198 resultados para servizi ecosistemici
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L'inibizione del complesso respiratorio I (CI) è una strategia antitumorale emergente, sebbene la specificità e l’efficacia di nuovi farmaci restino poco investigate. La generazione di modelli cellulari tumorali nulli per il CI rivela la specificità di EVP 4593 e BAY 872243 nell’indurre gli effetti antiproliferativi non associati all’apoptosi, selettivamente via CI, riducendo eventuali effetti collaterali. Studi preliminari in vivo evidenziano un rallentamento della crescita tumorale negli animali trattati con EVP 4593, il quale emerge come l’inibitore più potente. Per il suo ruolo nella riprogrammazione metabolica, e la sua elevata frequenza di mutazioni nelle neoplasie umane, sono stati investigati i potenziali meccanismi di adattamento alla terapia anti-CI sulla base dello stato mutazionale di TP53. L’auxotrofia da aspartato, un hallmark metabolico delle cellule tumorali con un danno al CI, causa un blocco della sintesi proteica mTORC1-dipendente nelle linee cellulari con una p53 mutata o nulla, inducendo un collasso metabolico. Viceversa, l'attivazione del sensore energetico AMPK promuove un recupero parziale della sintesi di aspartato in linee cellulari con la forma wild type di P53, che è in grado di sostenere una migliore anaplerosi attraverso SCO2, fattore di assemblaggio del complesso respiratorio IV. Al fine di traslare questi risultati in un modello preclinico, si è ottimizzato l’ottenimento di colture di tumori umani espiantati tramite il bioreattore U-CUP. Il modello scelto è stato quello di carcinoma sieroso ad alto grado dell’ovaio (HGSOC), a partire da tessuto congelato, per l’elevata frequenza di mutazioni driver in TP53. I tessuti congelati preservano l'eterogeneità delle componenti cellulari del tessuto di origine e sono caratterizzati da cellule in attiva proliferazione senza attivazione di apoptosi. Dati preliminari mostrano un trend di riduzione dell’area tumorale nei tessuti trattati con EVP 4593 e supportano l’utilizzo del modello preclinico nello studio di nuovi inibitori del CI sfruttando materiale primario di pazienti oncologici.
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Introduzione: La stiffness epato-splenica, misurata attraverso la transient elastography (TE), è stata associata con la fibrosi midollare nei pazienti con malattia mieloproliferativa (MPNs). La rigidità dei tessuti può essere valutata con la shear-wave elastography (SWE), con due tecniche: point (pSWE) e bidimensionale (2DSWE). Obiettivi dello studio sono: 1) identificare le differenze di TE fra i pazienti con MPNs, i cirrotici e volontari sani (HV); 2) valutare specifiche caratteristiche di TE in pazienti con MF, PV ed ET; 3) stabilire una correlazione con il grado di fibrosi midollare. Metodi: in questo studio monocentrico, MPN, cirrotici ed HV hanno eseguito elastometria epato-splenica con pSWE e 2DSWE. Risultati: 236 pazienti sono stati inclusi in questo studio: 64 con MF (27.1%), 33 con PV (14%), 46 con ET (19.4%), 75 HV (32%) e 18 (8%) cirrotici. Al confronto con gli HV, i pazienti con MF hanno maggiore stiffness splenica (pSWE 40.9 vs 26.3 kPa, p<0.001; 2DSWE 34.9 vs 20.1 kPa, p<0.001) ed epatica (pSWE 7.72 vs 5.52 kPa, p<0.001; 2DSWE 6.96 vs 5.01 kPa, p<0.001). Al confronto con i pazienti con PV ed ET, quelli con MF hanno maggiori valori di stiffness epatici (p<0.001) e splenici (p<0.001). In fibrosi di basso (0-1) (n=81 , 60.4%) vs alto grado (2-3) (n=42, 39.6%), sono evidenti valori di stiffness maggiori nei pazienti con fibrosi di alto grado sia per il fegato (pSWE 5.2 vs 6.65 kPa; 2DSWE 5.1 vs 6.05 kPa) che nella milza (pSWE 27.2 vs 37.9 kPa, 2DSWE 21.7 vs 30.75 kPa – p<0.001) Conclusioni: La TE distingue i pazienti con MF sia dai sani che dalle altre MPNs. Valori di TE sono significativamente associati con caratteristiche rilevanti che includono la fibrosi midollare in tutte le MPNs. I valori di stiffness epatici e splenici sono pertanto rilevanti nella diagnosi e management delle MPNs.
