32 resultados para combustione biomasse materiale particolato (PM) idrocarburi policiclici aromatici (IPA) stufe a pellet


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Gli argomenti trattati all’interno di questa tesi di dottorato riguardano la sintesi e la modifica di polimeri ottenuti a partire da fonti rinnovabili. L’acido polilattico (PLA) è stato modificato per ottenere film estensibili per uso alimentare. La scelta del materiale si è basata sull’analisi del suo ciclo di vita e perché è riconosciuto come sicuro per l’utilizzo nel campo alimentare. Le formulazioni testate, a base di PLA, sono state preparate con l’aggiunta di una serie di additivi utilizzati per migliorare le proprietà meccaniche del materiale. La lavorazione è stata eseguita mediante estrusione, ottenendo dei pellet a composizione omogenea successivamente lavorati nell’estrusore a bolla, modalità industriale di produzione dei film estensibili. È stata poi effettuata la sintesi diretta di nuovi poliesteri insaturi a base di dimetil succinato e 1,6-esandiolo. L’insaturazione della catena è stata ottenuta mediante l’uso, durante la sintesi, di derivati dell’olio di ricino, l’acido ricinoleico e il suo derivato insaturo metil undecenoato. Un’altra molecola insatura utilizzata è stata il citronellolo, scelto tra i terpeni. I polimeri così ottenuti sono stati modificati tramite reazioni radicaliche indotte con radiazioni UV utilizzando sostanze antibatteriche (sale 3-esadecil-1-vinilimidazolo bromuro) al fine di ottenere materiali con attività biocida a lungo termine e senza rilascio. Si è proceduto inoltre alla polimerizzazione reversibile di monomeri furanici con oli vegetali utilizzando una strategia di tipo double click. Si è partiti dalla sintesi di monomeri derivanti da oli vegetali contenenti eterocicli furanici attaccati mediante addizione tiol-enica (prima reazione click chemistry) e si è proseguito con la loro successiva polimerizzazione attraverso una reazione di tipo Diels-Alder con molecole con gruppi maleimmidici (seconda reazione click chemistry). I polimeri così ottenuti sono materiali potenzialmente auto-riparanti, grazie alla possibilità di spostare l’equilibrio verso i prodotti o i reagenti semplicemente variando le condizioni di temperatura.

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The removal of aromatic hydrocarbons from diesel has received considerable attention after environmental regulations that require petroleum refiners to raise cetane number and to limit aromatics in diesel fuel in order to improve combustion efficiency and reduce particulate and NOx emissions. An alternative is blending with Fischer–Tropsch (FT) gas-to-liquid diesel fuel; however, this option may not be economically viable solution in case of extensive blend. Another alternative is to incorporate in the diesel pool a greater fraction of the so-called light cycle oil (LCO). Due to its high aromatics content and its low cetane number (typically between 20 and 30), the incorporation of LCO may have a negative impact on the quality of diesel. Current technologies for LCO improvement are based on hydrogenation to adjust both sulphur and cetane number but while an important fraction of the aromatics present in LCO can be saturated in a deep hydrogenation process, the cetane number may still be lower than the target values specified in diesel legislations, so further upgrading is needed. An interesting technology for improving the cetane number of diesels and maintaining meanwhile high diesel yields is achieved by combining a complete hydrogenation process with a selective ring opening (SRO) reaction of the naphthenic rings. The SRO can be defined as naphthene ring-opening to form compounds with high cetane number, but without any carbon losses. Controlling the interconversion of six- and five- membered rings via an acid-catalyzed ring-contraction step is also of great importance, since selective conversion of six-membered to five-membered naphthene rings greatly influences ring-opening rates and selectivity. High intrinsic activity may be enhanced by deposition of noble metals on acidic, high surface area supports, because it is possible to arrange close proximity of the metal and acid sites. Moreover, in large-pore supports, the diffusion resistance of liquid reactants into the pores is minimized. In addition to metal centres, the acid sites of support also plays role in aromatics hydrogenation. However, the functions of different kinds of acid sites (Brønsted vs. Lewis acidity), and their optimal concentrations and strengths, remain unclear. In the present study we investigated the upgrading of an aromatic-rich feedstock over different type of metal supported on mesoporous silica-alumina. The selective hydrogenolysis and ring opening of tetrahydronaphthalene (THN or tetralin) was carried out as representative of LCO fractions after deep hydrogenation process. In this regards the aim of this study is to evaluate both the effect of metals and that of the supports characterized by different acid distribution and strength, on conversion and selectivity. For this purpose a series of catalysts were prepared by impregnation. The catalysts were characterized and conversion tests of THN were performed in a lab-scale plant operating in the pressure range from 7.0-5.0 MPa and in the temperature range from 300 to 360°C.

