25 resultados para Linda Sue


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Nella mia tesi di dottorato mi concentro sul poema di Lucrezia Marinelli, L'Enrico, ovvero Bisanzio acquistato, pubblicato a Venezia nel 1635, indagando le strategie messe in atto dall'autrice per rivisitare il genere epico in un'ottica di riscatto femminile. Rispetto al canone epico e, in particolare, al modello di riferimento - la Gerusalemme liberata del Tasso - le vicende nodali sono, infatti, riscritte da un punto di vista chiaramente femminile. Pur occupandomi principalmente dell'opera di Marinelli, in alcuni casi nel corso del mio lavoro propongo dei confronti con altri poemi epici e cavallereschi prodotti da donne - in particolare I tredici canti del Floridoro di Moderata Fonte (1581) - volti a mostrare come le scrittrici avessero degli intenti comuni, dialogando in maniera critica con i modelli maschili da cui, tuttavia, traggono ispirazione. Nei primi capitoli del mio lavoro prendo in esame alcuni personaggi tradizionali dell'epica (le guerriere, la maga, ...) presenti ne L'Enrico e ne ripercorro gli episodi topici (le sortite notturne, l'eroe sull'isola, ...) dimostrando come, pur inserendosi coerentemente nel genere epico, siano caratterizzati in modo sostanzialmente diverso rispetto alla precedente tradizione maschile. Il primo capitolo si concentra sulle figure di guerriere, le quali presentano - rispetto ai precedenti modelli - differenze notevoli: non si lasciano coinvolgere in vicende amorose e non finiscono per essere sottomesse o uccise da un uomo, mantenendo così coerentemente intatti i valori di forza e indipendenza. Neppure la maga sull'isola - presa in esame nel capitolo dedicato alle Altre figure di donne idealizzate - è coinvolta in vicende sentimentali o caratterizzata sensualmente. L'autrice la rappresenta, non alla stregua di una tentatrice al servizio delle forze del male, ma come una donna colta, casta e disposta ad aiutare il cavaliere naufragato sulla sua isola. Nello stesso capitolo sono indagate anche altre figure femminili idealizzate, per taluni aspetti meno innovative, ma ugualmente interessanti: la Vergine, la personificazione di Venezia e la Musa. Queste rappresentazioni dal carattere iconico, presentano, infatti, diverse caratteristiche in comune con i personaggi più attivi del poema, le guerriere e la maga. Il capitolo Delle pene e delle tragedie amorose è dedicato all'amore e ai suoi esiti tragici. Le figure di donna coinvolte sono le madri, le mogli e Idillia, in cui è riconoscibile il personaggio topico della "damigella in difficoltà". Queste protagoniste, destinate a soffrire perché abbandonate dall'uomo che amano - il quale sente più forte il richiamo della guerra rispetto a quello dell'amore - servono da exempla, dimostrando che attaccamento affettivo e dipendenza conducono inesorabilmente all'infelicità. Rispetto al canone epico Marinelli riscatta alcune figure femminili, permettendo alle sue guerriere di prendersi la rivincita, vendicando la morte di eroine quali Camilla e Clorinda. Conseguentemente, alcuni guerrieri sono destinati a morire per mano di una donna. Nel quarto capitolo, mi concentro proprio su La sconfitta degli eroi, mettendo in luce come l'autrice proponga una sua personale regola del contrappasso, volta a cambiare (e addirittura invertire) le sorti dei personaggi che animano il suo poema. Questi aspetti risultano essere ancora più significativi se confrontati con l'opera - data alle stampe per la prima volta nel 1600 - intitolata Nobiltà et eccellenza delle donne. In questo trattato Marinelli sosteneva la superiorità del genere femminile su quello maschile. Alcune delle posizioni assunte nello scritto giovanile sono confermate dai personaggi e dalle vicende che animano l'Enrico. Confronti puntuali fra trattato e poema epico sono effettuati nell'ultimo capitolo del mio lavoro, sottolineando come fra le due opere vi siano delle affinità volte a confermare l'eccellenza delle donne.

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The appearance of immunoreactive alpha-melanotropin (alpha-MSH) and adrenocorticotropin (ACTH) during development was studied in 3 areas of the rat brain--cerebral hemispheres, midbrain and hindbrain--from embryonic day (ED) 13-14 until day 21 postnatally. The alpha-MSH content in vivo was always highest in the midbrain; a peak content at birth was followed by a transient decline and a later, higher plateau from postnatal day 7 onwards. The alpha-MSH content in the cerebral hemispheres rose progressively after birth reaching a peak at day 21. Values in the hindbrain rose at day 3 and changed relatively sue taken at ED 15-16 showed a gradual increase in alpha-MSH content over the 20 days. The alpha-MSH content of hindbrain cultures remained at constant low levels, while no alpha-MSH was detectable in cerebral hemisphere cultures. ACTH appeared in vivo earlier than alpha-MSH and was detectable in embryonic brains at ED 13-14. A transient rise was seen at ED 17-18 and major peaks at birth, day 2 and day 3, in the midbrain, hemispheres and hindbrain, respectively. In vitro, the ACTH content increased in all brain regions during the first 5 days in culture and showed no further change thereafter. Comparisons of the in vivo and in vitro development of alpha-MSH and ACTH demonstrate that (i) these two peptide systems are independent in respect to their localization and time of appearance; (ii) they undergo maturation both in vivo and in vitro; (iii) epigenetic factors, such as interactions with other neurotransmitter systems may modulate the developmental pattern of these two peptides.

