259 resultados para estensioni trascendenti basi di trascendenza teorema degli zeri di Hilbert teorema di Lüroth


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Mycotoxins are heterogeneous chemical compounds characterized by a low molecular weight and synthesized by the secondary metabolism of different molds. Fumonisins are water-soluble mycotoxins produced by Fusarium species spoiling corn and derived produc ts. These mycotoxins can be a health hazard when consuming contaminated cereals, but they can reach humans also indirectly through the consumption of food products derived from animals fed with contaminated feed. Fumonisins have been associated with several animal and human diseases: they are suspected risk factors for esophageal and liver cancers, neural tube defects and cardiovascular problems. Improved methods are needed to accurately assess fumonisins concentrations in food of vegetable and animal origin, in order to prevent acute and chronic human exposure. The aim of the present work was to evaluate the versatility and the performances of mass spectrometry, coupled with liquid chromatography, in fumonisins analysis from foods and matrices of animal origin. Different methods for the identification and quantification of fumonisins and related products have been developed and validated to determine fumonisin B1 in milk, fumonisin B1, fumonisin B2 and their complete hydrolyzed products (HFB1 and HFB2) in pig liver and fumonisins B1 and B2 in complete and complementary dry dog food. The experimental procedures have been carefully studied, considering matrices features, number and type of molecules to detect. Therefore, several extraction, clean up and separation techniques were tested in order to obtain the better conditions of sample processing. The fit for purpose sample preparation, matched with high mass spectrometry sensibility and specificity, have allowed to achieve good results in any tested animal matrices. Hence, the developed methods were validated and have shown a high accuracy, sensibility and precision, fulfilling performance requirements of Decision 2002/657/EC and of European Project Standard, Measuring and Testing (SMT). In any developed method, the analytes were identified and quantified even at very low concentrations : the limits of quantification resulted lower than other similar works, performed with different detectors. These methods were applied to some commercial samples and to some samples collected for research projects in the Department of Veterinary Public Health and Animal Pathology (DVPHAP) of University of Bologna. Although the disclosed data must be considered completely preliminary and without statistical significance, they emphasize the presence of mycotoxins in animal products. The outcomes obtained from the processed samples (bovine milk, pig liver and dry dog food) suggest the efficacy of these methods also on other food matrices, confirming the versatility and the performances of mass spectrometry, coupled with liquid chromatography, in fumonisins analysis. Moreover the results underline the need to set up a large scale monitoring in order to evaluate the presence of fumonisins in food of animal origin for human consumption.

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L’attenta analisi della letteratura scientifica su argomenti riguardanti i contaminanti ambientali oggetto di studio (i policlorodifenili) ha permesso di raccogliere dati utili riguardanti le proprietà di queste molecole, la loro diffusione e la loro pericolosità. Oggetto della ricerca è stato lo studio in vitro del potenziale citotossico e trasformante dei PCB, utilizzando come riferimento una miscela commerciale di PCB, l’Aroclor 1260, e di un MIX di 18 congeneri ricostituito in laboratorio. Il lavoro è proseguito con la valutazione degli effetti di queste miscele e di due congeneri singoli (PCB 118 e PCB 153) su linee cellulari diverse in test di vitalità a breve termine. L’utilizzo di test specifici ha poi permesso la valutazione di un possibile potenziale estrogenico. Una volta ottenuto un quadro generale sui possibili effetti delle miscele grazie ai risultati dei test funzionali, è stata valutata la modulazione, da parte delle molecole e/o di miscele delle stesse, dell’espressione di geni coinvolti nella risposta ad estrogeni o a composti diossino simili, andando ad effettuare un’analisi di tipo molecolare con Real-Time PCR (RT-PCR) e analizzando nello specifico marcatori di pathway dell’Aryl Hydrocarbon Receptor (AhR) o dell’Estrogen Receptor (ER). In ultima analisi al fine di verificare l’applicabilità di biomarkers di espressione a situazioni di contaminazioni reali, ci si è focalizzati su campioni estratti da matrici ambientali, ed in particolare linee cellulari di interesse sono state esposte a estratti di sedimenti provenienti da siti inquinati. L’approccio scelto è stato di tipo molecolare, con lo scopo di individuare pathway da valutare in un secondo momento in test funzionali specifici. L’attività di ricerca si è avvalsa della tecnica del DNA-microarray per valutare la modulazione dell’espressione genica in risposta all’esposizione a contaminanti ambientali. In questo modo è possibile definire i profili di espressione genica che sottendono a risposte biologiche complesse nell’intento di individuare biomarcatori in grado di predire il rischio per l’uomo, e di consentire la stima di una relazione diretta tra esposizione ed effetti possibili.

