153 resultados para Squacquerone funzionale, batteri lattici, microincapsulazione (HPH)


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Le attuali linee guida stratificano il rischio dei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (IAP) in basso, intermedio e alto (rispettivamente con mortalità a 1 anno <5%, 5-10% e >10%). La maggior parte dei pazienti è però classificata nella categoria intermedia. Per stratificare ulteriormente questi pazienti, abbiamo valutato il ruolo prognostico dello stroke volume index (SVI) misurato al cateterismo cardiaco destro (CCDx) in 725 pazienti naïve da terapia con IAP idiopatica/ereditaria, associata a malattie del tessuto connettivo o cardiopatie congenite. I pazienti sono stati valutati al basale e 3-4 mesi dopo l'inizio della terapia (1° F-UP) con CCDx, livelli plasmatici di peptide natriuretico cerebrale (BNP), test dei 6 minuti (T6M) e classe funzionale OMS. Abbiamo applicato una tabella di rischio semplificata utilizzando i criteri: classe funzionale OMS, T6M, pressione atriale destra o livelli plasmatici di BNP e indice cardiaco (IC) o saturazione di ossigeno venoso misto (SvO2). Le classi di rischio sono state definite come: basso= almeno 3 criteri a basso rischio e nessun criterio ad alto rischio; alto= almeno 2 criteri ad alto rischio inclusi IC o SvO2; intermedio= tutti gli altri casi. Lo SVI, mediante la regressione di Cox, stratifica la prognosi dei pazienti a rischio intermedio al 1° F-UP [p=0.008] ma non al basale [p=0.085]. Considerandone l’ottimale cut-off predittivo (38 ml/m2) i pazienti a rischio intermedio sono ulteriormente classificabili in intermedio-basso e intermedio-alto. Considerando l'effetto dei 3 principali farmaci che agiscono sulla via della prostaciclina in aggiunta alla duplice terapia di combinazione con inibitori della fosfodiesterasi-5 e antagonisti dell'endotelina, i pazienti trattati con epoprostenolo e.v. hanno ottenuto un maggiore miglioramento rispetto ai pazienti trattati con selexipag; col treprostinil s.c. vi è stata una risposta intermedia. Abbiamo quindi proposto un algoritmo di terapia con selexipag in pazienti a rischio intermedio-basso e con prostanoidi parenterali in pazienti a rischio intermedio-alto.

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Background e scopo: Tradizionalmente la cardiomiopatia amiloidotica (CA) è stata considerata una cardiomiopatia restrittiva, ma studi recenti hanno evidenziato il ruolo anche della disfuzione sistolica nella sua fisiopatologia. In questo contesto recente, raramente è stato indagato il profilo emodinamico invasivo. Lo scopo dello studio è stato quello di caratterizzare il profilo emodinamico, strutturale e funzionale della CA nelle tre principali eziologie (amiloidosi da catene leggere (AL), amiloidosi transtiretino-relata (ATTR) mutata (ATTRm) e ‘wild-type’ (ATTRwt)), valutare le differenze del profilo ecocardiografico ed emodinamico nelle fasi diverse di malattia ed esplorare il ruolo prognostico delle principali variabili cliniche e strumentali nella CA. Metodi e risultati: Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di 224 pazienti con CA (AL, n=93; ATTRm, n=66; ATTRwt, n=65). Rispetto all'ATTRwt, i pazienti con AL presentano un minor interessamento morfologico cardiaco, ma dati emodinamici paragonabili, caratterizzati da elevate pressioni di riempimento biventricolari e riduzione della gittata sistolica. L’ATTRm, nonostante il profilo ecocardiografico analogo all’ATTRwt, mostra un quadro emodinamico migliore. Gli indici di funzione diastolica e sistolica longitudinale del ventricolo sinistro (Vsn) sono alterati fin dagli stadi iniziali della malattia, mentre la frazione di eiezione (FEVsn) rimane preservata nella maggior parte dei pazienti, anche nelle fasi avanzate (FEVsn 50 [37-60]%; FEVsn <40% nel 28% dei pazienti NYHA III / IV). All'analisi multivariata, età, NYHA III/I, eziologia AL, frazione di contrazione miocardica (MCF), indice cardiaco (CI) e pressione atriale destra (RAP) sono indipendentemente associati a eventi clinici avversi. Conclusioni Questo studio conferma la complessa fisiopatologia della CA, in cui la disfunzione diastolica è accompagnata da una funzione sistolica longitudinale anormale sin dalle fasi iniziali della malattia. L'AL e l'ATTRwt, nonostante diversi gradi di alterazioni morfologiche, hanno un profilo emodinamico simile; l'ATTRm, invece, presenta un quadro emodinamico migliore. Tra i parametri strumentali, MCF, CI e RAP emergono come predittori significativi di eventi avversi.

