17 resultados para Traduzione con commento

em Université de Lausanne, Switzerland


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Da Bisanzio alla Santa Russia Résumé Ivan Foletti Le texte du premier volume de YIkonografija Bogomatri (Iconographie de la mère de Dieu), publié en 1914 à Saint Pétersbourg par Nikodim Kondakov et traduit dans le cadre de ce travail, soulève chez le lecteur contemporain de nombreuses questions quant au développement des études byzantines, entre la fin du XIXe et le début du XXe siècle. Il s'agit, avant tout, de comprendre les enjeux fondamentaux de la naissance de cette discipline, dans le cadre de l'Europe romantique et plus particulièrement de son acculturation à la réalité russe. En se concentrant sur le personnage de Nikodim Kondakov, considéré par ses contemporains comme le patriarche des études byzantines, ce travail propose d'articuler la réflexion autour de deux axes principaux. Il s'agit d'une part de la relation entre histoire de l'art et société : dans le contexte russe et plus largement dans celui de l'Europe, la recherche semble se développer en étroite relation avec les tendances politiques et sociales de ces années. C'est probablement la raison du choix pour Nikodim Kondakov de se dédier aux études de Byzance, dans les années où la Russie prépare sa guerre contre la Turquie (1877-1878), tandis que l'opinion publique est martelée avec un revival de l'ancienne idéologie de Moscou comme « troisième Rome » et héritière de Byzance. Un autre aspect significatif est la décision de ce même chercheur d'étudier les antiquités russes sous le règne de Alexandre III, le tzar « contre-réformateur », quand la Russie se replie sur elle même autour de trois mots d'ordre: Orthodoxie, autocratie, et nationalité. D'autre part, la réception de Kondakov en Occident, semble aussi dépendre de questions politiques. Son accueil très favorable en France et en Angleterre contraste avec une perception bien plus négative en Autriche et en Allemagne ; il s'agit là d'une position en étonnante harmonie avec les traités politiques - l'alliance franco-russe de 1891 et la triple entente de 1911 qui opposent les pays membres aux empires centraux. Le deuxième axe considéré est celui d'une analyse systématique de la naissance des études sur les images cultuelles russes, les icônes. Les pages dédiées à ce phénomène dans Γ Ikonograflja Bogomatri, mais également dans les autres ouvrages de Kondakov, posent clairement la question des raisons nationalistes et populistes de la redécouverte, autour de 1900, en Russie et en Europe de cette expression visuelle. Conclusion logique de la tradition historiographique du XIXe siècle - qui s'est préoccupé des icônes perçues comme documents historiques - cette nouvelle vague d'intérêt pose la question de l'icône commé"oeuvre d'art. C'est autour de ce débat, alimenté également par l'apparition des avant-gardes, que se situent les plus importants savants russes de ces années en opposant deux manières radicalement différentes de percevoir l'art : à l'approche positiviste s'oppose celle d'un renouveau d'Hegel. Ce débat sera brusquement interrompu par la révolution, suivie par les années staliniennes qui vont définitivement « discerner » laquelle des deux méthodes et approches est la « juste », en congelant de fait, pour des décennies, toute possibilité de discussion. Cette thèse souhaiterait donc ouvrir en Occident un débat pour l'instant marginal dans les études : celui de la naissance d'une histoire de l'art moderne en Russie, mais également de l'émergence d'une nouvelle Europe savante autour de 1900 où l'histoire de l'art byzantin s'affirme comme un domaine émergent.

