239 resultados para Assiomi della Meccanica Quantistica, Operatori Autoaggiunti, Operatori Simmetrici Massimali


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Le patologie di pertinenza odontostomatologica in pazienti adulti istituzionalizzati affetti da disabilità neuropsichiatrica presentano un’alta prevalenza; scopo del presente lavoro è stato la valutazione della prevalenza di carie (DMFT, SIC) e lo stato di igiene orale (OHI-S) in un gruppo di 103 (72 maschi, 31 femmine, età media 51) pazienti degli Istituti del P.O. Corberi e della RSD Beato Papa Giovanni XIII di Limbiate (MB). E’ stato valutata la collaborazione alla visita con la scala di Frankl, si è definito lo stato funzionale del paziente, in base alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) e si è valutata con un questionario la motivazione degli operatori sanitari a stili di salute orale. Lo studio ha evidenziato un DMFT medio pari a 16,14 e SIC pari a 23,8, valori non correlabili con l'età del soggetto. L’OHI-S medio è pari a 3,46, dato che si presenza correlato con il tempo intercorso dall’ultima visita odontoiatrica. Dal confronto con un gruppo di soggetti sani della stessa età risultano significativamente più elevati i valori della componente (M) e (F) del DMFT e di tutte le componenti dell’OHI-S. Il campione è stato diviso in due gruppi a seconda della loro pregressa collaborazione al trattamento odontoiatrico e sono stati confrontati i dati ricavati dalla checklist ICF. Il gruppo collaborante ha mostrato livelli di funzionalità superiori per quanto riguarda le capacità di osservare, parlare e l’assistenza personale. Dalle risposte del personale socio-sanitario ermerge scarsa informazione sulle tecniche di igiene orale domiciliare quotidiana del paziente assistito. I risultati di questo studio confermano l'alta prevalenza di carie e scarsa igiene orale in soggetti istituzionalizzati con disabilità neuropsichiatrica. L'ICF si è dimostrata una utile guida per la valutazione dell�approccio comportamentale più idoneo in fase di trattamento. Infine, si evidenzia l’importanza di una formazione continua degli operatori socio-sanitari.

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La ricerca in oggetto ha analizzato le relazioni tra migrazione e salute mentale nel Distretto di Pianura Est dell'AUSL di Bologna. Attraverso un dispositivo d’indagine multi-disciplinare basato sui quadri teorici dell'Antropologia Medica Critica, della Salute Pubblica e della Psichiatria, la ricerca si è inserita nell’ampio contesto di sperimentazione di un innovativo modello di assistenza per pazienti migranti, denominato Centro di Consultazione Socio- Culturale. L'architettura dello studio si rifà a un modello di Ricerca-Azione Partecipata e Multi-Situata fondato su un approccio analitico e auto-riflessivo, il quale ha consentito di problematizzare, oltre alle azioni e alle traiettorie dei vari soggetti che operano nel campo della ricerca, anche le categorie oggetto della ricerca stessa. L'analisi, profondamente radicata nel dato empirico, è stata condotta a partire dall'esperienza degli attori sociali coinvolti. Le esperienze, le informazioni e le rappresentazioni reciproche sono state co-costruite in forma partecipativa attraverso l'uso combinato di metodologie quali-quantitative proprie sia delle discipline sanitarie sia di quelle sociali. Come materiali della ricerca sono stati utilizzati: dati primari e secondari prodotti dalle istituzioni e dalle organizzazioni del territorio stesso; informazioni provenienti dall'osservazione partecipante; colloqui con informatori-chiave; interviste semi-strutturate con decisori politici, amministratori, organizzazioni del territorio, operatori dei servizi, cittadini e pazienti. La ricerca ha dimostrato la validità delle prospettive teoriche utilizzate e delle strategie di lavoro proposte. Il modello di lavoro multi-disciplinare e multi-metodologico si è rivelato produttivo nell'indagare congiuntamente le prospettive degli attori coinvolti insieme alle loro traiettorie, alle reciproche interconnessioni e alle relazioni tra processi locali e globali. L’analisi auto-riflessiva ha consentito di analizzare le attività del Centro di Consultazione evidenziandone vantaggi e limiti. Infine, la collaborazione tra Salute Pubblica e Antropologia Medica Critica ha dimostrato una grande potenzialità e produttività sia sul versante della ricerca scientifica sia su quello dell'assistenza sanitaria.