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La possibilità di monitorare la presenza di residui di farmaci veterinari e contaminanti biologici negli alimenti può trarre beneficio dall’uso di metodi di screening affidabili e di facile utilizzo. A tal fine, sono in fase di sviluppo molteplici applicazioni di biosensori in grado di coniugare sistemi di rilevamento biologico-specifici con trasduttori elettronici o ottici capaci di rilevare, amplificare, elaborare e misurare il segnale derivante dall’interazione tra un substrato costituito da enzimi, anticorpi o apteni e contaminanti ambientali o alimentari. Lo sviluppo di biosensori permette di rilevare la presenza di quantità residuali di un determinato analita in varie matrici sia animali che alimentari. Per questo Progetto di Ricerca sono state messe a punto tecniche di analisi elettrochimiche per rilevare quantitativamente la presenza di istamina e di batteri istaminogeni in campioni di pesce e determinare la presenza di ceppi di Escherichia coli nel latte crudo. Sono stati condotti anche degli studi riguardanti la presenza di residui di farmaci veterinari negli alimenti. Lo scopo di queste ricerche era quello di: • Sviluppare diversi tipi di sensori elettrochimici ed immunoenzimatici e valutare le loro potenzialità come metodi di analisi rapida. • Validare i risultati mediante comparazione con metodi analitici di riferimento. • Avviare uno studio per lo sviluppo di biosensori basato sulla valutazione del rischio

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Background: Le early-onset sepsis (EOS) sono infezioni batteriche invasive definite dalla presenza di batteri nel sangue e/o nel liquor cefalorachidiano che esordiscono nelle prime 72 ore di vita e causano in epoca neonatale mortalità e morbilità importanti. Scopo: Determinare l’eccesso di trattamento antibiotico (Overtreatment index=OI) nei neonati di EG ≥34 settimane con sospetta sepsi ad esordio precoce. Metodi: Tutti i nati dal 1.01.2014 al 31.12.2018 di EG ≥34 settimane presso IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria e l’Ospedale Maggiore di Bologna che hanno ricevuto terapia antibiotica endovenosa nelle prime 168 ore di vita nel sospetto di EOS. Sono stati identificati 2 gruppi: EOS provata (N=7) ed EOS sospetta (N=465). Risultati: L’incidenza di EOS è stata 0.22 su 1000 nati vivi, rispettivamente 0.12/1000 per Streptococcus agalactiae (GBS) e 0.06/1000 per Escherichia coli (E.coli). L’1.75% dei neonati ha ricevuto terapia antimicrobica empirica a largo spettro. L’OI è risultato 68. L’esposizione al trattamento antibiotico nella popolazione è stata di 85 giorni/1000 nati vivi. Tra i fattori di rischio materni, il tampone vagino-rettale (TVR) e l’urinocoltura positiva sono risultati associati al rischio di EOS provata (p=.017, p =.000). I valori di proteina C reattiva (PCR) al T0, T1 e T2 tra i due gruppi sono risultati significativi (p=.000). All’analisi multivariata è stata confermata la significatività delle variabili descritte. (TVR non noto OR=15.1, 95%CI 1.98-115.50, p =.009, urinocoltura positiva OR=30.1, 95%CI 3.6-252.1, p = .002, PCR T0 OR=1.6, 95% CI 1.29-2.07, p = .000.) Conclusioni: L’individuazione precoce di fattori di rischio e la valutazione degli indici di flogosi in neonati sintomatici può ridurre l’OI e la durata della terapia antibiotica in casi di sepsi non confermata. L’uso appropriato degli antibiotici in questa popolazione è particolarmente importante poichè riduce lo sviluppo di germi multiresistenti. Nelle Terapie Intensive Neonatali, i programmi di stewardship antimicrobica dovrebbero guidare la gestione delle sepsi.

