132 resultados para CASTELLO DI MONTEBELLO, RESTAURO, SISMICA, DEMOLIZIONE, RICOSTRUZIONE, MUSEO

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Résumé La ricerca del dibattito sul restauro nella Firenze del Novecento copre un arco temporale piuttosto lungo, che va dall'istituzione del Gabinetto dei restauri fiorentino, avvenuta tra il 1932 e il 1934 sino al 1966, anno della drammatica alluvione che travolse il patrimonio storico e artistico della città di Firenze. Sono più di trent'anni densi di storia, in cui grazie alla tradizionale vocazione artigiana messa in atto di volta in volta attraverso metodiche sperimentali, il Gabinetto dei restauri fiorentino, organizzato da Ugo Procacci affrontò dapprima l'emergenza bellica e, grazie alle esperienze maturate in quella circostanza, fronteggiò i danni provocati alle opere d'arte alluvionate. Lo scopo della ricerca è stato proprio quello di individuare gli aspetti ancora attuali del dibattito sul restauro e sulla conservazione. Filo conduttore è stato il dibattito sull'unificazione dei princìpi del restauro in Italia e quindi, dei suoi riflessi a Firenze. Nella prima parte della ricerca, trattando degli inizi dell'attività del Gabinetto dei restauri di Firenze era inevitabile studiare i riflessi che la creazione dell'Istituto Centrale del Restauro ha avuto sull'ambiente fiorentino. L'incombere della seconda guerra mondiale ebbe un peso determinante nell'accelerare i tempi di attuazione di un simile progetto: si temeva fortemente per le sorti del patrimonio artistico italiano e alle Soprintendenze sarebbe spettato il compito di mettere in salvo il maggior numero possibile di opere d'arte nei rifugi antiaerei e, successivamente, provvedere al restauro delle opere danneggiate: la questione dell'unificazione dei metodi da seguire nel campo del restauro e della conservazione delle opere d'arte era divenuta argomento di urgente attualità a guerra conclusa, soprattutto in vista del recupero delle opere danneggiate, Nella seconda parte del lavoro, trattando gli aspetti più attuali e quindi problematici della storia del restauro fiorentino, in particolare riferiti all'arco cronologico che va dalla metà degli anni Cinquanta sino alla fine degli anni Sessanta, è risultato di estremo interesse analizzare le cause e gli effetti della nota "stagione degli stacchi" e quindi l'avvio del dibattito sulla conservazione preventiva delle pitture murali esposte all'aperto. La questione relativa alla conservazione delle pitture murali esposte all'aperto, nei chiostri e nei tabernacoli, rappresentò il caso paradigmatico attorno al quale l'interesse e le soluzioni adottate per la salvaguardia dei cicli pittorici trovarono gli studiosi e i teorici del restauro italiani e stranieri per un'unica volta tutti concordi nell'avvalersi della prassi sistematica preventiva dello strappo delle pitture murali e del distacco delle sottostanti sinopie. Fu dunque questa l'unica occasione in cui si assistette ad una vera unificazione di intenti a livello nazionale.

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Sintesi II presente lavoro di ricerca, maturato nel quadro di un dottorato in storia contemporanea, propone una ricostruzione dei percorsi materiali e dei percorsi culturali degli emigrati italiani in Svizzera tra la tìne della Seconda guerra mondiale e i primi anni Settanta. Le principali fonti di prima mano adoperate nella ricerca consistono in tre diversi generi di narrazioni autobiogratìche: le fonti orali (cento interviste complessive raccolte e analizzate); le scritture epistolari (tre fondi per un totale di circa duecento lettere); le scritture scolastiche di adolescenti e giovani emigrati italiani, iscritti, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, ad una scuola privata del Canton Zurigo (circa seicento temi validi come prova di lingua italiana per il conseguimento della licenza media tra il 1973 e il 1974). Le fonti soggettive raccolte hanno permesso di tracciare i profili di numerosi di percorsi migratori vissuti da queste persone, lavorando, in primo luogo, sulla loro dimensione materiale, ovvero sulle tappe íìsiche, dal viaggio, alla ricerca del posto di lavoro e dell'alloggio, alla formazione di una famiglia, agli strumenti utilizzati per mantenersi in contatto con il proprio paese d'origine. Si sono poi inquadrate alcune delle possibili evoluzioni ideologiche e culturali, nei termini consentiti dallo studio della memoria e delle rappresentazioni di sé, offerte dagli emigrati stessi. In sintesi, quindi, il lavoro propone una ricostruzione di un frammento di storia dell'emigrazione italiana, con tutte le specitìcità legate a un paese di accoglienza, la Svizzera, e a un periodo storico, il Secondo dopoguerra. Alcuni dei caratteri principali dei percorsi materiali sono senz'altro legati alle peculiarità della legislazione svizzera, con la detìnizione di "straniero" che dava, le condizioni di vita che rendeva praticabili e possibili, i passaggi di tempo che imponeva per avere una permesso a tempo indeterminato, per raggiungere una certa stabilità, per ricomporre il proprio nucleo familiare. Anche alcuni fenomeni culturali erano legati a queste dimensioni specitïche, per cui non hanno riscontro, negli stessi termini, in altri contesti e in altri periodi. Accanto alle peculiarità e alle differenze che questa storia ha rispetto ad altre storie di emigrazione legate ad altri paesi e ad altri contesti, dal lavoro emergono processi e fenomeni di interesse più generale, qualora ci si interessi di fenomeni migratori, di conflitti, di inclusione e di esclusione di gruppi umani differenti. Alcune delle problematiche che si sono poste nella storia in analisi -per esempio quelle relative alla scolarizzazione dei minori, al rapporto tra diritto di residenza e obbligo di impiego, alla presenza di clandestini e al loro rapporto con associazioni o gruppi di assistenza legali o illegali -sono senza dubbio utili riferimenti per chi oggi voglia ragionare su problematiche analoghe poste in diversi contesti.

