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Resumo:
The present dissertation analyzed the construct of attachment at different time points, specifically focusing on two phases of adoptive family life that have so far received little attention from investigators. Study 1 focused on the first months of adoption, and analyzed the development of the attachment relationship to new caregivers. The sample was composed of a small but homogeneous group (n=6) of Korean-born children, adopted by Italian parents. The Parent Attachment Diary (Dozier & Stovall, 1997) was utilized to assess the child's attachment behavior. We assessed these behavior for the first 3 months after placement into adoption. Results showed a double variability of attachment behavior: within subjects during the 3-months, and between subjects, with just half of the children developing a stable pattern of attachment. In order to test the growth trajectories of attachment behavior, Hierarchical Linear Models (Bryk & Raudenbush, 1992) were also applied, but no significant population trend was identified. Study 2 analyzed attachment among adoptees during the sensitive period of adolescence. Data was derived from an international collection (n= 104, from Belgium Italy, and Romania) of semi-structured clinical interviews (with adolescents and with their adoptive parents), as well as from questionnaires. The purpose of this study was to detect the role played by risk and protective factors on the adoptee's behavioral and socio-emotional outcomes. In addition, we tested the possible interactions between the different attachment representations within the adoptive family. Results showed that pre-adoptive risk predicted the adolescent's adjustment; however, parental representations constituted an important moderator of this relationship. Moreover, the adolescent's security of attachment partially mediated the relationship between age at placement and later behavioral problems. In conclusion, the two present attachment studies highlighted the notable rate of change of attachment behavior over time, which showed its underlying plasticity, and thus the possible reparatory value of the adoption practice. Since parents have been proven to play an important role, especially in adolescence, the post-adoption support acquires even more importance in order to help parents promoting a positive and stable relational environment over time. - L'objectif de cette thèse est de décrire la formation des relations d'attachement chez les enfants et les adolescents adoptés, lors de deux phases particulières de la vie de la famille adoptive, qui ont été relativement peu étudiées. L'Étude 1 analyse les premiers mois après l'adoption, avec le but de comprendre si, et comment, une relation d'attachement aux nouveaux parents se développe. L'échantillon est composé d'un petit groupe (n = 6) d'enfants provenant de Corée du Sud, adoptés par des parents Italiens. A l'aide du Parent Attachment Diary (Dozier & Stovall, 1997), des observations des comportements d'attachement de l'enfant ont été recueillies chaque jour au cours des 3 premiers mois après l'arrivée. Les résultats montrent une double variabilité des comportements d'attachement: au niveau inter- et intra-individuel ; au premier de ces niveaux, seuleme la moitié des enfants parvient à développer un pattern stable d'attachement ; au niveau intra-individuel, les trajectoires de développement des comportements d'attachement ont été testées à l'aide de Modèles Linéaires Hiérarchiques (Bryk et Raudenbush, 1992), mais aucune tendance significative n'a pu être révélée. L'Étude 2 vise à analyser l'attachement chez des enfants adoptés dans l'enfance, lors de la période particulièrement sensible de l'adolescence. Les données sont issues d'un base de données internationale (n = 104, Belgique, Italie et Roumanie), composée d' entretiens cliniques semi-structurées (auprès de l'adolescents et des ses parents adoptifs), ainsi que de questionnaires. Les analyses statistiques visent à détecter la présence de facteurs de risque et de protection relativement à l'attachement et aux problèmes de comportement de l'enfant adopté. En outre, la présence d'interactions entre les représentations d'attachement des membres de la famille adoptive est évaluée. Les résultats montrent que les risques associés à la période pré-adoptive prédisent la qualité du bien-être de l'adolescent, mais les représentations parentales constituent un modérateur important de cette relation. En outre, la sécurité de l'attachement du jeune adopté médiatise partiellement la relation entre l'âge au moment du placement et les problèmes de comportement lors de l'adolescence. En conclusion, à l'aide de multiples données relatives à l'attachement, ces deux études soulignent son évolution notable au fil du temps, ce qui sous-tend la présence d'une certaine plasticité, et donc la possible valeur réparatrice de la pratique de l'adoption. Comme les parents semblent jouer un rôle important de ce point de vue, surtout à l'adolescence, cela renforce la notion d'un soutien post-adoption, en vue d'aider les parents à la promotion d'un environnement relationnel favorable et stable. - Il presente lavoro è volto ad analizzare l'attaccamento durante le due fasi della vita della famiglia adottiva che meno sono state indagate dalla letteratura. Lo Studio 1 aveva l'obiettivo di analizzare i primi mesi che seguono il collocamento del bambino, al fine di capire se e come una relazione di attaccamento verso i nuovi genitori si sviluppa. Il campione è composto da un piccolo gruppo (n = 6) di bambini provenienti dalla Corea del Sud e adottati da genitori italiani. Attraverso il Parent Attachment Diary (Stovall e Dozier, 1997) sono stati osservati quotidianamente, e per i primi tre mesi, i comportamenti di attaccamento del bambino. I risultati hanno mostrato una duplice variabilità: a livello intraindividuale (nell'arco dei 3 mesi), ed interindividuale, poiché solo la metà dei bambini ha sviluppato un pattern stabile di attaccamento. Per verificare le traiettorie di sviluppo di tali comportamenti, sono stati applicati i Modelli Lineari Gerarchici (Bryk & Raudenbush, 1992), che però non hanno stimato una tendenza significativa all'interno della popolazione. Obiettivo dello Studio 2 è stato quello di esaminare l'attaccamento nelle famiglie i cui figli adottivi si trovavano nella delicata fase adolescenziale. I dati, provenienti da una raccolta internazionale (n = 104, Belgio, Italia e Romania), erano costituiti da interviste cliniche semi-strutturate (con gli adolescenti e i propri genitori adottivi) e da questionari. Le analisi hanno indagato il ruolo dei fattori di rischio sullo sviluppo socio-emotivo e sugli eventuali problemi comportamentali dei ragazzi. Inoltre, sono state esaminate le possibili interazioni tra le diverse rappresentazioni di attaccamento dei membri della famiglia adottiva. I risultati hanno mostrato che il rischio pre-adottivo predice l'adattamento dell'adolescente, sebbene le rappresentazioni genitoriali costituiscano un importante moderatore di questa relazione. Inoltre, la sicurezza dell'attaccamento dell'adolescente media parzialmente la relazione tra età al momento dell'adozione e problemi comportamentali in adolescenza. In conclusione, attraverso i molteplici dati relativi all'attaccamento, i due studi ne hanno evidenziato il cambiamento nel tempo, a riprova della sua plasticità, e pertanto sottolineano il possibile valore riparativo dell'adozione. Dal momento che i genitori svolgono un ruolo importante, soprattutto in adolescenza, il supporto nel post- adozione diventa centrale per aiutarli a promuovere un ambiente relazionale favorevole e stabile nel tempo.
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(Résumé de l'ouvrage) Il dualismo della vita dell'esegeta a 30 anni dalla ricostruzione di Pierre Nautin, tra documentazione e interpretazione.
