24 resultados para D22 - Firm Behavior: Empirical Analysis
Resumo:
Nell'ambito delle teorie dello sviluppo, un filone di studi, originato dai lavori di North (1973) e consolidatosi negli ultimi anni, individua nelle istituzioni, definite come le regole del gioco o i vincoli disegnati dagli uomini per disciplinare i loro rapporti, i fattori fondamentali dello sviluppo economico. Le istituzioni, nel modello elaborato da Acemoglu, Johnson e Robinson (2004), sono il frutto di interazioni dinamiche tra potere politico de jure, determinato dalle istituzioni politiche, e potere politico de facto, determinato dalla distribuzione delle risorse economiche. Sulla base di questa prospettiva teorica, questa tesi propone uno studio di carattere quantitativo sulla qualità istituzionale, la traduzione operativa del concetto di istituzioni, composta dalle tre fondamentali dimensioni di democrazia, efficienza ed efficacia del governo e assenza di corruzione. La prima parte, che analizza sistematicamente pro e contro di ciascuna tipologia di indicatori, è dedicata alla revisione delle misure quantitative di qualità istituzionale, e individua nei Worldwide Governance Indicators la misura più solida e consistente. Questi indici sono quindi utilizzati nella seconda parte, dove si propone un'analisi empirica sulle determinanti della qualità istituzionale. Le stime del modello di regressione cross-country evidenziano che la qualità istituzionale è influenzata da alcuni fattori prevalentemente esogeni come la geografia, la disponibilità di risorse naturali e altre caratteristiche storiche e culturali, insieme ad altri fattori di carattere più endogeno. In quest'ultima categoria, i risultati evidenziano un effetto positivo del livello di sviluppo economico, mentre la disuguaglianza economica mostra un impatto negativo su ciascuna delle tre dimensioni di qualità istituzionale, in particolare sulla corruzione. Questi risultati supportano la prospettiva teorica e suggeriscono che azioni di policy orientate alla riduzione delle disparità sono capaci di generare sviluppo rafforzando la democrazia, migliorando l'efficienza complessiva del sistema economico e riducendo i livelli di corruzione.
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Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un ampio dibattito sull’uso della valutazione della ricerca nelle università e nelle strutture di ricerca. Nell’ambito di tale dibattito, nella presente tesi, vengono analizzate le più importanti metodologie per la valutazione della ricerca presenti a livello internazionale, i principali strumenti qualitativi di valutazione della ricerca (in particolare la peer review), gli strumenti quantitativi, quali la bibliometria, e le caratteristiche dei più importanti archivi bibliografici citazionali (es. Scopus, Web of Science), approfondendo i principali indicatori citazionali utilizzati nelle scienze umane e sociali (es. Indice H). Inoltre la tesi affronta il tema dell’impatto socio-economico della ricerca e le principali criticità di questo innovativo strumento, attraverso uno studio di caso realizzato nel Regno Unito. Una successiva analisi empirica riguarda le principali liste di riviste realizzate a livello internazionale e nazionale, nel settore scientifico di Storia e Filosofia della scienza. I risultati degli studi mostrano che le liste internazionali di riviste possono rappresentare, un punto di partenza a cui devono necessariamente essere affiancati altri strumenti di valutazione (peer review, analisi citazionali, etc); mentre le liste nazionali rischiano, invece, di essere uno strumento poco utile ed in alcuni casi inadeguato al fine di una corretta valutazione della ricerca, a causa della scarsa internazionalizzazione dei repertori e dei giudizi generalmente troppo elevati attribuiti alle riviste. Un ulteriore risultato raggiunto nella presente tesi riguarda la valutazione della ricerca nelle diverse discipline scientifiche: nelle Scienze umane e sociali risulta esserci uno scarso grado di presenza di pubblicazioni scientifiche nei principali archivi bibliografici e citazionali internazionali. Questa situazione limita fortemente l’attendibilità delle analisi statistiche basate su indici e indicatori quantitativi, per valutare la produttività scientifica di un ricercatore, oppure di una istituzione di ricerca.
