9 resultados para Università di Cagliari. Biblioteca
em Université de Lausanne, Switzerland
Resumo:
La tesi di Dottorato, condotta in accordo di colutela tra l'Università di Roma Tor Vergata e l'UNIL di Losanna, ha affrontato l'analisi di un gruppo di undici disegni custodia presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, copie di alcuni dei più significativi mosaici medioevali delle chiese di Roma, ricostruendone la genesi, quindi le vicende legate alla committenza, e il percorso collezionistico. I disegni scozzesi, oggetto di un importante articolo di Julian Gardner pubblicato sul Burlington Magatine nel 1973, furono commissionati intorno agli anni Settanta del XVII secolo dall'antiquario romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698) in connessione alla stesura della sua opera di erudizione più avvertita e famosa: i Vetera Mommenta in' quibus praecipue Musiva Opera, sacrarum, profanan,mque, Aedìum structura, ac nonnulli antiqui ritus dissertationibus iconìbusque illustrantur. La composizione dei Vetera Mommenta - un'opera riccamente illustrata che nasce per rispondere alle esigenze della ideologia della Chiesa di Roma in un momento di rinnovata crisi del sistema - impone a Ciampini di porsi da un lato nella prospettiva della più alta tradizione antiquaria cinque e seicentesca, di cui recupera i metodi di lettura e di analisi applicati allo studio delle monete e dei monumenti antichi interpretati quali prove per la ricostruzione storica, e dall'altra, come è emerso dalle mie ricerche, lo pone immediatamente in contatto con gli avamposti del più moderno metodo di indagine storica e filologica applicato alle fonti e ai documenti della storia ecclesiastica, inaugurato dall'ambiente bollandista e inaurino. I monumenti paleocristiani e medioevali assumono in quest'ottica lo status di 'fatti incontestabili', le fonti primarie attraverso le quali Ciampini ricuce le tappe salienti della storia della Chiesa, da Costantino fino al XV secolo. Nel 1700 le copie di Edimburgo arrivano nelle mani del mercante e connoisseur milanese il padre oratoriano Sebastiano Resta (1635-1714), di stanza a Roma presso la Chiesa Nuova della Vallicella dal 1660, che decide di rilegarle tutte insieme in un volume da donare al suo maggiore acquirente e patrono, il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti. Come spiega Resta in alcune sue lettere, il presente avrebbe dovuto costituire insieme una curiosità ed offrire un confronto: infatti «le copie delli mosaici di Roma che erano di Monsignor Ciampini» - afferma Resta - avrebbero mostrato al Marchetti «le maniere di que' tempi gottici, barbari e divoti de cristiani e [fatto] spiccare i secoli seguenti». Questa indagine infatti ha fatto riemergere aspetti della precoce attenzione di Sebastiano Resta per l'arte dei "secoli bassi", mai debitamente affrontata dagli studi. E' infatti sulla scorta di una profonda conoscenza dei testi della letteratura artistica, e in connessione alla esplosione vivacissima della controversia Malvasia/Baldinucci sul primato del risorgere delle arti in Toscana, che Sebastiano a partire dagli anni Ottanta del Seicento comincia a meditare sul Medioevo artistico con il fine di spiegare l'evoluzione del linguaggio tecnico e formale che ha condotto alla perfezione dell'atte moderna. In questa prospettiva ι disegni del XIV e XV secolo che egli riuscì ad intercettare sul mercato valgono quali testimonianze delle maniere degli artefici più antichi e sono imbastiti nei molteplici album che Resta compone nel rispetto della successione cronologica dei presunti autori, e ordinati in base alle scuole pittoriche di pertinenza. La tesi permette perciò di descrivere nelle loro diverse specificità: da un lato il modo dei conoscitori come Resta, interessati nell'opera al dato stilistico, con immediate e sensibili ricadute sul mercato, e disposti anche con passione a ricercare i documenti relativi all'opera in quanto pressati dall'urgenza di collocarla nella sequenza cronologica dello sviluppo del linguaggio formale e tecnico; dall'altro gli antiquari come Ciampini e come Bianchini, per i quali le opere del passato valgono come prove irrefutabili della ricostruzione storica, e divengono quindi esse stesse, anche nel loro statuto di copia, documento della stona. Sono due approcci che si manifestano nel Seicento, e talvolta in una medesima persona, come mostra il caso anche per questo cruciale di Giovati Pietro Bellori, ma che hanno radici cinquecentesche, di cui i protagonisti di queste vicende sono ben consapevoli: e se dietro Resta c'è palesemente Vasari, dietro Ciampini e soprattutto Bianchini c'è la più alta tradizione antiquaria del XVI secolo, da Antonio Augustin a Fulvio Orsini.
