22 resultados para Le Caire (Egypte) -- Mosquée de Khayrbak -- Quartier de Bab al-Wazir


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L’applicazione della citogenetica convenzionale e molecolare può identificare: Ph-negatività, traslocazioni t(9;22) varianti e alterazioni citogenetiche addizionali (ACA) al cromsoma Ph in pazienti con LMC alla diagnosi. Prima dell’introduzione della terapia con Imatinib, esse mostravano un impatto prognostico negativo o non chiaro. Nel nostro studio, 6 casi di LMC Ph- erano trattati con Imatinib. La FISH identificava 4 casi con riarrangiamento BCR/ABL sul der(9q), 1 sul der(22q) e 1 su entrambi i derivativi. Quattro pazienti (66,7%) raggiungevano la RCgC, 2 fallivano il trattamento e 1 sottoposto a TMO. A causa dello scarso numero di casi, non era possibile nessuna correlazione con la prognosi. Nell’ambito di studi prospettici multicentrici del GIMEMA-WP, abbiamo valutato: traslocazioni varianti e ACA. Dei 559 pazienti arruolati, 30(5%) mostravano traslocazioni varianti, 24 valutabili in FISH: 18(75%) mostravano meccanismo 1-step, 4(16,7%) meccanismo 2-step e 2(8,3%) meccanismo complesso. Abbiamo confermato che le varianti non influenzano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti trattati con Imatinib. Dei 378 pazienti valutabili alla diagnosi con citogenetica convenzionale, 21(5,6%) mostravano ACA: 9(43%) avevano la perdita del cromosoma Y, 3(14%) trisomia 8, 2(10%) trisomia 19, 6(28%) altre singole anomalie e 1 cariotipo complesso. La presenza di ACA influenzava la risposta: le RCgC e RMolM erano significativamente più basse rispetto al gruppo senza ACA e le curve di sopravvivenza EFS e FFS non erano significativamente diverse. Le curve di PFS e OS erano sovrapponibili nei due gruppi, per il basso numero di eventi avversi oppure perché alcuni raggiungevano la risposta con TKI di seconda generazione. Le anomalie “major route” mostravano decorso clinico peggiore, ma non è stato possibile determinare l’impatto prognostico in relazione al tipo di alterazione. Pertanto, le ACAs alla diagnosi rivestono un ruolo negativo nella prognosi dei pazienti trattati con Imatinib, che quindi rappresentano una categoria più a rischio per la risposta.

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La tesi intende offrire una riflessione in merito al potere degli organi giurisdizionali di disporre normativamente su determinati aspetti del processo che si svolge dinanzi ad essi, sostituendosi così al legislatore. Il piano di indagine della tesi si sviluppa prevalentemente nella descrizione della realtà europea davanti alle autorità giurisdizionali di Lussemburgo, attraverso continui riferimenti a pronunce giurisprudenziali. La candidata si sofferma, preliminarmente, definendo, in termini generali, l’origine e l’applicazione dei c.d. atti di soft law in ambito europeo e soffermandosi sul ruolo che ricopre la giurisprudenza nell’ordinamento europeo. Sempre nel capitolo di apertura, un accenno è dedicato al panorama italiano che, alla luce delle recenti e continue riforme processuali ed, in particolare, della lettura costituzionalmente orientata del processo civile in forza della sua ragionevole durata, sta conoscendo, sempre più largamente, il fenomeno dei c.d. protocolli. La tesi si sviluppa, poi, in altri tre capitoli, nei quali sono analizzati tre esempi di manifestazione del potere normativo degli organi giurisdizionali europei sul processo. La candidata passa, così, all’esame delle “Istruzioni pratiche alle parti”, sviscerando le disposizioni ivi contenute alla luce di casi giurisprudenziali, al fine di poter definire la reale efficacia di tali atti e la loro vincolatività nei confronti dei rappresentanti delle parti. A tale capitolo segue quello sull’applicazione del rinvio pregiudiziale tra soft law (c.d. Raccomandazioni) e giurisprudenza. Infine, la candidata svolge le ultime riflessioni sul potere “eccezionaledella Corte di giustizia di limitare nel tempo gli effetti delle proprie sentenze interpretative. Potere che, in questo caso, si manifesta non mediante l’emanazione di atti di soft law, ma attraverso le proprie pronunce giurisprudenziali.

