106 resultados para Carlo Ludovico, duca di Lucca, 1799-1883

em Université de Lausanne, Switzerland


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Scopo di questo studio è la disamina e la divulgazione dei pregi letterari e del valore concettualmente innovativo del Discorso dell 'amore verso la patria di Ludovico Zuccolo. L'analisi dei contenuti dell'opera, unitamente alla puntualizzazione delle sue caratteristiche formali e stilistiche, permette di vedere come questo scrittore proponga, utilizzando la forma letteraria del discorso politico, una riuscita codificazione della tematica dei diritti e dei doveri dei cittadini verso la patria; operazione in cui si sostanzia, a mio avviso, l'apporto innovativo dello Zuccolo. Dopo l'iniziale riscoperta, da parte di Benedetto Croce, del capitolo delle Considerazioni sulla Ragion di Stato, l`opera dello Zuccolo ha generato un certo interesse critico fra gli studiosi di letteratura politica del "900" senza tuttavia divenire oggetto di contributi esaustivi malgrado, a nostro parere, la presenza di elementi di originalità di pensiero nel Discorso dell 'amore verso la patria. Inoltre, l'opinione degli specialisti non è mai stata unanime riguardo al valore e ai contenuti delle opere di questo autore. Se per il Croce, ne << La Critica >> del 1926, egli appare come colui che ha prodotto, «Lo scritto più acuto e originale sull'argomento [della Ragion di Stato], composto in quel seco1o.>> (p. 301), per altri egli si presenta come un dotto estensore di trattati politici nei quali sfoggia abilmente la sua erudizione classica e Luigi Firpo arriva a suggerire addirittura che lo Zuccolo sia colpevole di plagio proprio laddove tratta il tema della Ragion di Stato : Al punto in cui siamo, una cosa è certa, e cioè che i conti non tornano : non riesco a credere che uno scrittore inzeppi centinaia e centinaia di pagine di luoghi comuni, di erudizione d"accatto, di oziosità accademiche, e poi un bel mattino, morso dalla tarantola o baciato in fronte da Minerva, metta in carta il piccolo capolavoro, le pagine meditate e profonde, e perciò lungamente soffeite, che pure gli appartengono per una paternità incontestata e certa. Dico questo, perché in un caso del genere, non al miracolo s"avrebbe da credere, ma, semmai, al plagio. (1). Catherine Pitiot, nel suo saggio La retorica politica nell 'opera utopica di Ludovico Zuccolo, coglie invece in questo autore unicamente l"utopista che << lntende allontanarsi dalla realtà contemporanea per modificarla, correggerla e presentare un'in1magine che sia fondamentalmente diversa, a livello strutturale. >> (2). Di parere diametralmente opposto Rodolfo de Mattei, che attribuisce allo Zuccolo lo status di anti-utopista per eccellenza, tipico di uno scrittore che, Non ha voluto usufruire della facile libertà della fantasia per sovvertire l'ordine storico e per alterare arbitrariamente la natura umana, cioé per proporre un ordinamento mirante ad una radicale trasformazione della società e quindi di assai dubbia realizzazione. (3). Altri studiosi, fra cui Bruno Nediani, si sono dedicati alla descrizione della personalità dello Zuccolo, attingendo alle sue lettere - che lo stesso Nediani ha riscoperto - oltre che ai brevi accermi che di sé fa lo Zuccolo negli scritti. Dal saggio del Nediani, La personalità di Ludovico Zuccolo (1969), emerge la figura di un uomo tormentato e insoddisfatto, ossessionato dal sospetto dell"autorità ecclesiastica, costretto a procacciarsi impieghi inadeguati presso i potenti, all'inseguimento dell'obiettivo di una carriera che, comunque, finisce con il risultargli sempre, prima o poi, insopportabile. Più recentemente, Sergio Bertelli, nel suo contributo alla Storia della letteratura di Cecchi e Sapegno, ha aperto una nuova prospettiva sullo Zuccolo proponendolo come colui che, Spezza finalmente il cerchio moralistico costruito dal Botero attorno al pensiero machiavelliano e la ragion di stato cessa di essere giudicata vera o falsa, buona o malvagia, interessando in sé e per sé, cioé nei suoi presupposti e nei suoi fini esclusivamente politici. (4).

