4 resultados para Mito de fundação

em Université de Lausanne, Switzerland


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RÉSUMÉMythe, tragédie et méta-théâtre sont des termes techniques provenant de disciplines comme l'anthropologie, l'histoire, la théorie et la critique littéraires. Malgré le fait que l'on puisse les assigner à des périodes historiques déterminées, ce sont des notions qui ont encore un sens à la fois actuel (elles sont indispensables pour comprendre le théâtre contemporain) et concret (à travers les différentes poétiques qui les reconfigurent, elles affectent le spectateur d'une certaine façon, ont un effet déterminé sur son corps et sa conscience). Je propose donc de les définir synthétiquement en fonction de l'effet qu'ils produisent sur le spectateur qui est conçu comme une unité de corps et de conscience. Le corps étant défini comme le lieu des émotions, la conscience sera la connaissance que le sujet acquiert de soi et du monde en fonction de ces émotions. Or, le mûthos génère des émotions que la tragédie purge à travers le phénomène de la catharsis. En revanche, le méta-théâtre interrompt le processus émotif de la conscience. Tout en appuyant mes définitions sur des notions de psychologie, neurologie et physique quantique, j'oppose tragédie et méta-théâtre de la façon suivante: la tragédie produit une forme de conscience incarnée chez le spectateur, alors que le méta-théâtre n'aboutit qu'à une forme de conscience cartésienne ou vision désincarnée. J'applique ensuite cette conception à une série de pièces importantes de l'histoire du théâtre espagnol au XXe siècle qui comportent toutes une part de réécriture d'un ou de plusieurs mythes. Je constate une généralisation du traitement méta-théâtral de la réécriture, au détriment non du tragique, mais de la tragédie proprement dite. Par conséquent, je diagnostique un déficit d'incarnation dans le théâtre espagnol au XXe siècle.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.