330 resultados para riuso, archeologia industriale
Resumo:
Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.
Resumo:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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In this PhD thesis the crashworthiness topic is studied with the perspective of the development of a small-scale experimental test able to characterize a material in terms of energy absorption. The material properties obtained are then used to validate a nu- merical model of the experimental test itself. Consequently, the numerical model, calibrated on the specific ma- terial, can be extended to more complex structures and used to simulate their energy absorption behavior. The experimental activity started at University of Washington in Seattle, WA (USA) and continued at Second Faculty of Engi- neering, University of Bologna, Forl`ı (Italy), where the numerical model for the simulation of the experimental test was implemented and optimized.
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La tematica del presente scritto è l’analisi teorico-sperimentale del sistema edificio-impianto, che è funzione delle soluzioni progettuali adottate, dei componenti scelti e del tipo di conduzione prevista. La Direttiva 2010/31/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici, entrata in vigore l’8 luglio 2010, pubblicata sulla Gazzetta Europea del 18 giugno 2010, sostituirà, dal 1º febbraio 2012, la direttiva 2002/91/CE. La direttiva prevede che vengano redatti piani nazionali destinati ad aumentare il numero di “edifici a energia quasi zero” e che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere “edifici a energia quasi zero”, per gli edifici pubblici questa scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018. In questa prospettiva sono stati progettati due “edifici a energia quasi zero”, una villa monofamiliare e un complesso scolastico (scuola dell’infanzia, elementare, media inferiore) attualmente in via di realizzazione, con l’obiettivo principale di fornire un caso studio unico per ogni tipologia in quanto anche modulare e replicabile nella realtà del nostro territorio, che anticipano gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2010/31/CE. I risultati ottenibili dai suddetti progetti, esposti nella tesi, sono il frutto di un attenta e proficua progettazione integrata, connubio tra progettazione architettonica ed energetico/impiantistica. La stessa progettazione ha esaminato le tecnologie, i materiali e le soluzioni tecniche “mirate” ai fini del comfort ambientale e di un’elevata prestazione energetica dell’edificio. Inoltre è stato dedicato ampio rilievo alla diagnosi energetica degli edifici esistenti attraverso 4 casi studio, i principali svolti durante i tre anni di dottorato di ricerca, esemplari del patrimonio edilizio italiano. Per ogni caso studio è stata condotta una diagnosi energetica dell’edificio, valutati i risultati e definita la classe energetica, ed in seguito sono stati presi in considerazione i possibili interventi migliorativi sia da un punto di vista qualitativo sia economico tenendo conto degli incentivi statali per l’incremento dell’efficienza energetica.
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Bioinformatic analysis of Group A Streptococcus (GAS) genomes aiming at the identification of new vaccine antigens, revealed the presence of a gene coding for a putative surface-associated protein, named GAS40, inducing protective antibodies in an animal model of sepsis. The aim of our study was to unravel the involvement of GAS40 in cell division processes and to identify the putative interactor. Firstly, bioinformatic analysis showed that gas40 shares homology with ezrA, a gene coding for a negative regulator of Z-ring formation during cell division process. Both scanning and transmission electron microscopy indicated morphological differences between wild-type and the GAS40 knock-out mutant strain, with the latter showing an impaired capacity to divide resulting in the formation of very long chains. Moreover, when the localization of the antigen on the bacterial surface was analyzed, we found that in bacteria grown at exponential phase GAS40 specifically localized at septum, indicating a possible role in cell division. Furthermore, by ELISA and co-sedimentation assays, we found that GAS40 is able to interact with FtsZ, a protein involved in Z-ring formation during cell division process. These data together with the co-localization of GAS40/FtsZ at bacterial septum demonstrated by by confocal microscopy, strongly support the hypothesis for a key role of GAS40 in bacterial cell division.