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La tesi propone l'edizione critica dele traduzioni del Bellum Catilinae e del Bellum Iugurthinum di Sallustio eseguite dall'umanista ferrarese Ludovico Carbone intorno agli anni '70 del Quattrocento. I testi sono accompagnati dagli apparati delle varianti e delle correzioni d'autore; dal testo latino dell'edizione Ernout, con la segnalazione in corsivo delle parti in cui pare evidente che l'umanista aveva di fronte un testo latino diverso; e da note di commento in cui si riportano eventualmente lezioni della tradizione dell'opera sallustiana che potrebbero essere all'origine della traduzione. Nell'introduzione viene delineato il ruolo svolto da Ludovico Carbone nella Ferrara del secondo Quattrocento, tra corte, università e vita cittadina; particolare attenzione è data alle osservazioni sulla lingua italiana dell'umanista e alla sua frequentazione della letteratura in volgare. L'esame della tradizione e della diffusione dell'opera di Sallustio ha lo scopo di comprendere il significato della scelta operata dal traduttore e di cercar di capire che tipo di modello poteva trovarsi di fronte. I due volgarizzamenti sono inseriti nel contesto storico e culturale di Ferrara, che vide in questi anni un'intensa attività di traduzione - spesso su diretta richiesta del principe -, tra i cui autori si distinsero Matteo Maria Boiardo e Niccolò Leoniceno. Inoltre, per una comprensione più completa dell'operazione del Carbone, viene ricostruita la figura del dedicatario delle due traduzioni, Alberto d'Este, e la sua importanza all'interno della storia di Ferrara sia dal punto di vista politico che cultuale; operazione che permette di aggiungere elementi utili a una datazione più precisa delle opere qui pubblicate. Una parte centrale del lavoro riguarda l'analisi delle modalità di traduzione che mostra come l'operazione del Carbone, pur mantenendosi molto rispettosa del testo di partenza, abbia ambizioni letterarie. Lo sforzo del traduttore è incentrato in particolar modo sulla resa dei vocaboli e sul ritmo del periodare. E' interessante notare come l'umanista, la cui prosa latina ha un periodare ampio e ricco di subordinate su modello ciceroniano, in volgare mantenga queste caratteristiche stilistiche solo nelle lettere dedicatorie, mentre nella traduzione il suo stile si uniforma in gran parte al modello di Sallustio. La Nota al testo dà conto dei rapporti tra i manoscritti e dei criteri di edizione delle due opere. Nella Nota linguistica si trova un'analisi sistematica e approfondita della lingua del manoscritto autografo del Catilinario, mentre per gli altri manoscritti sono segnalati gli usi linguistici solo in funzione di una loro collocazione geografica. Un esame contrastivo delle abitudini linguistiche dei copisti rispetto a quelle del Carbone è alla base della scelta del manoscritto da utilizzare per l'edizione del Giugurtino, per il quale non si dispone di un autografo. Un capitolo è dedicato all'analisi delle varianti evolutive del manoscritto londinese contenente il Catilinario. Lo studio del lessico utilizzato nelle traduzioni ha portato alla costituzione del Glossario, che - attraverso un confronto con numerosi vocabolari e testi di area ferrarese o limitrofa - registra e illustra le più significative forme dialettali, i tecnicismi e i latinismi particolarmente crudi, rari o il cui significato si discosta da quello assunto più frequentemente in volgare. Si segnalano alcuni termini le cui prime attestazioni compaiono nella lingua volgare proprio in questo periodo.

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Nel contributo è pubblicata la prima redazione conosciuta dell'Orazione con cui Giovanni della Casa nel 1549 chiese all'imperatore Carlo V la restituzione di Piacenza ai Farnese, loro sottratta dopo l'uccisione di Pier Luigi nel 1547. L'edizione documenta l'elaborazione d'autore con un apparato evolutivo del testo trasmesso dal manoscritto Vaticano Chigiano O vi 80. This article provides an edition of the first known version of Giovanni della Casa's request to the Emperor Charles V (1549) for the restitution of Piacenza to the Farnese family after Pier Luigi's murder in 1547. This edition documents the Author's working out with an evolutional apparatus of the text transmitted by the manuscript Chigiano O vi 80.