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Riassunto Il presente studio verte sull'analisi del voto relativo all'iniziativa popolare 'contro l'immigrazione di massa' del 9 febbraio 2014. In particolare, l'analisi si concentra sul voto avvenuto nel Ticino, il cantone svizzero in cui l'iniziativa ha avuto maggiore sostegno. Lo studio si è avvalso di un'inchiesta d'opinione rappresentativa realizzata dall'Osservatorio della vita politica regionale dell'Università di Losanna presso 1.429 cittadini ticinesi nei giorni successivi allo scrutinio. Dopo una contestualizzazione del voto del 9 febbraio rispetto alla storia delle votazioni sui temi di politica estera e migratoria, l'analisi si è concentrata sulla partecipazione al voto. Il ricorso a tre modelli interpretativi (delle risorse, della competenza e della mobilitazione) ha permesso di mostrare come il voto del 9 febbraio sia caratterizzato in particolare modo dal senso del dovere, dall'interesse per la politica e dal legame di partito. L'analisi dell'orientamento di voto evidenzia l'influenza delle dimensioni economiche, politiche, identitarie, e soprattutto, alla stregua di altri voti nel passato recente di questo cantone, una forte tensione tra centro e periferia. Dall'analisi del voto del 9 febbraio emerge un forte timore che vede nel Ticino una 'doppia periferia', verso Berna e in relazione alla vicina Lombardia. Parole chiave: iniziativa popolare, partecipazione, orientamento di voto, centro-periferia. Résumé Cette étude porte sur l'analyse du vote sur l'initiative populaire 'contre l'immigration de masse' du 9 février 2014 et, plus précisément, sur le vote qui s'est déroulé au Tessin, canton suisse dans lequel l'initiative a obtenu le plus large soutien. L'étude a été menée à l'aide d'une enquête d'opinion représentative réalisée par l'Observatoire de la vie politique régionale de l'Université de Lausanne auprès de 1.429 citoyens tessinois dans les jours suivant le scrutin. Après une contextualisation du vote du 9 février par rapport à l'histoire des votations sur les thèmes de la politique étrangère et de l'immigration, l'analyse a porté sur la participation au vote. À ce propos, l'utilisation de trois modèles explicatifs (des ressources, de la compétence et de la mobilisation) a permis de dévoiler que le vote a été caractérisé plus particulièrement par le sens du devoir (habitus du vote), par l'intérêt pour la politique et par le lien avec un parti. L'analyse de l'orientation du vote montre l'influence des aspects économiques, politiques et identitaire ainsi que, à l'instar d'autres votations récemment passées dans le canton italophone, des raisons qui mettent en évidence une vision contrastée du Tessin et notamment le risque de devenir une 'double périphérie' par rapport à Berne et à la Lombardie. Mots-clés: initiative populaire, participation, choix du vote, centre-périphérie. Zusammenfassung Die vorliegende Studie analysiert das Abstimmungsverhalten anlässlich der eidgenössischen Volksinitiative 'Gegen Masseneinwanderung' vom 9. Februar 2014. Die Analyse beschränkt sich auf die Abstimmung im Kanton Tessin, wo die Initiative am stärksten unterstützt wurde. Die Studie wurde vom Observatorium des regionalen politischen Lebens der Universität Lausanne durchgeführt und basiert auf einer repräsentativen Umfrage, bei welcher 1429 Bürger des Kantons Tessin in den Tagen nach der Abstimmung teilnahmen. Zunächst wird die Abstimmung vom 9. Februar in Bezug auf die Geschichte verschiedener anderer Abstimmungen zum Thema Aussen- und Immigrationspolitik kontextualisiert. Die Analyse analysiert dann als erstes die Wahlbeteiligung: Der Gebrauch von drei Erklärungsmodellen (Ressourcen, Kompetenz und Mobilisierung) zeigt auf, dass der Entscheid, an der Abstimmung vom 9. Februar überhaupt teilzunehmen, vor allem von Pflichtbewusstsein, politischem Interesse und Parteibindung geprägt war. Das Abstimmungsverhalten selber war dann von ökonomischen und politischen Faktoren, von der eigenen Identität sowie insbesondere - und wie auch schon andere Abstimmungen in der jüngsten Vergangenheit des italienisch-sprechenden Kantons -von einer grossen Angst geprägt, dass das Tessin eine 'doppelte Peripherie' zwischen Bern und der Lombardei werden könnte. Stichwörter: Volksinitiative, Teilnahme, Abstimmungsverhalten, Zentrum-Peripherie Abstract This study focuses on the analysis of the federal vote on the popular initiative 'against mass immigration' of 9 February 2014. More precisely, the analysis focuses on the vote that took place in Ticino, the Swiss canton in which the popular initiative has received the widest support. The study was carried out by the Research Observatory for Regional Politics at the University of Lausanne using a representative survey among 1.429 citizens of Ticino during the days following the vote. After a contextualization of the vote of 9 February with respect to the history of referenda about foreign policy and immigration issues, the analysis first discusses voter turnout. In this regard, the use of three explanatory models (resources, expertise and mobilisation) reveals that participation in the vote of 9 February was especially characterized by one's sense of duty, political interest, and links with a political party. The decision how to vote was then influenced by economic, political and identity factors as well as - like other votes in the recent past in the Italian-speaking canton - the particular fear that Ticino would become a 'double periphery' vis-à-vis both Berne and Lombardy. Keywords: popular initiative, participation, vote, centre-periphery.