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The dramatic impact that vascular diseases have on human life quality and expectancy nowadays is the reason why both medical and scientific communities put great effort in discovering new and effective ways to fight vascular pathologies. Among the many different treatments, endovascular surgery is a minimally-invasive technique that makes use of X-ray fluoroscopy to obtain real-time images of the patient during interventions. In this context radiopaque biomaterials, i.e. materials able to absorb X-ray radiation, play a fundamental role as they are employed both to enhance visibility of devices during interventions and to protect medical staff and patients from X-ray radiations. Organic-inorganic hybrids are materials that combine characteristics of organic polymers with those of inorganic metal oxides. These materials can be synthesized via the sol-gel process and can be easily applied as thin coatings on different kinds of substrates. Good radiopacity of organic-inorganic hybrids has been recently reported suggesting that these materials might find applications in medical fields where X-ray absorption and visibility is required. The present PhD thesis aimed at developing and characterizing new radiopaque organic-inorganic hybrid materials that can find application in the vascular surgery field as coatings for the improvement of medical devices traceability as well as for the production of X-ray shielding objects and garments. Novel organic-inorganic hybrids based on different polyesters (poly-lactic acid and poly-ε-caprolactone) and polycarbonate (poly-trimethylene carbonate) as the polymeric phase and on titanium oxide as the inorganic phase were synthesized. Study of the phase interactions in these materials allowed to demonstrate that Class II hybrids (where covalent bonds exists between the two phases) can be obtained starting from any kind of polyester or polycarbonate, without the need of polymer pre-functionalization, thanks to the occurrence of transesterification reactions operated by inorganic molecules on ester and carbonate moieties. Polyester based hybrids were successfully coated via dip coating on different kinds of textiles. Coated textiles showed improved radiopacity with respect to the plain fabric while remaining soft to the touch. The hybrid was able to coat single fibers of the yarn rather than coating the yarn as a whole. Openings between yarns were maintained and therefore fabric breathability was preserved. Such coatings are promising for the production of light-weight garments for X-ray protection of medical staff during interventional fluoroscopy, which will help preventing pathologies that stem from chronic X-ray exposure. A means to increase the protection capacity of hybrid-coated fabrics was also investigated and implemented in this thesis. By synthesizing the hybrid in the presence of a suspension of radiopaque tantalum nanoparticles, PDMS-titania hybrid materials with tunable radiopacity were developed and were successfully applied as coatings. A solution for enhancing medical device radiopacity was also successfully investigated. High metal radiopacity was associated with good mechanical and protective properties of organic-inorganic hybrids in the form of a double-layer coating. Tantalum was employed as the constituent of the first layer deposited on sample substrates by means of a sputtering technique. The second layer was composed of a hybrid whose constituents are well-known biocompatible organic and inorganic components, such as the two polymers PCL and PDMS, and titanium oxide, respectively. The metallic layer conferred to the substrate good X-ray visibility. A correlation between radiopacity and coating thickness derived during this study allows to tailor radiopacity simply by controlling the metal layer sputtering deposition time. The applied metal deposition technique also permits easy shaping of the radiopaque layer, allowing production of radiopaque markers for medical devices that can be unambiguously identified by surgeons during implantation and in subsequent radiological investigations. Synthesized PCL-titania and PDMS-titania hybrids strongly adhered to substrates and show good biocompatibility as highlighted by cytotoxicity tests. The PDMS-titania hybrid coating was also characterized by high flexibility that allows it to stand large substrate deformations without detaching nor cracking, thus being suitable for application on flexible medical devices.
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Bacterial small regulatory RNAs (sRNAs) are posttranscriptional regulators involved in stress responses. These short non-coding transcripts are synthesised in response to a signal, and control gene expression of their regulons by modulating the translation or stability of the target mRNAs, often in concert with the RNA chaperone Hfq. Characterization of a Hfq knock out mutant in Neisseria meningitidis revealed that it has a pleiotropic phenotype, suggesting a major role for Hfq in adaptation to stresses and virulence and the presence of Hfq-dependent sRNA activity. Global gene expression analysis of regulated transcripts in the Hfq mutant revealed the presence of a regulated sRNA, incorrectly annotated as an open reading frame, which we renamed AniS. The synthesis of this novel sRNA is anaerobically induced through activation of its promoter by the FNR global regulator and through global gene expression analyses we identified at least two predicted mRNA targets of AniS. We also performed a detailed molecular analysis of the action of the sRNA NrrF,. We demonstrated that NrrF regulates succinate dehydrogenase by forming a duplex with a region of complementarity within the sdhDA region of the succinate dehydrogenase transcript, and Hfq enhances the binding of this sRNA to the identified target in the sdhCDAB mRNA; this is likely to result in rapid turnover of the transcript in vivo. In addition, in order to globally investigate other possible sRNAs of N. meningitdis we Deep-sequenced the transcriptome of this bacterium under both standard in vitro and iron-depleted conditions. This analysis revealed genes that were actively transcribed under the two conditions. We focused our attention on the transcribed non-coding regions of the genome and, along with 5’ and 3’ untranslated regions, 19 novel candidate sRNAs were identified. Further studies will be focused on the identification of the regulatory networks of these sRNAs, and their targets.
