5 resultados para A questão da filosofia

em Université de Lausanne, Switzerland


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Le neuroscienze occupano oggi un ruolo essenziale nel dibattito scientifico e filosofico, nonché in quello delle scienze umane. Esse costituiscono la sfida più seria al sapere fin qui elaborato intorno ai fondamenti dell'esperienza di coscienza, poiché si propongono come capaci di rispondere alla domanda di origine e funzionamento della coscienza. Le neuroscienze cognitive stanno, oggi, rivoluzionando la nostra concezione della mente e delle sue funzioni. Ci forniscono nuovi dati sulla natura delle sensazioni, della memoria, della percezione e dei processi di astrazione. L'epistemologia è rientrata così pienamente nell'ambito di una disciplina sperimentale, come diversi filosofi (da Hume a Quine) hanno auspicato. È, alla fine, evoluta nell'esperienza odierna della cosiddetta "epistemologia sperimentale", luogo che coniuga il rigore sperimentale della scienza con la profondità e la sofisticazione argomentativa della tradizione filosofica. Come arriviamo a conoscere? Quali vincoli poniamo a quello che deve essere conosciuto? Perché seguiamo certe vie invece di altre? Come arriviamo a formulare giudizi e a prendere decisioni? Che valore ha la conoscenza già acquisita nell'elaborazione di nuove esperienze? In particolare, che peso hanno le aspettative e i ricordi in questo processo? Qual è il rapporto fra esperienza, conoscenza e memoria? Come si fissano e come si richiamano i ricordi? Qual è il rapporto fra coscienza e memoria? Sono alcune delle domande che l'autore si pone in questa ottica e alle quali cerca di rispondere, a partire dall'analisi e valutazione del dialogo-dibattito fra J.-P. Changeux e P. Ricoeur, per apprenderne il linguaggio, capire i problemi sollevati, adattarsi alla complessità della materia. Nel contesto della filosofia della mente, la "lettura" della discussione ripercorre i relativi percorsi attraverso l'analisi delle loro opere, da un lato quelle dello scienziato (sulla struttura e dinamica del cervello, la teoria dell'epigenesi e stabilizzazione selettiva, le speculazioni sull'uomo neuronale e i rilievi antropologici, le teorie della conoscenza e della coscienza, oltre che sulla conoscenza matematica, gli argomenti di estetica ed etica); dall'altro lato quelle del filosofo (dal Cogito riflessivo alla scoperta dell'ermeneutica, dalle eterogenee riflessioni sul Conflitto delle interpretazioni alla grande teoria sulla creatività del linguaggio, le conclusioni teoriche sull'ermeneutica del sé e l'ontologia dell'agire). Il punto di arrivo è la determinazione delle relative posizioni: quella di Changeux tra i neuroscienziati che si occupano di questioni filosofiche, epistemologiche ed etiche, e quella di Ricoeur tra i filosofi che si occupano di neuroscienze. La conclusione della tesi si svolge in un approfondimento teoretico che dalla nozione di "traccia" porta all'esperienza della "memoria", al fine di intrecciare i fili della discussione ripercorsa ed offrire una sponda non forzata al dibattito più ampio. Il tema della memoria è privilegiato per ragioni intrinseche, poiché si tratta di uno dei temi precipui delle neuroscienze, della filosofia della mente e della fenomenologia. A un primo livello viene instaurato su questo punto un confronto epistemologico tra la proposta della neurofenomenologia (Varala, ad esempio) e la posizione tenuta in particolare da Ricoeur rispetto ad essa e al suo "progetto unificante", posizione defilata e, per certi aspetti, criticamente dubbiosa sul fatto che si possa davvero giungere a un "terzo discorso". Si riferisce poi del largo interesse e dei risultati più significativi della riflessione fenomenologica antica e moderna sulla memoria. A un secondo livello vengono illustrati i programmi di ricerca recenti della neurofenomenologia su questo argomento all'interno delle scienze cognitive e si dà conto dei risultati più significativi. Ad un terzo e conclusivo livello, si approfondisce il significato teologico della memoria. Les neurosciences ont aujourd'hui un rôle essentiel dans le débat