51 resultados para Eckstein, Otto.


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Anthropomorphic model observers are mathe- matical algorithms which are applied to images with the ultimate goal of predicting human signal detection and classification accuracy across varieties of backgrounds, image acquisitions and display conditions. A limitation of current channelized model observers is their inability to handle irregularly-shaped signals, which are common in clinical images, without a high number of directional channels. Here, we derive a new linear model observer based on convolution channels which we refer to as the "Filtered Channel observer" (FCO), as an extension of the channelized Hotelling observer (CHO) and the nonprewhitening with an eye filter (NPWE) observer. In analogy to the CHO, this linear model observer can take the form of a single template with an external noise term. To compare with human observers, we tested signals with irregular and asymmetrical shapes spanning the size of lesions down to those of microcalfications in 4-AFC breast tomosynthesis detection tasks, with three different contrasts for each case. Whereas humans uniformly outperformed conventional CHOs, the FCO observer outperformed humans for every signal with only one exception. Additive internal noise in the models allowed us to degrade model performance and match human performance. We could not match all the human performances with a model with a single internal noise component for all signal shape, size and contrast conditions. This suggests that either the internal noise might vary across signals or that the model cannot entirely capture the human detection strategy. However, the FCO model offers an efficient way to apprehend human observer performance for a non-symmetric signal.

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X-ray medical imaging is increasingly becoming three-dimensional (3-D). The dose to the population and its management are of special concern in computed tomography (CT). Task-based methods with model observers to assess the dose-image quality trade-off are promising tools, but they still need to be validated for real volumetric images. The purpose of the present work is to evaluate anthropomorphic model observers in 3-D detection tasks for low-contrast CT images. We scanned a low-contrast phantom containing four types of signals at three dose levels and used two reconstruction algorithms. We implemented a multislice model observer based on the channelized Hotelling observer (msCHO) with anthropomorphic channels and investigated different internal noise methods. We found a good correlation for all tested model observers. These results suggest that the msCHO can be used as a relevant task-based method to evaluate low-contrast detection for CT and optimize scan protocols to lower dose in an efficient way.

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The genetic aetiology of congenital hypopituitarism (CH) is not entirely elucidated. FGFR1 and PROKR2 loss-of-function mutations are classically involved in hypogonadotrophic hypogonadism (HH), however, due to the clinical and genetic overlap of HH and CH; these genes may also be involved in the pathogenesis of CH. Using a candidate gene approach, we screened 156 Brazilian patients with combined pituitary hormone deficiencies (CPHD) for loss-of-function mutations in FGFR1 and PROKR2. We identified three FGFR1 variants (p.Arg448Trp, p.Ser107Leu and p.Pro772Ser) in four unrelated patients (two males) and two PROKR2 variants (p.Arg85Cys and p.Arg248Glu) in two unrelated female patients. Five of the six patients harbouring the variants had a first-degree relative that was an unaffected carrier of it. Results of functional studies indicated that the new FGFR1 variant p.Arg448Trp is a loss-of-function variant, while p.Ser107Leu and p.Pro772Ser present signalling activity similar to the wild-type form. Regarding PROKR2 variants, results from previous functional studies indicated that p.Arg85Cys moderately compromises receptor signalling through both MAPK and Ca(2) (+) pathways while p.Arg248Glu decreases calcium mobilization but has normal MAPK activity. The presence of loss-of-function variants of FGFR1 and PROKR2 in our patients with CPHD is indicative of an adjuvant and/or modifier effect of these rare variants on the phenotype. The presence of the same variants in unaffected relatives implies that they cannot solely cause the phenotype. Other associated genetic and/or environmental modifiers may play a role in the aetiology of this condition.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.