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Streptococcus pneumoniae is an important life threatening human pathogen causing agent of invasive diseases such as otitis media, pneumonia, sepsis and meningitis, but is also a common inhabitant of the respiratory tract of children and healthy adults. Likewise most streptococci, S. pneumoniae decorates its surface with adhesive pili, composed of covalently linked subunits and involved in the attachment to epithelial cells and virulence. The pneumococcal pili are encoded by two genomic regions, pilus islet 1 (PI-1), and pilus islet-2 (PI-2), which are present in about 30% and 16% of the pneumococcal strains, respectively. PI-1 exists in three clonally related variants, whereas PI-2 is highly conserved. The presence of the islets does not correlate with the serotype of the strains, but with the genotype (as determined by Multi Locus Sequence Typing). The prevalence of PI-1 and PI-2 positive strains is similar in isolates from invasive disease and carriage. To better dissect a possible association between PIs presence and disease we evaluated the distribution of the two PIs in a panel of 113 acute otitis media (AOM) clinical isolates from Israel. PI-1 was present in 30.1% (N=34) of the isolates tested, and PI-2 in 7% (N=8). We found that 50% of the PI-1 positive isolates belonged to the international clones Spain9V-3 (ST156) and Taiwan19F-14 (ST236), and that PI-2 was not present in the absence of Pl-1. In conclusion, there was no correlation between PIs presence and AOM, and, in general, the observed differences in PIs prevalence are strictly dependent upon regional differences in the distribution of the clones. Finally, in the AOM collection the prevalence of PI-1 was higher among antibiotic resistant isolates, confirming previous indications obtained by the in silico analysis of the MLST database collection. Since the pilus-1 subunits were shown to confer protection in mouse models of infection both in active and passive immunization studies, and were regarded as potential candidates for a new generation of protein-based vaccines, the functional characterization was mainly focused on S. pneumoniae pilus -1 components. The pneumococcal pilus-1 is composed of three subunits, RrgA, RrgB and RrgC, each stabilized by intra-molecular isopeptide bonds and covalently polymerized by means of inter-molecular isopeptide bonds to form an extended fibre. The pilus shaft is a multimeric structure mainly composed by the RrgB backbone subunit. The minor ancillary proteins are located at the tip and at the base of the pilus, where they have been proposed to act as the major adhesin (RrgA) and as the pilus anchor (RrgC), respectively. RrgA is protective in in vivo mouse models, and exists in two variants (clades I and II). Mapping of the sequence variability onto the RrgA structure predicted from X-ray data showed that the diversity was restricted to the “head” of the protein, which contains the putative binding domains, whereas the elongated “stalk” was mostly conserved. To investigate whether this variability could influence the adhesive capacity of RrgA and to map the regions important for binding, two full-length protein variants and three recombinant RrgA portions were tested for adhesion to lung epithelial cells and to purified extracellular matrix (ECM) components. The two RrgA variants displayed similar binding abilities, whereas none of the recombinant fragments adhered at levels comparable to those of the full-length protein, suggesting that proper folding and structural arrangement are crucial to retain protein functionality. Furthermore, the two RrgA variants were shown to be cross-reactive in vitro and cross-protective in vivo in a murine model of passive immunization. Taken together, these data indicate that the region implicated in adhesion and the functional epitopes responsible for the protective ability of RrgA may be conserved and that the considerable level of variation found within the “head” domain of RrgA may have been generated by immunologic pressure without impairing the functional integrity of the pilus.