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Nel secolo scorso è emersa in Italia un'originale modalité di rappresentazione letteraria che trasfigura i caratteri dell'identità per costruire una particolare forma di alterità, un "altro sé". Infatti, a causa di uno stato di crisi identitaria dello scrittore, in Silo ne e in Carlo Levi si assiste alla costruzione di figure di alterità (il "cafone", i contadini del Sud), rappresentazioni letterarie di quei soggetti socialmente subalterni che questi scrittori volevano riscattare ed emancipare. La tematizzazione dell'autorappresentazione che si riscontra in Brancati e in Pasolini va invece in un'altra direzione, diventa il progetto di una scoperta: la formalizzazione retorica di un'identità "altra" all'interno della propria individualità, letterariamente oggettivata e formalizzata. Brancati, cosi riletto e rivalutato, mostra la crisi dell'autorappresentazione, cioè del posizionamento d'autore nel momento del passaggio dal fascismo all'antifascismo, e quindi il processo di costruzione di un'identità "altra", più forte, che renda possibile la scrittura. Il brancatismo, cioè quel fenomeno culturale legato alia fortuna della narrativa brancatiana, ha anestetizzato questa dimensione critica della scrittura brancatiana riconducendo le sue figure e le sue trame narrative all'interno del discorso dell'alterità, iunzionale a una normalizzazione e borghesizzazione della società italiana del dopoguerra.La tesi propone quindi una teoria della rappresentazione italiana nel Novecento che, prendendo le mosse dalla critica postcoloniale, individua un'originale modalità di rappresentazione per cui gli elementi di "identità" vengono letterariamente trasfigurati in un'"alterità". Individuata questa esperienza, spiccano con inedita intensità le proposte di Carlo Levi per una nuova Italia, che incorporasse il sostrato "primitivo" nell'Italia contemporanea e futura; la progettualità delle esperienze artistiche di Pasolini dagli anni '50 alia sua scomparsa; e il percorso di Sciascia dall'acuta e innovativa riflessione sul pirandellismo degli esordi al ripiegamento sulla "sicilitudine" degli anni '80.
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La tesi è imperniata sulle modalità di rappresentazione letteraria del tempo e délia memoria (dunque sulla relazione fra tempo e narratività) nella produzione narrativa ad ampio respiro délia scrittrice Giovanna Zangrandi.¦Il canone delle opere prese in esame comprende, in particolar modo, i romanzi I Brusaz (1954) e Orsola nelle stagioni (1957), la narrazione a carattere autobiografico de II campo rosso (1959) e il diario resistenziale Igiorni Veri (1963).¦Il percorso di indagine si è awalso di strumenti teorici e analitici interdisciplinari: alla critica e alla prassi letteraria è stata affiancata una strumentazione di matrice storico-filosofica, sociologica e, in misura minore, psicanalitica.¦La tesi si articola in diverse sezioni. Nella prima parte del lavoro vengono esplorati alcuni nessi fondanti del lavoro: il rapporto fra storia e memoria, la relazione fra memoria individuale e memoria collettiva, la dialettica fra ricordo e oblio e quella fra memoria e narrazione, ossia ira contenuti mnestici individuali e loro configurazione letteraria; successivamente la tesi si focalizza sul nesso individuabile, soprattutto nelle opere più scopertamente autobiografiche di Giovanna Zangrandi, tra testo letterario e meccanismi individuali del ricordo, analizzando la dialettica tra pulsione autobiografica e sua rielaborazione tematica, tra piani memoriali soggettivi e loro traduzione narrativa.¦Nell'ultima parte del percorso critico la tesi si sofferma, in particolare, sulle complesse relazioni instaurate daU'autrice, nel diario I giorni veri, fra dimensioni storico-memoriali, piani autobiografïci e sistemi letterari. A taie fine, il punto di riferimento teorico fondamentale è costituito dalla prospettiva linguististica di Harald Weinrich, applicata alio studio dei tempi verbali, in base all'assunto secondo il quale il tempo verbale non esprime necessariamente una dimensione cronologica, quanto piuttosto una condizione psicologica délia soggettività narrante.¦Soffermandosi su un aspetto flnora inesplorato nell'ambito délia produzione narrativa di Giovanna Zangrandi, il lavoro evidenzia come la dialettica memoria/oblio e la corrispondente dicotomia tra passato e présente tendano a trasformarsi nella direttrice tematica fondamentale - nonchè in uno dei tratti più interessanti e significativi - dell'opera zangrandiana.
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Scopo di questo studio è la disamina e la divulgazione dei pregi letterari e del valore concettualmente innovativo del Discorso dell 'amore verso la patria di Ludovico Zuccolo. L'analisi dei contenuti dell'opera, unitamente alla puntualizzazione delle sue caratteristiche formali e stilistiche, permette di vedere come questo scrittore proponga, utilizzando la forma letteraria del discorso politico, una riuscita codificazione della tematica dei diritti e dei doveri dei cittadini verso la patria; operazione in cui si sostanzia, a mio avviso, l'apporto innovativo dello Zuccolo. Dopo l'iniziale riscoperta, da parte di Benedetto Croce, del capitolo delle Considerazioni sulla Ragion di Stato, l`opera dello Zuccolo ha generato un certo interesse critico fra gli studiosi di letteratura politica del "900" senza tuttavia divenire oggetto di contributi esaustivi malgrado, a nostro parere, la presenza di elementi di originalità di pensiero nel Discorso dell 'amore verso la patria. Inoltre, l'opinione degli specialisti non è mai stata unanime riguardo al valore e ai contenuti delle opere di questo autore. Se per il Croce, ne << La Critica >> del 1926, egli appare come colui che ha prodotto, «Lo scritto più acuto e originale sull'argomento [della Ragion di Stato], composto in quel seco1o.>> (p. 301), per altri egli si presenta come un dotto estensore di trattati politici nei quali sfoggia abilmente la sua erudizione classica e Luigi Firpo arriva a suggerire addirittura che lo Zuccolo sia colpevole di plagio proprio laddove tratta il tema della Ragion di Stato : Al punto in cui siamo, una cosa è certa, e cioè che i conti non tornano : non riesco a credere che uno scrittore inzeppi centinaia e centinaia di pagine di luoghi comuni, di erudizione d"accatto, di oziosità accademiche, e poi un bel mattino, morso dalla tarantola o baciato in fronte da Minerva, metta in carta il piccolo capolavoro, le pagine meditate e profonde, e perciò lungamente soffeite, che pure gli appartengono per una paternità incontestata e certa. Dico questo, perché in un caso del genere, non al miracolo s"avrebbe da credere, ma, semmai, al plagio. (1). Catherine Pitiot, nel suo saggio La retorica politica nell 'opera utopica di Ludovico Zuccolo, coglie invece in questo autore unicamente l"utopista che << lntende allontanarsi dalla realtà contemporanea per modificarla, correggerla e presentare un'in1magine che sia fondamentalmente diversa, a livello strutturale. >> (2). Di parere diametralmente opposto Rodolfo de Mattei, che attribuisce allo Zuccolo lo status di anti-utopista per eccellenza, tipico di uno scrittore che, Non ha voluto usufruire della facile libertà della fantasia per sovvertire l'ordine storico e per alterare arbitrariamente la natura umana, cioé per proporre un ordinamento mirante ad una radicale trasformazione della società e quindi di assai dubbia realizzazione. (3). Altri studiosi, fra cui Bruno Nediani, si sono dedicati alla descrizione della personalità dello Zuccolo, attingendo alle sue lettere - che lo stesso Nediani ha riscoperto - oltre che ai brevi accermi che di sé fa lo Zuccolo negli scritti. Dal saggio del Nediani, La personalità di Ludovico Zuccolo (1969), emerge la figura di un uomo tormentato e insoddisfatto, ossessionato dal sospetto dell"autorità ecclesiastica, costretto a procacciarsi impieghi inadeguati presso i potenti, all'inseguimento dell'obiettivo di una carriera che, comunque, finisce con il risultargli sempre, prima o poi, insopportabile. Più recentemente, Sergio Bertelli, nel suo contributo alla Storia della letteratura di Cecchi e Sapegno, ha aperto una nuova prospettiva sullo Zuccolo proponendolo come colui che, Spezza finalmente il cerchio moralistico costruito dal Botero attorno al pensiero machiavelliano e la ragion di stato cessa di essere giudicata vera o falsa, buona o malvagia, interessando in sé e per sé, cioé nei suoi presupposti e nei suoi fini esclusivamente politici. (4).