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Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.

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La tesi si pone come obiettivo quello di indagare le mostre di moda contemporanee come macchine testuali. Se consideriamo l’attuale panorama del fashion design come caratterizzato da una complessità costitutiva e da rapidi mutamenti che lo attraversano, e se partiamo dal presupposto che lo spettro di significati che uno stile di abbigliamento e i singoli capi possono assumere è estremamente sfuggente, probabilmente risulta più produttivo interrogarsi su come funziona la moda, su quali sono i suoi meccanismi di produzione di significato. L’analisi delle fashion exhibition si rivela quindi un modo utile per affrontare la questione, dato che gli allestimenti discorsivizzano questi meccanismi e rappresentano delle riflessioni tridimensionali attorno a temi specifici. La mostra di moda mette in scena delle eccezionalità che magnificano aspetti tipici del funzionamento del fashion system, sia se ci rivolgiamo alla moda dal punto di vista della produzione, sia se la consideriamo dal punto di vista della fruizione. L’indagine ha rintracciato nelle mostre curate da Diana Vreeland al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York il modello di riferimento per le mostre di moda contemporanee. Vreeland, che dal 1936 al 1971 è stata prima fashion editor e poi editor-in-chief rispettivamente di “Harper’s Bazaar” e di “Vogue USA”, ha segnato un passaggio fondamentale quando nel 1972 ha deciso di accettare il ruolo di Special Consultant al Costume Institute. È ormai opinione diffusa fra critici e studiosi di moda che le mostre da lei organizzate nel corso di più di un decennio abbiano cambiato il modo di mettere in scena i vestiti nei musei. Al lavoro di Vreeland abbiamo poi accostato una recente mostra di moda che ha fatto molto parlare di sé: Spectres. When Fashion Turns Back, a cura di Judith Clark (2004). Nell’indagare i rapporti fra il fashion design contemporaneo e la storia della moda questa mostra ha utilizzato macchine allestitive abitate dai vestiti, per “costruire idee spaziali” e mettere in scena delle connessioni non immediate fra passato e presente. Questa mostra ci è sembrata centrale per evidenziare lo sguardo semiotico del curatore nel suo interrogarsi sul progetto complessivo dell’exhibition design e non semplicemente sullo studio degli abiti in mostra. In questo modo abbiamo delineato due posizioni: una rappresentata da un approccio object-based all’analisi del vestito, che si lega direttamente alla tradizione dei conservatori museali; l’altra rappresentata da quella che ormai si può considerare una disciplina, il fashion curation, che attribuisce molta importanza a tutti gli aspetti che concorrono a formare il progetto allestitivo di una mostra. Un lavoro comparativo fra alcune delle più importanti mostre di moda recentemente organizzate ci ha permesso di individuare elementi ricorrenti e specificità di questi dispositivi testuali. Utilizzando il contributo di Manar Hammad (2006) abbiamo preso in considerazione i diversi livelli di una mostra di moda: gli abiti e il loro rapporto con i manichini; l’exhibition design e lo spazio della mostra; il percorso e la sequenza, sia dal punto di vista della strategia di costruzione e dispiegamento testuale, sia dal punto di vista del fruitore modello. Abbiamo così individuato quattro gruppi di mostre di moda: mostre museali-archivistiche; retrospettive monografiche; mostre legate alla figura di un curatore; forme miste che si posizionano trasversalmente rispetto a questi primi tre modelli. Questa sistematizzazione ha evidenziato che una delle dimensione centrali per le mostre di moda contemporanee è proprio la questione della curatorship, che possiamo leggere in termini di autorialità ed enunciazione. Si sono ulteriormente chiariti anche gli orizzonti valoriali di riferimento: alla dimensione dell’accuratezza storica è associata una mostra che predilige il livello degli oggetti (gli abiti) e un coinvolgimento del visitatore puramente visivo; alla dimensione del piacere visivo possiamo invece associare un modello di mostra che assegna all’exhibition design un ruolo centrale e “chiede” al visitatore di giocare un ruolo pienamente interattivo. L’approccio curatoriale più compiuto ci sembra essere quello che cerca di conciliare queste due dimensioni.