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Il rapido progresso della tecnologia, lo sviluppo di prodotti altamente sofisticati, la forte competizione globale e l’aumento delle aspettative dei clienti hanno messo nuove pressioni sui produttori per garantire la commercializzazione di beni caratterizzati da una qualità sempre crescente. Sono gli stessi clienti che da anni si aspettano di trovare sul mercato prodotti contraddistinti da un livello estremo di affidabilità e sicurezza. Tutti siamo consapevoli della necessità per un prodotto di essere quanto più sicuro ed affidabile possibile; ma, nonostante siano passati oramai 30 anni di studi e ricerche, quando cerchiamo di quantificare ingegneristicamente queste caratteristiche riconducibili genericamente al termine qualità, oppure quando vogliamo provare a calcolare i benefici concreti che l’attenzione a questi fattori quali affidabilità e sicurezza producono su un business, allora le discordanze restano forti. E le discordanze restano evidenti anche quando si tratta di definire quali siano gli “strumenti più idonei” da utilizzare per migliorare l’affidabilità e la sicurezza di un prodotto o processo. Sebbene lo stato dell’arte internazionale proponga un numero significativo di metodologie per il miglioramento della qualità, tutte in continuo perfezionamento, tuttavia molti di questi strumenti della “Total Quality” non sono concretamente applicabili nella maggior parte delle realtà industriale da noi incontrate. La non applicabilità di queste tecniche non riguarda solo la dimensione più limitata delle aziende italiane rispetto a quelle americane e giapponesi dove sono nati e stati sviluppati questi strumenti, oppure alla poca possibilità di effettuare investimenti massicci in R&D, ma è collegata anche alla difficoltà che una azienda italiana avrebbe di sfruttare opportunamente i risultati sui propri territori e propri mercati. Questo lavoro si propone di sviluppare una metodologia semplice e organica per stimare i livelli di affidabilità e di sicurezza raggiunti dai sistemi produttivi e dai prodotti industriali. Si pone inoltre di andare al di là del semplice sviluppo di una metodologia teorica, per quanto rigorosa e completa, ma di applicare in forma integrata alcuni dei suoi strumenti a casi concreti di elevata valenza industriale. Questa metodologia come anche, più in generale, tutti gli strumenti di miglioramento di affidabilità qui presentati, interessano potenzialmente una vasta gamma di campi produttivi, ma si prestano con particolare efficacia in quei settori dove coesistono elevate produzioni e fortissime esigenze qualitative dei prodotti. Di conseguenza, per la validazione ed applicazione ci si è rivolti al settore dell’automotive, che da sempre risulta particolarmente sensibile ai problemi di miglioramento di affidabilità e sicurezza. Questa scelta ha portato a conclusioni la cui validità va al di là di valori puramente tecnici, per toccare aspetti non secondari di “spendibilità” sul mercato dei risultati ed ha investito aziende di primissimo piano sul panorama industriale italiano.
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Constraints are widely present in the flight control problems: actuators saturations or flight envelope limitations are only some examples of that. The ability of Model Predictive Control (MPC) of dealing with the constraints joined with the increased computational power of modern calculators makes this approach attractive also for fast dynamics systems such as agile air vehicles. This PhD thesis presents the results, achieved at the Aerospace Engineering Department of the University of Bologna in collaboration with the Dutch National Aerospace Laboratories (NLR), concerning the development of a model predictive control system for small scale rotorcraft UAS. Several different predictive architectures have been evaluated and tested by means of simulation, as a result of this analysis the most promising one has been used to implement three different control systems: a Stability and Control Augmentation System, a trajectory tracking and a path following system. The systems have been compared with a corresponding baseline controller and showed several advantages in terms of performance, stability and robustness.
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In Group B Streptococcus (GBS) three structurally distinct types of pili have been discovered as potential virulence factors and vaccine candidates. The pilus-forming proteins are assembled into high-molecular weight polymers via a transpeptidation mechanism mediated by specific class C sortases. Using a multidisciplinary approach including bioinformatics, structural and biochemical studies and in vivo mutagenesis we performed a broad characterization of GBS sortase C. The high resolution X-ray structure of the enzymes revealed that the active site, located into the β-barrel core of the enzyme, is made of the catalytic triad His157-Cys219-Arg228 and covered by a loop, known as the “lid”. We show that the catalytic triad and the predicted N- and C-terminal trans-membrane regions are required for the enzyme activity. Interestingly, by in vivo complementation mutagenesis studies we found that the deletion of the entire lid loop or mutations in specific lid key residues had no effect on catalytic activity of the enzyme. In addition, kinetic characterizations of recombinant enzymes indicate that the lid mutants can still recognize and cleave the substrate-mimicking peptide at least as well as the wild type protein.