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Lo studio ha valutato le emissioni atmosferiche in Regione Lombardia dallo smaltimento di rifiuti solidi in discariche controllate nell'anno 2001, proiettandone i quantitativi attesi a medio e lungo termine sulla base degli scenari di evoluzione più attendibili per le caratteristiche qualitative dei fifiuti, le modalità di smaltimento e le tecnologie adottabili per il controllo delle emissioni stesse. La valutazione è stata condotta acquisendo i dati base degli impianti attualmente presenti sul territorio lombardo per quanto riguarda i rifiuti smaltiti e le modalità di captazione e di combustione del biogas. Sono stati quindi definiti alcuni scenari alternativi ragionevolmente ipotizzabili nel medio e lungo periodo per lo smaltimento dei rifiuti, sulla base dell'evoluzione imposta dalla normativa nazionale e dagli strumenti della pianificazione regionale. L'individuazione delle migliori tecnologie applicabili per la captazione ed il trattamento del gas prodotto e per il controllo delle corrispondenti emissioni atmosferiche ha permesso di stimare l'evoluzione temporale, in corrispondenza dei diversi scenari, della produzione di gas e delle emissioni dei principali inquinanti di interesse. I risultati mostrano la possibilità di ottenere una consistente riduzione delle emissioni di metano, tale da comportare a scala regionale una corrispondente diminuzione del 2% delle emissioni complessive di C02 equivalente. [Autore]
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Ce travail n'a pas pour but d'établir une histoire du choeur tragique pour ainsi dire 'd'anthologie', mais bien plutôt de tracer un parcours sélectif et dynamique, en suivant l'évolution de ses formes et de ses fonctions dans la tragédie italienne, à partir du début du XVIe siècle jusqu' à la production alfiérienne et au retour du choeur dans le théâtre de Manzoni ; à cela s'ajoute un exercice en dehors du genre dramatique tel que le Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie dans les Operette morali di Giacomo Leopardi. Dans la première partie - la plus ample et complexe, portant sur l'emploi du choeur dans la tragédie de la Renaissance - on essaye de cerner le contexte qui favorise la persistance d'un espace choral en examinant plusieurs commentaires de la Poétique aristotélicienne, et des essais de théorie dramaturgique comme Della poesia rappresentativa de Angelo Ingegneri, ou le Discorso intorno al comporre de Giambattista Giraldi Cinzio. À côté de la discussion sur le rôle du choeur on envisage aussi le profil formel des sections chorales, en s'appuyant sur l'analyse métrique, dans le cadre plus général du 'petrarchismo metrico', et en particulier de la réception de la chanson pétrarquesque. Interroger la présence de trois constantes thématiques - par exemple la forme de l'hymne à Éros - signifie en suite relever l'importance de Sophocle pour le théâtre de la Renaissance dans la perspective du choeur. Cette première section est complétée par un chapitre entièrement consacré à Torquato Tasso et à son Re Torrismondo, qui présente un troisième chant choral de grande épaisseur philosophique, central dans l'économie du drame et analysé ici à travers un exercice de lecture qui utilise à la fois les instruments de la stylistique, de l'intertextualité, et de l'intratextualité concernant l'entier corpus poétique et philosophique tassien, de ses Rime aux Dialoghi. La deuxième section, qui commence par une exploration théorique de la question du choeur, conduite par exemple sur les textes de Paolo Beni e Tommaso Campanella, a pour cible principale de expliquer comment le choeur assume le rôle d'un vrai 'personnage collectif' dans le théâtre de Federico Della Valle : un choeur bien installé dans l'action tragique, mais conservant au même temps les qualités lyriques et philosophiques d'un chant riche de mémoire culturelle et intertextuelle, de la Phaedra de Sénèque à la Commedia dantesque dans la Reina di Scozia, centre principal de l'analyse et coeur du catholicisme contreréformiste dellavallien. Dans la troisième partie le discours se concentre sur les formes de la métamorphose, pour ainsi dire, du choeur : par exemple la figure du confident, conçu comme un substitut du groupe choral dans les discussions des théoriciens et des auteurs français - voir Corneille, D'Aubignac, Dacier - et italiens, de Riccoboni à Calepio et Maffei. Cependant dans cette section il est surtout question de la définition de l'aria mélodramatique compris comme le 'nouveau choeur' des Modernes, formulée par Ranieri Calzabigi et par Metastasio. Il s'agit donc ici de mettre en relation l'élaboration théorique contenue dans la Dissertazione de Calzabigi et dans l'Estratto de l'Arte poetica de Metastasio avec le premier et unique essai tragique de jeunesse de ce dernier, le Giustino, et le livret de son Artaserse. On essaye de montrer le profond lien entre l'aria et l'action dramatique : donc c'est le dramma musicale qui est capable d'accueillir la seule forme de choeur - l'aria - encore possible dans le théâtre moderne, tandis que le choeur proprement tragique est désormais considéré inutilisable et pour ainsi dire hors-contexte (sans toutefois oublier qu'à la fin du siècle Vittorio Alfieri essayait de ne pas renoncer au choeur dans sa traduction des Perses d'Eschyle ; et surtout dans un essai tragique comme l'Alceste seconda ou dans sa tramelogedia, l'Abele). Comme conclusion une section contenant des remarques qui voudrait juste indiquer trois possibles directions de recherche ultérieure : une comparaison entre Manzoni et Leopardi - dans la perspective de leur intérêt pour le choeur et de la différence entre le sujet lyrique manzonien et celui léopardien ; une incursion dans le livret du mélodrame verdien, afin de comprendre la fonction du choeur manzonien et sa persistance dans le texte pour l'opéra ; et enfin quelque note sur la réception du choeur manzonien et du Coro di morti léopardien dans le XXe siècle, en assumant comme point d'observation la poésie de Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto et Franco Fortini. Il lavoro non intende tracciare una storia 'da manuale' del coro tragico, ma piuttosto indicare un percorso selettivo e dinamico, seguendo l'evoluzione delle sue forme e delle sue funzioni nella tragedia italiana, a partire dall'inizio del sedicesimo secolo per arrivare alla produzione alfieriana e al ritorno del coro nel teatro di Manzoni; a ciò si aggiunge una prova estranea al genere drammatico come il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie nelle Operette morali di Giacomo Leopardi. Nella prima parte - la più ampia e complessa, riguardante l'impiego del coro nella tragedia rinascimentale - si cerca di ricostruire il contesto che favorisce la persistenza dello spazio corale attraverso l'esame di diversi commenti alla Poetica aristotelica, e di alcuni saggi di teoria drammaturgica come Della poesia rappresentativa di Angelo Ingegneri, o il Discorso intorno al comporre di Giambattista Giraldi Cinzio. La discussione sul ruolo del coro è affiancata dall'esame del profilo formale delle sezioni corali, grazie a un'indagine metrica nel quadro del più ampio petrarchismo metrico cinquecentesco, e in particolare nel quadro della ricezione della formacanzone petrarchesca. Interrogare la presenza di tre costanti tematiche - per esempio la forma dell'inno a Eros - significherà in seguito rilevare l'importanza di Sofocle per il teatro rinascimentale anche nella prospettiva angolata del coro. Questa prima sezione è completata da un capitolo interamente dedicato a Torquato Tasso e al suo Re Torrismondo, che presenta un terzo canto corale di grande