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Listeria monocytogenes è un batterio patogeno responsabile di una malattia potenzialmente molto grave per l’uomo. L’infezione avviene soprattutto tramite l’ingestione di alimenti di origine animale contaminati, e può propagarsi per via transplacentare al feto. Il potenziale patogeno di L. monocytogenes è dovuto soprattutto a caratteristici fattori di virulenza con i quali alcuni ceppi sono in grado di attaccare la cellula dell’organismo ospite potendo aderire, invadere, moltiplicare e propagare alle cellule adiacenti. Il presente studio è rivolto al rilevamento tramite reazione polimerasica a catena (PCR) di alcuni fattori di virulenza di ceppi di L. monocytogenes isolati da campioni prelevati presso macelli suini, mediante l’identificazione dei geni responsabili della sintesi delle proteine di superficie che intervengono nel processo patogenetico, allo scopo di valutare la potenziale pericolosità di quelli isolati sia sulle carcasse, sia dal contenuto intestinale.

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A reduced cancer risk associated with fruit and vegetable phytochemicals initially dictated chemopreventive approaches focused on specific green variety consumption or even single nutrient supplementations. However, these strategies not only failed to provide any health benefits but gave rise to detrimental effects. In parallel, public-health chemoprevention programmes were developed in the USA and Europe to increase whole vegetable consumption. Among these, the National Cancer Institute (NCI) sponsored plan “5 to 9 a day for a better health” was one of the most popular. This campaign promoted wide food choice through the consumption of at least 5 to 9 servings a day of colourful fruits and vegetables. In this study the effects of the diet suggested by NCI on transcription, translation and catalytic activity of both xenobiotic metabolizing (XME) and antioxidant enzymes were studied in the animal model. In fact, the boost of both antioxidant defences and “good” phase-II together with down-regulation of “bad” phase-I XMEs is still considered one of the most widely-used strategies of cancer control. Six male Sprague Dawley rats for each treatment group were used. According to the Italian Society of Human Nutrition, a serving of fruit, vegetables and leafy greens corresponds to 150, 250 and 50 g, respectively, in a 70 kg man. Proportionally, rats received one or five servings of lyophilized onion, tomato, peach, black grape or lettuce – for white, red, yellow, violet or green diet, respectively - or five servings of each green (“5 a day” diet) by oral gavage daily for 10 consecutive days. Liver subcellular fractions were tested for various cytochrome P450 (CYP) linked-monooxygenases, phase-II supported XMEs such as glutathione S-transferase (GST) and UDP-glucuronosyl transferase (UDPGT) as well as for some antioxidant enzymes. Hepatic transcriptional and translational effects were evaluated by reverse transcription-polymerase chain reaction (RT-PCR) and Western blot analysis, respectively. dROMs test was used to measure plasmatic oxidative stress. Routine haematochemical parameters were also monitored. While the five servings administration didn’t significantly vary XME catalytic activity, the lower dose caused a complex pattern of CYP inactivation with lettuce exerting particularly strong effects (a loss of up to 43% and 45% for CYP content and CYP2B1/2-linked XME, respectively; P<0.01). “5 a day” supplementation produced the most pronounced modulations (a loss of up to 60% for CYP2E1-linked XME and a reduction of CYP content of 54%; P<0.01). Testosterone hydroxylase activity confirmed these results. RT-PCR and Western blot analysis revealed that the “5 a day” diet XMEs inactivations were a result of both a transcriptional and a translational effect while lettuce didn’t exert such effects. All administrations brought out none or fewer modulation of phase-II supported XMEs. Apart from “5 a day” supplementation and the single serving of lettuce, which strongly induced DT- diaphorase (an increase of up to 141 and 171%, respectively; P<0.01), antioxidant enzymes were not significantly changed. RT-PCR analysis confirmed DT-diaphorase induction brought about by the administration of both “5 a day” diet and a single serving of lettuce. Furthermore, it unmasked a similar result for heme-oxygenase. dROMs test provided insight into a condition of high systemic oxidative stress as a consequence of animal diet supplementation with “5 a day” diet and a single serving of lettuce (an increase of up to 600% and 900%, respectively; P<0.01). Haematochemical parameters were mildly affected by such dietary manipulations. According to the classical chemopreventive theory, these results could be of particular relevance. In fact, even if antioxidant enzymes were only mildly affected, the phase-I inactivating ability of these vegetables would be a worthy strategy to cancer control. However, the recorded systemic considerable amount of reactive oxygen species and the complexity of these enzymes and their functions suggest caution in the widespread use of vegan/vegetarian diets as human chemopreventive strategies. In fact, recent literature rather suggests that only diets rich in fruits and vegetables and poor in certain types of fat, together with moderate caloric intake, could be associated with reduced cancer risk.