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I miomi uterini sono la neoplasia uterina più comune e colpiscono fino al 30% delle donne in età fertile. Nonostante l’elevata prevalenza, pochi studi in Letteratura hanno analizzato i fattori di rischio per la crescita dei miomi uterini, mostrando spesso dei risultati contrastanti. Nel nostro studio osservazionale prospettico sono state arruolate pazienti che rispettassero i criteri di inclusione e di esclusione, con diagnosi di miomi uterini evidenziati mediante ecografia eseguita presso i nostri ambulatori, a partire da giugno 2017. A partire da gennaio 2019, sono state ricercate mensilmente le pazienti precedentemente arruolate che erano tornate presso i nostri ambulatori per esecuzione di ulteriore ecografia, a distanza di 24 ± 5 mesi, fino a raggiungere il campione designato, cioè 450 pazienti totali. È stato, quindi, valutato il tasso di crescita annuo del mioma di maggiori dimensioni ed è stato utilizzato l'approccio polinomiale frazionario multivariabile per selezionare i fattori di rischio anamnestici ed ecografici legati all’incremento volumetrico. Circa la metà dei miomi uterini analizzati ha mostrato stabilità dimensionale nel corso del follow-up (crescita ≤10%), mentre la restante metà ha mostrato una crescita > 10%. Il solo fattore di rischio associato alla crescita volumetrica dei miomi uterini è risultato essere il volume del mioma durante l’ecografia di arruolamento (P = 0.001), quindi miomi di piccole dimensioni presentano un tasso di crescita maggiore rispetto ai miomi di grandi dimensioni. Lo studio ha raccolto la più ampia casistica in Letteratura nella valutazione del naturale andamento di modifica dimensionale dei miomi uterini. Sebbene siano necessari ulteriori studi con campione più ampio, questi dati possono fornire un utile supporto per eseguire un adeguato counselling con le pazienti nella pratica clinica quotidiana.
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The aim of the thesis is to assess the impact of depression in people with type 2 diabetes. Using Healthcare Utilization Databases, I estimated in a large population-based cohort with type 2 diabetes the incidence of depression over 10 year-period, identified the demographic and clinical predictors of depression, and determined the extent to which depression is a risk factor for acute and long-term complications and mortality. In the context of COVID-19 pandemic, I evaluated whether the presence of a history of depression in type 2 diabetes increased the Emergency Department (ED) access rate for diabetes-related complications, and I investigated changes in the incidence of depression during the first year of the pandemic. Findings from the first study indicated that developing depression was associated with being a woman, being over 65 years, living in rural areas, having insulin as initial diabetes medication and having comorbid conditions; the study also confirmed that depression was associated with an increased risk for acute and long-term diabetes complications and all-cause mortality. The second observational study showed a higher rate of ED access for diabetes-related complications during the pandemic in people with type 2 diabetes and a history of depression than in those without a history of depression, similar to what was observed in a pre-pandemic period. As shown in the third population-based study, the incidence of depression decreased in 2020 compared to 2019, mainly during the first and the second waves of the COVID-19 pandemic, when people probably had difficulty reaching healthcare services. This new real-world evidence will help healthcare professionals identify timely patients at high risk of developing depression. Lastly, policymakers and physicians will benefit from new evidence of the effects of the COVID-19 pandemic on depression in people with type 2 diabetes to ensure a high level of care during crisis periods.