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La tesi affronta il tema dell'innovazione della scuola, oggetto di costante attenzione da parte delle organizzazioni internazionali e dei sistemi educativi nazionali, per le sue implicazioni economiche, sociali e politiche, e intende portare un contributo allo studio sistematico e analitico dei progetti e delle esperienze di innovazione complessiva dell'ambiente di apprendimento. Il concetto di ambiente di apprendimento viene approfondito nelle diverse prospettive di riferimento, con specifica attenzione al framework del progetto "Innovative Learning Environments" [ILE], dell’Organisation For Economic And Cultural Development [OECD] che, con una prospettiva dichiaratamente olistica, individua nel dispositivo dell’ambiente di apprendimento la chiave per l’innovazione dell’istruzione nella direzione delle competenze per il ventunesimo Secolo. I criteri presenti nel quadro di riferimento del progetto sono stati utilizzati per un’analisi dell’esperienza proposta come caso di studio, Scuola-Città Pestalozzi a Firenze, presa in esame perché nell’anno scolastico 2011/2012 ha messo in pratica appunto un “disegno” di trasformazione dell’ambiente di apprendimento e in particolare dei caratteri del tempo/scuola. La ricerca, condotta con una metodologia qualitativa, è stata orientata a far emergere le interpretazioni dei protagonisti dell’innovazione indagata: dall’analisi del progetto e di tutta la documentazione fornita dalla scuola è scaturita la traccia per un focus-group esplorativo attraverso il quale sono stati selezionati i temi per le interviste semistrutturate rivolte ai docenti (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado). Per quanto concerne l’interpretazione dei risultati, le trascrizioni delle interviste sono state analizzate con un approccio fenomenografico, attraverso l’individuazione di unità testuali logicamente connesse a categorie concettuali pertinenti. L’analisi dei materiali empirici ha permesso di enucleare categorie interpretative rispetto alla natura e agli scopi delle esperienze di insegnamento/apprendimento, al processo organizzativo, alla sostenibilità. Tra le implicazioni della ricerca si ritengono particolarmente rilevanti quelle relative alla funzione docente.
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La tesi si propone l’obiettivo di indagare le modalità di interazione tra conoscenze tecnico-scientifiche e dato normativo, a partire dallo studio delle c.d. norme tecniche, ossia le norme, dotate di forza giuridica o meno, elaborate sulla base di conoscenze tecnico-scientifiche. La ricerca analizza diversi settori dell’ordinamento, accomunati da un’elevata influenza di saperi tecnici e al tempo stesso da un’indubbia rilevanza dal punto di vista costituzionale (la disciplina delle sperimentazioni cliniche dei farmaci, quella delle emissioni inquinanti di origine industriale e quella relativa agli standard di sicurezza dei prodotti), individuando quelle che al loro interno si possono considerare norme tecniche e mettendone in luce sia i profili formali (in quali atti-fonte sono contenute, quale natura giuridica presentano) che il procedimento di formazione, con particolare attenzione ai soggetti che vi prendono parte. Si propone quindi una sistematizzazione degli elementi emersi dall’indagine a partire da due diverse prospettive: in primo luogo tali dati vengono analizzati dal punto di vista dogmatico, individuando i diversi meccanismi di ingresso del dato tecnico-scientifico nel tessuto normativo (incorporazione nella norma giuridica, impiego di clausole generali, rinvio a norme extra-giuridiche), al fine di mettere in luce eventuali profili problematici per quanto riguarda il sistema delle fonti. La seconda prospettiva prende invece quale punto di riferimento il “centro di elaborazione sostanziale” delle norme considerate, al fine di evidenziarne i diversi fattori di legittimazione: a partire da esigenze di armonizzazione della disciplina e dall’assunto della neutralità delle conoscenze tecnico-scientifiche rispetto agli interessi coinvolti, l’elaborazione delle norme tecniche vede infatti un significativo ripensamento degli equilibri non solo fra attori pubblici e privati, ma anche tra legittimazione politica e legittimazione “tecnica” della scelta normativa. A tali aspetti è dedicata la parte conclusiva del lavoro, in particolare per quanto riguarda la conformità rispetto al disegno costituzionale.