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Il lungo e complesso itinerario narrativo di Luigi Meneghello è ben rappresentato dalle migliaia di documenti che compongono il suo Archivio, oggi conservati in varie sedi pubbliche: il Centro Manoscritti dell'Università di Pavia (che ha acquisito la parte più abbondante e notevole delle carte, a partire dal 1983 e grazie soprattutto al lungimirante intervento di Maria Corti) la Biblioteca dell'Università di Reading, il Museo Casabianca di Malo e l''Archivio di Scrittori Vicentini della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza. Il presente lavoro è il frutto di una ricerca che si è sviluppata in due direzioni strettamente interrelate: la prima parte, di taglio storico-archivistico, riguarda il Fondo Meneghello di Pavia, anche in relazione all'intero Archivio dello scrittore; la seconda parte analizza filologicamente e criticamente il caso specifico della genesi di una delle sue opere maggiori, Pomo pero (Rizzoli, 1974), rivelando e indagando una fitta rete di connessioni nell'intera produzione narrativa. Più nel dettaglio, nel primo capitolo del lavoro (L'ARCHIVIO DI LUIGI MENEGHELLO, pp. 1-92) ho cercato di delineare il quadro complessivo dell'Archivio, segnalando i dati dei diversi Fondi sparsi, per poi concentrare l'attenzione sul Fondo pavese. Di questo Fondo ho tracciato brevemente la storia, fornendo un quadro molto dettagliato delle carte conservate, carte che ho provveduto integralmente a catalogare. La schedatura si trova alle pp. 29-92 ed è divisa in due sezioni: la prima è relativa ai materiali donati dall'autore in vita (a partire dal 1983/4 sino al 2001, per un totale di 36000 documenti); la seconda comprende i conferimenti postumi. Alle pp. 29-33 della tesi ho chiarito preliminarmente i criteri di ordinamento adottati, in gran parte dedotti dalle indicazioni e dalle linee guida del progetto Archivi Letterari Lombardi del Novecento, a cura di Simone Albonico. Il secondo capitolo (UN CASO DI FILOLOGIA D'ARCHIVIO: LA GENESI DI POMO PERO, pp. 93-166) si occupa dell'elaborata vicenda compositiva di Pomo pero, terzo romanzo, e altro scomparto dell'epopea maladense che segue al primo Libera nos a malo, ma anche se ne differenzia per tratti e tonalità non irrilevanti (in Appendice si fornisce trascrizione del testo con indici topografici e cronologici). Ho cercato di seguirne per tappe la formazione alla luce delle numerose testimonianze dell'Archivio, partendo dai primi materiali ancora rintracciabili tra le carte di Libera nos a malo, e individuando progressivamente il filo intricato dell'elaborazione testuale, tra frequenti intrecci con le altre opere e continui ripensamenti e rielaborazioni, dunque in un percorso complessivo che dal 1962 (dunque a monte dell'uscita di Libera nos a malo) va sino al 1974, a ridosso della stampa. Sono emersi anche progetti totalmente sconosciuti di testi inediti, collocabili nel fertile periodo della metà degli anni Sessanta, che conducono alla suggestiva ipotesi di un "cantiere unico" di elaborazione testuale (cfr. cap. III «CONCLUSIONI PROVVISORIE». TRA I PROGETTI DEGLI ANNI SESSANTA; L'ESPEDIENTE DEL FRATELLO; L'IPOTESI DEL CANTIERE UNICO, pp. 167-186).

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OBJECTIVES: Studies investigating suicidal behaviour in psychosis rarely focus on incidence cohorts of first-episode patients. This is important, because patients who refuse study participation have higher rates of comorbid substance use disorders and longer duration of untreated psychosis as well as worse course illness, variables potentially linked to higher prevalence of suicidal behaviour. The aims of the present study were therefore to examine the prevalence and predictors of suicide and suicide attempt before and during the first 18-24 months of treatment. METHOD: A retrospective file audit of 661 patients was carried out. RESULTS: Six patients (0.9%) died by suicide, 93 (14.3%) attempted suicide prior to entry, and 57 (8.7%) did so during treatment. Predictors of suicide attempt were: previous attempt (odds ratio (OR)=45.54, 95% confidence interval (CI)=9.46-219.15), sexual abuse (OR=8.46, 95%CI=1.88-38.03), comorbid polysubstance (OR=13.63, 95%CI=2.58-71.99), greater insight (OR=0.17, 95%CI=0.06-0.49), lower baseline Global Assessment of Functioning Scale and Scale of Occupational and Functional Assessment score (OR=0.96, 95%CI=0.62-0.91; OR=0.98, 95%CI=0.95-0.99), and longer time in treatment (OR=1.05, 95%CI=1.03-1.08). CONCLUSIONS: The prevalence of suicidal behaviour was high, indicating that suicidal behaviour in incidence populations is higher than in non-epidemiological cohorts of first-episode patients. The rate of repetition of suicide attempt among the sample, however, was lower than expected, suggesting that specialist services can play a role in reducing suicide risk.