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In un quadro internazionale di forte interesse verso uno sviluppo sostenibile e sfide energetiche per il futuro, il DIEM, in collaborazione con altri istituti di ricerca ed imprese private, sta progettando l’integrazione di componentistica avanzata su di una caldaia alimentata a biomasse. Lo scopo finale è quello di realizzare una caldaia a biomasse che produca energia in maniera più efficiente e con un impatto ambientale ridotto. L’applicazione è indirizzata inizialmente verso caldaie di piccola-media taglia (fino a 350 kW termici) vista la larga diffusione di questa tipologia di impianto. La componentistica in oggetto è: - filtro sperimentale ad alta efficienza per la rimozione del particolato; - celle a effetto Seebeck per la produzione di energia elettrica direttamente da energia termica senza parti meccaniche in movimento; - pompa Ogden per la produzione di energia meccanica direttamente da energia termica; La finalità dell’attività di ricerca è la progettazione dell’integrazione dei suddetti dispositivi con una caldaia a biomassa da 290 kW termici per la realizzazione di un prototipo di caldaia stand-alone ad impatto ambientale ridotto: in particolare, la caldaia è in grado, una volta raggiunte le condizioni di regime, di autoalimentare le proprie utenze elettriche, garantendo il funzionamento in sicurezza in caso di black-out o consentendo l’installazione della caldaia medesima in zone remote e prive di allaccio alla rete elettrica. Inoltre, la caldaia può fornire, tramite l'utilizzo di una pompa a vapore o pompa Ogden, energia meccanica per il pompaggio di fluidi: tale opportunità si ritiene particolarmente interessante per l'integrazione della caldaia nel caso di installazione in ambito agricolo. Infine, l'abbinamento di un filtro ad alta efficienza e basso costo consente l'abbattimento delle emissioni inquinanti, favorendo una maggiore diffusione della tecnologia senza ulteriori impatti sull'ambiente.

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Il progetto propone uno studio per verificare la fattibilita' di un piano territoriale (ideato per il bacino del Po ma di fatto estendibile a tutti i bacini fluviali) per la creazione di una filiera di colture bioenergetiche (biomasse) che, trasportate per mezzo della navigazione fluviale (uno dei mezzi di trasporto a minore emissione di CO2), alimentino una o piu' centrali a nuova tecnologia che associno alla produzione di calore (teleriscaldamento e raffreddamento) e di energia la separazione dei fumi. La CO2 catturata dalla crescita delle biomasse e recuperata dalla combustione, puo' quindi essere segregata nel sottosuolo di aree costiere subsidenti contrastando il fenomeno dell’abbassamento del suolo. Ricavando benefici in tutti i passaggi di attuazione del piano territoriale (lancio dell'agricoltura bioenergetica, rilancio della navigazione a corrente libera, avvio di una economia legata alla logistica del trasporto e dello stoccaggio delle biomasse, generazione di energia pulita, lotta alla subsidenza) il progetto, di fatto, consente di catturare ingenti quantitativi di CO2 dall'atmosfera e di segregarli nel sottosuolo, riducendo l'effetto serra. Nel corso del Dottorato e' stata sviluppata una metodologia di valutazione della sostenibilita' economica ed ambientale del progetto ad un bacino fluviale, che consta di una modulistica di raccolta dei dati di base e di una procedura informatizzata di analisi.