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The obligate intracellular pathogen Chlamydia trachomatis is a gram negative bacterium which infects epithelial cells of the reproductive tract. C. trachomatis is the leading cause of bacterial sexually transmitted disease worldwide and a vaccine against this pathogen is highly needed. Many evidences suggest that both antigen specific-Th1 cells and antibodies may be important to provide protection against Chlamydia infection. In a previous study we have identified eight new Chlamydia antigens inducing CD4-Th1 and/or antibody responses that, when combined properly, can protect mice from Chlamydia infection. However, all selected recombinant antigens, upon immunization in mice, elicited antibodies not able to neutralize Chlamydia infectivity in vitro. With the aim to improve the quality of the immune response by inducing effective neutralizing antibodies, we used a novel delivery system based on the unique capacity of E. coli Outer Membrane Vesicles (OMV) to present membrane proteins in their natural composition and conformation. We have expressed Chlamydia antigens, previously identified as vaccine candidates, in the OMV system. Among all OMV preparations, the one expressing HtrA Chlamydia antigen (OMV-HtrA), showed to be the best in terms of yield and quantity of expressed protein, was used to produce mice immune sera to be tested in neutralization assay in vitro. We observed that OMV-HtrA elicited specific antibodies able to neutralize efficiently Chlamydia infection in vitro, indicating that the presentation of the antigens in their natural conformation is crucial to induce an effective immune response. This is one of the first examples in which antibodies directed against a new Chlamydia antigen, other than MOMP (the only so far known antigen inducing neutralizing antibodies), are able to block the Chlamydia infectivity in vitro. Finally, by performing an epitope mapping study, we investigated the specificity of the antibody response induced by the recombinant HtrA and by OMV-HtrA. In particular, we identified some linear epitopes exclusively recognized by antibodies raised with the OMV-HtrA system, detecting in this manner the antigen regions likely responsible of the neutralizing effect.
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Leber’s hereditary optic neuropathy (LHON) and Autosomal Dominant Optic Atrophy (ADOA) are the two most common inherited optic neuropathies and both are the result of mitochondrial dysfunctions. Despite the primary mutations causing these disorders are different, being an mtDNA mutation in subunits of complex I in LHON and defects in the nuclear gene encoding the mitochondrial protein OPA1 in ADOA, both pathologies share some peculiar features, such a variable penetrance and tissue-specificity of the pathological processes. Probably, one of the most interesting and unclear aspect of LHON is the variable penetrance. This phenomenon is common in LHON families, most of them being homoplasmic mutant. Inter-family variability of penetrance may be caused by nuclear or mitochondrial ‘secondary’ genetic determinants or other predisposing triggering factors. We identified a compensatory mechanism in LHON patients, able to distinguish affected individuals from unaffected mutation carriers. In fact, carrier individuals resulted more efficient than affected subjects in increasing the mitochondrial biogenesis to compensate for the energetic defect. Thus, the activation of the mitochondrial biogenesis may be a crucial factor in modulating penetrance, determining the fate of subjects harbouring LHON mutations. Furthermore, mtDNA content can be used as a molecular biomarker which, for the first time, clearly differentiates LHON affected from LHON carrier individuals, providing a valid mechanism that may be exploited for development of therapeutic strategies. Although the mitochondrial biogenesis gained a relevant role in LHON pathogenesis, we failed to identify a genetic modifying factor for the variable penetrance in a set of candidate genes involved in the regulation of this process. A more systematic high-throughput approach will be necessary to select the genetic variants responsible for the different efficiency in activating mitochondrial biogenesis. A genetic modifying factor was instead identified in the MnSOD gene. The SNP Ala16Val in this gene seems to modulate LHON penetrance, since the Ala allele in this position significantly predisposes to be affected. Thus, we propose that high MnSOD activity in mitochondria of LHON subjects may produce an overload of H2O2 for the antioxidant machinery, leading to release from mitochondria of this radical and promoting a severe cell damage and death ADOA is due to mutation in the OPA1 gene in the large majority of cases. The causative nuclear defects in the remaining families with DOA have not been identified yet, but a small number of families have been mapped to other chromosomal loci (OPA3, OPA4, OPA5, OPA7, OPA8). Recently, a form of DOA and premature cataract (ADOAC) has been associated to pathogenic mutations of the OPA3 gene, encoding a mitochondrial protein. In the last year OPA3 has been investigated by two different groups, but a clear function for this protein and the pathogenic mechanism leading to ADOAC are still unclear. Our study on OPA3 provides new information about the pattern of expression of the two isoforms OPA3V1 and OPA3V2, and, moreover, suggests that OPA3 may have a different function in mitochondria from OPA1, the major site for ADOA mutations. In fact, based on our results, we propose that OPA3 is not involved in the mitochondrial fusion process, but, on the contrary, it may regulate mitochondrial fission. Furthermore, at difference from OPA1, we excluded a role for OPA3 in mtDNA maintenance and we failed to identify a direct interaction between OPA3 and OPA1. Considering the results from overexpression and silencing of OPA3, we can conclude that the overexpression has more drastic consequences on the cells than silencing, suggesting that OPA3 may cause optic atrophy via a gain-of-function mechanism. These data provide a new starting point for future investigations aimed at identifying the exact function of OPA3 and the pathogenic mechanism causing ADOAC.