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Gli oncocitomi sono tumori epiteliali caratterizzati da un accumulo di mitocondri strutturalmente e funzionalmente compromessi, a prognosi generalmente benigna. Le cause genetiche della trasformazione oncocitaria sono tuttora sconosciute; pertanto, lo studio di oncocitomi in contesti familiari sindromici è utile nella ricerca dei determinanti genetici predisponenti il fenotipo. Diversi membri di una famiglia affetta da sindrome dell’iperparatiroidismo con tumore della mandibola (HPT-JT), dovuta ad un'ampia delezione in CDC73, hanno mostrato recidiva di tumori paratiroidei oncocitari. Il sequenziamento dell’esoma ha escluso mutazioni private della famiglia; all'interno della delezione ereditata, tuttavia, sono stati individuati elementi regolatori del gene glutaredossina 2 (GLRX2), codificante un'isoforma mitocondriale deputata alla deglutationilazione proteica reversibile -modificazione modulante l’attività di numerosi target- il cui ruolo nel cancro non è noto. La proteina è risultata assente in tutti i tumori e dimezzata nei tessuti sani dei soggetti. Per indagare se la sua assenza alteri la deglutationilazione proteica predisponendo al fenotipo oncocitario, sono stati generati modelli cellulari TPC1 e HCT116 GLRX2 KO in cui sono stati riscontrati un ridotto tasso proliferativo ed un'alterata glutationilazione proteica, particolarmente in seguito a stress ossidativo. Un esperimento pilota in vivo ha mostrato cellule KO oncocitoidi, con mitocondri morfologicamente alterati, suggerendo che l’alterazione redox innescata dall’assenza di GLRX2 possa indurre una disfunzione metabolica mitocondriale tale da mimare quelle osservate negli oncocitomi. L’analisi proteomica ha individuato diversi target di glutationilazione nei campioni KO identificando proteine del ciclo di Krebs e della catena respiratoria mitocondriale. In particolare, una marcata glutationilazione del complesso della piruvato deidrogenasi (PDHc) è stata correlata ad una ridotta sintesi di ATP dipendente da piruvato. Considerando l'importanza dello stress ossidativo nella fisiopatologia del cancro ed il ruolo del glutatione nella risposta antiossidante, GLRX2 rappresenta un potenziale candidato nella regolazione del metabolismo ossidativo nelle cellule tumorali esposte allo stress e nella modulazione del fenotipo tumorale.
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Objective To find a correlation between cerebral symptoms at birth and abnormalities found at anomaly scan, through the analysis of sensitivity of the anomaly scan in the prediction of severe CMV neonatal disease. Methods - Design, Setting, Population This was a retrospective collection of all cases of primary congenital CMV infection reported in our unit (Obstetrics and Perinatal Medicine, Policlinico di S Orsola, IRCSS, Bologna) over a period of 9 years (2013–2022). Only cases of fetal infection following confirmed maternal primary infection in the first trimester (MPI) and newborns with confirmed CMV infection on blood/saliva or urine were included. Results Between 2014 and 2022, 69 fetuses had an antenatal diagnosis of primary CMV infection. The infection occurred after MPI in the first, second, and third trimester in 63.7% (43/69), 27.5% (19/69), and 10% (7/69) of cases, respectively. Second-trimester assessment by anomaly scan was abnormal in 10/69 (15%) fetuses: 5/69 (7%) had an extracerebral STA and 5/69 (7%) had a cerebral STA. Normal anomaly scan was found in 59/69 (86%) fetuses. When looking at all fetuses infected in the first trimester, 12.5% (5/40) underwent TOP and 45% (18/40) had symptoms at birth. A mean follow-up of 22.4 months (range 12–48 months) was available for 68/69 (99%) live born neonates. Conclusion Anomaly scan results to have a predictive positive value of 67% fetuses infected in the first trimester. Serial assessment by ultrasound is necessary to predict the risk of sequelae occurring in 35% following fetal infection in the first trimester of pregnancy. This combined evaluation by US and trimester of infection should be useful when counselling on the prognosis of cCMV infection.
