193 resultados para Pubblicità, traduzione, strategie traduttive
Resumo:
L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive. Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi. Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”.
Resumo:
La presente tesi rappresenta il primo studio dedicato all’interpretazione simultanea dal polacco all’italiano. La presente ricerca cerca di identificare il modo in cui interpreti di comprovata esperienza gestiscono alcune difficoltà tipiche della sintassi polacca fortemente divergenti da quella italiana. La scelta di studiare le catene nominali deriva dal confronto di quanto emerso dalle indagini sulla linguistica contrastiva con un’inchiesta tra gli interpreti accreditati presso le istituzioni europee per quella combinazione. Il primo capitolo è dedicato ad una panoramica sui contatti passati e presenti tra l’Italia e la Polonia e ad una riflessione sulla lingua polacca in chiave contrastiva con l’italiano. Il secondo capitolo si concentra sulla ricerca nell’ambito dell’interpretazione simultanea, in particolare sugli studi contrastivi e sulla discussione delle strategie usate dagli interpreti. Il terzo capitolo approfondisce il contesto di questo studio ovvero le istituzioni europee, il il multilinguismo e il regime linguistico al Parlamento Europeo. Il quarto capitolo include l’indagine del lavoro, condotta su un ampio corpus di dati. Sono stati infatti trascritti e analizzati tutti gli interventi tenuti in lingua polacca in occasione delle sedute parlamentari a Strasburgo e a Bruxelles del 2011 e del primo semestre 2009 e le relative interppretazioni in italiano (per un totale di oltre 9 ore di parlato per lingua). Dall’analisi è risultato che l’interprete nella maggior parte dei casi cerca, nonostante la velocità d’eloquio dell’oratore, di riprodurre fedelmente il messaggio. Tuttavia, qualora questo non risulti possibile, si è notato come gli interpreti ricorrano in maniera consapevole all’omissione di quelle informazioni desumibili o dal contesto o dalle conoscenze pregresse dell’ascoltatore. Di conseguenza la riduzione non rappresenta una strategia di emergenza ma una risorsa da applicare consapevolmente per superare le difficoltà poste da lunghe sequenze di sostantivi.
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La ricerca sulla comunicazione e gestione multilingue della conoscenza in azienda si è sinora concentrata sulle multinazionali o PMI in fase di globalizzazione. La presente ricerca riguarda invece le PMI in zone storicamente multilingui al fine di studiare se l’abitudine all’uso di lingue diverse sul mercato locale possa rappresentare un vantaggio competitivo. La tesi illustra una ricerca multimetodo condotta nel 2012-2013 in Alto Adige/Südtirol. Il dataset consiste in 443 risposte valide a un questionario online e 23 interviste con manager e imprenditori locali. Le domande miravano a capire come le aziende altoatesine affrontino la sfida del multilinguismo, con particolare attenzione ai seguenti ambiti: comunicazione multilingue, documentazione, traduzione e terminologia. I risultati delineano un quadro generale delle strategie di multilinguismo applicate in Alto Adige, sottolineandone punti di forza e punti deboli. Nonostante la presenza di personale multilingue infatti il potenziale vantaggio competitivo che ne deriva non è sfruttato appieno: le aziende si rivolgono ai mercati in cui si parla la loro stessa lingua (le imprese a conduzione italiana al mercato nazionale, quelle di lingua tedesca ad Austria e Germania). La comunicazione interna è multilingue solo nei casi in sia imprescindibile. Le “traduzioni fai-da-te” offrono l’illusione di gestire lingue diverse, ma il livello qualitativo rimane limitato. I testi sono sovente tradotti da personale interno privo di competenze specifiche. Anche nella cooperazione con i traduttori esterni si evidenza la mancata capacità di ottenere il massimo profitto dagli investimenti. La tesi propone delle raccomandazioni pratiche volte a ottimizzare i processi attuali e massimizzare la resa delle risorse disponibili per superare la sfida della gestione e comunicazione multilingue. Le raccomandazioni non richiedono investimenti economici di rilievo e sono facilmente trasferibili anche ad altre regioni multilingui/di confine, come ad altre PMI che impiegano personale plurilingue. Possono dunque risultare utili per un elevato numero di imprese.