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La ricerca ha ad oggetto lo studio dell’evoluzione del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri all’interno delle dinamiche di funzionamento della forma di governo italiana. Difatti, la ricostruzione sistematica di tale figura sembra essere rimasta sempre in secondo piano rispetto alle complesse analisi riguardanti la forma di governo parlamentare. Dal totale silenzio dello Statuto albertino sul punto, agli svariati tentativi non sempre riusciti nel periodo statutario di disciplinare le competenze presidenziali con atti normativi, alle “fumose” parole dell’articolo 95 della Costituzione, che hanno lasciato coesistere interpretazioni divergenti sulla collocazione del Presidente del Consiglio all’interno della compagine governativa, sino alla tardiva attuazione del disposto costituzionale con la legge n. 400/88, con grande difficoltà tale figura è riuscita ad avere un riconoscimento espresso e stabile delle proprie attribuzioni costituzionali. Il lavoro di ricerca, pertanto, si propone di ricostruire il “ruolo” costituzionale di tale figura soprattutto alla luce delle recenti evoluzioni che hanno caratterizzato la forma di governo nazionale. Ponendo al centro l’analisi di tali fenomeni, il lavoro si sviluppa seguendo tre direttrici evidenziate dalla tre parti in cui esso si divide: un’analisi storico-evolutiva; un’analisi orizzontale e “di sistema” dell’impianto organizzativo dell’esecutivo e del suo vertice e un’analisi concreta di due “casi di studio”. La finalità della ricerca è quella di proporre una lettura del ruolo costituzionale del Presidente del Consiglio in una chiave più estesa: non limitato esclusivamente al coordinamento e alla direzione dell’attività endogovernativa, declinata principalmente nel campo normativo, ma che ricomprende anche il coordinamento delle politiche pubbliche di governo e funzionale allo svolgimento di un coordinamento “inter-istituzionale” e “di sistema”, che coinvolge le diverse strutture governative, il Parlamento e i diversi livelli di governo, anche sovranazionale.

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La stenosi valvolare aortica è la più frequente patologia valvolare cardiaca nei paesi sviluppati come diretta conseguenza dell’aumentata aspettativa di vita. In Europa si stima che il numero di soggetti sintomatici per stenosi valvolare aortica aumenterà da 1.3 milioni nel 2025 a 2.1 milioni in 2050. Di conseguenza la stenosi aortica ha e avrà un forte impatto sulla salute pubblica e sui costi che ne determina, poiché spesso associata a un declino funzionale dei pazienti ed aumentata incidenza di ospedalizzazione. D’altra parte è noto che la stenosi valvolare aortica severa non trattata si associa a prognosi infausta con una sopravvivenza del 50% a 2 anni dall’insorgenza dei sintomi e del 20% a 5 anni. Ad oggi non esiste una terapia medica efficace per la stenosi valvolare aortica in quanto andando a costituire un’ostruzione meccanica, resta di competenza del cardiochirurgo o del cardiologo interventista. La sostituzione valvolare aortica, sia essa chirurgica o percutanea, resta pertanto il solo trattamento definitivo per la stenosi valvolare aortica. Nel tempo il rischio operatorio è estremamente diminuito e i vantaggi in termini di miglioramento della qualità di vita sono evidenti. Questo progetto di ricerca prevede pertanto un’analisi delle più recenti tecnologie per il trattamento chirurgico della stenosi valvolare aortica a partire dalla tipologia di approccio chirurgico, se mini-invasivo o tradizionale, fino all’utilizzo delle più recenti protesi biologiche sutureless studiandone i vantaggi, svantaggi e risultati. Prima ancora, tuttavia, saranno analizzati i meccanismi di biologia molecolare alla base dell’eziologia della stenosi aortica al fine di poter identificare precocemente i pazienti, di prevedere l’andamento della patologia e forse, in futuro, anche di ipotizzare una terapia farmacologica mirata.