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Introduction. The term New Psychoactive Substances (NPS) encompasses a broad category of drugs which have become available on the market in recent years and whose illicit use for recreational purposes has recently exploded. The analysis of NPS usually requires mass spectrometry based techniques. The aim of our study was to define the preva-lence of NPS consumption in patients with a history of drug addiction followed by Public Services for Pathological Addictions, with the purpose of highlighting the effective presence of NPS within the area of Bologna and evaluating their association with classical drugs of abuse (DOA). Materials and methods. Sustained by literature, a multi-analyte UHPLC-MS/MS method for the identification of 127 NPS (phenethylamines, arylcyclohexylamines, synthetic opioids, tryptamines, synthetic cannabinoids, synthetic cathinones, designer benzodiazepines) and 15 classic drugs of abuse (DOA) in hair samples was developed and validated according to International Guidelines [112]. Samples pretreatment consisted of washing steps and overnight incubation at 45°C in an acid mixture of methanol and water. After cooling, supernatant were injected into the chromatographic system coupled with a tandem mass spectrometry detector. Results. Successful validation was achieved for almost all of the compounds. The method met all the required technical parameters. LOQ was set from 4 to 80 pg/mg The developed method was applied to 107 cases (85 males and 22 females) of clinical interest. Out of 85 hair samples resulting positive to classical drugs of abuse, NPS were found in twelve (8 male and 4 female). Conclusion. The present methodology represents an easy, low cost, wide-panel method for the de-tection of 127 NPS and 15 DOA in hair samples. Such multi-analyte methods facilitates the study of the prevalence of drugs abused that will enable the competent control authorities to obtain evi-dence-based reports regarding the critical spread of the threat represented by NPS.
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La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (UNCRPD) riconosce il diritto di tutte le persone al lavoro “gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico”(United Nation 2016 p.14). Nonostante i progressi (in ambito politico culturale) che si stanno compiendo in ambito internazionale in termini di pari opportunità e di inclusione, le persone in situazione di disabilità continuano a incontrare barriere che limitano la loro partecipazione attiva al mondo del lavoro. A partire da questo scenario, la ricerca si propone di indagare i bisogni (es. di accoglienza, di accesso al contesto fisico e digitale, di partecipazione nella vita dell’azienda ecc.) delle persone con disabilità e di sviluppare una applicazione digitale (web app), rivolta alle imprese, finalizzata a monitorare e a promuovere l'inclusione lavorativa. Ripercorrendo il modello di progettazione del design thinking e valorizzando un processo di ricerca basato su metodi misti (qualitativi e qualitativi) è stato ideato Job inclusion for all; un ambiente digitale fondato sull’adattamento di due strumenti di “metariflessione”: l’Index for inclusion job version e l’employment role mapping. Lo strumento digitale prototipato è stato testato e validato, durante l’ultimo anno di ricerca, da parte di una equipe multidisciplinare internazionale; tale processo ha consentito di raccogliere feedback (rispetto alla rilevanza e alla chiarezza degli item, rispetto ai punti di forza e di debolezza) che hanno consentito di migliorare e implementare la versione finale del prototipo di web app.