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La presente ricerca ha un duplice obiettivo. Primo, individuare i modi in cui lingue e identità culturali diverse sono state rappresentate al cinema. Secondo, identificare le diverse strade imboccate dai professionisti del doppiaggio italiano quando si trovano a confrontarsi con un film in cui si parlano più lingue. La ricerca propone un approccio multidisciplinare che combina i contributi teorici sviluppati nel campo degli studi di traduzione audiovisiva con le modalità di analisi più comunemente utilizzate dalla semiotica del cinema. L'analisi si basa su un campione di 224 film multilingue prodotti dall'inizio degli anni Trenta alla fine degli anni Duemila. Particolare attenzione viene indirizzata al quadro teorico all'interno del quale viene interpretato il ruolo che il multilinguismo assume al cinema. Vengono identificate tre funzioni principali: conflitto, confusione e resa realistica. Un altro elemento chiave nell'analisi è costituito dal genere cinematografico prevalente a cui è possibile ricondurre ciascuno dei film selezionati. Sono individuati tre generi principali: il film drammatico, la commedia e il thriller. Nel film drammatico il multilinguismo agisce come un veicolo che produce e accentua il conflitto, mentre nella commedia esso di solito diventa un dispositivo comico che crea confusione e umorismo. Nel cinema thriller, invece, il multilinguismo funziona essenzialmente come un veicolo di suspense. Per quanto riguarda le soluzioni traduttive adottate nel doppiaggio italiano del cinema multilingue, sono rilevate tre macro-strategie: la conservazione, la neutralizzazione e la riduzione dell'originale dimensione multilingue. Ciascuna di queste tre strategie è passata a vaglio critico. Se nel primo caso si tratta di un tentativo di riprodurre fedelmente le originali situazioni multilingue rappresentate nel film, negli altri due casi si tratta di soluzioni che risentono fortemente delle specificità del doppiaggio come modalità di traduzione degli audiovisivi (fattori ideologici ed economici, nonché il problema tecnico dell'armonizzazione delle voci per i personaggi bilingue).
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Il presente lavoro comincia con una descrizione dettagliata del “McMaster Model of Family Functionig” (MMFF), modello che al suo interno integra una teoria multidimensionale sul funzionamento familiare, diversi strumenti di auto ed etero valutazione e chiare indicazioni terapeutiche racchiuse all’interno della “Problem Centered System Therapy of the Family” (PCSTF). Grazie alla sua completezza il Modello fornisce ai clinici metodi coerenti, pratici ed empiricamente validi per valutare e trattare le famiglie, essi inoltre, sono stati formulati in modo da essere adattabili a differenti setting clinici e di ricerca, applicabili ad un’ampia gamma di problematiche e verificabili empiricamente. Obiettivo finale della presente ricerca è stato quello di porre le basi per l’esportazione del MMFF in Italia e poter quindi procedere alla sua applicazione in ambito clinico. La ricerca è cominciata alla Brown University con la traduzione dall’inglese all’italiano del Family Assessment Device (FAD), uno degli strumenti di autovalutazione compresi nel MMFF, ed è in seguito continuata con la validazione del suddetto strumento in un campione di 317 soggetti appartenenti alla popolazione generale italiana. Il FAD si è dimostrato uno strumento valido ed affidabile, in grado quindi di fornire valutazioni stabili e coerenti anche nella sua versione italiana. Il passo successivo è stato caratterizzato dalla somministrazione di FAD, Symptom Questionnaire (SQ) e delle Psychological Well-Being scales (PWB) a 289 soggetti reclutati nella popolazione generale. In accordo con il modello bipsicosociale che vede l’ambiente familiare come il più immediato gruppo di influenza psicosociale dello stato di benessere o malessere dell’individuo, i nostri dati confermano una stretta relazione tra scarso funzionamento familiare, spesso espresso attraverso difficoltà di comunicazione, di problem solving e scarso coinvolgimento affettivo e distress psicologico esperito con sintomi depressivi, ansiogeni ed ostilità. I nostri dati sottoliano inoltre come un funzionamento familiare positivo sia altamente correlato ad elevati livelli di benessere psicologico. Obiettivo della parte finale del lavoro ed anche il più importante, è stato quello di esplorare l’efficacia della Problem Centered Systems Therapy of the Family nella gestione della perdita di efficacia degli antidepressivi nel trattamento della depressione ricorrente. 20 soggetti con diagnosi di depressione maggiore ricorrente secondo il DSM-IV sono stati randomizzati a due diverse condizioni di trattamento: 1) aumento del dosaggio dell’antidepressivo e clinical management, oppure 2) mantenimento dello stesso dosaggio di antidepressivo e PCSTF. I dati di questo studio mettono in evidenza come, nel breve termine, PCSTF e farmacoterapia sono ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia depressiva. Diversamente, ad un follow-up di 12 mesi, la PCSTF si è dimostrata altamente superiore all’aumento del farmaco ner prevenire le ricadute. Nel gruppo sottoposto all’aumento del farmaco infatti ben 6 soggetti su 7 ricadono entro l’anno. Nel gruppo assegnato a terapia familiare invece solo 1 soggetto su 7 ricade. Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura che sottolineano l’elevata probabilità di una seconda ricaduta dopo l’aumento dell’antidepressivo all’interno di una farmacoterapia di mantenimento e suggeriscono l’efficacia dell’utilizzo di strategie psicoterapiche nella prevenzione della ricaduta in pazienti con depressione ricorrente.