spessore stilistico e filosofico, centrale nell'economia del dramma e analizzato qui attraverso un esercizio di lettura che si serve degli strumenti della stilistica e dell'intertestualità, oltre che del rapporto intratestuale fra i vari luoghi del corpus tassiano, dalle Rime ai suoi Dialoghi. La seconda sezione, che si avvia con un'esplorazione teorica della questione del coro nel Seicento - condotta per esempio sui testi di Paolo Beni e Tommaso Campanella - ha per fulcro la descrizione di un coro quale 'personaggio collettivo' nelle tragedie di Federico Della Valle: un coro ben inserito nell'azione tragica, ma che conserva allo stesso tempo le qualità liriche e filosofiche di un canto ricco di memoria culturale e intertestuale, dalla Fedra di Seneca alla Commedia dantesca, nella sua Reina di Scozia, centro dell'analisi e cardine del cattolicesimo controriformista dellavalliano. Nella terza sezione il discorso si concentra sulle forme della metamorfosi, per così dire, del coro: per esempio la figura del confidente, interpretato come un sostituto del gruppo corale nelle discussioni di teorici e autori francesi - Corneille, D'Aubignac, Dacier - e italiani, da Riccoboni a Calepio e Maffei. Ma qui ci si rivolge anzitutto alla definizione dell'aria melodrammatica, sentita quale 'nuovo coro' dei Moderni da Ranieri Calzabigi e Pietro Metastasio. Si tratterà dunque di mettere in relazione l'elaborazione teorica svolta nella Dissertazione di Calzabigi e nell'Estratto dell'arte poetica di Metastasio con il primo e unico - e giovanile - tentativo tragico di quest'ultimo, il Giustino, e con il libretto del suo Artaserse. L'intenzione è quella di mostrare il profondo legame tra l'aria e l'azione drammatica: è perciò il dramma musicale che è capace di accogliere la sola forma di coro - l'aria - ancora possibile nel teatro moderno, mentre il vero e proprio coro tragico si rassegna ormai a essere considerato inutile e per così dire fuori contesto (senza dimenticare, tuttavia, che al chiudersi del secolo Vittorio Alfieri tentava di non rinunciare al coro nella sua traduzione dei Persiani di Eschilo; e soprattutto in un tentativo tragico come la sua Alceste seconda o nella tramelogedia Abele). In conclusione una più veloce sezione che vorrebbe semplicemente indicare qualche altra possibile direzione di ricerca: un confronto fra Manzoni e Leopardi - nella prospettiva del coro interesse per il coro, e della differenza fra il soggetto lirico manzoniano e quello leopardiano; un'incursione nel libretto del melodramma verdiano, per misurarvi la funzione del coro manzoniano e la sua persistenza nel testo operistico; e infine qualche appunto sulla ricezione del coro manzoniano e del Coro di morti di Leopardi nel Novecento, assumendo quale punto d'osservazione la poesia di Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto e Franco Fortini.
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RESUME Dès le printemps 2004, la construction d'une 2ème ligne de métro est entreprise dans la ville de Lausanne en Suisse. En reliant Ouchy, au bord du lac Léman (alt. 373 m) à Epalinges (alt. 711 m), le nouveau métro "M2" traversera dès 2008 l'agglomération lausannoise du Sud au Nord sur une distance de 6 km. Depuis l'avant-projet, en 1999, une grande quantité de données géologiques a été récolté et de nombreux forages exécutés sur le site. Ceci nous a donné une occasion unique d'entreprendre une étude de microgravimétrique urbaine de détail. Le mode de creusement du tunnel dépend fortement des matériaux à excaver et il est classiquement du domaine du géologue, avec ses connaissances de la géologie régionale et de la stratigraphie des forages, de fournir à l'ingénieur un modèle géologique. Ce modèle indiquera dans ce cas l'épaisseur des terrains meubles qui recouvrent le soubassement rocheux. La représentativité spatiale d'une information très localisée, comme celle d'un forage, est d'autant plus compliquée que le détail recherché est petit. C'est à ce moment là que la prospection géophysique, plus spécialement gravimétrique, peut apporter des informations complémentaires déterminantes pour régionaliser les données ponctuelles des forages. La microgravimétrie en milieu urbain implique de corriger avec soin les perturbations gravifiques sur la mesure de la pesanteur dues aux effets de la topographie, des bâtiments et des caves afin d'isoler l'effet gravifique dû exclusivement à l'épaisseur du remplissage des terrains meubles. Tenant compte de l'intensité des corrections topographiques en milieu urbain, nous avons donné une grande importance aux sous-sols, leurs effets gravifiques pouvant atteindre l'ordre du dixième de mGal. Nous avons donc intégré ces corrections celle de topographie et traité les effets des bâtiments de manière indépendante. Nous avons inclus dans le modèle numérique de terrain (MNT) la chaussée et les sous-sols afin de construire un modèle numérique de terrain urbain. Nous utiliserons un nouvel acronyme « MNTU »pour décrire ce modèle. Nous proposons d'établir des cartes de corrections topographiques préalables, basées sur les données à disposition fournies par le cadastre en faisant des hypothèses sur la profondeur des sous-sols et la hauteur des bâtiments. Les deux zones de test choisies sont caractéristiques des différents types d'urbanisation présente à Lausanne et se révèlent par conséquent très intéressantes pour élaborer une méthodologie globale de la microgravimétrie urbaine. Le but était d'évaluer l'épaisseur du remplissage morainique sur un fond rocheux molassique se situant à une profondeur variable de quelques mètres à une trentaine de mètres et d'en établir une coupe dans l'axe du futur tracé du métro. Les résultats des modélisations se sont révélés très convaincants en détectant des zones qui diffèrent sensiblement du modèle géologique d'avant projet. Nous avons également démontré que l'application de cette méthode géophysique, non destructive, est à même de limiter le nombre de sondages mécaniques lors de l'avant-projet et du projet définitif, ce qui peut limiter à la fois les coûts et le dérangement engendré par ces travaux de surface. L'adaptabilité de la technique gravimétrique permet d'intervenir dans toutes les différentes phases d'un projet de génie civil comme celui de la construction d'un métro en souterrain. KURZFASSUNG Seit dem Frühling 2004 ist in der Stadt Lausanne (Schweiz) die neue U-Bahn "M2" in Konstruktion. Diese soll auf 6 km Länge die Lausanner Agglomeration von Süd nach Nord durchqueren. Die dem Projekt zu Grunde liegende technische Planung sieht vor, daß die Bahnlinie hauptsächlich in der Molasse angesiedelt sein wird. Seit dem Vorentwurf (1999) ist eine große Anzahl geologischer Angaben gesammelt worden. Daraus ergab sich die einmalige Gelegenheit, die Informationen aus den damit verbundenen zahlreichen Bohrungen zu einer detaillierten mikrogravimetrischen Studie der Stadt Lausanne zu erweitern und zu vervollständigen. Das Ziel bestand darin, die Mächtigkeit der die Molasseüberdeckenden Moräneablagerung abzuschätzen, um eine entsprechendes geologisches Profile entlang der künftigen Bahnlinie zu erstellen. Weiterhin sollte gezeigt werden, daß die Anwendung dieser nicht-invasiven geophysikalischen Methode es ermöglicht, die Anzahl der benötigten Bohrungen sowohl in der Pilotphase wie auch im endgültigen Projekt zu reduzieren, was zu wesentlichen finanziellen Einsparungen in der Ausführung des Werkes beitragen würde. Die beiden in dieser Studie bearbeiteten Testzonen befinden sich im Nordteil und im Stadtzentrum von Lausanne und sind durch eine unterschiedliche Urbanisierung charakterisiert. Das anstehende Gestein liegt in verschiedenen Tiefen: von