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La ricerca è stata incentrata su di una fonte di grande importanza per una più puntuale comprensione della vita del regno di Federico II: il Quaternus excadenciarum Capitinate. Essa ha tenuto presenti le altre fonti coeve: Liber Augustalis, Registro della Cancelleria di Federico II degli anni 1239-1240, fonti cronachistiche. Il Quaternus è un inventario di talune particolari categorie di beni demaniali, le excadencie, la cui concessione è scaduta e pertanto ritornano al fisco. Tali beni sono situati in 33 località del Giustizierato di Capitanata. Senza data, è stato redatto tra il 1249 e il 1250 (risultano inseriti i beni confiscati a Pier della Vigna, bollato di tradimento nel febbraio 1249). Obiettivo della ricerca è stato duplice: 1) analizzare e approfondire le questioni di natura giuridico-istituzionale ed economica implicate nel documento e tentare di ricostruire uno spaccato della Capitanata del XIII sec.; 2) offrire una nuova e più corretta edizione del testo. La prima parte dello studio ha inteso inquadrare il documento nel contesto delle esigenze proprie delle monarchie del tempo di tenere sotto controllo i beni immobili di ciascun regno ed analizzare la politica economica fridericiana (capp. I, II). La seconda parte è stata dedicata agli approfondimenti innanzi ricordati. Essa è struttura in sette capitoli (I. Il Quaternus excadenciarum Capitinate; II. Beni e diritti costituenti le excadencie Capitinate; III. Il Quaternus come specchio di una politica dispotica; IV. La gestione delle excadencie; V. Pesi e misure; VI. Monete e valori; VII. Il Quaternus come documento sullo stato della Capitanata nel XIII secolo). In appendice: tabelle che offrono per ciascuna delle 33 località considerate, puntuali indicazioni dei beni e diritti censiti, dei nomi dei titolari delle concessioni (spesso personaggi di rango) e delle relative rendite.

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La ricerca si pone l’obiettivo di analizzare strumenti e metodi per l’applicazione dell’H-BIM comprendendone le criticità e fornendo soluzioni utili in questo campo. Al contempo la finalità non è circoscrivibile alla semplice produzione di modelli 3D semanticamente strutturati e parametrici a partire da una nuvola di punti ottenuta con un rilievo digitale, ma si propone di definire i criteri e le metodiche di applicazione delle H-BIM all’interno dell’intero processo. L’impostazione metodologica scelta prevede un processo che parte dalla conoscenza dello stato dell’arte in tema di H-BIM con lo studio dell’attuale normativa in materia e i casi studio di maggior rilevanza. Si è condotta una revisione critica completa della letteratura in merito alla tecnologia BIM e H-BIM, analizzando esperienze di utilizzo della tecnologia BIM nel settore edile globale. Inoltre, al fine di promuovere soluzioni intelligenti all’interno del Facility Management è stato necessario analizzare le criticità presenti nelle procedure, rivedere i processi e i metodi per raccogliere e gestire i dati, nonché individuare le procedure adeguate per garantire il successo dell’implementazione. Sono state evidenziate le potenzialità procedurali e operative legate all’uso sistematico delle innovazioni digitali nell’ottica del Facility Management, oltre che allo studio degli strumenti di acquisizione ed elaborazione dei dati e di post-produzione. Si è proceduto al testing su casi specifici per l’analisi della fase di Scan-to-BIM, differenziati per tipologia di utilizzo, data di costruzione, proprietà e localizzazione. Il percorso seguito ha permesso di porre in luce il significato e le implicazioni dell’utilizzo del BIM nell’ambito del Facility Management, sulla base di una differenziazione delle applicazioni del modello BIM al variare delle condizioni in essere. Infine, sono state definite le conclusioni e formulate raccomandazioni riguardo al futuro utilizzo della tecnologia H-BIM nel settore delle costruzioni. In particolare, definendo l’emergente frontiera del Digital Twin, quale veicolo necessario nel futuro della Costruzione 4.0.