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Introduzione La pneumonectomia su modello animale potrebbe essere un’utile piattaforma di studio per approfondire i meccanismi della risposta compensatoria al danno polmonare. Scopo dello studio è determinare la presenza di variazioni morfologiche e di espressione del trascrittoma dopo pneumonectomia. Materiali e metodi Undici suini sono stati sottoposti a pneumonectomia sinistra. Sono stati eseguiti prelievi sito-specifici intraoperatori su polmone sinistro e successivamente confrontati con prelievi sito-specifici su polmone destro dopo eutanasia a 60 giorni. I prelievi degli animali con decorso regolare sono stati sottoposti a RNA-sequencing e successiva analisi computazionale per valutare il peso funzionale del singolo gene o di clusters di geni. Risultati Un animale è stato escluso per insorgenza di ernia diaframmatica. In 7/10 è stata riscontrata apertura della pleura mediastinica con parziale erniazione del polmone controlaterale e shift mediastinico. L’istologia ha mostrato dilatazione degli spazi aerei, rottura dei setti interalveolari, lieve infiammazione, assenza di fibrosi, stiramento radiale dei bronchi e riduzione del letto capillare. L’analisi di bulk RNA-sequencing ha identificato 553 geni espressi in modo differenziale (DEG)(P<0,001) tra pre e post-pneumonectomia. I primi 10 DEG up-regolati: Edn1, Areg, Havcr2, Gadd45g, Depp1, Cldn4, Atf3, Myc, Gadd45b, Socs3; i primi 10 geni down-regolati: Obscn, Cdkn2b, ENSSSCG00000015738, Prrt2, Amer1, Flrt3, Efnb2, Tox3, Znf793, Znf365. Tra i DEG è stata riscontrata una predominanza di geni specifici dei macrofagi. L’analisi di gene ontology basata su DAVID ha mostrato un significativo arricchimento della "via di segnalazione apoptotica estrinseca"(FDR q=7,60x10 -3), della via di “Risposta all’insulina”(FDR q=7,60x10 -3) ed un arricchimento di geni “Regolatori negativi del segnale DDX58/IFIH1”(FDR q=7.50x10 -4). Conclusioni Il presente studio conferma la presenza di variazioni macroscopiche e microscopiche fenotipiche dopo pneumonectomia. L’RNA sequencing e lo studio di genomica traslazionale hanno mostrato l’esistenza di geni singoli e di network di geni disregolati dopo pneumonectomia, prevalentemente in determinate popolazioni cellulari.