einigen Metern bis zu etwa dreißig Metern. Diese Zonen weisen alle Schwierigkeiten einer urbanen Bebauung mit hoher Verkehrsdichte auf und waren daher massgebend bei der Ausarbeitung einer globalen mikrogravimetrischen Methodologie für die Stadt Lausanne. Die so entwickelte Technik ermöglicht, die störenden Auswirkungen der Topographie, der Gebäude, der Keller und der Öffentlichen Infrastrukturen sorgfältig zu korrigieren, um so die ausschließlich auf die Mächtigkeit des Lockergesteins zurückzuführenden Effekte zu isolieren. In Bezug auf die Intensität der Auswirkungen der topographischen Korrekturen im Stadtgebiet wurde den Untergeschossen eine besonders grosse Bedeutung zugemessen da die entsprechenden Schwerkrafteffekte eine Grösse von rund einem Zehntel mGal erreichen können. Wir schlagen deshalb vor, vorläufige Karten der topographischen Korrekturen zu erstellen. Diese Korrekturen basieren auf den uns vom Katasterplan gelieferten Daten und einigen Hypothesen bezüglich der Tiefe der Untergeschosse und der Höhe der Gebäude. Die Verfügbarkeit einer derartigen Karte vor der eigentlichen gravimetrischen Messkampagne würde uns erlauben, die Position der Meßstationen besser zu wählen. Wir sahen zudem, daß ein entsprechenden a priori Filter benutzt werden kann, wenn die Form und die Intensität der Anomalie offensichtlich dem entsprechenden Gebäude zugeordnet werden können. Diese Strategie muß jedoch mit Vorsicht angewandt werden, denn falls weitere Anomalien dazukommen, können bedeutende Verschiebungen durch Übèrlagerungen der Schwerewirkung verschiedener Strukturen entstehen. Die Ergebnisse der Modellierung haben sich als sehr überzeugend erwiesen, da sie im Voraus unbekannte sensible Zonen korrekt identifiziert haben. Die Anwendbarkeit der in dieser Arbeit entwickelten gravimetrischen Technik ermöglicht es, während allen Phasen eines Grossbauprojekts, wie zum Beispiel bei der Konstruktion einer unterirdischen U-Bahn, einzugreifen. ABSTRACT Since Spring of 2004 a new metro line has been under construction in the city of Lausanne in Switzerland. The new line, the M2, will be 6 km long and will traverse the city from south to north. The civil engineering project determined that the line would be located primarily in the Molasse. Since the preparatory project in 1999, a great quantity of geological data has been collected, and the many drillings made on the site have proved to be a unique opportunity to undertake a study of urban microgravimetry. The goal was to evaluate the thickness of the morainic filling over the molassic bedrock, and to establish a section along the axis of the future line. It then had to be shown that the application of this nondestructive geophysical method could reduce the number of mechanical surveys required both for a preparatory and a definitive project, which would lead to real savings in the realization of a civil engineering project. The two test zones chosen, one in the northern part of the city and one in the city centre, are characterised by various types of urbanisation. Bedrock is at a depth varying from a few metres to about thirty metres. These zones well exemplify the various difficulties encountered in an urban environment and are therefore very interesting for the development of an overall methodology of urban microgravimetry. Microgravimetry in an urban environment requires careful corrections for gravific disturbances due to the effects of topography, buildings, cellars, and the infrastructure of distribution networks, in order to isolate the gravific effect due exclusively to the thickness of loose soil filling. Bearing in mind the intensity of the topographic corrections in an urban environment, we gave particular importance to basements. Their gravific effects can reach the order of one tenth of one meal, and can influence above all the precision of the Bouguer anomaly. We propose to establish preliminary topographic correction charts based on data provided to us by the land register, by making assumptions on the depths of basements and the heights of buildings. Availability of this chart previous to a gravimetry campaign would enable us to choose optimum measuring sites. We have also seen that an a priori filter can be used when the form and the intensity of the anomaly correspond visually to the corresponding building. This strategy must be used with caution because if other anomalies are to be associated, important shifts can be generated by the superposition of the effects of different structures. The results of the model have proved to be very convincing in detecting previously unknown sensitive zones. The adaptability of the gravimetry technique allows for application in all phases of a civil engineering project such as the construction of an underground metro line. RIASSUNTO Dalla primavera 2004 una nuova linea metropolitana é in costruzione nella città di Losanna in Svizzera. La nuova metropolitana "M2" traverserà per la lunghezza di 6 km il centro urbano di Losanna da sud a nord. II progetto d'ingegneria civile prevedeva un tracciato situato essenzialmente nel fondo roccioso arenaceo terziario (molassa). Dalla redazione del progetto preliminare, avvenuta nel 1999, una grande quantità di dati geologici sono stati raccolti e sono stati eseguiti numerosi sondaggi. Questo sì é presentato come un'occasione unica per mettere a punto uno studio microgravimetrico in ambiente urbano con lo scopo di valutare lo spessore dei terreni sciolti di origine glaciale che ricoprono il fondo roccioso di molassa e di mettere in evidenza come l'applicazione di questo metodo geofisico non distruttivo possa limitare il numero di sondaggi meccanici nella fase di progetto preliminare ed esecutivo con conseguente reale risparmio economico nella realizzazione di una tale opera. Le due zone di test sono situate una nella zona nord e la seconda nel centro storico di Losanna e sono caratterizzate da stili architettonici differenti. II fondo roccioso é situato ad una profondità variabile da qualche metro ad una trentina. Queste due zone sembrano ben rappresentare tutte le difficoltà di un ambiente urbano e ben si prestano per elaborare una metodologia globale per la microgravimetria in ambiente urbano. L'applicazione di questa tecnica nell'ambiente suddetto implica la correzione attenta delle perturbazioni sulla misura dell'accelerazione gravitazionale, causate dalla topografia, gli edifici, le cantine e le infrastrutture dei sottoservizi, per ben isolare il segnale esclusivamente causato dallo spessore dei terreni sciolti. Tenuto conto, dell'intensità delle correzioni topografiche, abbiamo dato grande importanza alle cantine, poiché il loro effetto sulle misure può raggiungere il decimo di mGal. Proponiamo quindi di redigere una carta delle correzioni topografiche preliminare all'acquisizione, facendo delle ipotesi sulla profondità delle cantine e sull'altezza degli edifici, sulla base delle planimetrie catastali. L'analisi di questa carta permetterà di scegliere le posizioni più adatte per le stazioni gravimetriche. Abbiamo anche osservato che un filtro a priori, qualora la forma e l'intensità dell'anomalia fosse facilmente riconducibile in maniera visuale ad un edificio, possa essere efficace. Tuttavia questa strategia deve essere utilizzata con precauzione, poiché può introdurre uno scarto, qualora più anomalie, dovute a differenti strutture, si sovrappongano. I risultati delle modellizzazioni si sono rivelati convincenti, evidenziando zone sensibili non conosciute preventivamente. L'adattabilità della tecnica gravimetrica ha mostrato di poter intervenire in differenti fasi di un progetto di ingegneria civile, quale è quella di un'opera in sotterraneo.
