236 resultados para Energia geotermica, energie rinnovabili, geotermico, calore della terra
Resumo:
La recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea impone agli stati membri di riorganizzare il quadro legislativo nazionale in materia di prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. La concezione di edifici a energia “quasi” zero (nZEB) parte dal presupposto di un involucro energeticamente di standard passivo per arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. In quest’ottica la riconsiderazione delle potenzialità dell’architettura solare individua degli strumenti concreti e delle valide metodologie per supportare la progettazione di involucri sempre più performanti che sfruttino pienamente una risorsa inesauribile, diffusa e alla portata di tutti come quella solare. Tutto ciò in considerazione anche della non più procrastinabile necessità di ridurre il carico energetico imputabile agli edifici, responsabili come noto di oltre il 40% dei consumi mondiali e del 24% delle emissioni di gas climalteranti. Secondo queste premesse la ricerca pone come centrale il tema dell’integrazione dei sistemi di guadagno termico, cosiddetti passivi, e di produzione energetica, cosiddetti attivi, da fonte solare nell’involucro architettonico. Il percorso sia analitico che operativo effettuato si è posto la finalità di fornire degli strumenti metodologici e pratici al progetto dell’architettura, bisognoso di un nuovo approccio integrato mirato al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico. Attraverso una ricognizione generale del concetto di architettura solare e dei presupposti teorici e terminologici che stanno alla base della stessa, la ricerca ha prefigurato tre tipologie di esito finale: una codificazione delle morfologie ricorrenti nelle realizzazioni solari, un’analisi comparata del rendimento solare nelle principali aggregazioni tipologiche edilizie e una parte importante di verifica progettuale dove sono stati applicati gli assunti delle categorie precedenti
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Lo studio dei processi biogeochimici che avvengono all’interfaccia acqua-sedimento riveste grande importanza per comprendere quali fattori ambientali siano responsabili di un eventuale modifica nel bilancio del carbonio organico e di altri elementi maggiori o minori e può` fornire un' indicazione su quali siano le aree più sensibili a tali processi. In questo studio sono stati analizzati i meccanismi che guidano la mineralizzazione della sostanza organica in aree caratterizzate da differenti condizioni idrodinamiche, batimetriche e trofiche nel Mediterraneo centrale. In particolare sono state prelevate carote di sedimento e analizzate le acque interstiziali in siti localizzati nell'Adriatico centro-meridionale, caratterizzati da basse profondità, alti tassi di sedimentazione e elevati apporti di sostanza organica, e in siti localizzati nello Ionio centro-settentrionale, caratterizzati da profondità crescenti, minori tassi di sedimentazione e ridotti apporti fluviali. L'analisi dei processi di degradazione della sostanza organica evidenzia differenze regionali tra il bacino adriatico e quello ionico: processi di mineralizzazione ossica e subossica appaiono intensi nei sedimenti adriatici, diversamente il bacino ionico appare caratterizzato principalmente da processi di degradazione ossica della sostanza organica. Inoltre, relativamente ai flussi bentici di Carbonio Inorganico Disciolto (DIC) flussi inversi sono stati registrati nei due bacini: i sedimenti adriatici si comportano come sourse di DIC, mentre i sedimenti Ionici si comportano come dei sink di DIC suggerendo una possibile precipitazione di carbonati nel bacino ionico.
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Secondo il Report IFAD sulla povertà rurale, nel 2008, circa due terzi della popolazione africana viveva nelle aree rurali ed era in qualche modo coinvolta in attività agricole commerciali o di sussistenza (IFAD, 2011). L’agricoltura rappresenta il più importante settore economico per la popolazione africana e le donne risultano cruciali per la produzione agricola: rappresentano infatti il 62,8 per cento della forza lavoro (FAO, 2014). Dopo la crisi alimentare del 2007-2008 si è andato intensificando il fenomeno delle acquisizione di terre su larga scala in paesi del Sud del mondo, in particolare nel continente africano, da parte di multinazionali, governi, aziende nazionali e singoli soggetti privati. Questo processo è stato denominato anche land grabbing dalle principali organizzazioni internazionali e della società civile e ha avuto grande impatto mediatico a livello internazionale. L'intensificarsi del fenomeno ha portato a una progressiva perdita di controllo e accesso ad ampie porzioni di territorio da parte delle comunità locali, che non possono più disporre delle risorse naturali collegate alla terra. La cessione di ampi terreni avviene in molti casi senza trasparenza informativa, con violazione dei diritti umani e senza il consenso delle comunità che vi abitano e che coltivano tali aree, e a cui viene imposto un cambio radicale di vita. La terra è una risorsa centrale per l'identità, il sostentamento e la sicurezza alimentare di una comunità, dunque le conseguenze sono molteplici a livello sociale, culturale, economico e politico. Gli impatti sulle relazioni di genere e in particolare sulle donne delle comunità rurali risultano essere cruciali nel discorso sullo sviluppo. L’obiettivo di questo lavoro è indagare come le relazioni di genere, a seguito delle trasformazioni nella gestione della terra, si modificano amplificando squilibri già esistenti e creando conseguenze sulle logiche di potere delle comunità rurali e sulle vite delle persone che ne fanno parte.