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There are suggestions that some first-episode psychosis (FEP) patients can have favourable outcome without antipsychotic medication. However, there is very limited data regarding patients' characteristics on which the decision to propose medication free treatment could be based. FEPOS is a fi le-based study of an epidemiological sample of 704 FEP patients treated at EPPIC, Melbourne, between 1998 and 2000. Among the 661 patients where data was available, 108 consistently refused medication during the entire duration of their treatment at EPPIC. In this paper we compared, within this sub-group, patients who had a favourable outcome with those who did not. Patients were aged between 15 and 29 years (M = 21.9, SD = 3.40) and the majority were male (70.4%, n = 76). Symptomatic remission data was available on 105 patients; of these patients 41.0% (n = 41) had achieved remission. Functional remission data was available on 100 patients; of these patients 33.0% (n = 33) had achieved functional remission. Combined remission was evident in 23.0% (n = 23) of patients. Three factors were associated with symptomatic remission: better premorbid functioning (based on GAF, OR = 1.07, p = 0.006), higher number of years of education (OR = 1.43, p = 0.020), and being employed or studying at service entry (OR = 2.59, p = 0.034). Three factors were associated with functional remission: shorter duration of prodrome (OR = 0.50, p = 0.043), severity of psychopathology (CGI-S, OR = 0.51, p = 0.024), and vocational status at service entry (OR = 4.29, p = 0.003). While various aspects of pre-morbid functioning seem to correlate with the possibility of a favourable outcome in FEP patients who refuse medication, various limitations need to be taken into account in this study.

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Le tabac à priser, appelé "snuff" ou encore "chnouff", est la plus ancienne forme de tabac connue en Europe (1). Il aurait été importé en Europe en 1493 par un moine Franciscain voyageant avec Christophe Colomb au retour des Caraïbes (2). Le tabac à priser consiste en une fine poudre de tabac communément brune actuellement vendue dans de petites boîtes de métal rondes. Dans la suite du manuscrit nous utiliserons le terme snuff pour désigner le tabac à priser. Il fait partie d'un groupe de produits appelé "tabac sans fumée" (en anglais "smokeless tobacco") comprenant également la snus (« moist snuff » en anglais, tabac non- fermenté destiné à une absorption par la muqueuse orale à ne pas confondre avec la snuff), et le tabac à mâcher (feuilles de tabac broyées ou compacts mastiquées puis recrachées). La plupart des articles scientifiques publiés sur le tabac sans fumée concernent la snus car elle est largement consommée dans les pays nordiques (en Suède et en Norvège plus particulièrement) et dans certains milieux sportifs.

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Antonio Brocardo è ricordato per essere entrato in polemica con Pietro Bembo, suscitando clamore e indignazione. Le fonti antiche sulla vita del Bembo lo descrivono come un folle intento a distruggere qualcosa che non riusciva bene a comprendere Vitaliani lo definisce, nel titolo della sua monografia del 1902 (l'unica fino ad ora dedicata al poeta), «vittima del bembismo», probabilmente risentendo dei pesanti giudizi sul cardinale già presenti in Leopardi e poi nel De Sanctis. Eppure, già a partire da Croce, si cerca di ricostruire in maniera meno pregiudizievole la figura del poeta veneziano, considerando più da vicino i testi pervenuti. Ci si trova, però, di fronte ad uno scarto imponente: la tradizione lo vuole opposto al bembismo, mentre la lirica brocardiana non sembra per molti aspetti differenziarsi così platealmente dal canone bembesco, a giudizio di molte storie letterarie. Questa nuova edizione mira: a ricostruire scrupolosamente la biografia del poeta, l'ambiente frequentato ed i rapporti con altri poeti/intellettuali del suo tempo; a fare finalmente chiarezza sulle polemiche che videro il giovane veneziano come protagonista, a partire dalle fonti contemporanee (correggendo quanto riportato dalle biografìe del Bembo o dalle storie letterarie); a fornire un adeguato commento alle sue rime, dopo aver ristabilito un sicuro testo critico; a fare maggior chiarezza sul rapporto tra Brocardo ed il furbesco letterario; a collocare il poeta in una ben determinata fase del petrarchismo.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.