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Il lavoro si propone un’analisi dell’elemento spaziale e del movimento per ricostruire lo spazio della cultura neozelandese e lo spazio letterario di Janet Frame. La tesi si concentra in particolar modo sui romanzi con alcune incursioni nella fiction breve e nell’autobiografia. Si sviluppa in quattro capitoli nella forma di un itinerario attraverso la fiction dell'autrice preceduto da un capitolo che offre alcune coordinate teoriche e metodologiche sul concetto di spazio e la sua percezione. In particolare, una prospettiva fenomenologica e esistenziale alla questione appare congeniale all'analisi delle opere dell'autrice. Nell'ordine, quattro spazi concettuali si aprono a partire dai romanzi: linguaggio, etica, trascendenza e arte. Essi costituiscono i nuclei tematici e strutturali attorno ai quali si raccolgono i romanzi di Janet Frame e che consentono di analizzare i luoghi descritti nelle opere proponendo però una riflessione che va oltre la rappresentazione dello spazio per aprirsi sul retroterra culturale, intellettuale e filosofico dell'autrice. Emerge così l'originalità della sua posizione rispetto all'identità culturale del suo paese e alla relazioni che legano la Nuova Zelanda alla metropoli inglese e agli altri Paesi anglosassoni.

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La terra, nel corso della sua storia, ha subito molteplici cambiamenti con la comparsa e scomparsa di numerose specie animali e vegetali. Attualmente, l’estinzioni delle specie, la riduzione degli areali e il depauperamento degli ecosistemi è da ricollegare alle attività dell’uomo. Per tali motivi, in questi ultimi decenni si è iniziato a dare importanza alla conservazione della biodiversità, alla creazione di zone protette e a sviluppare interventi di reintroduzione e rafforzamento di specie rare e a rischio di estinzione. Questo lavoro di tesi si propone di analizzare la variabilità genetica delle popolazioni di Rhododendron ferrugineum L. lungo il suo areale, con particolare attenzione alle aree marginali dell’Appennino, dove la specie rappresenta un caso di pseudo rarità, al fine di valutare lo stato di salute della specie al limite del suo areale e valutare appropriati interventi di conservazione o reintroduzione. Per effettuare le analisi sono stati messi a punto dei marcatori molecolari discontinui, i microsatelliti, che, essendo dei marcatori co-dominati, permettono di valutare differenti parametri legati alla diversità genetica delle popolazioni inclusi i livelli di eterozigotà ed il flusso genico tra popolazioni limitrofe. I campionamenti sono stati effettuati nelle uniche 3 stazioni presenti sugli Appennini. Al fine di confrontare la struttura genetica di queste popolazioni sono state considerate anche popolazioni delle Alpi Marittime, delle Alpi centro-orientali e dei Pirenei. L’analisi della diversità genetica effettuata su questo pool di popolazioni analizzate con 7 marcatori microsatelliti, ha messo in evidenza che le popolazioni relitte dell’Appennino Tosco-Emiliano presentano un ridotto livello di eterozigosità che suggerisce quindi un elevato livello di inbreeding. Si ritiene che ciò sia dovuto alla loro dislocazione sul territorio, che le rende isolate sia tra di loro che dalle popolazioni delle vicine Alpi Marittime. La stima delle relazioni genetiche tra le popolazioni appenniniche e le vicine piante alpine evidenzia come non vi sia scambio genetico tra le popolazioni. Le analisi dei cluster suggeriscono che due delle popolazioni Appenniniche siano più simili alle popolazioni della Alpi Marittime, mentre la terza ha più affinità con le popolazioni delle Alpi centro-orientali. Le popolazioni dei Pirenei risultano essere geneticamente più simili alle popolazioni delle Alpi Marittime, in particolare alle tre popolazioni del versante francese. In questo lavoro abbiamo affrontato anche il problema delle specie ibride. Rhododendron x intermedium Tausch è un ibrido frutto dell’incrocio tra Rhododendron ferrugineum L. e Rhododendron hirsutum L., in grado di incrociarsi sia con altri ibridi, sia con i parentali (fenomeno dell’introgressione). L’origine di questo ibrido risiede nella simpatria delle due specie parentali, che tuttavia, presentano esigenze ecologiche differenti. Ad oggi la presenza di Rhododendron x intermedium è stata accertata in almeno tre stazioni sulle Alpi Italiane, ma la letteratura documenta la sua presenza anche in altre zone dell’Arco Alpino. L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di verificare la reale natura ibrida di Rhododendron x intermedium in queste stazioni utilizzando un approccio integrato ossia sia attraverso un’analisi di tipo morfologico sia attraverso un analisi di tipo molecolare. In particolare l’approccio molecolare ha previsto prima un’analisi filogenetica attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari filogenetici nucleari e plastidiali (ITS, At103, psbA-trnH e matK) e quindi un’analisi della struttura delle popolazioni della specie ibrida attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari microsatelliti. Da un’analisi morfologica, risulta che gli esemplari ibridi possono essere molto differenti tra loro e ciò supporta la formazione di sciami ibridi. Al fine di verificare la natura di questa specie e la struttura delle popolazioni ibride e dei rispettivi parentali, sono state campionate differenti popolazioni in tutta l’area di interesse. I campioni ottenuti sono stati quindi analizzati geneticamente mediante marcatori molecolari del DNA. I risultati ottenuti hanno permesso innanzitutto di confermare l’origine ibrida degli individui di prima generazione della specie Rhododendron x intermedium e quindi di distinguere i parentali dagli ibridi ed evidenziare la struttura genetica delle popolazioni ibride.