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Dopo gli indubbi sviluppi politici e legali tendenti all’uniformazione è inevitabile non sostenere che anche il mercato della gestione delle infrastrutture e del trasporto aereo a terra costituisce un fattore determinante del trasporto aereo con una più stretta necessità di uniformazione del quadro regolamentare. La gestione aeroportuale e i servizi connessi è collocata all’interno del diritto aereo. Perché si configuri il “trasporto aereo” (nozione dinamica base che caratterizza il diritto del trasporto aereo) si ha la necessità di un accordo tra due paesi – un permesso di volo designato – una finestra di orario di decollo e atterraggio e la regolamentazione delle relative attività connesse, affinché si svolgano in situazione di safety, quale conditio sine qua non di tutte le attività di aviazione. Tuttavia, la migliore dottrina sente il bisogno di una trattazione separata della materia diritto aereo in senso stretto e quella della disciplina aeroportuale, benché i due ambiti sono tra di loro contigui. Questo è legittimato da esigenze contrapposte fra gli operatori dei due settori. In ultima considerazione possiamo sostenere che gli sviluppi legislativi, sia nel diritto aeronautico e in quello marittimo, portano all’abbraccio della impostazione di un diritto dei trasporti inclusivo di ogni forma dell’attuazione del fenomeno trasporto, scollegandosi al solo fenomeno dell’esercizio nautico quale elemento caratterizzante della disciplina. Quale futuro legislativo si prospetta per la gestione del bene aeroporto? Quale sarà la sua dimensione legale su questioni importanti sulle quali esiste una normazione europea come l’allocazione delle bande orarie, tasse aeroportuali e assistenza a terra oppure su quelle che hanno un carattere prevalentemente nazionale? E infine, quale sarebbe la strada da seguire per regolare il nuovo mercato aeroportuale che è passato dalla idea della competizione per il mercato esplorando anche la competizione nel mercato, con aeroporti che si comportano come operatori in concorrenza tra loro?

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L’esposizione degli operatori in campo agricolo alle vibrazioni trasmesse al corpo intero, produce effetti dannosi alla salute nel breve e nel lungo termine. Le vibrazioni che si generano sulle trattrici agricole hanno una elevata intensità e una bassa frequenza. Le componenti orizzontali, amplificate dalla posizione elevata della postazione di guida dall’asse di rollio, presentano maggiori criticità per quanto riguarda i sistemi di smorzamento rispetto alle componenti verticali. Queste caratteristiche rendono difficoltosa la progettazione dei sistemi dedicati alla riduzione del livello vibrazionale per questa categoria di macchine agricole. Nonostante l’installazione di diversi sistemi di smorzamento, il livello di vibrazioni a cui è sottoposto l’operatore può superare, in diverse condizioni di impiego, i livelli massimi imposti dalla legge per la salvaguardia della salute. L’obiettivo di questo lavoro è quello di valutare l’influenza dei moti rigidi di una trattrice (beccheggio, rollio e saltellamento) dotata di sospensione assale anteriore, sospensione cabina e sospensione sedile, sul livello vibrazionale trasmesso all’operatore.E’ stata pertanto strumenta una trattrice con accelerometri e inclinometri installati su telaio, cabina e sedile e utilizzata in diverse condizioni di lavoro in campo e di trasporto su strada. Dall’analisi delle prove effettuate emerge che durante il trasporto su strada è predominante l’accelerazione longitudinale, a causa dell’elevata influenza del beccheggio. La sospensione riduce notevolmente il moto rigido di beccheggio mentre l’effetto della sospensione della cabina è quello di incrementare, in ogni condizione di lavoro, il livello di accelerazione trasmesso dal telaio della macchina.

