110 resultados para Krohn, Pietro


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi ha come oggetto lo studio dei legami culturali posti in essere tra la Russia e l’Italia nel Settecento effettuato a partire dall’analisi del teatro di Arkhangelskoe (nei pressi di Mosca), ideato da Pietro Gonzaga. Ciò ha consentito di inquadrare l’atmosfera culturale del periodo neoclassico a partire da un’angolazione insolita: il monumento in questione, a dispetto della scarsa considerazione di cui gode all’interno degli studi di storia dell’arte, racchiude diverse ed interessanti problematiche artistiche. Queste ultime sono state tenute in debito conto nel processo dell’organizzazione della struttura del lavoro in relazione ai differenti livelli di analisi emersi in riferimento alla tematica scelta. Ogni capitolo rappresenta un punto di partenza che va utilizzato al fine di approfondire problematiche relative all’arte ed al teatro nei due Paesi, il tutto reso possibile grazie all’applicazione di un originale orientamento analitico. All’interno della tesi vengono infatti adoperati approcci e tecniche metodologiche che vanno dalla storia dell’arte all’analisi diretta dei monumenti, dall’interpretazione iconografica alla semiotica, per arrivare agli studi sociologici. Ciò alla fine ha consentito di rielaborare il materiale già noto e ampiamente studiato in modo convincente ed efficace, grazie al ragionamento sintetico adottato e alla possibilità di costruire paralleli letterari e artistici, frutto delle ricerche svolte nei diversi contesti. Il punto focale della tesi è rappresentato dalla figura di Pietro Gonzaga. Tra i decoratori e gli scenografi italiani attivi presso la corte russa tra il Settecento e l’Ottocento, questi è stato senza dubbio la figura più rilevante ed affascinante, in grado di lasciare una ricca eredità culturale e materiale nell’ambito dell’arte scenografica russa. Dimenticata per lungo tempo, l’opera di Pietro Gonzaga è attualmente oggetto di una certa riconsiderazione critica, suscitando curiosità e interesse da più parti. Guidando la ricerca su di un duplice binario, sia artistico che interculturale, si è quindi cercato di trovare alcune risonanze tra l’arte ed il pensiero di Gonzaga ed altre figure di rilievo non solo del suo secolo ma anche del Novecento, periodo in cui la cultura scenografica russa è riuscita ad affrancarsi dai dettami impartiti dalla lezione settecentesca, seguendo nuove ed originali strade espressive. In questo contesto spicca, ad esempio, la figura di Vsevolod Meyerchold, regista teatrale (uno dei protagonisti dell’ultimo capitolo della tesi) che ha instaurato un legame del tutto originale con i principi della visione scenica comunicati da Pietro Gonzaga. Lo sviluppo dell’argomento scelto ha richiesto di assumere una certa responsabilità critica, basandosi sulla personale sicurezza metodologica ed esperienza multidisciplinare al fine di tener conto dall’architettura, della teoria e della pratica teatrale – dalla conoscenza delle fonti fino agli studi del repertorio teatrale, delle specifiche artistiche locali, del contesto sociale dei due paesi a cavallo tra il ‘700 e l’‘800. Le problematiche toccate nella tesi (tra le quali si ricordano il ruolo specifico rivestito dal committente, le caratteristiche proprie della villa neoclassica russa, il fenomeno di ‘spettacoli muti’, la “teatralità” presente nel comportamento dei russi nell’epoca dei Lumi, la risonanza delle teorie italiane all’interno del arte russa) sono di chiara attualità per quanto concerne le ricerche relative al dialogo storico-artistico tra i due Paesi.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Ferrara è tra le città con le quali Piero Bottoni (1903-1973) ha istaurato un rapporto proficuo e duraturo che gli permise di elaborare molti progetti e che fu costante lungo quasi tutta la parabola professionale dell’autore milanese. Giunto nella città estense nei primi anni Trenta, vi lavorò nei tre decenni successivi elaborando progetti che spaziavano dalla scala dell’arredamento d’interni fino a quella urbana; i diciannove progetti studiati, tutti situati all’interno del centro storico della città, hanno come tema comune la relazione tra nuova architettura e città esistente. Osservando un ampio spettro di interventi che abbracciava la progettazione sull'esistente come quella del nuovo, Bottoni propone una visione dell'architettura senza suddivisioni disciplinari intendendo il restauro e la costruzione del nuovo come parti di un processo progettuale unitario. Sullo sfondo di questa vicenda, la cultura ferrarese tra le due guerre e nel Dopoguerra si caratterizza per il continuo tentativo di rendere attuale la propria storia rinascimentale effettuando operazioni di riscoperta che con continuità, a discapito dei cambiamenti politici, contraddistinguono le esperienze culturali condotte nel corso del Novecento. Con la contemporanea presenza durante gli anni Cinquanta e Sessanta di Bottoni, Zevi, Pane, Michelucci, Piccinato, Samonà, Bassani e Ragghianti, tutti impegnati nella costruzione dell’immagine storiografica della Ferrara rinascimentale, i caratteri di questa stagione culturale si fondono con i temi centrali del dibattito architettonico italiano e con quello per la salvaguardia dei centri storici. L’analisi dell’opera ferrarese di Piero Bottoni è così l’occasione per mostrare da un lato un carattere peculiare della sua architettura e, dall’altro, di studiare un contesto cultuale provinciale al fine di mostrare i punti di contatto tra le personalità presenti a Ferrara in quegli anni, di osservarne le reciproche influenze e di distinguere gli scambi avvenuti tra i principali centri della cultura architettonica italiana e un ambito geografico solo apparentemente secondario.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

