli elementi di ognuno dei metodi sopra citati in un algoritmo di previsione incidentale. Tale nuovo algoritmo, denominato Interactive Highway Safety Design Model (IHSDM) è stato sviluppato dalla Federal Highway Administration in collaborazione con la Turner Fairbank Higway Research Center ed è specifico per le strade extraurbane a due corsie. Il passo successivo nello sviluppo della tesi è quello di un’analisi dettagliata del modello IHSDM che fornisce il numero totale di incidenti previsti in un certo intervallo temporale. Viene analizzata la struttura del modello, i limiti d’applicabilità, le equazioni che ne sono alla base e i coefficienti moltiplicativi relativi ad ogni caratteristica geometrica e funzionale. Inoltre viene presentata un’ampia analisi di sensibilità che permette di definire quale sia l’influenza d’ogni singolo Fattore di Previsione incidentale (Accident Predication Factor) sul risultato finale. Dai temi trattati, emerge chiaramente come la sicurezza è legata a più sistemi tra loro interconnessi e che per utilizzare e migliorare i modelli previsionali è necessario avere a disposizione dati completi, congruenti, aggiornati e facilmente consultabili. Infatti, anche quando sono disponibili elementi su tutti gli incidenti avvenuti, spesso mancano informazioni di dettaglio ma fondamentali, riguardanti la strada come ad esempio il grado di curvatura, la larghezza della carreggiata o l’aderenza della pavimentazione. In tale ottica, nella tesi viene presentato il Sistema Informativo Stradale (SIS) della Provincia di Bologna, concepito come strumento di gestione delle problematiche inerenti la viabilità e come strumento di supporto per la pianificazione degli interventi e la programmazione delle risorse da investire sulla rete. Viene illustrato come il sistema sia in grado di acquisire, elaborare ed associare dati georeferenziati relativi al territorio sia sotto forma di rappresentazioni grafiche, sia mediante informazioni descrittive di tipo anagrafico ed alfanumerico. Quindi viene descritto il rilievo ad alto rendimento, effettuato con l’ausilio di un laboratorio mobile multifunzionale (Mobile Mapping System), grazie al quale è stato possibile definire con precisione il grafo completo delle strade provinciali e il database contenente i dati relativi al patrimonio infrastrutturale. Tali dati, relativi alle caratteristiche plano-altimetriche dell’asse (rettifili, curve planimetriche, livellette, raccordi altimetrici, ecc...), alla sezione trasversale (numero e larghezza corsie, presenza di banchine, ecc..), all’ambiente circostante e alle strutture annesse vengono presentati in forma completa specificando per ognuno la variabilità specifica. Inoltre viene evidenziato come il database si completi con i dati d’incidentali georeferenziati sul grafo e compresivi di tutte le informazioni contenute nel modello ISTAT CTT/INC spiegandone le possibili conseguenze sul campo dell’analisi di sicurezza. La tesi si conclude con l’applicazione del modello IHSDM ad un caso reale, nello specifico la SP255 di S.Matteo Decima. Infatti tale infrastruttura sarà oggetto di un miglioramento strutturale, finanziato dalla Regione Emilia Romagna, che consistente nell’allargamento della sede stradale attraverso la realizzazione di una banchina pavimentata di 1.00m su entrambi i lati della strada dalla prog. km 19+000 al km 21+200. Attraverso l’utilizzo dell’algoritmo di previsione incidentale è stato possibile quantificare gli effetti di questo miglioramento sul livello di sicurezza dell’infrastruttura e verificare l’attendibilità del modello con e senza storia incidentale pregressa. Questa applicazione ad un caso reale mette in evidenza come le informazioni del SIS possano essere sfruttate a pieno per la realizzazione di un analisi di sicurezza attraverso l’algoritmo di previsione incidentale IHSDM sia nella fase di analisi di uno specifico tronco stradale che in quella fondamentale di calibrazione del modello ad una specifica rete stradale (quella della Provincia di Bologna). Inoltre viene sottolineato come la fruibilità e la completezza dei dati a disposizione, possano costituire la base per sviluppi di ricerca futuri, come ad esempio l’indagine sulle correlazioni esistenti tra le variabili indipendenti che agiscono sulla sicurezza stradale.