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Punto di partenza per il lavoro presentato, sono le tematiche legate alle pratiche di consumo di cibo in un’ottica che superi una semplice visione utilitaristica delle stesse, mentre viene evidenziato invece il più profondo rapporto uomo-cibo e i fenomeni di socializzazione che ne scaturiscono. Si trovano pertanto a coniugarsi la sociologia dei consumi e la sociologia della cultura. La base per questa visione del cibo e delle pratiche di produzione e consumo ad esso collegate è l’ipotesi che nel rapporto uomo-cibo sia individuabile un livello di significato superiore al mero utilitarismo/nutrizionismo, che si compone di una dimensione strutturale, una dimensione simbolica ed una dimensione metaforica. Il cibo, e di conseguenza tutte le pratiche ad esso collegate (produzione, elaborazione, consumo), rientrano pertanto in maniera naturale nella categoria “cultura”, e quindi, accostandoci al paradigma del passaggio da natura a società, attraverso il cibo si crea e si alimenta la socialità del consorzio umano, e quindi l’umanità stessa. Accostando a queste concettualizzazioni l’idea che il consumo in generale possa diventare una prassi tramite cui esperire una più diffusa ricerca di sostenibilità nello sviluppo del territorio, (facendosi carico delle conseguenze socio-ambientali derivanti dalla fruizione di determinati oggetti piuttosto che altri), si è sviluppata l’ipotesi che al consumo alimentare possa competere un ruolo precipuamente attivo nella definizione di pratiche sociali orientate alla sostenibilità, capaci cioè di integrare attraverso il consumo – e in relazione all’indebolimento delle tradizionali agenzie di socializzazione – quella perdita di senso civico e solidarietà organizzata che sperimentiamo nelle prassi di vita quotidiana. Sul piano operativo, la tesi è articolata in sei capitoli: • Il percorso presentato prende le mosse dalla considerazione che il cibo, inteso in un’ottica sociologica, costituisce un fattore culturale non irrilevante, anzi fondamentale per il consorzio umano. Si fornisce quindi una breve descrizione del ruolo del cibo nei suoi accostamenti con la definizione di un territorio (e quindi con la sua storia, economia e società), con le arti visive, con il cinema, con la musica, ma anche con la sfera sensoriale (tatto, gusto, olfatto) ed emotivo-cognitiva (psiche) dell’uomo. • Successivamente, si analizza nello specifico la funzione socializzante delle pratiche alimentari, ripercorrendo le tappe principali degli studi classici di sociologia e antropologia dell’alimentazione e introducendo anche l’idea di cibo come simbolo e metafora, che si riflettono sul piano sociale e sulle relazioni tra gli individui. La constatazione che le pratiche legate al cibo sono le uniche attività umane da sempre e per sempre irrinunciabili è un chiaro indicatore di come esse giochino un ruolo fondamentale nella socializzazione umana. • Nel terzo capitolo, la prospettiva simbolico-metaforica è la base di un’analisi di tipo storico delle pratiche alimentari, nello specifico delle pratiche di consumo di cibo, dalle origini dell’umanità ai giorni nostri. Viene presentato un excursus essenziale in cui l’attenzione è focalizzata sulla tavola, sui cibi ivi serviti e sugli eventi di socializzazione che si sviluppano attorno ad essa, considerando situazioni storico-sociali oggettive di cui si è in grado, oggi, di ricostruire le dinamiche e le fasi più significative. • Il quarto capitolo costituisce un momento di riflessione teorica intorno al tema della globalizzazione nella contemporaneità. Sia per una logica progressione cronologica all’interno del lavoro presentato, sia per la rilevanza in quanto inerente alla società attuale in cui viviamo, non si è potuto infatti non soffermarsi un po’ più a fondo sull’analisi delle pratiche alimentari nella contemporaneità, e quindi nella società generalmente definita come “globalizzata” (o “mcdonaldizzata”, per dirla alla Ritzer) ma che in realtà è caratterizzata da un più sottile gioco di equilibri tra dimensione locale e dimensione globale, che si compenetrano come anche nel termine che indica tale equilibrio: il “glocale”. In questo capitolo vengono presentati i principali riferimenti teorici relativi a queste tematiche. • Nel quinto capitolo è stata analizzata, quindi, la declinazione in senso “alimentare” della relazione tra globale e locale, e quindi non solo i mutamenti intercorsi nella contemporaneità nelle pratiche di produzione, scambio e consumo di cibo con particolare riferimento ai sistemi culturali e al territorio, ma anche alcune proposte (sia teoriche che pratiche) a garanzia di uno sviluppo sostenibile del territorio, che trovi i suoi fondamenti