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Polymeric adhesives have been used for many applications like suture and embolization, instead of classic surgical methods or as for dental uses. In this work both subjects have been investigated and the results separated in two parts. In the first, new dentinal adhesives with different polymerizable groups (methacrylic or vinyl-ethereal) were synthesized. A low sensitivity to hydrolysis and equal or enhanced properties, compared to existing commercial products, were considered essentials. Moreover, these monomers need to polymerize by radical photopolymerization and functional groups of different characteristics were tested. All these products were characterized by microtensile bond strength test to determine the bonding strength between the adhesive and tooth. Concerning embolization, cyanoacrylates are nowadays the most-used adhesives in surgery. Thus, they must respond to several requirements. For instance, polymerization time and adhesive strength need to be low, to avoid diffusion of the products in the body and adhesion to the catheter. In order to overcome these problems we developed new cyanoacrylates, which practically instantly polymerize upon contact with blood but do not demonstrate strong adhesion to the catheter, thank to the presence of fluorine atoms, linked to the ester chain. The synthesis of these products was carried out in several steps, such as the depolymerization of the corresponding oligomers at high temperature in acid conditions. Two types of adhesion strengths were determined. Bonding strength between human veins and a microcatheter was determined in vitro by using organic materials as the most realistic model. Another test, on two layers of skin, was conducted to verify the possible use of these new cyanoacrylates as a glue for sutures. As a conclusion, we were able to demonstrate that some of the prepared monomers posses adhesive strength and polymerization time lower than the commercial product Glubran2.
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The aim of my Ph.D. research was to study the new synthetic ways for the production of adipic acid. Three different pathways were studied: i) oxidation of cyclohexanone with molecular oxygen using Keggin – heteropolycompounds as the catalyst, ii) Baeyer – Villiger oxidation of cyclohexanone with hydrogen peroxide in the presence of two different heterogeneous catalysts, titanium silicalite and silica grafted decatungstate, iii) two step synthesis of adipic acid starting from cyclohexene via 1,2-cyclohexanediol. The first step was catalyzed by H2WO4 in the presence of the phase transfer catalyst, the oxidant was hydrogen peroxide. The second step, oxidation of 1,2 – cyclohexanediol was performed in the presence of oxygen and the heterogeneous catalyst – ruthenium on alumina. The results of my research showed that: i) Oxidation of cyclohexanone with molecular oxygen using Keggin heteropolycompounds is possible, anyway the conversion of ketone is low and the selectivity to adipic acid is lowered by the consecutive reaction to from lower diacids. Moreover it was found out, that there are two mechanisms involved: redox type and radicalic chain-reaction autoxidation. The presence of the different mechanism is influenced by the reaction condition. ii) It is possible to perform thermally activated oxidation of cyclohexanone and obtain non negligible amount of the products (caprolactone and adipic acid). Performing the catalyzed reaction it was demonstrated that the choice of the reaction condition and of the catalyst plays a crucial role in the product selectivity, explaining the discrepancies between the literature and our research. iii) Interesting results can be obtained performing the two step oxidation of cyclohexene via 1,2-cyclohexanediol. In the presence of phase transfer catalyst it is possible to obtain high selectivity to alcohol with stoichiometric amount of oxidant. In the second step of the synthesis, the conversion of alcohol is rather low with modest selectivity to adipic acid