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The vertical profile of aerosol in the planetary boundary layer of the Milan urban area is studied in terms of its development and chemical composition in a high-resolution modelling framework. The period of study spans a week in summer of 2007 (12-18 July), when continuous LIDAR measurements and a limited set of balloon profiles were collected in the frame of the ASI/QUITSAT project. LIDAR observations show a diurnal development of an aerosol plume that lifts early morning surface emissions to the top of the boundary layer, reaching maximum concentration around midday. Mountain breeze from Alps clean the bottom of the aerosol layer, typically leaving a residual layer at around 1500-2000 m which may survive for several days. During the last two days under analysis, a dust layer transported from Sahara reaches the upper layers of Milan area and affects the aerosol vertical distribution in the boundary layer. Simulation from the MM5/CHIMERE modelling system, carried out at 1 km horizontal resolution, qualitatively reproduced the general features of the Milan aerosol layer observed with LIDAR, including the rise and fall of the aersol plume, the residual layer in altitude and the Saharan dust event. The simulation highlighted the importance of nitrates and secondary organics in its composition. Several sensitivity tests showed that main driving factors leading to the dominance of nitrates in the plume are temperature and gas absorption process. A modelling study turn to the analysis of the vertical aerosol profiles distribution and knowledge of the characterization of the PM at a site near the city of Milan is performed using a model system composed by a meteorological model MM5 (V3-6), the mesoscale model from PSU/NCAR and a Chemical Transport Model (CTM) CHIMERE to simulate the vertical aerosol profile. LiDAR continuous observations and balloon profiles collected during two intensive campaigns in summer 2007 and in winter 2008 in the frame of the ASI/QUITSAT project have been used to perform comparisons in order to evaluate the ability of the aerosol chemistry transport model CHIMERE to simulate the aerosols dynamics and compositions in this area. The comparisons of model aerosols with measurements are carried out over a full time period between 12 July 2007 and 18 July 2007. The comparisons demonstrate the ability of the model to reproduce correctly the aerosol vertical distributions and their temporal variability. As detected by the LiDAR, the model during the period considered, predicts a diurnal development of a plume during the morning and a clearing during the afternoon, typically the plume reaches the top of the boundary layer around mid day, in this time CHIMERE produces highest concentrations in the upper levels as detected by LiDAR. The model, moreover can reproduce LiDAR observes enhancement aerosols concentrations above the boundary layer, attributing the phenomena to dust out intrusion. Another important information from the model analysis regard the composition , it predicts that a large part of the plume is composed by nitrate, in particular during 13 and 16 July 2007 , pointing to the model tendency to overestimates the nitrous component in the particular matter vertical structure . Sensitivity study carried out in this work show that there are a combination of different factor which determine the major nitrous composition of the “plume” observed and in particular humidity temperature and the absorption phenomena are the mainly candidate to explain the principal difference in composition simulated in the period object of this study , in particular , the CHIMERE model seems to be mostly sensitive to the absorption process.