sulla perpetuazione di modalità tradizionali di produzione, commercio e consumo di cibo. • Nel sesto capitolo viene analizzato un caso di studio significativo, (il movimento Slow Food, con il suo progetto Terra Madre) senza la pretesa di confermare o smentire né le ipotesi di partenza, né i concetti emersi in itinere, ma semplicemente con l’intenzione di approfondire il percorso svolto attraverso l’esemplificazione operativa e la ricerca entro un piccolo campione composto da testimoni significativi e intervistati, sottoposti a colloqui e interviste incentrate su item inerenti i temi generali di questo lavoro e sul caso di studio considerato. La scelta del caso è motivata dalla considerazione che, alla luce delle filosofia che lo anima e delle attività che svolge, il movimento Slow Food con il progetto Terra Madre costituisce una vera e propria eccellenza nella pianificazione di uno sviluppo sostenibile del territorio e delle sue risorse, tanto economiche quanto sociali e culturali. L’intera analisi è stata condotta tenendo presente l’importanza della comparazione e della collocazione del singolo caso non solo nel contesto sociale di riferimento, ma anche in sintonia con l’ipotesi della ricerca, e quindi con l’assunto che le pratiche alimentari possano guidare uno sviluppo sostenibile del territorio. Per analizzare la realtà individuata, si è in primo luogo proceduto alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni volte alla ricostruzione della sua storia e del suo sviluppo attuale. Le informazioni sono state raccolte attraverso l’analisi di materiali, documenti cartacei e documenti multimediali. Si è poi proceduto con colloqui in profondità a testimoni significativi individuati nell’ambito delle attività promosse da Slow Food, con particolare riferimento alle attività di Terra Madre; le informazioni sono state elaborate con l’ausilio dell’analisi del contenuto. Alla luce di quanto analizzato, tanto a livello teorico quanto a livello empirico, la tesi si conclude con alcune considerazioni che, in linea con la finalità dichiarata di approfondire (più che di confermare o smentire) le ipotesi di partenza circa un ruolo fondamentale delle pratiche alimentari nello sviluppo sostenibile del territorio, non possono comunque non tendere ad una convalida dei concetti introduttivi. Si individuano pertanto spunti importanti per affermare che nelle pratiche alimentari, nei tre momenti in cui trovano specificazione (la produzione, lo scambio, il consumo), siano individuabili quei semi valoriali che possono dare solidità alle ipotesi di partenza, e che quindi - nell’intento di operare per uno sviluppo sostenibile del territorio - sia possibile farne un valido strumento al fine di costruire dei veri e propri percorsi di sostenibilità ancorati ai concetti di tutela della tradizione locale, recupero e salvaguardia dei metodi tradizionali di produzione e conservazione, certificazione di tipicità, controllo della distribuzione, riscatto e promozione delle modalità tradizionali di consumo con particolare riferimento alle culture locali.

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The emergency of infection by highly pathogenic avian influenza virus (HPAI) subtype H5N1 has focused the attention of the world scientific community, requiring the prompt provision of effective control systems for early detection of the circulation of low pathogenic influenza H5 viruses (LPAI) in populations of wild birds to prevent outbreaks of highly pathogenic (HPAI) in populations of domestic birds with possible transmission to humans. The project stems from the aim to provide, through a preliminary analysis of data obtained from surveillance in Italy and Europe, a preliminary study about the virus detection rates and the development of mathematical models, an objective assessment of the effectiveness of avian influenza surveillance systems in wild bird populations, and to point out guidelines to support the planning process of the sampling activities. The results obtained from the statistical processing quantify the sampling effort in terms of time and sample size required, and simulating different epidemiological scenarios identify active surveillance as the most suitable for endemic LPAI infection monitoring in wild waterfowl, and passive surveillance as the only really effective tool in early detecting HPAI H5N1 circulation in wild populations. Given the lack of relevant information on H5N1 epidemiology, and the actual finantial and logistic constraints, an approach that makes use of statistical tools to evaluate and predict monitoring activities effectiveness proves to be of primary importance to direct decision-making and make the best use of available resources.