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En los últimos tiempos hemos asistido a diversas situaciones en las que la contratación de productos y servicios por los consumidores se encuentra fuertemente influenciada por distintas actuaciones empresariales que pueden calificarse como prácticas desleales por engañosas o agresivas. Esta realidad pone de manifiesto la intensa interrelación que existe entre contrato y mercado, y consecuentemente la necesidad de articular puentes de conexión entre el Derecho contratos y de la competencia desleal. Este trabajo aborda las conexiones entre estos sectores normativos con el fin de analizar las posibles soluciones a los problemas derivados de la contratación de consumo afectada por prácticas desleales. Tras una breve introducción donde se da debida cuenta del propósito y justificación de la investigación, el trabajo inicia con la exposición de la tradicional situación de desconexión entre las disciplinas contractual y concurrencial. Posteriormente, se analizan las conexiones intersectoriales en los planos axiológico y funcional, así como los distintos materiales normativos de los que se infieren esas aun incipientes conexiones. Sobre la base de lo anterior, se examinan las medidas correctoras individuales que el Derecho de la competencia desleal pone a disposición de los consumidores para hacer frente a las prácticas desleales, las propuestas de lege ferenda proporcionadas por la doctrina patria para remover los efectos contractuales de estas prácticas, así como las diversas soluciones ofrecidas por distintos Estados miembros de la UE. A continuación, se analizan los nuevos materiales normativos provenientes de la UE que ahondan en el proceso de permeabilización entre el Derecho de contratos y de la competencia desleal, así como las iniciativas legislativas tendentes a su incorporación a nuestro ordenamiento. El trabajo concluye con un conjunto de conclusiones reasuntivas entresacadas del estudio realizado, que se clausuran con la propuesta de algunas directrices para lo que entendemos sería una correcta incorporación de la normativa comunitaria.

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La dimensione giuridica del tempo, cioè il ruolo del tempo nel diritto, ha contribuito a far emergere il lavoro quale concetto legale astratto dal prestatore, funzionale alla sua alienazione. Rompere l’unitarietà del tempo della persona, per consacrarne una parte al lavoro, ha dato ai rapporti di potere tra gli individui una forma giuridica in grado di legittimarli. Il primo capitolo si sofferma sulla costruzione legale del lavoro subordinato attraverso la definizione del suo tempo. Tra gli elementi essenziali del contratto tipizzato dall’art. 2094 c.c., il tempo nella causa, oltre a mostrare la non istantaneità dello scambio e la indeterminatezza del regolamento contrattuale, non assurge a criterio discretivo dalle collaborazioni o dal lavoro autonomo. Se dalla causa si passa ad indagare l’oggetto, l’interprete si imbatte nel pudore di svelare quale sia il vero elemento su cui incide il contratto, la persona del lavoratore, che induce a prediligere la finzione di allontanare l’attività dal corpo di chi la produce: l’orario è la tecnica giuridica che rende possibile la partecipazione del lavoro ad una logica di scambio. Il secondo e il terzo capitolo si concentrano sulla regolazione e interpretazione del tempo di lavoro in chiave diacronica. La legislazione lavoristica ha trovato i propri albori nella disciplina eteronoma dell’orario, come strumento per tutelare i prestatori dagli eccessi mercantilistici. L’attuale quadro normativo è molto attento alle ragioni creditorie ma la giurisprudenza della Corte di giustizia testimonia l’irrequietudine di una materia viva e in movimento. Non è un caso che il legislatore europeo, nei piccoli passi compiuti per rafforzare il diritto sociale comune agli Stati membri, abbia assegnato al tempo un ruolo centrale, come prevedibilità delle condizioni di lavoro (direttiva n. 1152 del 2019), come equilibrio tra attività professionale e vita familiare (direttiva n. 1158 del 2019) e un domani, forse, come diritto alla disconnessione.