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Ad oggi le città europee si configurano come i principali centri di cultura, innovazione e sviluppo economico. Tuttavia, ospitando circa il 75% della popolazione e consumando quasi l’80% dell’energia prodotta, a causa delle significative emissioni di gas serra esse contribuiscono in modo rilevante ai cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, ne subiscono gli effetti più intensi. La Comunità Europea ha preso atto della necessità di intraprendere un’azione sinergica che adotti strategie di mitigazione climatica e preveda misure di adattamento per far fronte agli impatti climatici ormai inevitabili. L'orientamento dei Programmi europei di Ricerca e Innovazione sul tema delle città smart e clima-neutrali sposta l'attenzione dalla dimensione urbana verso la scala di distretto. In questa prospettiva, i Positive Energy Districts (PEDs) si configurano come distretti di nuova edificazione, ma anche come soluzioni ambiziose per la riqualificazione di quartieri esistenti che gestiscono in modo attivo il fabbisogno energetico con un bilancio nullo di emissioni e un surplus di energia prodotta da rinnovabili. La ricerca di dottorato focalizza l’indagine sul modello PEDs esplorandone il potenziale di applicabilità nel contesto urbano consolidato. Nello specifico, la tesi lavora allo sviluppo di due contributi di ricerca originali: il PED-Portfolio e il PED-Toolkit. Tali contributi propongono un approccio sistemico, attraverso il quale intraprendere un percorso di conoscenza e sperimentazione del modello PEDs in una prospettiva di riduzione del fabbisogno energetico, ma anche in un’ottica di migliore accessibilità, vivibilità e resilienza di questi distretti. Al fine di verificare l’applicabilità dei risultati della ricerca, gli strumenti sviluppati vengono testati su un’area pilota e gli esiti di tale sperimentazione sono poi messi a confronto con il quadro dello stato dell’arte e con le principali linee di ricerca internazionali sul tema PEDs, affinando gli esiti del progetto di dottorato in un processo di ricerca-sperimentazione-ricerca.
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Extensive mass transport deposits and multiple slide scars testify widespread and recurrent submarine sediment failures occurring during the late Quaternary on the SW-Adriatic and SE-Sicilian margins. These mass movements and their consequences contributed to shape the continental slopes and fill the basins with characteristic signatures. Geomorphological, seismo-stratigraphic, sedimentological and biostratigraphic data provide clues to: 1) define distinct failure mechanisms investigating on factors that determine dissimilar organization of coeval displaced masses, 2) reconstruct successive phases of failure stressing on the same location where slide scars crosscut and mass-transport deposits overlap, 3) analyze regional setting and indicate the most suitable place where to calculate mass wasting frequency. Discussions on the role of fluid flow, currents activity and tectonic deformation determine a wider view on the construction of the studied continental margins.
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This volume is a collection of the work done in a three years-lasting PhD, focused in the analysis of Central and Southern Adriatic marine sediments, deriving from the collection of a borehole and many cores, achieved thanks to the good seismic-stratigraphic knowledge of the study area. The work was made out within European projects EC-EURODELTA (coordinated by Fabio Trincardi, ISMAR-CNR), EC-EUROSTRATAFORM (coordinated by Phil P. E. Weaver, NOC, UK), and PROMESS1 (coordinated by Serge Bernè, IFREMER, France). The analysed sedimentary successions presented highly expanded stratigraphic intervals, particularly for the last 400 kyr, 60 kyr and 6 kyr BP. These three different time-intervals resulted in a tri-partition of the PhD thesis. The study consisted of the analysis of planktic and benthic foraminifers’ assemblages (more than 560 samples analysed), as well as in preparing the material for oxygen and carbon stable isotope analyses, and interpreting and discussing the obtained dataset. The chronologic framework of the last 400 kyr was achieved for borehole PRAD1-2 (within the work-package WP6 of PROMESS1 project), collected in 186.5 m water depth. The proposed chronology derives from a multi-disciplinary approach, consisting of the integration of numerous and independent proxies, some of which analysed by other specialists within the project. The final framework based on: micropaleontology (calcareous nannofossils and foraminifers’ bioevents), climatic cyclicity (foraminifers’ assemblages), geochemistry (oxygen stable isotope, made out on planktic and benthic records), paleomagnetism, radiometric ages (14C AMS), teprhochronology, identification of sapropel-equivalent levels (Se). It’s worth to note the good consistency between the oxygen stable isotope curve obtained for borehole PRAD1-2 and other deeper Mediterranean records. The