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RESUME : La thèse examine les relations entre le duché de Milan et le Corps helvétique dans l'évolution du système westphalien, à travers l'étude des réformes institutionnelles opérées par les Austro-Lombards sur le territoire milanais au XVIIIe siècle, où le bon voisinage tend à remplacer les traités qui assuraient jusque là les échanges économiques et culturels. L'analyse met en lumière le caractère négocié de ces transformations sur la base de l'étude des pratiques des nouveaux agents issus des milieux militaire et aristocratique. L'étude des anciennes alliances et la permanence de l'héritage espagnol dans ses relations avec le Corps hevétique rendent compte, dans une première partie, des modalités selon lesquelles la raison d'Etat donne à lire la modernité des pratiques austro-lombardes pour intégrer le duché dans la monarchie des Habsbourg. Les trois chapitres suivants saisissent l'impact des réformes qui amorcent une centralisation politique, où le choix des négociateurs milanais reflète la nouvelle situation du duché, dont les tractations frontalières définissent la rationalité du territoire comme limite de l'Autre. Correspondances officielle et privée, mémoires ou autres essais rédigés par les nouvelles élites administratives et diplomatiques milanaises ou viennoises illustrent les modalités selon lesquelles la suppression des anciennes alliances confessionnelles développe un système d'informations politiques pluralistes et sécularisées. Celui-ci se base sur une connaissance politique du voisin helvétique, rapportée par des observateurs mandés comme experts dont la pratique est tributaire des intérêts personnels et de la loyauté envers le monarque. Enfin, les deux dernières parties saisissent la centralité financière et culturelle des villes protestantes suisses, où l'essor bancaire supplante progressivement le système des capitulations militaires mais où les résistances politiques limitent les améliorations en matière de passage ou de sécurité frontalière. L'intense activité éditoriale des centres protestants helvétiques confirme l'attention des élites austro-lombardes sur les modèles d'émancipation économique et culturelle tels que celui de la République de Genève. A la veille d'un nouvel ordre européen, ils rendent compte de l'enchevêtrement des réseaux où émerge une classe de fonctionnaires qui, dans leur mission au service du prince, allient désormais leurs intérêts pour la République des lettres à une volonté de réformer l'Etat.

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Metabolic syndrome has been associated with an increased risk of various cancers. A multicenter study conducted in Italy and Switzerland on 3,869 cases of breast cancer in post-menopause reported a relative risk of 1.75 in women with the metabolic syndrome, confirming the results of other smaller epidemiological studies.