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La presente trattazione concerne gli European long-term investment fund, disciplinati dal regolamento UE 2015/760 del 29 aprile 2015, meglio noti come ELTIF, di cui si è inteso indagare i molteplici aspetti che attengono all’operatività degli stessi, dalla genesi sino alla fase della liquidazione. Trattandosi di uno dei più recenti tasselli della composita disciplina europea del risparmio gestito, si è ritenuto opportuno anzitutto prendere le mosse dall’evoluzione della regolamentazione, domestica e comunitaria, della gestione collettiva del risparmio, la quale rappresenta la “cornice” normativa di riferimento entro cui si colloca il veicolo in discorso. Definito il percorso evolutivo della disciplina de qua, si è posta quindi l’attenzione sulla regolamentazione degli ELTIF che, pur migliorabile sotto diversi profili, rappresenta un significativo passo in avanti nel senso della costruzione dell’Unione dei mercati di capitali e del rilancio dell’economia europea. In particolare, l’indagine ha riguardato anzitutto i connotati della nuova fattispecie (carattere europeo, orizzonte temporale di lungo periodo, illiquidità). L’analisi dei tratti fisiognomici è stata funzionale non solo a verificare se essi, nella loro peculiarità, siano o meno idonei a definire un tipo a sé stante di prodotto, ma altresì a valutare in che termini essi producano un effetto conformativo sulla disciplina del prodotto stesso, specie con riferimento alla fase dell’investimento e del disinvestimento. Con l’intento di vagliare l’opportunità di interventi sul dato normativo che mirino ad accrescere l’attrattività degli ELTIF, si è volta quindi l’attenzione alla fase finale della vita del fondo, in quanto l’esiguità della disciplina dettata con riferimento alla liquidazione si espone ad applicazioni dubbie che, in larga parte, lasciano spazio all’autonomia regolamentare del prodotto e, dunque, all’applicazione di discipline nazionali disomogenee; e ciò specie con riferimento a una peculiare ipotesi di liquidazione promossa dagli investitori in conseguenza del mancato soddisfacimento della richiesta di rimborso avanzata.

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Nello sport di alto livello l’uso della tecnologia ha raggiunto un ruolo di notevole importanza per l’analisi e la valutazione della prestazione. Negli ultimi anni sono emerse nuove tecnologie e sono migliorate quelle pre-esistenti (i.e. accelerometri, giroscopi e software per l’analisi video) in termini di campionamento, acquisizione dati, dimensione dei sensori che ha permesso la loro “indossabilità” e l’inserimento degli stessi all’interno degli attrezzi sportivi. La tecnologia è sempre stata al servizio degli atleti come strumento di supporto per raggiungere l’apice dei risultati sportivi. Per questo motivo la valutazione funzionale dell’atleta associata all’uso di tecnologie si pone lo scopo di valutare i miglioramenti degli atleti misurando la condizione fisica e/o la competenza tecnica di una determinata disciplina sportiva. L’obiettivo di questa tesi è studiare l’utilizzo delle applicazioni tecnologiche e individuare nuovi metodi di valutazione della performance in alcuni sport acquatici. La prima parte (capitoli 1-5), si concentra sulla tecnologia prototipale chiamata E-kayak e le varie applicazioni nel kayak di velocità. In questi lavori è stata verificata l’attendibilità dei dati forniti dal sistema E-kayak con i sistemi presenti in letteratura. Inoltre, sono stati indagati nuovi parametri utili a comprendere il modello di prestazione del paddler. La seconda parte (capitolo 6), si riferisce all’analisi cinematica della spinta verticale del pallanuotista, attraverso l’utilizzo della video analisi 2D, per l’individuazione delle relazioni Forza-velocità e Potenza-velocità direttamente in acqua. Questo studio pilota, potrà fornire indicazioni utili al monitoraggio e condizionamento di forza e potenza da svolgere direttamente in acqua. Infine la terza parte (capitoli 7-8), si focalizza sull’individuazione della sequenza di Fibonacci (sequenza divina) nel nuoto a stile libero e a farfalla. I risultati di questi studi suggeriscono che il ritmo di nuotata tenuto durante le medie/lunghe distanze gioca un ruolo chiave. Inoltre, il livello di autosomiglianza (self-similarity) aumenta con la tecnica del nuoto.