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La tesi di Dottorato, condotta in accordo di colutela tra l'Università di Roma Tor Vergata e l'UNIL di Losanna, ha affrontato l'analisi di un gruppo di undici disegni custodia presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, copie di alcuni dei più significativi mosaici medioevali delle chiese di Roma, ricostruendone la genesi, quindi le vicende legate alla committenza, e il percorso collezionistico. I disegni scozzesi, oggetto di un importante articolo di Julian Gardner pubblicato sul Burlington Magatine nel 1973, furono commissionati intorno agli anni Settanta del XVII secolo dall'antiquario romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698) in connessione alla stesura della sua opera di erudizione più avvertita e famosa: i Vetera Mommenta in' quibus praecipue Musiva Opera, sacrarum, profanan,mque, Aedìum structura, ac nonnulli antiqui ritus dissertationibus iconìbusque illustrantur. La composizione dei Vetera Mommenta - un'opera riccamente illustrata che nasce per rispondere alle esigenze della ideologia della Chiesa di Roma in un momento di rinnovata crisi del sistema - impone a Ciampini di porsi da un lato nella prospettiva della più alta tradizione antiquaria cinque e seicentesca, di cui recupera i metodi di lettura e di analisi applicati allo studio delle monete e dei monumenti antichi interpretati quali prove per la ricostruzione storica, e dall'altra, come è emerso dalle mie ricerche, lo pone immediatamente in contatto con gli avamposti del più moderno metodo di indagine storica e filologica applicato alle fonti e ai documenti della storia ecclesiastica, inaugurato dall'ambiente bollandista e inaurino. I monumenti paleocristiani e medioevali assumono in quest'ottica lo status di 'fatti incontestabili', le fonti primarie attraverso le quali Ciampini ricuce le tappe salienti della storia della Chiesa, da Costantino fino al XV secolo. Nel 1700 le copie di Edimburgo arrivano nelle mani del mercante e connoisseur milanese il padre oratoriano Sebastiano Resta (1635-1714), di stanza a Roma presso la Chiesa Nuova della Vallicella dal 1660, che decide di rilegarle tutte insieme in un volume da donare al suo maggiore acquirente e patrono, il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti. Come spiega Resta in alcune sue lettere, il presente avrebbe dovuto costituire insieme una curiosità ed offrire un confronto: infatti «le copie delli mosaici di Roma che erano di Monsignor Ciampini» - afferma Resta - avrebbero mostrato al Marchetti «le maniere di que' tempi gottici, barbari e divoti de cristiani e [fatto] spiccare i secoli seguenti». Questa indagine infatti ha fatto riemergere aspetti della precoce attenzione di Sebastiano Resta per l'arte dei "secoli bassi", mai debitamente affrontata dagli studi. E' infatti sulla scorta di una profonda conoscenza dei testi della letteratura artistica, e in connessione alla esplosione vivacissima della controversia Malvasia/Baldinucci sul primato del risorgere delle arti in Toscana, che Sebastiano a partire dagli anni Ottanta del Seicento comincia a meditare sul Medioevo artistico con il fine di spiegare l'evoluzione del linguaggio tecnico e formale che ha condotto alla perfezione dell'atte moderna. In questa prospettiva ι disegni del XIV e XV secolo che egli riuscì ad intercettare sul mercato valgono quali testimonianze delle maniere degli artefici più antichi e sono imbastiti nei molteplici album che Resta compone nel rispetto della successione cronologica dei presunti autori, e ordinati in base alle scuole pittoriche di pertinenza. La tesi permette perciò di descrivere nelle loro diverse specificità: da un lato il modo dei conoscitori come Resta, interessati nell'opera al dato stilistico, con immediate e sensibili ricadute sul mercato, e disposti anche con passione a ricercare i documenti relativi all'opera in quanto pressati dall'urgenza di collocarla nella sequenza cronologica dello sviluppo del linguaggio formale e tecnico; dall'altro gli antiquari come Ciampini e come Bianchini, per i quali le opere del passato valgono come prove irrefutabili della ricostruzione storica, e divengono quindi esse stesse, anche nel loro statuto di copia, documento della stona. Sono due approcci che si manifestano nel Seicento, e talvolta in una medesima persona, come mostra il caso anche per questo cruciale di Giovati Pietro Bellori, ma che hanno radici cinquecentesche, di cui i protagonisti di queste vicende sono ben consapevoli: e se dietro Resta c'è palesemente Vasari, dietro Ciampini e soprattutto Bianchini c'è la più alta tradizione antiquaria del XVI secolo, da Antonio Augustin a Fulvio Orsini.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.