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RESUME : Cette étude est une analyse métrique et stylistique de La Pulcella d'Orléans de Vincenzo Monti - traduction-réécriture de l'homonyme poème de Voltaire, La Pucelle d'Orléans - commencée à Milan en 1798 et terminée à Chambéry, en Savoie, en 1799. Le texte italien a été considéré comme une version autonome par rapport au texte français, étant donné le particulier choix de réduire la composante philosophique et idéologique d'origine, et de mettre en relation le modèle avec une littérature italienne spécifique, principalement par l'adoption d'une grille strophique fortement marquée. La Pulcella est traduite en octaves, un mètre chevaleresque qui possède au moins depuis trois siècles sa propre "grammaire" ainsi qu'une formidable tradition de référence. De plus, avec sa traduction, l'auteur a voulu mettre l'accent sur les aspects de l'histoire les plus amusantes et provocatrices de Jeanne d'Arc - déjà narrée par Voltaire avec un ton ironique et irrévérencieux - dans le but d'une grande expérimentation au niveau de la langue, de la métrique et de la syntaxe. La traduction de la Pucelle est en effet liée à une dimension hédonistique et livresque: elle n'est pas un prétexte pour connaitre une oeuvre étrangère, ni un texte conçu pour être publiée; il s'agit plutôt d'un exercice personnel, un divertissement privé, demeuré dans le tiroir de l'auteur. Alors que pour Voltaire le but principal du poème est la polémique idéologique du fond, exprimée par un registre fort satirique, pour Monti la réécriture est un jeu stylistique, une complaisance littéraire, qui repose autant sur les composantes désacralisantes et provocatrices que sur les éléments poétiques et idylliques. Le modèle français est donc retravaillé, en premier lieu, au niveau du ton: d'un côté la traduction réduit l'horizon idéologique et la perspective historique des événements; de l'autre elle accroît les aspects les plus hédonistiques et ludiques de Voltaire, par la mise en évidence de l'élément comique, plus coloré et ouvert. En raison de la dimension intime de cette traduction, de nos jours la tradition de la Pulcella italienne se fonde sur trois témoins manuscrits seulement, dont un retrouvé en 1984 et qui a rouvert le débat philologique. Pour ma thèse j'ai utilisé l'édition critique qu'on possède à présent, imprimée en 1982 sous la direction de M. Mari et G. Barbarisi, qui se fonde seulement sur deux témoins du texte; de toute façon mon travail a essayé de considérer aussi en compte le nouvel autographe découvert. Ce travail de thèse sur la Pulcella est organisé en plusieurs chapitres qui reflètent la structure de l'analyse, basée sur les différents niveaux d'élaboration du texte. Au début il y a une introduction générale, où j'ai encadré les deux versions, la française et l'italienne, dans l'histoire littéraire, tout en donnant des indications sur la question philologique relative au texte de Monti. Ensuite, les chapitres analysent quatre aspects différents de la traduction: d'abord, les hendécasyllabes du poème: c'est à dire le rythme des vers, la prosodie et la distribution des différents modules rythmiques par rapport aux positions de l'octave. La Pucelle de Voltaire est en effet écrite en décasyllabes, un vers traditionnellement assez rigide à cause de son rythme coupé par la césure; dans la traduction le vers français est rendu par la plus célèbre mesure de la tradition littéraire italienne, l'endécasyllabe, un vers qui correspond au décasyllabe seulement pour le nombre de syllabes, mais qui présente une majeure liberté rythmique pour la disposition des accents. Le deuxième chapitre considère le mètre de l'octave, en mettant l'accent sur l'organisation syntaxique interne des strophes et sur les liens entre elles ; il résulte que les strophes sont traitées de manière différente par rapport à Voltaire. En effet, au contraire des octaves de Monti, la narration française se développe dans chaque chant en une succession ininterrompue de vers, sans solutions de continuité, en délinéant donc des structures textuelles très unitaires et linéaires. Le troisième chapitre analyse les enjambements de la Pulcella dans le but de dévoiler les liaisons syntactiques entre les verses et les octaves, liaisons presque toujours absentes en Voltaire. Pour finir, j'ai étudié le vocabulaire du poème, en observant de près les mots les plus expressives quant à leur côté comique et parodique. En effet, Monti semble exaspérer le texte français en utilisant un vocabulaire très varié, qui embrasse tous les registres de la langue italienne: de la dimension la plus basse, triviale, populaire, jusqu'au niveau (moins exploité par Voltaire) lyrique et littéraire, en vue d'effets de pastiche comique et burlesque. D'après cette analyse stylistique de la traduction, surgit un aspect très intéressant et unique de la réécriture de Monti, qui concerne l'utilisation soit de l'endécasyllabe, soit de l'octave, soit du vocabulaire du texte. Il s'agit d'un jeu constant sur la voix - ou bien sur une variation continue des différents plans intonatives - et sur la parole, qui devient plus expressive, plus dense. En effet, la lecture du texte suppose une variation mélodique incessante entre la voix de l'auteur (sous forme de la narration et du commentaire) et la voix de personnages, qu'on entend dans les nombreux dialogues; mais aussi une variation de ton entre la dimension lexical littéraire et les registres les plus baissés de la langue populaire. Du point de vue de la syntaxe, par rapport au modèle français (qui est assez monotone et linéaire, basé sur un ordre syntactique normal, sur le rythme régulier du decasyllabe et sur un langage plutôt ordinaire), Monti varie et ennoblit le ton du discours à travers des mouvements syntaxiques raffinés, des constructions de la période plus ou moins réguliers et l'introduction de propositions à cheval des vers. Le discours italien est en effet compliquée par des interruptions continues (qui ne se réalisent pas dans des lieux canoniques, mais plutôt dans la première partie du vers ou en proximité de la pointe) qui marquent des changements de vitesse dans le texte (dialogues, narration, commentaires): ils se vérifient, en somme, des accélérations et des décélérations continues du récit ainsi qu'un jeu sur les ouvertures et fermetures de chaque verse. Tout se fait à travers une recherche d'expressivité qui, en travaillant sur la combinaison et le choc des différents niveaux, déstabilise la parole et rend l'écriture imprévisible.