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Questo studio affronta il tema della partecipazione comunitaria e del suo ruolo nella riorganizzazione dei servizi socio-sanitari della Regione Emilia-Romagna in una prospettiva antropologica. La partecipazione comunitaria è considerata ormai diffusamente un elemento importante per l’organizzazione dei servizi e in particolare nell’ambito delle cure primarie: si tratta infatti del comparto dell’assistenza più prossimo ai territori di vita delle persone, sebbene sia fortemente indebolito, a causa di un progressivo definanziamento e di una profonda svalutazione culturale. Nel contesto italiano, il tema della partecipazione comunitaria in salute ha informato l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, numerosi contributi hanno messo in luce come la partecipazione delle comunità nell’ambito della sanità sia un proposito rimasto da allora irrealizzato; altri hanno evidenziato come, in un’epoca in cui i nostri sistemi di welfare sono in crisi, la partecipazione venga talvolta strumentalizzata per esternalizzare i costi del lavoro di cura sulle comunità, anziché per promuovere la salute delle persone. Adottando i quadri teorici della Primary Health Care e della Salute Collettiva, il lavoro di ricerca si basa su un’etnografia multisituata e realizzata in tre diversi contesti: un progetto di cooperazione internazionale volto a sviluppare strumenti gestionali e organizzativi per la costruzione degli Ospedali di Comunità nella Regione Emilia-Romagna; un progetto inter-istituzionale che mira ad affrontare le disuguaglianze sociali nella città di Bologna; un progetto promosso da un ambulatorio di Medicina Generale di Ferrara che, sulla base di una proposta di riforma delle cure primarie avanzata da una gruppo di giovani professionisti/e della salute, ha avviato un percorso di partecipazione comunitaria. Questo studio mette in luce come la partecipazione possa contribuire alla costruzione di una “comunità di cura”, capace di negoziare affettivamente i percorsi di assistenza, co-gestire le risorse per la produzione di beni comuni e rigenerare la fiducia nei confronti delle cure primarie.
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Antimicrobial stewardship programs are gaining more and more relevance in optimizing anti-infective treatment and in preventing the emergence of antimicrobial resistance. Personalization of antimicrobial treatment based on real-time therapeutic drug morning (TDM) and dosing adaptation may represent an important tool in antimicrobial stewardship programs. In this Ph.D project, we aim to focus on differences in pharmacokinetics (PK) for meropenem and piperacillin/tazobactam and host response biomarkers (e.g., C-reactive protein) in severe Gram‐negative related infections occurring in oncohematologic patients. We are interested in identifying optimized model‐based individualized dosing strategies for these antibiotics focusing on biomarkers-guided prediction of PK and pharmacodynamic (PD) parameters using population PK/PD modelling. We expect to identify optimal model‐based dosing targets for these antibiotics for special populations for implementation in TDM routines, and mathematical models characterizing the relationship between biomarkers and outcomes in these populations.
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Objective: Liver transplantation has been associated with a high prevalence of osteoporosis, although most data rely on single-center studies with limited sample size, with most of them dating back to late 1990s and early 2000s. The present thesis aims to assess the prevalence of fragility fractures and contributing factors in a large modern cohort of liver transplant recipients managed in a referral Italian Liver Transplant Center. Design and Methods: Paper and electronic medical records of 429 consecutive patients receiving liver transplantation from 1/1/2010 to 31/12/2015 were reviewed, and 366 patients were selected. Clinically obtained electronic radiological images within 6 months from the date of liver transplant surgery, such as lateral views of spine X-rays or CT abdominal scans, were opportunistically reviewed in a blinded fashion to screen for morphometric vertebral fractures. Clinical fragility fractures reported in the medical records, along with information on etiology of cirrhosis and biochemistries at the time of liver surgery were also recorded. Results: Prevalence of fragility fractures in the whole cohort was 155/366 (42.3%), with no significant differences between sexes. Of patients with fractures, most sustained vertebral fractures (145/155, 93.5%), the majority of which were mild or moderate wedges. Multiple vertebral fractures were common (41.3%). Fracture rates were similar across different etiologies of cirrhosis and were also comparable in patients with diabetes or exposed to glucocorticoids. Kidney function was significantly worse in women with fractures. Independent of age, sex, alcohol use, eGFR, etiology of liver disease, lower BMI was the only independent risk factor for fractures (adjusted OR 1,058, 95%CI 1,001-1,118, P=0.046) in this study population. Conclusions: A considerable fracture burden was shown in a large and modern cohort of liver transplant recipients. Given the remarkably high prevalence of fractures, a metabolic bone disease screening should be implemented in every patient awaiting liver transplantation.