scientifique et philosophique, ainsi que dans celui des sciences humaines. Elles constituent le défi le plus sérieux aux savoir qu'on a construit jusqu'ici sur les fondements de l'expérience de conscience, attendu qu'elles-mêmes se considèrent capables de répondre à la demande sur l'origine e le fonctionnement de la conscience. Les neurosciences cognitives sont aujourd'hui en train de révolutionner notre conception de l'esprit et des ses fonctions. Elles nous offrent des nouvelles données au sujet de la nature de nos sensations, mémoire, perception et procédés d'abstraction. Aussi l'épistémologie est rentrée pleinement dans le domaine d'une discipline expérimentale, comme plusieurs philosophes (de Hume à Quine) l'ont souhaité. Elle s'est enfin adressée, dans l'expérience actuelle, vers la soi-disant "épistémologie expérimentale", lieu qui met en accord la rigueur expérimentale de la science avec la profondeur et la sophistiquée finesse argumentative de la tradition philosophique. Comment en arrivons-nous à connaître? Quels liens mettons-nous à ce qu'on doit être connu? Pourquoi suivons-nous certaines vois au lieu d'autres? Comment en arrivons-nous à formuler des opinions et à prendre des décisions? Quelle valeur a la connaissance qu'on a déjà acquise par l'élaboration des nouvelles expériences? En particulier, quelle est l'importance des attentes et des souvenirs dans cette évolution? Quel est le rapport entre expérience, connaissance e mémoire? Comment fixons et rappelons-nous nos souvenirs? Quel est le rapport entre conscience et mémoire? Ces sont quelques-unes des questions que l'auteur se pose dans cette perspective et aux quelles essaie de répondre a partir de l'analyse et l'évaluation du dialogue-débat entre fra J.-P. Changeux et P. Ricoeur, pour en apprendre le langage, comprendre les problèmes soulevés, s'adapter à la complexité du sujet. Dans le contexte de la philosophie du cerveau, la "lecture" du dialogue reparcourt les parcours des deux interlocuteurs par l'analyse de leur ouvrages, d'une part celles du savant (sur la structure et la dynamique du cerveau, la théorie de l'épigenèse et stabilisation sélective; les spéculations sur l'homme neuronal et les commentaires anthropologiques; les théories de la connaissance et de la conscience, de même que sur la connaissance de la mathématique, les sujets d'esthétique et étique; d'autre part celles du philosophe (du Cogito réflexif à la découverte de l'herméneutique, de les hétérogènes réflexions sur le Conflit des interprétations à la grande théorie sur la créativité du langage, les conclusions théoriques sur l'herméneutique du soi et l'ontologie de l'agir). L'issue est la determination des relatives positions: celle de Changeux parmi les neuro-scientifiques qui s'occupent de questions philosophiques, épistémologiques et éthiques, et celle de Ricoeur parmi les philosophes qui s'occupent de neurosciences. La conclusion de la thèse se développe dans un approfondissement théorétique que de la notion de "trace" à l'expérience de la "mémoire", à l'effet de nouer les fils de la discussion passée en revue et d'assurer un appui pas forcé au débat plus vaste. Le thème de la mémoire a été choisi pour des raisons intrinsèques, puisqu'il est un des thèmes principaux des neurosciences, de la philosophie de l'esprit et de la phénoménologie. Sur un premier plan épistémologique il est établi une comparaison entre la proposition de la neurophénoménologie (Varala, par exemple) et la position soutenue en particulier par Ricoeur au sujet de ce courant phénoménologique et de son "projet unifiant", position défilée et, à certains égards, critiquement hésitante sur le fait qu'on puisse vraiment en venir à un "troisième discours". On rend compte du grand intérêt et des résultats les plus significatifs de la réflexion phénoménologique ancienne et moderne sur la mémoire. Sur un second plan neurophénoménologique on illustre des plans de recherche récents sur cet argument au-dedans des sciences cognitives et on rend compte des résultats les plus distinctives. Sur un troisième et conclusif plan on approfondit le sens théologique de la mémoire.