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Obiettivo del presente lavoro è approntare un’analisi interpretativa dell’operatività dalle Finanziarie regionali, valutarne gli investimenti in capitale di rischio e, in particolare, l’attività di private equity, evidenziando le tendenze in atto, i possibili percorsi evolutivi e le eventuali criticità. La metodologia adottata ha previsto un’articolazione del lavoro lungo due principali direttive: un’analisi di tipo quantitativo sui bilanci di sette esercizi (dal 2002 al 2008), con la finalità di indagare nel dettaglio gli aspetti economici, finanziari e patrimoniali delle Finanziarie regionali attive sul territorio italiano; un’analisi qualitativa basata su un’approfondita rassegna della letteratura internazionale e su interviste mirate ad un campione ampiamente rappresentativo della popolazione osservata. I risultati raggiunti fanno ragionevolmente supporre che sia in atto una profonda ristrutturazione dell’intero sistema delle Finanziarie, che ha visto innanzitutto aumentare il controllo pubblico nella compagine sociale. L’indagine contabile ha permesso di identificare la presenza di due modelli di business ben differenziati: alcune Finanziarie sono orientate ad attività con forte contenuto di intermediazione finanziaria; altre invece sono focalizzate sull’attività di erogazione di servizi sia finanziari di consulenza che reali. L’investimento in capitale di rischio costituisce un attività centrale per le Finanziarie regionali; l’analisi dedicata a tali impieghi ha permesso di individuare, tra esse, alcune realtà tipiche del merchant banking, e più di frequente, del modello di holding. Complessivamente le Finanziarie campionate detengono oltre 400 partecipazioni per un valore che supera 1,7 miliardi di euro; prevalentemente concentrati su una ristretta cerchia di realtà spesso con impatto strategico sul territorio, ovvero strumentali. Segnatamente all’attività di private equity, è stato possibile rilevare come la politica d’investimento delle Finanziarie regionali sia complementare rispetto a quella mediamente espressa dal mercato domestico, anche se restano critici, anche per le Finanziarie, gli investimenti su imprese target con fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro. Le evidenze circa la struttura dei contratti segnalano una parziale conformità alla best practice individuata dalla letteratura internazionale. In particolare l’uso limitato dello stage financing, la bassa partecipazione alla gestione sono le principali criticità individuate. Infine, della fase di riorganizzazione che pare interessare il sistema delle Finanziarie, si trova conferma nella percezione dei suoi operatori. Interpellati sul futuro dell’attività di investimento in capitale di rischio, hanno fornito indicazioni che consentono di concludere l’esistenza di una polarizzazione delle Finanziarie su due gruppi: da un lato quelle che implementeranno, più o meno, l’attività di private equity, dall’altro quelle che, viceversa, abbandoneranno tale strumento. La normativa sulle società a partecipazione pubblica regionale e la scarsa autonomia nella gestione delle misure affidate sono ritenute, dalle Finanziarie “interessate”, il principale fattore di freno alla loro crescita nel mercato del private equity.

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Environmental Management includes many components, among which we can include Environmental Management Systems (EMS), Environmental Reporting and Analysis, Environmental Information Systems and Environmental Communication. In this work two applications are presented: the developement and implementation of an Environmental Management System in local administrations, according to the European scheme "EMAS", and the analysis of a territorial energy system through scenario building and environmental sustainability assessment. Both applications are linked by the same objective, which is the quest for more scientifically sound elements; in fact, both EMS and energy planning are oftec carachterized by localism and poor comparability. Emergy synthesis, proposed by ecologist H.T. Odum and described in his book "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making" (1996) has been chosen and applied as an environmental evaluation tool, in order complete the analysis with an assessment of the "global value" of goods and processes. In particular, eMergy syntesis has been applied in order to improve the evaluation of the significance of environmental aspects in an EMS, and in order to evaluate the environmental performance of three scenarios of future evolution of the energy system. Regarding EMS, in this work an application of an EMS together with the CLEAR methodology for environmental accounting is discussed, in order to improve the identification of the environmental aspects; data regarding environmental aspects and significant ones for 4 local authorities are also presented, together with a preliminary proposal for the integration of the assessment of the significance of environmental aspects with eMergy synthesis. Regarding the analysis of an energy system, in this work the carachterization of the current situation is presented together with the overall energy balance and the evaluation of the emissions of greenhouse gases; moreover, three scenarios of future evolution are described and discussed. The scenarios have been realized with the support of the LEAP software ("Long Term Energy Alternatives Planning System" by SEI - "Stockholm Environment Institute"). Finally, the eMergy synthesis of the current situation and of the three scenarios is shown.