studied proxies allowed the recognition of all the isotopic intervals from MIS10 to MIS1 in PRAD1-2 record, and the base of the borehole has been ascribed to the early MIS11. Glacial and interglacial intervals identified in the Central Adriatic record have been analysed in detail for the paleo-environmental reconstruction, as well. For instance, glacial stages MIS6, MIS8 and MIS10 present peculiar foraminifers’ assemblages, composed by benthic species typical of polar regions and no longer living in the Central Adriatic nowadays. Moreover, a deepening trend in the paleo-bathymetry during glacial intervals was observed, from MIS10 (inner-shelf environment) to MIS4 (mid-shelf environment).Ten sapropel-equivalent levels have been recognised in PRAD1-2 Central Adriatic record. They showed different planktic foraminifers’ assemblages, which allowed the first distinction of events occurred during warm-climate (Se5, Se7), cold-climate (Se4, Se6 and Se8) and temperate-intermediate-climate (Se1, Se3, Se9, Se’, Se10) conditions, consistently with literature. Cold-climate sapropel equivalents are characterised by the absence of an oligotrophic phase, whereas warm-temeprate-climate sapropel equivalents present both the oligotrophic and the eutrophic phases (except for Se1). Sea floor conditions vary, according to benthic foraminifers’ assemblages, from relatively well oxygenated (Se1, Se3), to dysoxic (Se9, Se’, Se10), to highly dysoxic (Se4, Se6, Se8) to events during which benthic foraminifers are absent (Se5, Se7). These two latter levels are also characterised by the lamination of the sediment, feature never observed in literature in such shallow records. The enhanced stratification of the water column during the events Se8, Se7, Se6, Se5, Se4, and the concurring strong dilution of shallow water, pointed out by the isotope record, lead to the hypothesis of a period of intense precipitation in the Central Adriatic region, possibly due to a northward shift of the African Monsoon. Finally, the expression of Central Adriatic PRAD1-2 Se5 equivalent was compared with the same event, as registered in other Eastern Mediterranean areas. The sequence of substantially the same planktic foraminifers’ bioevents has been consistently recognised, indicating a similar evolution of the water column all over the Eastern Mediterranean; yet, the synchronism of these events cannot be demonstrated. A high resolution analysis of late Holocene (last 6000 years BP) climate change was carried out for the Adriatic area, through the recognition of planktic and benthic foraminifers’ bioevents. In particular, peaks of planktic Globigerinoides sacculifer (four during the last 5500 years BP in the most expanded core) have been interpreted, based on the ecological requirements of this species, as warm-climate, arid intervals, correspondent to periods of relative climatic optimum, such as, for instance, the Medieval Warm Period, the Roman Age, the Late Bronze Age and the Copper Age. Consequently, the minima in the abundance of this biomarker could correspond to relatively cooler and more rainy periods. These conclusions are in good agreement with the isotopic and the pollen data. The Last Occurrence (LO) of G. sacculifer has been dated in this work at an average age of 550 years BP, and it is the best bioevent approximating the base of the Little Ice Age in the Adriatic. Recent literature reports the same bioevent in the Levantine Basin, showing a rather consistent age. Therefore, the LO of G. sacculifer has the potential to be extended to all the Eastern Mediterranean. Within the Little Ice Age, benthic foraminifer V. complanata shows two distinct peaks in the shallower Adriatic cores analysed, collected hundred kilometres apart, inside the mud belt environment. Based on the ecological requirements of this species, these two peaks have been interpreted as the more intense (cold and rainy) oscillations inside the LIA. The chronologic framework of the analysed cores is robust, being based on several range-finding 14C AMS ages, on estimates of the secular variation of the magnetic field, on geochemical estimates of the activity depth of 210Pb short-lived radionuclide (for the core-top ages), and is in good agreement with tephrochronologic, pollen and foraminiferal data. The intra-holocenic climate oscillations find out in the Adriatic have been compared with those pointed out in literature from other records of the Northern Hemisphere, and the chronologic constraint seems quite good. Finally, the sedimentary successions analysed allowed the review and the update of the foraminifers’ ecobiostratigraphy available from literature for the Adriatic region, thanks to the achievement of 16 ecobiozones for the last 60 kyr BP. Some bioevents are restricted to the Central Adriatic (for instance the LO of benthic Hyalinea balthica , approximating the MIS3/MIS2 boundary), others occur all over the Adriatic basin (for instance the LO of planktic Globorotalia inflata during MIS3, individuating Dansgaard-Oeschger cycle 8 (Denekamp)).