3 resultados para Protocollo Tor, simulatore Shadow, privacy, sicurezza informatica

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L'identificazione dei prodotti ittici è uno dei temi chiave in materia di sicurezza alimentare. L’errata etichettatura dei prodotti alimentari e la sostituzione di alcuni ingredienti rappresentano questioni emergenti in termini di qualità e sicurezza alimentare e nutrizionale. L'autenticazione e la tracciabilità dei prodotti alimentari, gli studi di tassonomia e di genetica di popolazione, così come l'analisi delle abitudini alimentari degli animali e la selezione delle prede, si basano su analisi genetiche tra cui la metodica molecolare del DNA barcoding, che consiste nell’amplificazione e nel sequenziamento di una specifica regione del gene mitocondriale chiamata COI. Questa tecnica biomolecolare è utilizzata per fronteggiare la richiesta di determinazione specifica e/o la reale provenienza dei prodotti commercializzati, nonché per smascherare errori di etichettatura e sostituzioni fraudolente, difficile da rilevare soprattutto nei prodotti ittici trasformati. Sul mercato sono disponibili differenti kit per l'estrazione del DNA da campioni freschi e conservati; l’impiego dei kit, aumenta drasticamente il costo dei progetti di caratterizzazione e di genotipizzazione dei campioni da analizzare. In questo scenario è stato messo a punto un metodo veloce di estrazione del DNA. Esso non prevede nessuna fase di purificazione per i prodotti ittici freschi e trasformati e si presta a qualsiasi analisi che preveda l’utilizzo della tecnica PCR. Il protocollo consente l'amplificazione efficiente del DNA da qualsiasi scarto industriale proveniente dalla lavorazione del pesce, indipendentemente dal metodo di conservazione del campione. L’applicazione di questo metodo di estrazione del DNA, combinato al successo e alla robustezza della amplificazione PCR (secondo protocollo barcode) ha permesso di ottenere, in tempi brevissimi e con costi minimi, il sequenziamento del DNA.

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Le piante e gli animali presentano elementi comuni nel loro sistema di difesa contro gli agenti patogeni, come la sintesi diretta di enzimi idrolitici (chitinasi, glucanasi, proteinasi e ossidasi) e di peptidi antimicrobici (AMPs). Gli AMPs sono peptidi ampiamente espressi negli organismi animali (vertebrati e invertebrati) e nelle piante. Possono essere espressi costitutivamente o rapidamente indotti inseguito ad uno stimolo biotico, a differenti livelli cellulari, per interagire direttamente con l’agente infettante e/o per modulare la risposta immunitaria contro i patogeni. Tali peptidi sono oggi classificati in relazione alle loro caratteristiche biochimiche (carica netta) e/ o alle loro caratteristiche strutturali (composizione amminoacidica, struttura lineare o circolare). In base a queste caratteristiche le molecole possono essere distinte nei seguenti gruppi: 1) peptidi lineari ad alfa elica; 2) peptidi ciclici con β-sheets e due o più ponti disolfuro; 3) peptidi con alfa elica e β-sheets stabilizzati da ponti disolfuro; 4) peptidi con hairpin o loop stabilizzati da ponti disolfuro; 5) peptidi lineari con residui aminoacidici ripetuti, come prolina, glicina, triptofano o istidina; 6) piccoli peptidi con struttura avvolta o con una struttura secondaria non definita. Nonostante la loro diversità strutturale, i peptidi antimicrobici presentano la caratteristica comune di inibire la crescita di un largo spettro di microbi, quali Gram-positivi, Gram-negativi, funghi e in alcuni casi anche virus, tanto da far coniare il termine di “antibiotici naturali”. Negli ultimi anni è notevolmente incrementato l’interesse verso tali peptidi dal momento che dati scientifici hanno mostrato che questi non inducono lo sviluppo di meccanismi di resistenza nei microrganismi patogeni. Gli AMPs quindi potrebbero costituire una valida alternativa non solo in ambito sanitario, per la sostituzione di antibiotici di sintesi chimica e di origine microbiologica, ma potrebbero avere un importante utilizzo in campo industriale e nello sviluppo di nuovi sistemi di conservazione degli alimenti al fine di incrementare la loro “shelf-life”.

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Parlare di KeyCrime significa rapportarsi con un software che si fonda prioritariamente su di un metodo scientifico che fa proprio il ragionamento conclusivo (conclusive reasoning), applicato al decison making , pertanto all’intelligence investigativa e alla predictive policing. Potremmo pensare a KeyCrime come un paradigma operativo che si pone in sinergia tra la filosofia, il cognitivismo giuridico e le scienze applicate (Romeo F., 2006). Quando analisi e decision making trovano in un unico contesto il terreno fertile dove svilupparsi, ma ancor più, creare presupposti di ragionamento, ecco che da queste è facile comprendere da quale altra condizione sono nate, attivate e soprattutto utilizzate ai fini di un risultato: questa non è altro che “l’osservazione”; se ben fatta, profonda e scientifica offre una sistematica quanto utile predisposizione alle indagini, specialmente di carattere preventivo per l’anticrimine e la sicurezza.