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Obiettivo: Valutare il ruolo brainstem-vermis angle (BV angle) a 16-18 settimane per la diagnosi precoce delle anomalie cistiche della fossa cranica posteriore. Metodi: Uno studio prospettico, multicentrico, osservazionale. Volumi ecografici tridimensionali della testa fetale sono stati acquisiti in feti a 16-18 settimane. Tre operatori di simile esperienza hanno misurato il BV angle nel piano sagittale come precedentemente descritto1,2 e hanno annotato se il quarto ventricolo era aperto sul piano assiale. Un follow-up dettagliato è stato ottenuto in tutti i casi. Risultati: Tra novembre 2009 e marzo 2011, 150 volumi sono stati acquisiti ad un’epoca gestazionale media di 16 settimane. A causa di una scarsa qualità delle immaginai, 49 volumi sono stati esclusi, con una popolazione finale di 101 casi. Di questi, 6 hanno ricevuto successivamente una diagnosi di malformazione di Dandy-Walker (DWM) e 2 di cisti della tasca di Blake (BPC), gli altri erano normali. In tutti i feti con anomalie cistiche della fossa cranica posteriore, il BV angle è risultato significativamente più ampio rispetto ai controlli (57.3+23.0° vs 9.4+7.7°, U-Mann Whitney test p<0.000005). Nel 90.3% dei feti normali, il BV angle era <20° e il quarto ventricolo era chiuso sul piano assiale. In 9 feti normali e nei casi con BPC, l’angolo era >20° ma <45° (25.8+5.6°) e il quarto ventricolo era aperto posteriormente sul piano assiale, ma solo utilizzando una scansione non convenzionale. In tutti i feti con DWM, il BV angle era >45° (67.9+13.9°) e il quarto ventricolo era aperto anche sul piano assiale standard. Conclusioni: Fino ad ora la diagnosi di anomalie cistiche della fossa cranica posteriore è stata consideratea difficile o impossibile prima di 20 settimane, a causa del presunto sviluppo tardivo del verme cerebellare. La nostra esperienza suggerisce che la misurazione del BV angle consente un’identificazione precisa di queste condizioni già a 16 settimane.

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La ricerca è volta a presentare un nuovo approccio integrato, a supporto di operatori e progettisti, per la gestione dell’intero processo progettuale di interventi di riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente, mediante l’impiego di soluzioni tecnologiche innovative di involucro edilizio. Lo studio richiede necessariamente l’acquisizione di un repertorio selezionato di sistemi costruttivi di involucro, come base di partenza per l’elaborazione di soluzioni progettuali di recupero delle scuole appartenenti al secondo dopoguerra, in conglomerato cementizio armato, prevalentemente prefabbricate. Il progetto individua procedimenti costruttivi ecocompatibili per la progettazione di componenti prefabbricati di involucro “attivo”, adattabile ed efficiente, da assemblare a secco, nel rispetto dei requisiti prestazionali richiesti dalle attuali normative. La ricerca è finalizzata alla gestione dell’intero processo, supportato da sistemi di rilevazione geometrica, collegati a software di programmazione parametrica per la modellazione di superfici adattabili alla morfologia dei fabbricati oggetto di intervento. Tali strumenti informatizzati CAD-CAM sono connessi a macchine a controllo numerico CNC per la produzione industrializzata degli elementi costruttivi “su misura”. A titolo esemplificativo dell’approccio innovativo proposto, si formulano due possibili soluzioni di involucro in linea con i paradigmi della ricerca, nel rispetto dei principi di sostenibilità, intesa come modularità, rapidità di posa, reversibilità, recupero e riciclo di materiali. In particolare, le soluzioni innovative sono accomunate dall’applicazione di una tecnica basata sull’assemblaggio di elementi prefabbricati, dall’adozione di una trama esagonale per la tassellazione della nuova superficie di facciata, e dall’utilizzo del medesimo materiale termico isolante, plastico e inorganico, riciclato ed ecosostenibile, a basso impatto ambientale (AAM - Alkali Activated Materials). Le soluzioni progettuali proposte, sviluppate presso le due sedi coinvolte nella cotutela (Università di Bologna, Université Paris-Est) sono affrontate secondo un protocollo scientifico che prevede: progettazione del sistema costruttivo, analisi meccanica e termica, sperimentazione costruttiva, verifica delle tecniche di messa in opera e dei requisiti prestazionali.