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La tesi si prefigge di far luce sui rapporti intercorrenti tra il procedimento applicativo delle misure di prevenzione personale di competenza giudiziale e il processo penale. Nello specifico, l’obiettivo è quello di mettere in evidenza tanto le interferenze, quanto le somiglianze e le inaccettabili divergenze tra i due riti. Nonostante dall’art. 29 cod. ant. traspaia un’apparente indifferenza tra azione penale e azione di prevenzione, infatti, le due sfere di tutela sono così intrecciate da rendere estremamente difficile sostenere che l’una in qualche modo non sia almeno condizionata dall’andamento dell’altra. Il fatto poi che l’unica disposizione contenente la disciplina del procedimento preventivo rinvii, per quanto non espressamente previsto e sempreché vi sia compatibilità, a quella dell’incidente di esecuzione ex art. 666 c.p.p., rimarca la vicinanza con il rito penale; una vicinanza che obbliga dottrina e giurisprudenza a interrogarsi per comprendere se almeno le principali tra le regole e i principi dettati per il processo penale possano valere anche per quello di prevenzione. Il cuore del lavoro sarà dunque dedicato a questa controversa opera di ricostruzione, al fine di individuare le garanzie che devono (o almeno dovrebbero) essere riconosciute al proposto.

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Siegfried Kracauer (1889-1966) fu di formazione ingegnere-architetto, giornalista. Egli fu un instancabile osservatore critico della superficie della realtà, convinto quale era che solo dall’osservazione dei fenomeni superficiali si potesse davvero intuire la realtà di un’epoca. L’obiettivo della tesi è cercare di cogliere il rapporto tra forma e critica della realtà attraverso saggi, articoli di giornale, recensioni di libri e film, biografie e autobiografie. All’interno di questo lavoro si sono isolate alcune immagini e opere che permettono, a nostro parere, di cogliere il senso della decifrazione della modernità in Kracauer. La luce come figura ambigua della fantasmagoria e della metropoli, il mito e la razionalizzazione capitalistica, la figura di Ginster, personaggio letterario chiaramente autobiografico incaricato di descrivere le tensioni nel passaggio dall’esperienza della prima guerra mondale al mondo moderno dell’improvvisazione e della perdita dei confini e, infine, Jacques Offenbach e l’operetta, incursione storica di Kracauer alla ricerca di una biografia sociale della città di Parigi come archeologia della modernità sviluppando un parallelo tra l’epoca del Secondo Impero di Napoleone III e l’avvento del nazismo. A ognuno di questi momenti è dedicato un capitolo che cerca di sviluppare continuità e discontinuità del pensiero di Kracauer nei confronti delle eredità filosofiche e metodologiche di György Lukács, Georg Simmel, Karl Marx. mL’attenzione è stata rivolta alle testimonianze dei rapporti e dei confronti, talora aspri, con i suoi colleghi e amici a partire da quelli complicati con Benjamin e Adorno che restituiscono un’immagine di un pensatore originale e complesso alla ricerca e, paradossalmente sulla soglia, di una via per pensare l’irruzione della cultura di massa e del potere assoggettante delle immagini.

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La presente ricerca prende avvio dalla ricostruzione della biografia di Giovanni Giacomo Leonardi (1498-1562), pesarese, architetto militare, ambasciatore e cavaliere al servizio dei duchi d’Urbino Francesco Maria I (1490-1538) e Guidobaldo II (1514-1574) della Rovere. Attraverso lo spoglio delle fonti tra Pesaro, Firenze e Venezia, se ne è fornita una collocazione nel panorama politico-culturale dell’Italia cinquecentesca, al fine di evidenziare l’importanza del suo trattato in trentadue libri, intitolato "Il Principe Cavalliero", dedicato ai precetti dell’arte militare, diplomatica e cavalleresca necessari a formare il perfetto principe del tardo Rinascimento. Dell’opera, rimasta inedita, sono state trascritte e studiate le parti dedicate alla scienza dell’onore e all’arte dell’ambasceria, al fine di dimostrare come i dettami della ‘religione di cavalleria’ influenzassero ogni ambito delle relazioni tra gentiluomini, comprese quelle interstatuali.