El sometimiento de una determinada manifestación de riqueza a más de una soberanía tributaria estatal constituye uno de los principales problemas que perjudican la movilidad de los factores productivos, distorsionando las relaciones comerciales que pueden establecerse entre operadores económicos que se encuentran situados en países diversos. Conscientes del carácter negativo que esta circunstancia puede representar para el desarrollo de sus relaciones económicas, e incluso políticas, con otros Estados, las autoridades nacionales han procedido a la fijación de ciertas reglas que tienen por finalidad establecer un reparto de la potestad impositiva correspondiente a una concreta manifestación de riqueza entre las soberanías tributarias concurrentes, determinando el sometimiento a gravamen en un único Estado o, en caso de que ninguna de las soberanías tributarias concurrentes renuncie a su consideración, articulando las medidas que permitan eliminar o atenuar el doble gravamen que se generaría. Hallándonos en un contexto internacional, la adopción de estas reglas no podía realizarse sino de una forma consensuada entre los sujetos soberanos que constituyen esta sociedad, sin admitir mayores ingerencias que las derivadas de las propias limitaciones establecidas para cada uno de los Estados contratantes en sus propias normas constitucionales y de la aceptación de los condicionantes que pudiera imponer el respeto al Derecho internacional. Así fue como los convenios de doble imposición internacional, que esencialmente revisten carácter bilateral, se convirtieron en el principal instrumento de los Estados para luchar contra este fenómeno, complementándose con las medidas unilaterales de carácter interno que cada uno de estos países adoptaba para perfeccionar y hacer efectiva la regulación contenida en los mismos. Sin embargo, la creación de la Comunidad Europea, con sus especiales características, ha supuesto la aparición de un nuevo nivel de normatividad que afecta a sus Estados miembros, imponiéndoles unas obligaciones que vienen a sumarse a las que estos mismos Estados hayan asumido en su calidad de actores de la sociedad internacional y que, en determinadas circunstancias, pueden resultar contradictorias, determinando el surgimiento de situaciones conflictivas entre instrumentos jurídicos que pertenecen a diversos planos de normatividad y presentan un diverso ámbito de aplicación. Este trabajo pretende abordar una especie concreta perteneciente al género de las situaciones conflictivas que pueden establecerse entre el Derecho comunitario y las normas internacionales, concretamente las relativas a las contradicciones existentes entre las normas pertenecientes al primero de los sistemas jurídicos mencionados y los convenios de doble imposición suscritos por los Estados miembros de la Unión Europea. No obstante, con carácter previo, consideramos oportuno abordar la problemática reseñada desde una perspectiva general, aspecto al que dedicamos el primer capítulo de nuestro trabajo, pues sólo una correcta determinación de las pautas que rigen las relaciones entre los sistemas normativos a los que nos vamos a referir, puede aportarnos el sustrato teórico necesario para afrontar nuestro particular estudio. Una vez establecidas esas reglas de alcance general, abordaremos la primera fase de nuestro estudio relativo a la incidencia del Derecho comunitario sobre los convenios de doble imposición, tratando de determinar el alcance de las limitaciones que las normas comunitarias originarias imponen a los Estados miembros al proceder a la eliminación de la doble imposición mediante normas convencionales, intentando identificar los aspectos de los convenios de doble imposición que presentan un carácter más problemático con las exigencias comunitarias. Esta labor de descubrimiento y depuración de los aspectos conflictivos de los convenios de doble imposición, a la que dedicamos el segundo capítulo de nuestro trabajo, se ha desarrollado por el Tribunal de Luxemburgo a través de una interpretación expansiva del contenido de las libertades comunitarias que recibe la denominación de “armonización negativa”, en función del carácter esencialmente destructivo que ha representado para los instrumentos normativos utilizados por los Estados miembros en la eliminación de la doble imposición. En una segunda fase de nuestro análisis, a la que dedicamos el tercer capítulo de nuestro estudio, intentaremos exponer el alcance que en materia de eliminación de la doble imposición pueden presentar las medidas de carácter positivo adoptadas por las Instituciones comunitarias, así como la incidencia de las mismas respecto a los convenios de doble imposición, tratando de clarificar cuál es el marco competencial existente sobre esta materia e intentando señalar cuáles serían las medidas más idóneas para resolver las situaciones conflictivas que pueden plantearse entre el Derecho comunitario y los convenios de doble imposición. La importancia que la eliminación de las situaciones de doble imposición reviste en un contexto que, como el comunitario, ha reconocido la necesidad de eliminar todas las trabas que perjudiquen la libre circulación de personas, capitales, bienes y servicios, así como la inadecuación a las exigencias comunitarias de algunas de las medidas que actualmente se ocupan de resolver esta cuestión, son aspectos que, en nuestra opinión, justifican la realización del estudio que nos disponemos a desarrollar.