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Introduzione : Plinio il Giovane erogò una somma di denaro per costruire una biblioteca e assicurarne il funzionamento. Una cittadina donò al Municipio di Balerna due case di appartamenti con lo scopo di mantenervi pigioni moderate e di mettere i vani a disposizione quale abitazione primaria per la popolazione del Comune. Questi due esempi illustrano casi di donazioni gravate da un onere. Da essi si evince che la donazione modale consta di due elementi: un dono e una finalità posta allo stesso. Una tale donazione esemplifica l'idea di alterità dell'unità, come Giano - dio del Pantheon romano - il quale è rappresentato con due volti, che gli permettevano di vedere il passato e di scrutare il futuro. Così, il presente lavoro - anch'esso paradigma dell'alterità dell'unità - si prefigge lo scopo di creare un ponte tra il passato e il potenziale futuro, sulla scorta anche di testi filosofici e letterari, senza tacere la sua dimensione giuridica. Un'invocazione a Giano si giustifica: anche Seneca, nel suo canzonatorio poema sulla trasformazione in zucca dell'imperatore Claudio - l'Apocolocintosi - narra che il dio patrocinò l'interessato, siccome abile oratore e aduso all'arte forense poiché i suoi due volti indicano in senso metaforico - e ironico - la capacità di esaminare le questioni sotto tutti i loro aspetti. Ciò posto, giovi considerare che la donazione modale è costituita di due scorciatoie cognitive che espongono la sua alterità: l'una, il dono, rimanda all'idea di gratuità, di benevolenza, di amicizia, di reciprocità; l'altra, l'onere, riconduce all'onerosità, allo scambio, al contratto, alla commutatività. Così, per enucleare l'unità della donazione gravata da un onere occorre chinarsi sulla sua alterità e percorrere i cammini che essa propone: la gratuità e l'onerosità, per poi ridurre gli esiti nell'unitarietà dell'istituto. Il presente lavoro vaglia invero la donazione modale. Esso è nondimeno condito di riflessioni più generali inerenti alla teoria dei contratti e alla filosofia del diritto, in una digressione temporale che dal diritto romano porta al diritto svizzero, passando per alcuni glossatori e umanisti e, anche, attraverso alcune legislazioni regionali del XIX secolo. Donde un lavoro che, in ultima analisi, abbraccia più tematiche, suddivise come esposto in appresso. Il primo capitolo, di introduzione al tema, è un compendio della terminologia latina del dono, ottenuto individuando esempi addotti dalle fonti giuridiche e fatti narrati da scrittori latini. Dacché la legge si palesa mediante uno scritto insieme di segni che esprimono concetti - mi è parso opportuno soffermarmi sulle sfaccettature linguistiche del "dono". La società romana era tributaria di molteplici rapporti di amicizia, i cui contenuti hanno poi dato adito ai cosiddetti contratti gratuiti. A Roma, la gratuità era un concetto bicefalo. Esisteva una gratuità propriamente detta e una gratuità qualificata di lucrativa. L'una escludeva l'altra. Esse godevano di un campo d'applicazione autonomo e indipendente. Queste due nozioni sono l'oggetto del secondo capitolo. Dato che la donazione modale è una commistione tra gratuità e onerosità, dopo aver esposto i criteri della gratuità, il terzo capitolo si incentra sull'analisi del modus testamentario e del concetto di donazione remuneratoria. Lungo le pagine del quarto capitolo, preludio al nucleo stesso della tesi, si tratteggia lo sviluppo giuridico della donazione nel diritto romano: da causa di atti a contratto indipendente. Dopo avere tracciato i contorni degli elementi che si fondono nel concetto di donazione gravata da un onere (dono, gratuità, onerosità), il quinto capitolo contiene la base del presente studio: l'analisi della donazione modale. Assemblando i risultati emersi nei capitoli precedenti, si definisce e si delimita questo istituto, si elabora la sua maturazione storica e concettuale. L'incedere della tesi, in ambito svizzero, segue quasi pedissequamente la struttura romanistica del primo titolo. Dopo una presentazione di alcune legislazioni del XIX secolo, nel preludio, il secondo capitolo si concentra sulla nozione di gratuità, quale può essere estrapolata dal Codice civile, dal Codice delle obbligazioni e dalla Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento. Il terzo capitolo tratta dell'onerosità, limitata al Codice civile e, principalmente, all'onere successorio. La tesi si chiude, nel quarto capitolo, con una digressione sulla donazione gravata da un onere nel diritto svizzero. In questo lavoro i quesiti di fondo, cui si cerca di fornire una risposta, riguardano la natura e la struttura dell'istituto in esame: di che tipo di contratto si tratta? È gratuito, lucrativo o oneroso? Come risponde il donatario inadempiente? Permettetemi un'avvertenza preliminare: i testi letterari, giuridici e filosofici su cui poggia il primo titolo sono vecchi di un paio di millenni, e, prima di giungere nelle nostre biblioteche e nelle nostre case, hanno subito un percorso tortuoso. Alcuni sono stati alterati, altri modificati. Errori di trascrizione si sommano ad adeguamenti alle nuove realtà storiche. Ciò premesso, i testi letterari e filosofici sono presentati nelle versioni indicate nelle pagine della bibliografia e non sono stati l'oggetto di particolari attenzioni interpolazionistiche, critiche che affiorano tuttavia per i frammenti giuridici più interessanti per il presente lavoro.