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Il presente lavoro si occupa dell’analisi numerica di combustione di gas a basso potere calorifico (gas di sintesi derivanti da pirolisi di biomasse). L’analisi è stata condotta su due principali geometrie di camera di combustione. La prima è un bruciatore sperimentale da laboratorio adatto allo studio delle proprietà di combustione del singas. Esso è introdotto in camera separatamente rispetto ad una corrente d’aria comburente al fine di realizzare una combustione non-premiscelata diffusiva in presenza di swirl. La seconda geometria presa in considerazione è la camera di combustione anulare installata sulla microturbina a gas Elliott TA 80 per la quale si dispone di un modello installato al banco al fine dell’esecuzione di prove sperimentali. I principali obbiettivi conseguiti nello studio sono stati la determinazione numerica del campo di moto a freddo su entrambe le geometrie per poi realizzare simulazioni in combustione mediante l’utilizzo di diversi modelli di combustione. In particolare è stato approfondito lo studio dei modelli steady laminar flamelet ed unsteady flamelet con cui sono state esaminate le distribuzioni di temperatura e delle grandezze tipiche di combustione in camera, confrontando i risultati numerici ottenuti con altri modelli di combustione (Eddy Dissipation ed ED-FR) e con i dati sperimentali a disposizione. Di importanza fondamentale è stata l’analisi delle emissioni inquinanti, realizzata per entrambe le geometrie, che mostra l’entità di tali emissioni e la loro tipologia. Relativamente a questo punto, il maggior interesse si sposta sui risultati ottenuti numericamente nel caso della microturbina, per la quale sono a disposizione misure di emissione ottenute sperimentalmente. Sempre per questa geometria è stato inoltre eseguito il confronto fra microturbina alimentata con singas a confronto con le prestazioni emissive ottenute con il gas naturale. Nel corso dei tre anni, l’esecuzione delle simulazioni e l’analisi critica dei risultati ha suggerito alcuni limiti e semplificazioni eseguite sulle griglie di calcolo realizzate per lo studio numerico. Al fine di eliminare o limitare le semplificazioni o le inesattezze, le geometrie dei combustori e le griglie di calcolo sono state migliorate ed ottimizzate. In merito alle simulazioni realizzate sulla geometria del combustore della microturbina Elliott TA 80 è stata condotta dapprima l’analisi numerica di combustione a pieno carico per poi analizzare le prestazioni ai carichi parziali. Il tutto appoggiandosi a tecniche di simulazione RANS ed ipotizzando alimentazioni a gas naturale e singas derivato da biomasse. Nell’ultimo anno di dottorato è stato dedicato tempo all’approfondimento e allo studio della tecnica Large Eddy Simulation per testarne una applicazione alla geometria del bruciatore sperimentale di laboratorio. In tale simulazione è stato implementato l’SGS model di Smagorinsky-Lilly completo di combustione con modelli flamelet. Dai risultati sono stati estrapolati i profili di temperatura a confronto con i risultati sperimentali e con i risultati RANS. Il tutto in diverse simulazioni a diverso valore del time-step imposto. L’analisi LES, per quanto migliorabile, ha fornito risultati sufficientemente precisi lasciando per il futuro la possibilità di approfondire nuovi modelli adatti all’applicazione diretta sulla MTG.

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Gli impianti di incenerimento di rifiuti solidi suscitano preoccupazione nella popolazione per i possibili effetti avversi associati all’esposizione. Gli effetti delle polveri sottili (PM2.5), generate dai processi di combustione, sulla salute umana includono l’insorgenza di patologie a carico del sistema respiratorio e cardiovascolare e l’aumento della mortalità per malattie polmonari e probabilmente cancro al polmone. Lo scopo della tesi è quello di valutare il profilo tossicologico e cancerogeno del particolato atmosferico in prossimità dell’inceneritore di Bologna rispetto alle aree adiacenti mediante l’utilizzo di test alternativi alle metodologie in vivo, come il test di trasformazione cellulare e approcci di tossicogenomica (soprattutto trascrittomica) oltre alla valutazione della variazione del rischio cancerogeno indotto dall’esposizione di PM2.5 in diversi siti (massima ricaduta, controllo, fondo urbano e fondo rurale) e in differenti periodi di campionamento (estate 2008 e inverno 2009). Gli estratti di PM2.5 relativi alla stagione invernale sono risultati più tossici rispetto ai campioni estivi, che inducono tossicità soprattutto alle alte dosi. Per i campioni invernali il numero medio di colonie di cellule BALB/c 3T3 A31-1-1 risulta ridotto in modo significativo anche per le dosi più basse saggiate indipendentemente dal sito di provenienza. Tutti i campioni analizzati sono risultati negativi nel test di trasformazione cellulare in vitro. L’analisi dell’espressione genica delle cellule BALB/c 3T3 A31-1-1, in seguito all’esposizione agli estratti di PM2.5, ha mostrato un effetto stagionale evidente. Relativamente ai campioni invernali è stato evidenziato un maggior effetto tossico da parte del sito di controllo rispetto alla massima ricaduta, poiché nel sito di controllo risultano attivati marcatori di morte cellulare per apoptosi. La valutazione del rischio cancerogeno in tutti i siti valutati non mostra situazioni preoccupanti legate alla predizione di eccessi di rischio di tumori imputabili all’attività dell’inceneritore in quanto le stime di rischio non eccedono mai il valore limite riportato in letteratura.