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La ricerca dottorale che ho sviluppato si propone di analizzare il percorso di valutazione della genitorialità recentemente delineato dai servizi sociali territoriali della provincia di Bologna attraverso la sperimentazione di strumenti per la diagnosi sociale, valutando gli esiti dell’applicazione, anche in confronto all’utilizzo di metodi tradizionali. Il progetto ha il suo fulcro tematico, nel qualificare le pratiche professionali, con il fine ultimo di giungere ad un percorso di diagnosi sociale scientificamente fondato. Il mio obbiettivo quindi non è stato analizzare in termini astratti e idealtipici le metodologie professionali di riferimento per i 32 operatori coinvolti, quanto piuttosto di formarli all’utilizzo di una serie di strumenti elaborati nelle fasi precedenti del progetto, e condurre una ricerca empirica su un numero, sufficientemente ampio, di “casi concreti” costituito da nuclei familiari in carico ai servizi sociali. Più precisamente l'ambito privilegiato d’analisi è stato individuato nel rapporto tra operatore ed utente, allo scopo di evidenziare pregi e difetti dell'utilizzo di strumenti professionali finalizzati alla diagnosi sociale. Inoltre va sottolineato che l’analisi della letteratura sul tema ha evidenziato l’esistenza di un numero molto limitato di studi empirici sulle metodologie di servizio sociale, condotti peraltro su un numero di casi e di variabili molto ristretto, e per lo più in territorio statunitense, dove il sistema di Welfare si caratterizza per una impostazione tale da rendere veramente difficile la comparazione con la realtà italiana. Quello a cui ho inteso pervenire non è un giudizio ultimo sull’efficacia di questa specifica metodologia tout-court, ma piuttosto analizzare, attraverso l’utilizzo di materiali quanti-qualitativi derivati dalla sperimentazione, quelle che sono le condizioni che si vengono a determinare quando, nel percorso di presa in carico sociale, vengono introdotti strumenti specifici, metodologia chiara e alto coinvolgimento delle componenti relazionali del processo: operatori, familiari e rete sociale allargata.