Resumo:
Le neuroscienze occupano oggi un ruolo essenziale nel dibattito scientifico e filosofico, nonché in quello delle scienze umane. Esse costituiscono la sfida più seria al sapere fin qui elaborato intorno ai fondamenti dell'esperienza di coscienza, poiché si propongono come capaci di rispondere alla domanda di origine e funzionamento della coscienza. Le neuroscienze cognitive stanno, oggi, rivoluzionando la nostra concezione della mente e delle sue funzioni. Ci forniscono nuovi dati sulla natura delle sensazioni, della memoria, della percezione e dei processi di astrazione. L'epistemologia è rientrata così pienamente nell'ambito di una disciplina sperimentale, come diversi filosofi (da Hume a Quine) hanno auspicato. È, alla fine, evoluta nell'esperienza odierna della cosiddetta "epistemologia sperimentale", luogo che coniuga il rigore sperimentale della scienza con la profondità e la sofisticazione argomentativa della tradizione filosofica. Come arriviamo a conoscere? Quali vincoli poniamo a quello che deve essere conosciuto? Perché seguiamo certe vie invece di altre? Come arriviamo a formulare giudizi e a prendere decisioni? Che valore ha la conoscenza già acquisita nell'elaborazione di nuove esperienze? In particolare, che peso hanno le aspettative e i ricordi in questo processo? Qual è il rapporto fra esperienza, conoscenza e memoria? Come si fissano e come si richiamano i ricordi? Qual è il rapporto fra coscienza e memoria? Sono alcune delle domande che l'autore si pone in questa ottica e alle quali cerca di rispondere, a partire dall'analisi e valutazione del dialogo-dibattito fra J.-P. Changeux e P. Ricoeur, per apprenderne il linguaggio, capire i problemi sollevati, adattarsi alla complessità della materia. Nel contesto della filosofia della mente, la "lettura" della discussione ripercorre i relativi percorsi attraverso l'analisi delle loro opere, da un lato quelle dello scienziato (sulla struttura e dinamica del cervello, la teoria dell'epigenesi e stabilizzazione selettiva, le speculazioni sull'uomo neuronale e i rilievi antropologici, le teorie della conoscenza e della coscienza, oltre che sulla conoscenza matematica, gli argomenti di estetica ed etica); dall'altro lato quelle del filosofo (dal Cogito riflessivo alla scoperta dell'ermeneutica, dalle eterogenee riflessioni sul Conflitto delle interpretazioni alla grande teoria sulla creatività del linguaggio, le conclusioni teoriche sull'ermeneutica del sé e l'ontologia dell'agire). Il punto di arrivo è la determinazione delle relative posizioni: quella di Changeux tra i neuroscienziati che si occupano di questioni filosofiche, epistemologiche ed etiche, e quella di Ricoeur tra i filosofi che si occupano di neuroscienze. La conclusione della tesi si svolge in un approfondimento teoretico che dalla nozione di "traccia" porta all'esperienza della "memoria", al fine di intrecciare i fili della discussione ripercorsa ed offrire una sponda non forzata al dibattito più ampio. Il tema della memoria è privilegiato per ragioni intrinseche, poiché si tratta di uno dei temi precipui delle neuroscienze, della filosofia della mente e della fenomenologia. A un primo livello viene instaurato su questo punto un confronto epistemologico tra la proposta della neurofenomenologia (Varala, ad esempio) e la posizione tenuta in particolare da Ricoeur rispetto ad essa e al suo "progetto unificante", posizione defilata e, per certi aspetti, criticamente dubbiosa sul fatto che si possa davvero giungere a un "terzo discorso". Si riferisce poi del largo interesse e dei risultati più significativi della riflessione fenomenologica antica e moderna sulla memoria. A un secondo livello vengono illustrati i programmi di ricerca recenti della neurofenomenologia su questo argomento all'interno delle scienze cognitive e si dà conto dei risultati più significativi. Ad un terzo e conclusivo livello, si approfondisce il significato teologico della memoria. Les neurosciences ont aujourd'hui un rôle essentiel dans le débat scientifique et philosophique, ainsi que dans celui des sciences humaines. Elles constituent le défi le plus sérieux aux savoir qu'on a construit jusqu'ici sur les fondements de l'expérience de conscience, attendu qu'elles-mêmes se considèrent capables de répondre à la demande sur l'origine e le fonctionnement de la conscience. Les neurosciences cognitives sont aujourd'hui en train de révolutionner notre conception de l'esprit et des ses fonctions. Elles nous offrent des nouvelles données au sujet de la nature de nos sensations, mémoire, perception et procédés d'abstraction. Aussi l'épistémologie est rentrée pleinement dans le domaine d'une discipline expérimentale, comme plusieurs philosophes (de Hume à Quine) l'ont souhaité. Elle s'est enfin adressée, dans l'expérience actuelle, vers la soi-disant "épistémologie expérimentale", lieu qui met en accord la rigueur expérimentale de la science avec la profondeur et la sophistiquée finesse argumentative de la tradition philosophique. Comment en arrivons-nous à connaître? Quels liens mettons-nous à ce qu'on doit être connu? Pourquoi suivons-nous certaines vois au lieu d'autres? Comment en arrivons-nous à formuler des opinions et à prendre des décisions? Quelle valeur a la connaissance qu'on a déjà acquise par l'élaboration des nouvelles expériences? En particulier, quelle est l'importance des attentes et des souvenirs dans cette évolution? Quel est le rapport entre expérience, connaissance e mémoire? Comment fixons et rappelons-nous nos souvenirs? Quel est le rapport entre conscience et mémoire? Ces sont quelques-unes des questions que l'auteur se pose dans cette perspective et aux quelles essaie de répondre a partir de l'analyse et l'évaluation du dialogue-débat entre fra J.-P. Changeux et P. Ricoeur, pour en apprendre le langage, comprendre les problèmes soulevés, s'adapter à la complexité du sujet. Dans le contexte de la philosophie du cerveau, la "lecture" du dialogue reparcourt les parcours des deux interlocuteurs par l'analyse de leur ouvrages, d'une part celles du savant (sur la structure et la dynamique du cerveau, la théorie de l'épigenèse et stabilisation sélective; les spéculations sur l'homme neuronal et les commentaires anthropologiques; les théories de la connaissance et de la conscience, de même que sur la connaissance de la mathématique, les sujets d'esthétique et étique; d'autre part celles du philosophe (du Cogito réflexif à la découverte de l'herméneutique, de les hétérogènes réflexions sur le Conflit des interprétations à la grande théorie sur la créativité du langage, les conclusions théoriques sur l'herméneutique du soi et l'ontologie de l'agir). L'issue est la determination des relatives positions: celle de Changeux parmi les neuro-scientifiques qui s'occupent de questions philosophiques, épistémologiques et éthiques, et celle de Ricoeur parmi les philosophes qui s'occupent de neurosciences. La conclusion de la thèse se développe dans un approfondissement théorétique que de la notion de "trace" à l'expérience de la "mémoire", à l'effet de nouer les fils de la discussion passée en revue et d'assurer un appui pas forcé au débat plus vaste. Le thème de la mémoire a été choisi pour des raisons intrinsèques, puisqu'il est un des thèmes principaux des neurosciences, de la philosophie de l'esprit et de la phénoménologie. Sur un premier plan épistémologique il est établi une comparaison entre la proposition de la neurophénoménologie (Varala, par exemple) et la position soutenue en particulier par Ricoeur au sujet de ce courant phénoménologique et de son "projet unifiant", position défilée et, à certains égards, critiquement hésitante sur le fait qu'on puisse vraiment en venir à un "troisième discours". On rend compte du grand intérêt et des résultats les plus significatifs de la réflexion phénoménologique ancienne et moderne sur la mémoire. Sur un second plan neurophénoménologique on illustre des plans de recherche récents sur cet argument au-dedans des sciences cognitives et on rend compte des résultats les plus distinctives. Sur un troisième et conclusif plan on approfondit le sens théologique de la mémoire.