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The first paper sheds light on the informational content of high frequency data and daily data. I assess the economic value of the two family models comparing their performance in forecasting asset volatility through the Value at Risk metric. In running the comparison this paper introduces two key assumptions: jumps in prices and leverage effect in volatility dynamics. Findings suggest that high frequency data models do not exhibit a superior performance over daily data models. In the second paper, building on Majewski et al. (2015), I propose an affine-discrete time model, labeled VARG-J, which is characterized by a multifactor volatility specification. In the VARG-J model volatility experiences periods of extreme movements through a jump factor modeled as an Autoregressive Gamma Zero process. The estimation under historical measure is done by quasi-maximum likelihood and the Extended Kalman Filter. This strategy allows to filter out both volatility factors introducing a measurement equation that relates the Realized Volatility to latent volatility. The risk premia parameters are calibrated using call options written on S&P500 Index. The results clearly illustrate the important contribution of the jump factor in the pricing performance of options and the economic significance of the volatility jump risk premia. In the third paper, I analyze whether there is empirical evidence of contagion at the bank level, measuring the direction and the size of contagion transmission between European markets. In order to understand and quantify the contagion transmission on banking market, I estimate the econometric model by Aït-Sahalia et al. (2015) in which contagion is defined as the within and between countries transmission of shocks and asset returns are directly modeled as a Hawkes jump diffusion process. The empirical analysis indicates that there is a clear evidence of contagion from Greece to European countries as well as self-contagion in all countries.
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Le Social Street sono gruppi di vicini di casa che vogliono ricreare legami di convivialità avendo notato un indebolimento delle relazioni sociali nei loro quartieri. Nascono come gruppi online, tramite la piattaforma Facebook, per materializzarsi in incontri offline andando a costruire legami conviviali grazie pratiche di socialità, inclusività e gratuità. Questa Tesi ha come obiettivo l’analisi dei profili socio-demografici degli Streeter e dei quartieri coinvolti per comprendere come sia possibile creare convivialità e come la variabile urbana intervenga in questi processi. Inoltre, si vuole comprendere le dinamiche di attaccamento al quartiere, gli interessi portati avanti dagli Streeter, il loro profilo civico e il posizionamento di quest’esperienza rispetto all’associazionismo tradizionale. Per perseguire l’obiettivo della ricerca, sono state studiate le tre città che vedono la maggiore presenza di Social Street: Milano, Bologna, Roma. La ricerca ha previsto sia un’analisi degli Streeter grazie a un questionario online replicato in tutti i contesti. Inoltre, sono state realizzate 131 interviste ad amministratori e fondatori di Social Street e condotte osservazioni etnografiche e netnografiche. I risultati mostrano come gli Streeter siano appartenenti alle classi medio-alte, tra trenta e cinquanta anni, che hanno sperimentato la mobilità tra un quartiere e l’altro o tra diversi contesi nazionali ed internazionali e trovano nelle Social Street un modo per creare legami di vicinato che hanno perso nei loro trasferimenti. Gli stessi quartieri dove si diffondono le Social Street sono agiati e vi è una buona corrispondenza tra Streeter e modello della centralità sociale elaborato da Milbrath (1965) per cui anche la partecipazione civica è molto sentita tra gli aderenti alle Social Street. Il contributo di questa Tesi al dibattito sociologico risiede nell’aver offerto un’analisi empirica di un’azione collettiva a livello urbano, quella delle Social Street, mostrando come vi sia circolarità tra azione e contesto grazie all’azione mutualistica conviviale.