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OBIETTIVO: Le fistole retto-vaginali Crohn-relate hanno un impatto significativo sulla qualità della vita. Quando il canale anale è alterato da ulcerazioni e stenosi o in pazienti con difetti estesi del perineo, la chirurgia locale produce risultati insoddisfacenti. Lo scopo di questo studio è quello di valutare l'efficacia della trasposizione del muscolo gracile nelle fistole retto-vaginali Crohn-relate e determinare i suoi effetti sulla qualità della vita. MATERIALI E METODI: Da gennaio 2012 a ottobre 2014 sono state trattate 10 pazienti; sono state raccolte alcune variabili (età, BMI, il fumo, CDAI, setone perioperatorio, precedenti procedure, uso di immunomodulatori e steroidi). Tutte le pazienti sono state sottoposte ad ileostomia temporanea prima della graciloplastica. La percentuale di successo è stata misurata come numero di pazienti con fistola guarita dopo la chiusura della stomia. Sono stati utilizzati tre questionari prima della graciloplastica e 3 mesi dopo la chiusura della stomia al fine di valutare la qualità della vita (SF-36), l’ incontinenza fecale e la funzione sessuale. RISULTATI: La fistola retto-vaginale è stata chiusa in 9 pazienti su 10 dopo graciloplastica, con un follow-up medio di chiusura della stomia di 19 mesi (range 4 -34). È stata documentata una recidiva di RVF. Il tempo operatorio era 90-150 minuti (media, 120). La degenza postoperatoria era 7-16 giorni (media 10). Complicanze postoperatorie precoci includevano deiscenza delle suture perineali in 2 casi. Le complicanze a lungo termine includevano disestesia della cicatrice perineale. Nei dati post-operatori abbiamo riportato un miglioramento della qualità di vita, della funzione sessuale e della continenza fecale. CONCLUSIONI: La chiusura della fistola retto-vaginale utilizzando la trasposizione del muscolo gracile è associata a morbidità minima e un alto tasso di successo.

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Il settore suinicolo ricopre un ruolo rilevante nel contesto nazionale, con ricadute economiche e sociali di primaria importanza in varie regioni. Tuttavia da alcuni anni il settore si trova in crisi a causa dell’instabilità dei mercati internazionali, dello scarso coordinamento tra gli attori della filiera, della progressiva riduzione della redditività dei prodotti trasformati a Denominazione di Origine, della mancata valorizzazione dei tagli di carne fresca, nonché della difficoltà di aggredire i mercati esteri. Altre criticità riguardano la distribuzione del valore lungo la filiera e la scarsa efficacia delle politiche di coordinamento finora adottate. L'obiettivo della ricerca è quello di identificare gli elementi che possono garantire maggiore equilibrio di potere negoziale tra allevatori suinicoli e macellatori rispetto alla situazione attuale: verificati gli elementi critici che caratterizzano la relazione commerciale tra allevatori e macellatori, si avanzano alcune proposte operative utili al superamento delle fratture tra la componente agricola e quella dei macelli in Emilia Romagna. La struttura della tesi è la seguente: (capitolo 1) si descrive il quadro economico del settore suinicolo a livello internazionale e nazionale. Successivamente (capitolo 2) si passano in rassegna le teorie economiche utili a comprendere le ragioni alla base del malfunzionamento dei rapporti tra gli attori della filiera agroalimentare, mentre nel terzo capitolo è richiamato il quadro normativo comunitario, nazionale e regionale all’interno del quale tali relazioni si configurano. Nel quarto capitolo si elabora un modello interpretativo al fine di spiegare le fratture che oggi contraddistinguono le relazioni in essere tra gli attori della filiera: il “modello delle fratture”. Alla luce di questa concettualizzazione è stata svolta un’indagine diretta svolta presso gli operatori aderenti all’Organizzazione Interprofessionale del Gran Suino Italiano, i cui risultati hanno consentito di valutare l’efficacia del modello interpretativo e di fornire indicazioni migliorative della strategia di governance delle relazioni tra allevatori e macellatori.