Resumo:
La prima parte della ricerca è un approfondito studio dell'endecasillabo della Gerusalemme Liberata: in particolar modo, analizzo con un metodo statistico-quantitativo morfologia prosodica e tipologie del verso epico tassiano e distribuzione dei diversi tipi ritmici all'interno dell'ottava, tenendo naturalmente conto della necessaria connessione tra fisionomia ritmico-prosodica del verso e le strutture retoriche e sintattiche. Tale analisi, condotta con una prospettiva comparativa nei confronti di altre opere tassiane (Rinaldo, Conquistata) e della precedente tradizione in ottave, porta a riscontrare delle linee evolutive coerenti nella direzione di un progressivo innalzamento verso il modello lirico petrarchesco e dellacasiano e di un complessivo 'aggravamento' delle strutture stilistiche. I risultati permettono di mettere in discussione la vulgata critica che considererebbe monotono l'endecasillabo della Liberata: questo è negato, oltre che dall'evidenza delle statistiche, dal piano melodico e intonativo del verso, dato che diversi fattori stilistici interagenti (inarcature; struttura prevalentemente paratattica; dispositio molto mossa; moltiplicazione delle pause interne al verso) contribuiscono a minare la stabilità intonativa dell'endecasillabo, nella direzione del contrappunto tra movimento della frase e cadenze del verso. Analogamente, lo studio della fisionomia dell'ottava (seconda parte della ricerca) mostra da un lato il mantenimento di un modello di stanza 'pari', sostanzialmente affine al modello ariostesco, dall'altro una disposizione dei materiali verbali tesa a sommuovere internamente l'incedere per distici. Questo è legato alla strategia narrativa, di disposizione delle sequenze diegetiche: si possono infatti notare sovente aggregazioni di distici la cui continuità logico-argomentativa travalica la misura dell'ottava, rinnovando il rapporto dinamico e contrappuntistico tra forme metriche e fluire della narrazione. Ciò ha una funzione solidale proprio con lo sviluppo narrativo, dato che diversi espedienti stilistici paiono concorrere alla realizzazione di quella varietà nell'unità aristotelicamente centrale nell'elaborazione teorica tardocinquecentesca e tassiana in particolare. Nella terza parte del lavoro, infine, provo ad allontanare la lente dalla microscopia metrica e cerco di porre in relazione i dati metrico-stilistici con quelli sintattico-retorici già studiati dalla critica, provando a verificare nella concreta prassi poetica la teoria della commistione degli stili, così come viene progressivamente definendosi nella ricca produzione teorica del Tasso: centrale è la questione del dosaggio di artifici simmetrici, tipici del genere lirico, e asimmetrici, caratteristici dello stile grave, dosaggio coerente che si rivela in grado di illuminare da una prospettiva appunto stilistica le oscillazioni e le screziature del più grande poema tardorinascimentale.
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Résumé II lavoro verte sui volgarizzamenti quattro-cinquecenteschi di Luciano di Samosata, importante capitolo nella fortuna dell'autore greco, che diede l'avvio a quel vasto fenomeno chiamato "lucianesimo", esteso in Europa fino al XIX sec. In particolare fornisco l'edizione critica e commentata delle Storie vere volgarizzate, contenute nella prima, assai ampia (41 opuscoli), e per molto tempo unica, silloge lucianea in volgare, che ho datato a poco prima del 1480. Essa ci è giunta tramite un unico manoscritto, il Vaticano Chigiano L.VI.215, confezionato a Ferrara per Ercole I d'Este, nonché in almeno otto edizioni veneziane apparse fra il 1525 e il 1551. La princeps, da cui dipendono in vario modo tutte le edizioni successive, è pubblicata da Niccolò Zoppino. I1 ms. e le prime due edizioni (1525; 1527 Bindoni e Pasini) tacciono il nome del traduttore, che compare solo nell'edizione del 1529 (Zoppino): Niccolò Leoniceno (1428-1524), medico umanista e valente grecista, attivo a Ferrara dal 1464 al 1524, studioso e traduttore di Ippocrate e Galeno, editore di Aristotele e volgarizzatore di storici per Ercole d'Este. L'edizione ha richiesto uno studio preliminare sulle numerose traduzioni in latino e in volgare di Luciano, per valutare meglio le modalità della sua fortuna umanistica. Confrontando ms. e stampe, per le Storie vere si hanno due volgarizzamenti totalmente diversi, fin dal titolo: La vera historia nel ms., Le vere narrazioni nelle cinquecentine. Ma per l'ultimo quarto di testo, ms. e stampe in sostanza coincidono. La collazione ha coinvolto anche il testo greco (con gli apparati delle edizioni critiche) e la versione latina dell'umanista umbro Lilio Tifernate (1417/18-1486) risalente al 1439-43 ca., intitolata De veris narrationibus, di cui si hanno almeno tre redazioni d'autore; una quarta è invece dovuta probabilmente a Benedetto Bordon, che la inserì nella sua silloge latina di Luciano del 1494. Ho cosa stabilito che il volgarizzamento del ms. Chigiano, La vera historia, è stato eseguito direttamente dal greco, fatto eccezionale nel panorama delle traduzioni umanistiche, mentre quello a stampa, Le vere narrazioni, deriva dalla redazione Bordon del De veris narrationibus. La diversità dei titoli dipende dalle varianti dei codici greci utilizzati dai traduttori: il Vat. gr. 1323, o una sua copia, è utilizzato sia dal volgarizzatore del Chigiano, sia da Bordon, indipendentemente l'uno dall'altro; il Marc. gr. 434, o una sua copia, dal Tifernate. Il titolo latino mantenuto da Bordon risale al Tifernate. Per quanto riguarda l'attribuzione dei due volgarizzamenti, come già per altri due testi della silloge da me studiati (Lucio 01 Asino e Timone), anche per La vera historia del Chigiano è accettabile il nome di Niccolò Leoniceno, poiché: 1) essa è tradotta direttamente dal greco, correttamente e con buona resa in volgare, 2) Paolo Giovio -che conobbe di persona il Leoniceno -, negli Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita ricorda che i volgarizzamenti di Luciano e di Dione eseguiti dal Leoniceno piacquero molto ad Ercole d'Este, 3) nessuno nella prima metà del sec. XVI rivendica, per sé o per un suo maestro, il volgarizzamento di Luciano. Le vere narrazioni a stampa, tradotte dal latino del Bordon, dopo il 1494 e prima del 1525, per la parte che diverge dalla Vera historia rimangono invece anonime. Dato che si tratta di due volgarizzamenti distinti, ho allestito l'edizione a fronte dei due testi fin dove essi divergono, seguendo per l'uno il ms., per l'altro la princeps; per la parte finale, in cui confluiscono, mi baso invece sul manoscritto e relego in apparato le varianti più vistose della princeps (non è emerso un chiaro rapporto di dipendenza fra i due testimoni). Oltre all'apparato critico con le lezioni rifiutate, fornisco un commento con la giustificazione delle scelte e il confronto con i corrispondenti passi greci e latini.
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C'è ancora spazio per la teologia all'interno del sapere? E che genere di sapere è quello proprio della teologia? È un sapere che conosce ma che, a un tempo, ha anche il sapore della fede: è un "sapere che sa di fede". In queste pagine teologi e studiosi di varie discipline (dalla filosofia all'economia, dal diritto alla pedagogia) si interrogano sul moderno assetto del sapere in rapporto alla teologia.