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La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.

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Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.

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A wall film model has been implemented in a customized version of KIVA code developed at University of Bologna. Under the hypothesis of `thin laminar ow' the model simulates the dynamics of a liquid wall film generated by impinging sprays. Particular care has been taken in numerical implementation of the model. The major phenomena taken into account in the present model are: wall film formation by impinging spray; body forces, such as gravity or acceleration of the wall; shear stress at the interface with the gas and no slip condition on the wall; momentum contribution and dynamic pressure generated by the tangential and normal component of the impinging drops; film evaporation by heat exchange with wall and surrounding gas. The model doesn't consider the effect of the wavy film motion and suppose that all the impinging droplets adhere to the film. The governing equations have been integrated in space by using a finite volume approach with a first order upwind differencing scheme and they have been integrated in time with a fully explicit method. The model is validated using two different test cases reproducing PFI gasoline and DI Diesel engine wall film conditions.

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Increasingly stringent exhaust emission limits and higher fuel economy are the main drivers of the engine development process. As a consequence, the complexity of the propulsion units and its subsystems increase, due to the extensive use of sensors and actuators needed to obtain a precise control over the combustion phase. Since engine calibration process consumes most of the development time, new tools and methodologies are needed to shorten the development time and increase the performance attainable. Real time combustion analysis, based on the in-cylinder pressure signal, can significantly improve the calibration of the engine control strategies and the development of new algorithms, giving instantaneous feedback on the engine behavior. A complete combustion analysis and diagnosis system has been developed, capable of evaluating the most important indicators about the combustion process, such as indicated mean effective pressure, heat release, mass fraction burned and knock indexes. Such a tool is built on top of a flexible, modular and affordable hardware platform, capable of satisfying the requirements needed for accuracy and precision, but also enabling the use directly on-board the vehicle, due to its small form factor.

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Biomasses and their possible use as energy resource are of great interest today, and the general problem of energy resources as well. In the present study the key questions of the convenience, from both energy and economy standpoints, have been addressed without any bias: the problem has been handled starting from “philosophical” bases disregarding any pre-settled ideology or political trend, but simply using mathematical approaches as logical tools for defining balances in a right way. In this context quantitative indexes such as LCA and EROEI have been widely used, together with multicriteria methods (such as ELECTRE) as decision supporting tools. This approach permits to remove mythologies, such as the unrealistic concept of clean energy, or the strange idea of biomasses as a magic to solve every thing in the field of the energy. As a consequence the present study aims to find any relevant aspect potentially useful for the society, looking at any possible source of energy without prejudices but without unrealistic expectations too. For what concerns biomasses, we studied in great details four very different cases of study, in order to have a scenario as various as much we can. A relevant result is the need to use biomasses together with other more efficient sources, especially recovering by-products from silviculture activities: but attention should be paid to the transportation and environmental costs. Another relevant result is the very difficult possibility of reliable evaluation of dedicated cultures as sources for “biomasses for energy”: the problem has to be carefully evaluated case-by-case, because what seems useful in a context, becomes totally disruptive in another one. In any case the concept itself of convenience is not well defined at a level of macrosystem: it seems more appropriate to limit this very concept at a level of microsystem, considering that what sounds fine in a limited well defined microsystem may cause great damage in another slightly different, or even very similar, microsystem. This approach seems the right way to solve the controversy about the concept of convenience.