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The rapid progression of biomedical research coupled with the explosion of scientific literature has generated an exigent need for efficient and reliable systems of knowledge extraction. This dissertation contends with this challenge through a concentrated investigation of digital health, Artificial Intelligence, and specifically Machine Learning and Natural Language Processing's (NLP) potential to expedite systematic literature reviews and refine the knowledge extraction process. The surge of COVID-19 complicated the efforts of scientists, policymakers, and medical professionals in identifying pertinent articles and assessing their scientific validity. This thesis presents a substantial solution in the form of the COKE Project, an initiative that interlaces machine reading with the rigorous protocols of Evidence-Based Medicine to streamline knowledge extraction. In the framework of the COKE (“COVID-19 Knowledge Extraction framework for next-generation discovery science”) Project, this thesis aims to underscore the capacity of machine reading to create knowledge graphs from scientific texts. The project is remarkable for its innovative use of NLP techniques such as a BERT + bi-LSTM language model. This combination is employed to detect and categorize elements within medical abstracts, thereby enhancing the systematic literature review process. The COKE project's outcomes show that NLP, when used in a judiciously structured manner, can significantly reduce the time and effort required to produce medical guidelines. These findings are particularly salient during times of medical emergency, like the COVID-19 pandemic, when quick and accurate research results are critical.
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CONTESTO: Il rischio oncologico dell’esposizione al testosterone (T) di organi genitali in transgender AFAB non è noto. SCOPO: valutazione istologica di utero, cervice, salpingi e ovaia asportati in corso di intervento chirurgico di affermazione di genere (GAS) in AFAB che assumevano testosterone. MATERIALI E METODI: valutazione dei dati istologici condotta retrospettivamente tramite la consultazione di 187 cartelle cliniche di soggetti transgender AFAB sottoposti a GAS presso la Ginecologia dell’IRCCS Sant’Orsola, Bologna. RISULTATI: 187 transgender AFAB sono stati sottoposti a isteroannessiectomia bilaterale. Nessun paziente sottoposto a ovariectomia, chemioterapia o radioterapia prima della chirurgia. La mediana della durata di assunzione di T era di 36 mesi (12 mesi-14 anni). 96/187 (51.4%) uteri presentavano endometrio ipoattivo/atrofico, mentre 1 caso di iperplasia senza atipie cellulari è stato identificato (0.5%), 8/187 (4.3%) endometrio polipoide e 4/187 (2.2%) secretivo. Il più comune riscontro istologico cervicale è stata la cervicite cronica (n=174, 93%) associata a metaplasia (n=131,76%). Le salpingi sono risultate indenni in 90/187 (48.1%) casi e con infiammazione cronica in 91/187 (48,7%) casi. La maggior parte delle ovaie analizzate mostravano follicoli in diversi stati di maturazione (n=117, 62.5%). In 20 analisi istologiche sono stati identificati corpi lutei/corpi lutei emorragici (10.7%). CONCLUSIONI: Nessuna lesione premaligna o maligna è stata riscontrata in questi 187 soggetti che assumevano testosterone fino a un massimo di 168 mesi prima della chirurgia. La presenza di follicoli in vari stadi di sviluppo e di corpi lutei suggerisce la possibilità di cicli ovulatori in corso di terapia con testosterone. I risultati di questo studio confermano la sicurezza dell'uso prolungato di T sugli organi genitali di transgender AFAB. Seppur ancora limitate, le evidenze suggeriscono sempre più la mancanza di necessità assoluta di rimuovere utero e ovaia nei soggetti trasgender in terapia con T con il solo fine di prevenire patologie oncologiche.