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La presente tesi si propone di trattare il soggetto della screendance, giovane disciplina in continua definizione nata combinando cinema e coreografia, da una prospettiva alternativa, coerente con le ultime trasformazioni sociali. La ricerca, suddivisa in quattro parti, inizia da una ricognizione critica sulla terminologia utilizzata per indicare la screendance nel suo sviluppo storico in Europa e in Cina durante il XX secolo. Adoperando una metodologia basata sugli strumenti della storiografia comparativa, vengono utilizzati come chiavi di lettura i due concetti taoisti di xiang o visione e xing o forma, l’uno riferito al contesto culturale, storico e artistico di una data società umana in un dato periodo storico, e l’altro alludente alle forme artistiche specifiche definite da quei principi. Nel focalizzarsi sul confronto tra i differenti sviluppi della screendance nel corso del XX secolo in Europa e in Cina, nella seconda parte, la tesi affronta una comparazione diacronica delle trasformazioni di xiang delle due aree geografiche, insieme a una comparazione sincronica delle xing, rendendo più evidenti analogie e divergenze di numerosi case studies occidentali e cinesi.  Uno sguardo sul panorama europeo, attento alle differenze nella disseminazione della screendance attraverso i festival in Gran Bretagna, Francia, Belgio e Italia, costituisce il focus della terza parte. Con la quarta ed ultima parte, la tesi riserva ampio spazio alla disamina della situazione contemporanea della screendance, seguendone la diffusione negli ultimi quattro decenni attraverso i festival e, più recentemente, i nuovi canali social di creazione e condivisione di contenuti video, e prospettando un futuro in cui la realtà della screendance europea e quella cinese potranno confrontare le proprie identità culturali. Il ricco apparato documentario include un elenco dei festival di screendance europei e cinesi, e una serie di interviste inedite ai maggiori operatori e professionisti del settore, italiani ed europei.

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Helicobacter pylori, un patogeno umano in grado di colonizzare la nicchia gastrica, è associato a patologie del tratto gastrointestinale di varia gravità. Per sopravvivere nell’ambiente ostile dello stomaco dell’ospite, e mettere in atto un’infezione persistente, il batterio si serve di una serie di fattori di virulenza che includono anche le proteine Heat Shock (chaperone). I principali geni codificanti le proteine chaperone in H. pylori sono organizzati in tre operoni trascritti dall’RNA polimerasi contenente il fattore sigma vegetativo σ80. La trascrizione di due dei tre operoni è regolata negativamente da due regolatori trascrizionali, HspR e HrcA, mentre il terzo operone è represso solo da HspR. Fino ad ora, studi molecolari per la comprensione del ruolo di ciascuna proteina nel controllo trascrizionale dei geni heat shock sono stati ostacolati dalla citotossicità ed insolubilità di HrcA quando espressa in sistemi eterologhi. In questo lavoro, è stata analizzata la sequenza amminoacidica di HrcA ed è stata confermata sperimentalmente la predizione bioinformatica della sua associazione con la membrana interna. La citotossicità e l’insolubilità di HrcA in E. coli sono state alleviate inducendone l’espressione a 42°C. Saggi in vitro con le proteine ricombinanti purificate, HspR e HrcA, hanno consentito di definire i siti di legame dei due repressori sui promotori degli operoni heat shock. Ulteriori saggi in vitro hanno suggerito che l’affinità di HrcA per gli operatori è aumentata dalla chaperonina GroESL. Questi dati contribuiscono parzialmente alla comprensione del meccanismo di repressione della trascrizione espletato da HrcA e HspR e permettono di ipotizzare il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali. L’analisi di RNA estratti dal ceppo selvatico e dai mutanti hrcA, hspR e hrcA/hspR di H.pylori su DNAmacroarrays non ha evidenziato il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali, ma ha permesso l’identificazione di un gruppo di geni indotti da HrcA e/ HspR. Questi geni sono coinvolti nella biosintesi e regolazione dell’apparato flagellare, suggerendo un’interconnessione tra la risposta heat shock e la motilità e chemiotassi del batterio.

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Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.