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Letterato versatile e curioso del presente, Sertorio Quattromani (Cosenza 1541-1603) fu uno dei migliori critici letterari della seconda metà del Cinquecento, come dimostrano innanzi tutto l'importante esposizione delle Rime di Della Casa (edita postuma nel 1616) e ora il commento alle Rime di Bembo, qui per la prima volta pubblicato, sulla base del manoscritto Palatino 1036 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nel quale si conserva adespoto con il titolo Luoghi difficili del Bembo. Elaborato tra il 1564 e il 1570, il commento bembiano si presenta non del tutto compiuto, per quanto già ricco di chiose esplicative e di riferimenti intertestuali. Occorre tuttavia considerare che la tipologia esegetica scelta da Quattromani non è quella dell'esposizione continua ma quella del commento tecnico e selettivo, incentrato sulla spiegazione dei luoghi difficili e sull'allegazione dei loci paralleli, oltre che sulle censure di gusto e sui rilievi linguistici, stilistici e retorici. Focalizzata sulla parafrasi e sull'intertestualità, l'annotazione di Quattromani intende essere al servizio del testo e insieme offrire agli scrittori coevi la possibilità di entrare in uno dei più raffinati laboratori poetici del Rinascimento. Almeno due sono le ragioni per motivare il recupero di un'opera incompiuta, e che lo stesso autore non ritenne più adeguata ai tempi, impegnandosi nell'esegesi delle Rime dellacasiane. Innanzi tutto un motivo di ordine generale: letture e commenti di critici coevi all'autore sono di grande utilità per un'interpretazione dei testi storicamente fondata. Poi un motivo specifico, che riguarda lo sviluppo della lirica italiana: già da metà Cinquecento l'esegesi dei poeti contemporanei diventa uno strumento essenziale per costruire la lirica moderna sulle fondamenta gettate da Bembo prima e da Della Casa poi. Infatti nel commento bembiano di Quattromani la fitta allegazione di loci paralleli estratti dalla letteratura latina serve anche a rivelare quanto il petrarchismo di Bembo non si alimenti del solo Petrarca. Rispetto alla vulgata petrarchistica, ciò che emerge nel Bembo di Quattromani è pertanto l'impossibilità per un poeta non corrivo di attenersi a norme insensibili al mutare dei tempi. Il riuso del dettato petrarchesco resta ovviamente legge, ma a patto che accolga nuove commistioni e svariati incrementi. In particolare, si avverte come sempre più vitale la riappropriazione profonda di tutta la letteratura in latino, da quella antica a quella umanistico-rinascimentale, tanto da pervenire a una contaminazione di latino e volgare che può essere considerata uno dei principali fattori di apertura della strada verso il Barocco intrapresa a fine Cinquecento dalla poesia italiana.
Resumo:
Introduzione : Plinio il Giovane erogò una somma di denaro per costruire una biblioteca e assicurarne il funzionamento. Una cittadina donò al Municipio di Balerna due case di appartamenti con lo scopo di mantenervi pigioni moderate e di mettere i vani a disposizione quale abitazione primaria per la popolazione del Comune. Questi due esempi illustrano casi di donazioni gravate da un onere. Da essi si evince che la donazione modale consta di due elementi: un dono e una finalità posta allo stesso. Una tale donazione esemplifica l'idea di alterità dell'unità, come Giano - dio del Pantheon romano - il quale è rappresentato con due volti, che gli permettevano di vedere il passato e di scrutare il futuro. Così, il presente lavoro - anch'esso paradigma dell'alterità dell'unità - si prefigge lo scopo di creare un ponte tra il passato e il potenziale futuro, sulla scorta anche di testi filosofici e letterari, senza tacere la sua dimensione giuridica. Un'invocazione a Giano si giustifica: anche Seneca, nel suo canzonatorio poema sulla trasformazione in zucca dell'imperatore Claudio - l'Apocolocintosi - narra che il dio patrocinò l'interessato, siccome abile oratore e aduso all'arte forense poiché i suoi due volti indicano in senso metaforico - e ironico - la capacità di esaminare le questioni sotto tutti i loro aspetti. Ciò posto, giovi considerare che la donazione modale è costituita di due scorciatoie cognitive che espongono la sua alterità: l'una, il dono, rimanda all'idea di gratuità, di benevolenza, di amicizia, di reciprocità; l'altra, l'onere, riconduce all'onerosità, allo scambio, al contratto, alla commutatività. Così, per enucleare l'unità della donazione gravata da un onere occorre chinarsi sulla sua alterità e percorrere i cammini che essa propone: la gratuità e l'onerosità, per poi ridurre gli esiti nell'unitarietà dell'istituto. Il presente lavoro vaglia invero la donazione modale. Esso è nondimeno condito di riflessioni più generali inerenti alla teoria dei contratti e alla filosofia del diritto, in una digressione temporale che dal diritto romano porta al diritto svizzero, passando per alcuni glossatori e umanisti e, anche, attraverso alcune legislazioni regionali del XIX secolo. Donde un lavoro che, in ultima analisi, abbraccia più tematiche, suddivise come esposto in appresso. Il primo capitolo, di introduzione al tema, è un compendio della terminologia latina del dono, ottenuto individuando esempi addotti dalle fonti giuridiche e fatti narrati da scrittori latini. Dacché la legge si palesa mediante uno scritto insieme di segni che esprimono concetti - mi è parso opportuno soffermarmi sulle sfaccettature linguistiche del "dono". La società romana era tributaria di molteplici rapporti di amicizia, i cui contenuti hanno poi dato adito ai cosiddetti contratti gratuiti. A Roma, la gratuità era un concetto bicefalo. Esisteva una gratuità propriamente detta e una gratuità qualificata di lucrativa. L'una escludeva l'altra. Esse godevano di un campo d'applicazione autonomo e indipendente. Queste due nozioni sono l'oggetto del secondo capitolo. Dato che la donazione modale è una commistione tra gratuità e onerosità, dopo aver esposto i criteri della gratuità, il terzo capitolo si incentra sull'analisi del modus testamentario e del concetto di donazione remuneratoria. Lungo le pagine del quarto capitolo, preludio al nucleo stesso della tesi, si tratteggia lo sviluppo giuridico della donazione nel diritto romano: da causa di atti a contratto indipendente. Dopo avere tracciato i contorni degli elementi che si fondono nel concetto di donazione gravata da un onere (dono, gratuità, onerosità), il quinto capitolo contiene la base del presente studio: l'analisi della donazione modale. Assemblando i risultati emersi nei capitoli precedenti, si definisce e si delimita questo istituto, si elabora la sua maturazione storica e concettuale. L'incedere della tesi, in ambito svizzero, segue quasi pedissequamente la struttura romanistica del primo titolo. Dopo una presentazione di alcune legislazioni del XIX secolo, nel preludio, il secondo capitolo si concentra sulla nozione di gratuità, quale può essere estrapolata dal Codice civile, dal Codice delle obbligazioni e dalla Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento. Il terzo capitolo tratta dell'onerosità, limitata al Codice civile e, principalmente, all'onere successorio. La tesi si chiude, nel quarto capitolo, con una digressione sulla donazione gravata da un onere nel diritto svizzero. In questo lavoro i quesiti di fondo, cui si cerca di fornire una risposta, riguardano la natura e la struttura dell'istituto in esame: di che tipo di contratto si tratta? È gratuito, lucrativo o oneroso? Come risponde il donatario inadempiente? Permettetemi un'avvertenza preliminare: i testi letterari, giuridici e filosofici su cui poggia il primo titolo sono vecchi di un paio di millenni, e, prima di giungere nelle nostre biblioteche e nelle nostre case, hanno subito un percorso tortuoso. Alcuni sono stati alterati, altri modificati. Errori di trascrizione si sommano ad adeguamenti alle nuove realtà storiche. Ciò premesso, i testi letterari e filosofici sono presentati nelle versioni indicate nelle pagine della bibliografia e non sono stati l'oggetto di particolari attenzioni interpolazionistiche, critiche che affiorano tuttavia per i frammenti giuridici più interessanti per il presente lavoro.