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Introduction. Synthetic cannabinoid receptor agonists (SCRAs) represent the widest group of New Psychoactive Substances (NPS) and, around 2021-2022, new compounds emerged on the market. The aims of the present research were to identify suitable urinary markers of Cumyl-CB-MEGACLONE, Cumyl-NB-MEGACLONE, Cumyl-NB-MINACA, 5F-EDMB-PICA, EDMB-PINACA and ADB-HEXINACA, to present data on their prevalence and to adapt the methodology from the University of Freiburg to the University of Bologna. Materials and methods. Human phase-I metabolites detected in 46 authentic urine samples were confirmed in vitro with pooled human liver microsomes (pHLM) assays, analyzed by liquid chromatography-quadrupole time-of-flight mass spectrometry (LC-qToF-MS). Prevalence data were obtained from urines collected for abstinence control programs. The method to study SCRAs metabolism in use at the University of Freiburg was adapted to the local facilities, tested in vitro with 5F-EDMB-PICA and applied to the study of ADB-HEXINACA metabolism. Results. Metabolites built by mono, di- and tri-hydroxylation were recommended as specific urinary biomarkers to monitor the consumption of SCRAs bearing a cumyl moiety. Monohydroxylated and defluorinated metabolites were suitable proof of 5F-EDMB-PICA consumption. Products of monohydroxylation and amide or ester hydrolysis, coupled to monohydroxylation or ketone formation, were recognized as specific markers for EDMB-PINACA and ADB-HEXINACA. The LC-qToF-MS method was successfully adapted to the University of Bologna, as tested with 5F-EDMB-PICA in vitro metabolites. Prevalence data showed that 5F-EDMB-PINACA and EDMB-PINACA were more prevalent than ADB-HEXINACA, but for a limited period. Conclusion. Due to undetectability of parent compounds in urines and to shared metabolites among structurally related compounds, the identification of specific urinary biomarkers as unequivocal proofs of SCRAs consumption remains challenging for forensic laboratories. Urinary biomarkers are necessary to monitor SCRAs abuse and prevalence data could help in establishing tailored strategies to prevent their spreading, highlighting the role for legal medicine as a service to public health.
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Introduction The maternal vasculature undergoes significant adaptations during pregnancy to meet the increased metabolic demands of the developing fetus. These adaptations include increased cardiac output and blood volume, as well as reduced systemic vascular resistance. In Hypertensive disorders of pregnancy (HDP) there is an impaired cardiovascular adaptation to pregnancy with effects extending beyond pregnancy. In the present study we aimed to characterize long-term cardiovascular status of women who suffered from HDP. Methods Fifty-eight women who attended at least one post-partum visit and a follow-up visit after at least 5 years from delivery were enrolled in the study. Exclusion criteria included multiple pregnancy, fetal genetic or congenital abnormalities, maternal history of organ transplantation, or chronic renal failure (eGFR≤45ml/min/1.73m2). In the follow-up visit participants underwent a complete cardiovascular assessment including echocardiography and multiparametric vascular function assessment. Results and Discussion Two major cardiovascular events, one stroke and one myocardial infarction, occurred both in women with index-pregnancy complicated by preeclampsia (PE). While not statistically significant, women with HDP-non-PE and PE displayed a trend towards an increased risk of developing composite cardiovascular outcome, and women with PE tended to experience it sooner. Nearly half of the women with a history of HDP, whether PE or HDP-non-PE, developed chronic hypertension. Some women also developed hyperuricemia, chronic kidney disease (CKD), and type 2 diabetes at follow- up, most of them had a previous history of PE. Structural and functional cardiac changes were observed in a few cases, especially among women with PE, and vascular dysfunction was more common in women with a history of HDP compared to those with normotensive pregnancies. Results of the present study adds on literature on long-term cardiovascular impact of HDP and further emphasize the importance of a timely follow-up of women who suffered from HDP and particularly PE.