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Questo progetto di ricerca, è stato sviluppato per studiare le caratteristiche anatomofunzionali che definiscono l’articolazione del gomito, ed in modo articolare la presenza dell’angolazione valga che origina dalla diversa orientazione degli assi meccanici dell’avambraccio e del braccio e, denominata in letteratura come carrying angle. L’obiettivo principale di questo lavoro - meglio espresso nei diversi capitoli - è stato, quello di identificare un nuovo approccio di misura per la stima di questo angolo, utilizzabile sia per gli studi di biomeccanica articolare, che per gli studi di analisi del movimento per l’arto superiore. Il primo obiettivo è stato quello di scegliere un algoritmo di calcolo che rispettasse le caratteristiche dell’articolazione, ed in modo particolare abile a minimizzare gli errori introdotti sia nella fase di acquisizione dei punti di repere anatomici, che in quella legata alla predizione del movimento di flesso-estensione, con un modello matematico. Per questo motivo abbiamo dovuto realizzare una serie di misure in un primo tempo su due cadaveri di arto superiore, poi, seguendo le regole classiche per la validazione dell’approccio metodologico adottato, si sono realizzate misure in-vivo, prima in massima estensione e poi durante il movimento. Inizialmente abbiamo pensato di comparare le misure lineari relative alle ampiezze del braccio (ampiezza tra l’epicondilo laterale e mediale) e dell’avambraccio (ampiezza tra lo stiloide ulnare e radiale) con quelle ottenute mediante un antropometro; successivamente dopo aver verificato la ripetibilità tra i diversi operatori nell’ acquisizione dei punti di repere anatomici con il digitalizzatore Faro Arm, abbiamo comparato le misure ottenute relative al carrying angle con quelle di un goniometro standard, classicamente utilizzato nella pratica clinica per la definizione dei range di movimento dell’arto superiore. Infine, considerando la bontà delle misure ottenute, abbiamo riproposto tale metodologia con stumenti stereofotogrammetrici per l’analisi del movimento (VICON System), ottenendo la stessa stabilit`a nell’andamento del carrying angle in funzione della flessione, sia come riportato dagli studi in letteratura, sia come riscontrato nel nostro studio in-vitro. In conclusione, questo lavoro di ricerca ha evidenziato (sia per i risultati ottenuti, che per la elevata numerosità dei soggetti testati), come gli esseri umani presentino una grande variabilità individuale nel valore di questo angolo, e di come questo possa aiutare per la corretta definizione di un modello 3-D dell’arto superiore. Pertanto, gli studi futuri sulla biomeccanica dell’arto superiore dovrebbero includere sempre la valutazione di questa misura.

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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

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L'Appenino Emiliano è tra le zone più franose al mondo; i fenomeni che la interessano sono abbastanza lenti e quindi mai catastrofici, ma, vista la loro diffusione, molto dannosi per le infrastrutture. La ricerca della pericolosità associata alle frane si distingue in previsione spaziale e previsione temporale; la prima, detta anche suscettività, è il tema del presente lavoro. La suscettività è volta alla realizzazione di carte di propensione al dissesto, relative e indipendenti dal tempo. Dall'inizio degli anni '90 sono disponibili in letteratura diversi modelli per rispondere a questa esigenza, i quali sono generalmente costituiti da una componente geo-meccanica (di solito il modello del Pendio Infinito) e una idrologica. Il presente lavoro si concentra su quest'ultima che, nei diversi modelli, presenta la maggiore varietà, e cerca di capire quale sia il contributo che questa componente può dare all'analisi di suscettività in un'area argillosa. Per valutare questo contributo, sono stati applicati ad un'area di studio rappresentativa, diversi modelli fisicamente basati noti in letteratura o creati appositamente. Le informazioni dinamiche dei modelli transitori sono state integrate nel tempo secondo diversi metodi che tengono conto della permanenza delle condizioni critiche nel versante. I risultati dell'analisi suggeriscono che, nell'area di studio, e presumibilmente nelle aree a prevalenza argillosa in genere, per la determinazione della suscettività alle frane, il contributo di un modello fisicamente basato, completo di componente geo-meccanica e componente idrologica accoppiate, è assolutamente trascurabile rispetto ad un semplice modello geo-meccanico basato sulla sola pendenza come quello del Pendio Infinito. Le indicazioni provenienti da un modello completo possono essere ridondanti o addirittura fuorvianti se questo non è adatto alle caratteristiche dell'area in studio e ben calibrato.