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La tesi propone l'edizione critica dele traduzioni del Bellum Catilinae e del Bellum Iugurthinum di Sallustio eseguite dall'umanista ferrarese Ludovico Carbone intorno agli anni '70 del Quattrocento. I testi sono accompagnati dagli apparati delle varianti e delle correzioni d'autore; dal testo latino dell'edizione Ernout, con la segnalazione in corsivo delle parti in cui pare evidente che l'umanista aveva di fronte un testo latino diverso; e da note di commento in cui si riportano eventualmente lezioni della tradizione dell'opera sallustiana che potrebbero essere all'origine della traduzione. Nell'introduzione viene delineato il ruolo svolto da Ludovico Carbone nella Ferrara del secondo Quattrocento, tra corte, università e vita cittadina; particolare attenzione è data alle osservazioni sulla lingua italiana dell'umanista e alla sua frequentazione della letteratura in volgare. L'esame della tradizione e della diffusione dell'opera di Sallustio ha lo scopo di comprendere il significato della scelta operata dal traduttore e di cercar di capire che tipo di modello poteva trovarsi di fronte. I due volgarizzamenti sono inseriti nel contesto storico e culturale di Ferrara, che vide in questi anni un'intensa attività di traduzione - spesso su diretta richiesta del principe -, tra i cui autori si distinsero Matteo Maria Boiardo e Niccolò Leoniceno. Inoltre, per una comprensione più completa dell'operazione del Carbone, viene ricostruita la figura del dedicatario delle due traduzioni, Alberto d'Este, e la sua importanza all'interno della storia di Ferrara sia dal punto di vista politico che cultuale; operazione che permette di aggiungere elementi utili a una datazione più precisa delle opere qui pubblicate. Una parte centrale del lavoro riguarda l'analisi delle modalità di traduzione che mostra come l'operazione del Carbone, pur mantenendosi molto rispettosa del testo di partenza, abbia ambizioni letterarie. Lo sforzo del traduttore è incentrato in particolar modo sulla resa dei vocaboli e sul ritmo del periodare. E' interessante notare come l'umanista, la cui prosa latina ha un periodare ampio e ricco di subordinate su modello ciceroniano, in volgare mantenga queste caratteristiche stilistiche solo nelle lettere dedicatorie, mentre nella traduzione il suo stile si uniforma in gran parte al modello di Sallustio. La Nota al testo dà conto dei rapporti tra i manoscritti e dei criteri di edizione delle due opere. Nella Nota linguistica si trova un'analisi sistematica e approfondita della lingua del manoscritto autografo del Catilinario, mentre per gli altri manoscritti sono segnalati gli usi linguistici solo in funzione di una loro collocazione geografica. Un esame contrastivo delle abitudini linguistiche dei copisti rispetto a quelle del Carbone è alla base della scelta del manoscritto da utilizzare per l'edizione del Giugurtino, per il quale non si dispone di un autografo. Un capitolo è dedicato all'analisi delle varianti evolutive del manoscritto londinese contenente il Catilinario. Lo studio del lessico utilizzato nelle traduzioni ha portato alla costituzione del Glossario, che - attraverso un confronto con numerosi vocabolari e testi di area ferrarese o limitrofa - registra e illustra le più significative forme dialettali, i tecnicismi e i latinismi particolarmente crudi, rari o il cui significato si discosta da quello assunto più frequentemente in volgare. Si segnalano alcuni termini le cui prime attestazioni compaiono nella lingua volgare proprio in questo periodo.

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In passato, si moriva meglio? Questo il classico interrogativo dietro a una riflessione su un tema sconveniente e sospetto - la morte - riguardo a cui sembra essersi perso il coraggio di parlare. Nella società contemporanea assistiamo alla rimozione della morte: ai riti che implicavano tempi e spazi pubblici, al decesso inteso - secondo l'emblematica definizione di Philippe Ariès - come "grande cerimonia pubblica che il defunto presiedeva", oggi si sostituiscono poche parole e gesti di imbarazzo al riparo dagli sguardi altrui e dalla vita di tutti i giorni nell'isolamento asettico di un ospedale. Partendo da tali constatazioni, da teologo ed esegeta della Bibbia qual è, Marguerat affronta tre grandi letture cristiane di questo difficile momento dell'esistenza umana: la morte come insondabile decreto divino, come "salario del peccato" e, infine, come "passaggio" alla risurrezione. Un viaggio che ci aiuta a riscoprire il messaggio della Bibbia rispetto alla morte e, quindi, alla vita: l'annuncio da parte di Dio di un cammino che dalla prima porta alla seconda, e non viceversa.