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La ricerca proposta affronta il tema dell’identità visiva — uno dei più caratterizzanti e complessi del progetto di comunicazione — applicato alla dimensione pubblica, partendo dalla comprensione e dalla misurazione del profondo mutamento che ha portato alla sua trasformazione da stemma a marchio e poi a logo, da immagine coordinata a brand a progetto di service e experience. La ricognizione dell’evoluzione della comunicazione pubblica e l’analisi del contesto dell’eredità culturale della “grafica di pubblica utilità” forniscono il primo framework di indagine nel quale si prospetta una lettura della complessità della trasformazione del progetto di identità visiva come occasione per un suo ripensamento. Un secondo framework è individuato nel contesto della comunicazione pubblica italiana in cui l’organizzazione e la progettazione di un sistema “istituzione-design-cittadino” è ancora in transizione. L’analisi dell’evoluzione normativa, dei touchpoint, delle pratiche progettuali, degli strumenti e dei ruoli permette di inquadrare gli attuali spazi e paradigmi di interazione che vedono nel servizio digitale la forma prevalente di relazione tra cittadini e dimensione pubblica Attraverso l'esperienza diretta, l’analisi dei casi studio come strumento di indagine e la sistematizzazione di cinque cluster, la tesi propone una rinnovata definizione di identità visiva pubblica che, distaccandosi da una predominante connotazione marketing-oriented, sia funzionale alla costruzione di esperienze utili, e percezioni di queste, rafforzando e stimolando nuovi paradigmi di relazione tra cittadini e dimensione pubblica. Si propone inoltre una prospettiva progettuale che evolve dalla necessità di individuare nuovi percorsi e modalità di rapportarsi con il progetto di pubblica utilità e per la cittadinanza che rifuggono la manifestazione dell’equivoco - piuttosto comune nel contesto pubblico italiano - del confrontarsi con i cosiddetti «wicked problems» (Buchanan, 1992) ricercando, in termini di comunicazione pubblica soluzioni chiuse ed esclusivamente formali, ritenendo che queste possano avere una reale efficacia nel plasmare i rapporti tra cittadini e dimensione pubblica.

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Nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022 sono state testate differenti matrici biologiche di carnivori domestici e selvatici provenienti dall’Italia e da altri Paesi europei (Norvegia, Romania). Diversi saggi molecolari, tra cui real-time PCR, end-point PCR, semi-nested PCR, retrotrascrizione e rolling circle amplification, sono stati utilizzati per ricercare il DNA o l’RNA genomico di virus e batteri. Il sequenziamento dell’intero genoma o di geni informativi dei patogeni identificati ne ha inoltre consentito la caratterizzazione genetica e l’analisi filogenetica. Gli studi, svolti presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, erano focalizzati nei confronti di alcuni virus a DNA, come Carnivore protoparvovirus 1 in lupi dall’appennino italiano e cani dalla Romania, adenovirus canino di tipo 1 e 2 in cani e lupi provenienti dal territorio nazionale, circovirus canino in cani e lupi italiani e volpi rosse e artiche della Norvegia; virus a RNA, come il canine distemper virus in faine recuperate nel territorio italiano e il calicivirus felino in gatti con diagnosi di poliartrite; e batteri appartenenti alla specie Anaplasma phagocytophilum in gatti deceduti e sottoposti a necroscopia in Italia. Dai risultati ottenuti è emerso che gli agenti infettivi indagati circolano nelle popolazioni di carnivori domestici e selvatici in forma asintomatica o determinando talvolta sintomatologia clinica. In alcuni animali testati è stata rilevata la coinfezione con diversi agenti patogeni, condizione che può predisporre ad un aggravamento della sintomatologia clinica. Dall’analisi filogenetica sono emerse relazioni tra gli agenti infettivi rilevati nelle differenti specie animali suggerendone la trasmissione tra ospiti domestici e selvatici e confermando il ruolo epidemiologico svolto dei carnivori selvatici nel mantenimento dei patogeni nel territorio. Alla luce dei dati ottenuti, è importante sottolineare l’importanza delle misure di profilassi, in particolare la vaccinazione degli animali da compagnia, per ridurre la trasmissione e la diffusione degli agenti infettivi.

