8 resultados para Bandamanna saga.
em Université de Lausanne, Switzerland
Resumo:
«Sélective» et «statique» en théorie, la reprise de l'acquis de l'Union européenne dans le cadre de la voie bilatérale n'en donne pas moins lieu à une dynamique évolutive et expansive, exigeant un travail constant de coordination entre le droit européen, le droit bilatéral et le droit interne. Appelés à gérer ce travail de coordination, le juge et le législateur fédéraux ont traditionnellement opté pour un suivi «au cas par cas» de l'acquis, propre à préserver leur marge de manoeuvre ou à tout le moins l'image qu'il est politiquement convenable d'en donner. Cette approche pragmatique est toutefois inapte à maîtriser les dynamiques de la voie bilatérale. Elle est par ailleurs dommageable pour la cohérence de l'ordre juridique suisse tout comme pour sa lisibilité et prévisibilité, comportant de surcroît un risque accru de courts-circuits entre droit et politique. Les vicissitudes du régime du regroupement familial en Suisse, sous l'impulsion de la jurisprudence de la Cour de justice de l'Union européenne et notamment de l'arrêt Metock de 2007, fournissent une illustration exemplaire de ces propos. En retraçant les étapes de cette saga politico-judiciaire, le présent article met en exergue les choix stratégiques effectués par les autorités fédérales et, surtout, l'évolution de leur approche à l'égard du «suivi» du droit européen - évolution dont l'ATF 136 II 5, qui énonce la «nouvelle doctrine» du Tribunal fédéral en la matière, représente à ce jour l'aboutissement.
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Selon Ray Harryhausen, maître des effets spéciaux cinématographiques, « Gustave Doré aurait été un grand chef opérateur [...] il regardait les choses avec le point de vue de la caméra ». L'oeuvre de Doré a marqué de manière indélébile l'imaginaire filmique depuis ses origines. Et le cinéma, en retour, a « gravé » Doré dans l'imaginaire du XXe siècle. Peu de films sur la Bible, depuis la Vie et Passion de Jésus Christ produit par Pathé en 1902, qui ne se réfèrent à ses illustrations, ni d'adaptation cinématographique de Dante ou encore de Don Quichotte qui ne l'aient pris comme modèle, de Georg Wilhelm Pabst et Orson Welles à Terry Gilliam. Il n'est pas de films sur la vie londonienne et victorienne qui n'empruntent leurs décors aux visions de Londres, un pèlerinage, qu'il s'agisse de David Lean, de Roman Polanski ou de Tim Burton. Nombre de scènes oniriques, fantastiques, fantasmagoriques ont puisé dans l'oeuvre graphique de Doré, depuis le Voyage dans la lune de Georges Méliès en 1902. Si dans le domaine du dessin animé ou de l'animation, la dette de Walt Disney envers Doré est immense, ses forêts « primitives », notamment celles d'Atala, ont aussi servi aux différentes versions de King Kong, de l'original de 1933 au film de 2005 de Peter Jackson qui s'était déjà appuyé sur l'oeuvre de Doré dans Le Seigneur des anneaux. Ce chapitre vise à saisir l'étendue et la signification de cette imprégnation de l'imaginaire de Doré dans la culture de masse, de la dette explicite de Jean Cocteau envers les illustrations des Contes de Perrault dans La Belle et la bête (1945) aux réminiscences doréennes du personnage de Chewbacca dans la Guerre des Etoiles ou de la saga d'Harry Potter.
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Although tumor heterogeneity is widely accepted, the existence of cancer stem cells (CSCs) and their proposed role in tumor maintenance has always been challenged and remains a matter of debate. Recently, a path-breaking chapter was added to this saga when three independent groups reported the in vivo existence of CSCs in brain, skin and intestinal tumors using lineage-tracing and thus strengthens the CSC concept; even though certain fundamental caveats are always associated with lineage-tracing approach. In principle, the CSC hypothesis proposes that similar to normal stem cells, CSCs maintain self renewal and multilineage differentiation property and are found at the central echelon of cellular hierarchy present within tumors. However, these cells differ from their normal counterpart by maintaining their malignant potential, alteration of genomic integrity, epigenetic identity and the expression of specific surface protein profiles. As CSCs are highly resistant to chemotherapeutics, they are thought to be a crucial factor involved in tumor relapse and superficially appear as the ultimate therapeutic target. However, even that is not the end; further complication is attributed by reports of bidirectional regeneration mechanism for CSCs, one from their self-renewal capability and another from the recently proposed concept of dynamic equilibrium between CSCs and non-CSCs via their interconversion. This phenomenon has currently added a new layer of complexity in understanding the biology of tumor heterogeneity. In-spite of its associated controversies, this area has rapidly emerged as the center of attention for researchers and clinicians, because of the conceptual framework it provides towards devising new therapies.
Resumo:
La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.