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Il lungo e complesso itinerario narrativo di Luigi Meneghello è ben rappresentato dalle migliaia di documenti che compongono il suo Archivio, oggi conservati in varie sedi pubbliche: il Centro Manoscritti dell'Università di Pavia (che ha acquisito la parte più abbondante e notevole delle carte, a partire dal 1983 e grazie soprattutto al lungimirante intervento di Maria Corti) la Biblioteca dell'Università di Reading, il Museo Casabianca di Malo e l''Archivio di Scrittori Vicentini della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza. Il presente lavoro è il frutto di una ricerca che si è sviluppata in due direzioni strettamente interrelate: la prima parte, di taglio storico-archivistico, riguarda il Fondo Meneghello di Pavia, anche in relazione all'intero Archivio dello scrittore; la seconda parte analizza filologicamente e criticamente il caso specifico della genesi di una delle sue opere maggiori, Pomo pero (Rizzoli, 1974), rivelando e indagando una fitta rete di connessioni nell'intera produzione narrativa. Più nel dettaglio, nel primo capitolo del lavoro (L'ARCHIVIO DI LUIGI MENEGHELLO, pp. 1-92) ho cercato di delineare il quadro complessivo dell'Archivio, segnalando i dati dei diversi Fondi sparsi, per poi concentrare l'attenzione sul Fondo pavese. Di questo Fondo ho tracciato brevemente la storia, fornendo un quadro molto dettagliato delle carte conservate, carte che ho provveduto integralmente a catalogare. La schedatura si trova alle pp. 29-92 ed è divisa in due sezioni: la prima è relativa ai materiali donati dall'autore in vita (a partire dal 1983/4 sino al 2001, per un totale di 36000 documenti); la seconda comprende i conferimenti postumi. Alle pp. 29-33 della tesi ho chiarito preliminarmente i criteri di ordinamento adottati, in gran parte dedotti dalle indicazioni e dalle linee guida del progetto Archivi Letterari Lombardi del Novecento, a cura di Simone Albonico. Il secondo capitolo (UN CASO DI FILOLOGIA D'ARCHIVIO: LA GENESI DI POMO PERO, pp. 93-166) si occupa dell'elaborata vicenda compositiva di Pomo pero, terzo romanzo, e altro scomparto dell'epopea maladense che segue al primo Libera nos a malo, ma anche se ne differenzia per tratti e tonalità non irrilevanti (in Appendice si fornisce trascrizione del testo con indici topografici e cronologici). Ho cercato di seguirne per tappe la formazione alla luce delle numerose testimonianze dell'Archivio, partendo dai primi materiali ancora rintracciabili tra le carte di Libera nos a malo, e individuando progressivamente il filo intricato dell'elaborazione testuale, tra frequenti intrecci con le altre opere e continui ripensamenti e rielaborazioni, dunque in un percorso complessivo che dal 1962 (dunque a monte dell'uscita di Libera nos a malo) va sino al 1974, a ridosso della stampa. Sono emersi anche progetti totalmente sconosciuti di testi inediti, collocabili nel fertile periodo della metà degli anni Sessanta, che conducono alla suggestiva ipotesi di un "cantiere unico" di elaborazione testuale (cfr. cap. III «CONCLUSIONI PROVVISORIE». TRA I PROGETTI DEGLI ANNI SESSANTA; L'ESPEDIENTE DEL FRATELLO; L'IPOTESI DEL CANTIERE UNICO, pp. 167-186).