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Il nostro studio è incentrato sul confronto fra l’Unione Europea e il Mercado Común del Sur (Mercosur, particolarmente, in relazione a due aspetti: (i) aspetto giuridico-strutturale e, (ii) aspetto giurisprudenziale. L’obiettivo principale di tale confronto è quello di tracciare un parallelismo tra i due sistemi d’integrazione in modo da comprendere il livello d’integrazione e di efficienza del Mercosur in relazione ad un parametro ineludibile in materia quale è l’Unione Europea. Con tale obiettivo, il lavoro è stato suddiviso in quattro capitoli che mettono a fuoco aspetti molto precisi dei sistemi d’integrazione regionale. Il Capitolo I Diritto e integrazione nell’ambito del Mercosur, ha una funzione introduttiva al sistema mercosurino e funge da asse dell’intera tesi dato che illustra le origini del Mercosur, le sue istituzioni, i suoi fini ed obiettivi e, da ultimo, l’attuale assetto istituzionale del medesimo ed ipotizza i suoi possibili sviluppi futuri. Nel Capitolo II, L’evoluzione del diritto del Mercosur alla luce del primo parere consultivo del Tribunal Permanente de Revisión, è analizzato il primo parere emesso dai Tribunali mercosurini – nell’anno 2007. Vengono delineati gli elementi che caratterizzano tali pareri mercosurini e vengono altresì messi in evidenza gli aspetti di convergenza con i rinvii pregiudiziali della Corte di giustizia e quelli che, invece, rappresentano elementi di profonda divergenza. Attraverso l’analisi del Parere 1/2007 ci proponiamo in primo luogo di mettere a fuoco specifici spunti giuridici rintracciabili nella sua motivazione che ci permetteranno di dare una reale dimensione al Diritto mercosurino. In secondo luogo, ci proponiamo di mettere in evidenza il fondamentale ruolo che possono acquisire i pareri emessi dal Tribunal Permanente de Revisión nello sviluppo dell’intero sistema giuridico ed istituzionale del Mercosur. Nel capitolo successivo, Un caso di conflitto di giurisdizione, abbiamo voluto studiare una particolare controversia che, curiosamente, è stata affrontata e risolta da differenti organi giurisdizionali con competenze materiali e territoriali diverse. Facciamo riferimento alla causa “dei polli” esportati in Argentina, con presunto dumping, da parte di alcuni produttori brasiliani dal gennaio 1998 al gennaio 1999. Tale causa ebbe origine in Argentina dinanzi un’autorità amministrativa, fu parallelamente portata dinanzi la giustizia federale argentina, successivamente davanti ad un Tribunale mercosurino e, infine, dinanzi l’OMC. Con lo scopo di trovare una risposta al perché sia stato possibile adire più tribunali ed applicare normativa diversa ad una stessa controversia abbiamo indagato due aspetti di diritto di vitale rilevanza nell’ambito del diritto internazionale dei nostri giorni. Da una parte ci siamo focalizzati sullo studio delle normative internazionali che legiferando su materie simili e, in certi casi, pressoché identiche, e avendo origine in sistemi giuridici diversi hanno, tuttavia, la capacità di esplicare i loro effetti in più giurisdizioni e sono, pertanto, potenzialmente in grado di influenzarsi a vicenda. D’altra parte, abbiamo compiuto un’indagine sull’esistenza o meno di una normativa che funga da raccordo tra i sistemi di risoluzione delle controversie degli spazi d’integrazione economica e il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC. Infine, il quarto ed ultimo capitolo, L’attività giurisdizionale negli spazi d’integrazione regionale, è dedicato alla valutazione degli sviluppi compiuti dal Mercosur in 18 anni di vita alla luce dei lodi emessi dai Tribunali mercosurini. Difatti, l’obiettivo concreto di questo capitolo è capire se i Tribunali mercosurini svolgono una funzione dinamica e costruttiva dell’assetto del Mercosur, tesa a sviluppare il sistema normativo, oppure se essi abbiano, piuttosto, una funzione passiva e una visione statica nell’applicazione del diritto. È risaputo che la funzione della Corte di giustizia è stata determinante nell’evoluzione e nell’affermazione del sistema giuridico in vigore attraverso una giurisprudenza costante. Mediante il confronto dell’attività svolta da entrambe le giurisdizioni sarà possibile avanzare ipotesi riguardo i futuri progressi dell’assetto mercosurino grazie all’apporto giurisprudenziale.