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A partire dagli anni Trenta del Cinquecento la traduzione dei poeti classici in lingua volgare comincia a imporsi come un fenomeno di vasta portata nel mercato editoriale italiano. Omero, Virgilio, Stazio, ma soprattutto l'enciclopedico e lascivo Ovidio vengono liberamente riscritti e adattati per il diletto di un pubblico medio, desideroso di ritrovare i poemi antichi nel metro dell'Orlando furioso. Se molte di queste traduzioni non riuscirono a sopravvivere ai mutamenti del gusto, alcune di esse entrarono stabilmente nel canone delle versioni poetiche italiane. È il caso delle Metamorfosi ovidiane riscritte in ottava rima attorno alla metà del secolo da Giovanni Andrea dell'Anguillara, poeta della cerchia farnesiana destinato a vita tormentata ed errabonda. Digressivo, artificioso, magniloquente, l'Ovidio dell'Anguillara (cui è dedicato in gran parte questo volume) otterrà per almeno due secoli un incontrastato successo presso letterati, pittori e musicisti, da Marino a Tiepolo.

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(Résumé de l'ouvrage) Il "Commento a Giovanni" si presenta con caratteri di eccezionalità nell'ambito di una produzione origeniana, da collocare sotto il segno del genio.

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La thèse est articulée en trois grandes sections, consacrées respectivement: (I) à la traduction poétique en Italie à partir des années 1540 jusqu'à la fin du XVIème siècle (II), à la réception des Métamorphoses d'Ovide à travers la réflexion théorique et les réécritures en italien (III), à la plus célèbre des versions italiennes du poème latin, celle de Giovanni Andrea dell'Anguillara (1507-1570 env.), parue à Venise en 1561. Le premier chapitre (La traduzione poetica nel Cinquecento) prend en considération plus d'une trentaine de traductions d'auteurs classiques parues en Italie entre 1540 et 1580. L'examen détaillé du péritexte qui accompagne les éditions (préfaces, commentaires, dédicaces) montre l'existence d'un riche débat autour de la traduction littéraire ainsi que la présence d'un public vaste et diversifié comme destinataire de ces oeuvres. Dans ce contexte, la traduction en langue vulgaire de l'oeuvre d'Ovide, et particulièrement des Métamorphoses, constitue un cas fort intéressant. Le deuxième chapitre (Aspetti della ricezione delle Metamorfosi nel Cinquecento) offre un ample aperçu sur la réception du poème latin à travers ses principales éditions, commentaires et interprétations. En s'appuyant sur les travaux de A. Moss et D. Javitch, ce chapitre (II. 2 Usi e funzioni delle Metamorfosi in ambito teorico e poetico) montre les contradictions existant dans les jugements sur les Métamorphoses au XVIème siècle, partagés entre l'admiration pour la virtuosité du poète latin et l'écho des préjugés moraux et stylistiques hérités de la critique ancienne. La poétique du Cinquecento en effet devait faire face à deux problèmes majeurs posés par le texte d'Ovide: au niveau structurel son caractère polycentrique et digressif, inconciliable avec le modèle épique virgilien chéri par le siècle; au niveau thématique la présence de récits de phénomènes jugés invraisemblables, comme notamment celui de la métamorphose. L'analyse des traductions des Métamorphoses en italien entre 1530 et 1570 prend en considération autant les réécritures partielles (dues aux poètes Luigi Alamanni, Bernardo Tasso, Girolamo Parabosco) que les versions intégrales du poème. Parmi ces dernières, une attention particulière a été réservée à l'adaptation du vénitien Ludovico Dolce, Le Trasformationi (1553), libre réécriture sur le modèle du Roland Furieux. La dernière partie du travail est entièrement consacrée à la célèbre version de Giovanni Andrea dell'Anguillara, poète et traducteur dans le cercle du cardinal Alessandro Farnese. Comme le démontre l'analyse comparée du texte italien et de l'original latin, cette «belle infidèle» (qui supplanta la version de Dolce et fut réimprimée maintes fois jusqu'au XIX siècle) doit son succès à son parfait équilibre entre fidélité à la structure du poème et une attitude très libre dans la narration, qui n'hésite pas à actualiser et «contaminer» le texte ovidien avec des auteurs modernes tels que l'Arioste ou Bandello. L'appendice comprend une bibliographie exhaustive des éditions de la traduction d'Anguillara parues au XVIème siècle.