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This dissertation has two main themes: first, the economic impact of tourism on cities and, secondly, the determinants of European long-run development, with a focus on the pre-Industrial era. The common thread is the attempt to develop economic geography models that incorporate spatial frictions and are liable to be given empirical content. Chapter 1, written in conjunction with G. Alfredo Minerva, provides an empirical analysis of the relationship between tourism and economic activity across Italian municipalities, and lays down the basic elements of an urban theory of tourism in an a-spatial setting. Chapter 2 extends these ideas to a quantitative urban framework to study the economic impact and the welfare consequences of tourism into the city of Venice. The model is given empirical content thanks to a large collection of data at the Census tract level for the Municipality of Venice, and then used to perform counterfactual policty analysis. In chapter 3, with Matteo Santacesaria, we consider a setting where agents are continuously distributed over a two-dimensional heterogeneous geography, and are allowed to do business at a finite set of markets. We study the equilibrium partition of the economic space into a collection of mutually-exclusive market areas, and provide condition for this equilibrium partition to exist and to be unique. Finally, chapter 4 "The rise of (urban) Europe: a Quantitative-Spatial analysis", co-authored with Matteo Cervellati and Alex Lehner, sets up a quantitative economic geography model to understand the roots of the Industrial Revolution, in an attempt to match the evolution of the European urban network, and the corresponding city-size distribution, over the period A.D. 1000-1850. It highlights the importance of agricultural trade across cities for the emergence of large manufacturing hubs.
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Smart Farming Technologies (SFT) is a term used to define the set of digital technologies able not only to control and manage the farm system, but also to connect it to the many disruptive digital applications posed at multiple links along the value chain. The adoption of SFT has been so far limited, with significant differences at country-levels and among different types of farms and farmers. The objective of this thesis is to analyze what factors contributes to shape the agricultural digital transition and to assess its potential impacts in the Italian agri-food system. Specifically, this overall research objective is approached under three different perspectives. Firstly, we carry out a review of the literature that focuses on the determinants of adoption of farm-level Management Information Systems (MIS), namely the most adopted smart farming solutions in Italy. Secondly, we run an empirical analysis on what factors are currently shaping the adoption of SFT in Italy. In doing so, we focus on the multi-process and multi-faceted aspects of the adoption, by overcoming the one-off binary approach often used to study adoption decisions. Finally, we adopt a forward-looking perspective to investigate what the socio-ethical implications of a diffused use of SFT might be. On the one hand, our results indicate that bigger, more structured farms with higher levels of commercial integration along the agri-food supply chain are those more likely to be early adopters. On the other hand, they highlight the need for the institutional and organizational environment around farms to more effectively support farmers in the digital transition. Moreover, the role of several other actors and actions are discussed and analyzed, by highlighting the key role of specific agri-food stakeholders and ad-hoc policies, with the aim to propose a clearer path towards an efficient, fair and inclusive digitalization of the agrifood sector.
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Over the last three decades, international agricultural trade has grown significantly. Technological advances in transportation logistics and storage have created opportunities to ship anything almost anywhere. Bilateral and multilateral trade agreements have also opened new pathways to an increasingly global market place. Yet, international agricultural trade is often constrained by differences in regulatory regimes. The impact of “regulatory asymmetry” is particularly acute for small and medium sized enterprises (SMEs) that lack resources and expertise to successfully operate in markets that have substantially different regulatory structures. As governments seek to encourage the development of SMEs, policy makers often confront the critical question of what ultimately motivates SME export behavior. Specifically, there is considerable interest in understanding how SMEs confront the challenges of regulatory asymmetry. Neoclassical models of the firm generally emphasize expected profit maximization under uncertainty, however these approaches do not adequately explain the entrepreneurial decision under regulatory asymmetry. Behavioral theories of the firm offer a far richer understanding of decision making by taking into account aspirations and adaptive performance in risky environments. This paper develops an analytical framework for decision making of a single agent. Considering risk, uncertainty and opportunity cost, the analysis focuses on the export behavior response of an SME in a situation of regulatory asymmetry. Drawing on the experience of fruit processor in Muzaffarpur, India, who must consider different regulatory environments when shipping fruit treated with sulfur dioxide, the study dissects the firm-level decision using @Risk, a Monte Carlo computational tool.