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My PhD project was intended, throughout the selection of probiotics from human milk and healthy vaginal environment, for the development of tailored fermented foods. According to this aim, several activities were carried out. The first one, concerning the isolation of Lactobacillus and Bifidobacterium strains from human milk to find new probiotic candidates to be included in food products showed promising results. Probiotics have been also proposed to improve female genital health and microbial strains isolated and connected with healthy vaginal ecosystem could be used to prevent or treat vaginal dysbiosis. In this context vaginal lactobacilli previously characterized for their technological features and antagonistic activity against several female uro-genital pathogens were investigated for their metabolic aptitude and additional probiotic features, showing interesting results hypothesizing their inclusion in foods. In addition, in order to preserve vaginal strains viability during food processing/digestion it was also evaluated the potential of microencapsulation by spray-drying. In this framework the results obtained were highly promising from the perspective of using encapsulated powders in food formulations. Another activity connected with the main idea to develop a food strategy for the administration of these vaginal strains was carried out. Lactobacillus crispatus BC4, was supplemented in a Squacquerone cheese, and its digestive fate was evaluated adopting SHIME® system. The results showed that during colonic fermentation, L. crispatus BC4 was metabolically active. Additionally, although probiotic delivery to humans has traditionally been associated with fermented dairy foods, recently the demand for non-dairy-alternatives as potential probiotics carrier is increasing. In this framework, my latest activity was connected with the development of fermented soy milks with encapsulated and non-encapsulated L. crispatus BC4 and L. gasseri BC9. The same fermented soy milks were also investigated for their nutritional qualities and after in vitro digestion for their specific functionality on post-menopausal fecal microbiota and protein bioaccessibility.

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Le neoplasie cutanee di tipo non-melanoma (non-melanoma skin cancers, NMSCs), quali il carcinoma a cellule basali (basal cell carcinoma, BCC) e il carcinoma a cellule squamose (squamous cell carcinoma, SCC) possono mostrare invasività locale e alto tasso di recidiva. La chirurgia microscopicamente controllata di Mohs (Mohs micrographic surgery, MMS) permette di eseguire una valutazione istologica immediata dei margini chirurgici delle neoplasie contestualmente alla loro escissione. Nel nostro studio abbiamo valutato del ruolo delle tecnologie in vivo (dermatoscopia e microscopia confocale a riflettanza, MCR) nella definizione dei margini preoperatori di NMSC ad alto rischio del volto e descritto la nostra esperienza con chirurgia tradizionale e MMS. Sono stati valutati 234 pazienti operati nel triennio 2019-2021: 39 con MMS e guida videodermatoscopica (Gruppo 1) e 195 con chirurgia tradizionale e guida videodermatoscopica (Gruppo 2). I pazienti operati nel periodo 2013-2018 (con MMS, Gruppo 3 (n = 241), e con chirurgia tradizionale, Gruppo 4 (n = 1086)) sono stati usati come confronto. La radicalità chirurgica è stata ottenuta nel Gruppo 1 nel 92,3% dei casi, con 1,2 steps in media di MMS (versus 1,7 nel Gruppo 3), nel Gruppo 2 nell’84,5% dei casi. La percentuale di non radicalità è stata: 7,7% nel Gruppo 1, 15,9% nel Gruppo 2, 6,2% nel Gruppo 3, 17,9% nel Gruppo 4. I tassi di recidiva sono stati: 5,1% nel Gruppo 1, 3,6% nel Gruppo 2, 4,1% nel Gruppo 3, 5,9% nel Gruppo 4, soprattutto in BCC di tipo sclerodermiforme e infiltrante. La MCR prechirurgica è stata utilizzata in 11 pazienti, con alcuni limiti nel delineare BCC di tipo sclerodermiforme e infiltrante. In conclusione, la videodermatoscopia e la MCR appaiono valide tecniche ancillari alla MMS e anche alla chirurgia tradizionale nel trattamento dei NMSCs. La MMS appare indicata soprattutto nei pazienti giovani e salvaguarda l’outcome estetico e funzionale.