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The Ladinian Cassina beds belong to the fossiliferous levels of the world-famous Middle Triassic Monte San Giorgio Lagerstatte (UNESCO World Heritage List, Canton Ticino, Southern Alps). Although they are a rich archive for the depositional environment of an important thanatocoenosis, previous excavations focused on vertebrates and particularly on marine reptiles. In 2006, the Museo Cantonale di Storia Naturale (Lugano) started a new research project focusing for the first time on microfacies, micropalaeontological, palaeoecological and taphonomic analyses. So far, the upper third of the sequence has been excavated on a surface of around 40 m(2), and these new data complete those derived from new vertebrate finds (mainly fishes belonging to Saurichthys, Archaeosemionotus, Eosemionotus and Peltopleurus), allowing a better characterization of the basin. Background sedimentation on an anoxic to episodically suboxic seafloor resulted in a finely laminated succession of black shales and limestones, bearing a quasi-anaerobic biofacies, which is characterized by a monotypic benthic foraminiferal meiofauna and has been documented for the first time from the whole Monte San Giorgio sequence. Event deposition, testified by turbidites and volcaniclastic layers, is related to sediment input from basin margins and to distant volcanic eruptions, respectively. Fossil nekton points to an environment with only limited connection to the open sea. Terrestrial macroflora remains document the presence of emerged areas covered with vegetation and probably located relatively far away. Proliferation of benthic microbial mats is inferred on the basis of microfabrics, ecological considerations and taphonomic (both biostratinomic and diagenetic) features of the new vertebrate finds, whose excellent preservation is ascribed to sealing by biofilms. The occurrence of allochthonous elements allows an insight into the shallow-waters of the adjoining time-equivalent Salvatore platform. Finally, the available biostratigraphic data are critically reviewed.

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ASSOCIATIVE GEOGRAPHY AND SWISS IMPERIALISM. THE EXAMPLE OF GENEVA (1858-1914) − This article is about geographical society of Geneva and its involvement in the 19th century colonial imperialism. Through this society, Swiss bourgeoisie takes part in the exploration and colonization of the world. Is this participation a sign of Swiss imperialism? This issue will be at the heart of this study.

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The work of this thesis would like to investigate two particular questions about the care of underage: on the one hand, the maltreatment, and the mother's desire on the other hand. About the first, this proposal try to underscore the elaborate irregularity and disparity related to this phenomenon and his historical evolution. The objective's thesis propose to underline that the abuse crosses the crisis of educational dimension inside and outside the family. We are talking about a type of crisi that places at the origin of a specific clinic and that it is about the maltreatment designated, at the same time, to cope with the educational void and with the ill-treated under age's hardships. The so-called clinic of the maltreatment horns, therefore, with the purpose to join and to set in order the normative and educational aspects. However, the prescriptive requirement is intended to measure against the same one crisis in a paradoxical way; the laws and the juveniles court must make up for the lack absence of the rules that characterized the maltreatment, getting around to use the typical reference that traditionally were been at the base of the educational way's construction. The same crimes on underage often found in the father the responsibility. The requirements and the therapeutic needs has utilized the theoretical construct of the trauma as the key line of clinical practice. On the one hand, the trauma was been paired controversially to the psychoanalytical concepts as the notion of the phantom, in the same manner that the objective truth is been opposed to the notion of the imagination and fantasy; on the other hand, the trauma was gotten to be the mark and the characteristic that defined the individual identity of the mistreated persons, regardless of the person's clinical structure or, generally, regardless of the their individual position. Both the normative demand and therapeutic converge on the idealization of the imaginary figure that is able to supply to every type of maltreatment: the mother. This position is connected on theoretical construct well-established in the mythology, that associated the mother figure to a natural dimension; this is related to the second point at issue: the mother's desire. The awareness of the mother figure in natural and idealized terms describes accusingly and negatively the trauma, without seeing the difference between trauma that helps to give a structure to the individual position from the trauma solely devastating. The mother's mythology, therefore, is in an evident antagonism with the female figure and woman's sexuality. In these way the maltreatment's clinic suggests that a woman is able to be a mother only when she doesn't appreciate the rule of female. This situation preclusives a comparison with own sexuality and gives to the women a complex of castration. The clinic cases reported highlight as these difficulties are the expression of the familiarity's heredity that wasn't been sufficiently elaborated. This condition (into the relation between mother and his child) turn the infant in the incapacity to symbolized and it doesn't help him to accede to the positive trauma, to the language and to the edipic rule; this is the reason why the child toils difficulties to approach to own personality and to orient himself in the relation with his body, with the body of the adults and the same age children.