5 resultados para Osteotomia maxilar tipo Le Fort I

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Paesaggio ed infrastrutture viarie sono un binomio molto forte: il primo ha insito il concetto di accessibilità, in quanto non può esistere senza la presenza di un osservatore; la strada, invece, trova i fattori che la connotano nel suo rapporto con la morfologia su cui insiste. Le infrastrutture viarie sono elemento strutturale e strutturante non solo di un territorio, ma anche di un paesaggio. Le attuali esigenze di mobilità portano oggi a ripensare ed adeguare molte infrastrutture viarie: laddove è possibile si potenziano le strutture esistenti, in diversi casi si ricorre a nuovi tracciati o a varianti di percorso. Porsi il problema di conservare itinerari testimoni della cultura materiale ed economica di una società implica considerazioni articolate, che travalicano i limiti del sedime: una via è un organismo più complesso della semplice linea di trasporto in quanto implica tutta una serie di manufatti a supporto della mobilità e soprattutto il corridoio infrastrutturale che genera e caratterizza, ovvero una porzione variabile di territorio definita sia dal tracciato che dalla morfologia del contesto. L’evoluzione dei modelli produttivi ed economici, che oggi porta quote sempre maggiori di popolazione a passare un tempo sempre minore all’interno del proprio alloggio, rende la riflessione sulle infrastrutture viarie dismesse o declassate occasione per la progettazione di spazi per l’abitare collettivo inseriti in contesti paesaggistici, tanto urbani che rurali, tramite reti di percorsi pensate per assorbire tagli di mobilità specifici e peculiari. Partendo da queste riflessioni la Tesi si articola in: Individuazioni del contesto teorico e pratico: Lo studio mette in evidenza come la questione delle infrastrutture viarie e del loro rapporto con il paesaggio implichi riflessioni incrociate a diversi livelli e tramite diverse discipline. La definizione dello spazio fisico della strada passa infatti per la costruzione di un itinerario, un viaggio che si appoggia tanto ad elementi fisici quanto simbolici. La via è un organismo complesso che travalica il proprio sedime per coinvolgere una porzione ampia di territorio, un corridoio variabile ed articolato in funzione del paesaggio attraversato. Lo studio propone diverse chiavi di lettura, mettendo in luce le possibili declinazioni del tema, in funzione del taglio modale, del rapporto con il contesto, del regime giuridico, delle implicazioni urbanistiche e sociali. La mobilità dolce viene individuata quale possibile modalità di riuso, tutela e recupero, del patrimonio diffuso costituito dalle diversi reti di viabilità. Antologia di casi studio: Il corpo principale dello studio si basa sulla raccolta, analisi e studio dello stato dell’arte nel settore; gli esempi raccolti sono presentati in due sezioni: la prima dedicata alle esperienze più significative ed articolate, che affrontano il recupero delle infrastrutture viarie a più livelli ed in modo avanzato non concentrandosi solo sulla conversione del sedime, ma proponendo un progetto che coinvolga tutto il corridoio attraversato dall’infrastruttura; la seconda parte illustra la pratica corrente nelle diverse realtà nazionali, ponendo in evidenza similitudini e differenze tra i vari approcci.

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This paper describes effective ways secondary school leaders can enact curriculum policy, particularly assessment practices, to support learning for students with disabilities in mainstream schools. Assessment for learning (AfL) as a pedagogic practice, has gained recent importance through inclusion in curriculum policy in Queensland, Australia. AfL is the frequent assessment of student progress that identifies learning needs and informs future teaching and learning. Assessment of student progress of the standards based curriculum has provided challenges for schools attempting to meet the needs of “all” learners. This paper highlights findings of a small case study to model successful leadership practices used in an inclusive secondary school to improve achievement of students with disabilities through assessment. Successful leadership practices that can be generalized to improve achievement of all learners include making sense of policy for staff; developing staff common and shared beliefs and actions; organizing professional learning opportunities and arranging collaborative curriculum planning and co-teaching.

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Imperial roads. The Italian colonial routes and their relationship with 1920-40 manuals

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On 9 January 1927 Le Corbusier materialised on the front cover of the Faisceau journal edited by Georges Valois Le Nouveau Siècle which printed the single-point perspective of Le Corbusier’s Plan Voisin and an extract from the architect’s discourse in Urbanisme. In May Le Corbusier presented slides of his urban designs at a fascist rally. These facts have been known ever since the late 1980s when studies emerged in art history that situated Le Corbusier’s philosophy in relation to the birth of twentieth-century fascism in France—an elision in the dominant reading of Le Corbusier’s philosophy, as a project of social utopianism, whose received genealogy is Saint-Simon and Charles Fourier. Le Corbusier participated with the first group in France to call itself fascist, Valois’s militant Faisceau des Combattants et Producteurs, the “Blue Shirts,” inspired by the Italian “Fasci” of Mussolini. Thanks to Mark Antliff, we know the Faisceau did not misappropriate Le Corbusier’s plans, in some remote quasi-symbolic sense, rather Valois’s organisation was premised on the redesign of Paris based on Le Corbusier’s schematic designs. Le Corbusier’s Urbanisme was considered the “prodigious” model for the fascist state Valois called La Cité Française – after his mentor the anarcho-syndicalist Georges Sorel. Valois stated that Le Corbusier’s architectural concepts were “an expression of our profoundest thoughts,” the Faisceau, who “saw their own thought materialized” on the pages of Le Corbusier’s plans. The question I pose is, In what sense is Le Corbusier’s plan a complete representation of La Cité? For Valois, the fascist city “represents the collective will of La Cité” invoking Enlightenment philosophy, operative in Sorel, namely Rousseau, for whom the notion of “collective will” is linked to the idea of political representation: to ‘stand in’ for someone or a group of subjects i.e. the majority vote. The figures in Voisin are not empty abstractions but the result of “the will” of the “combatant-producers” who build the town. Yet, the paradox in anarcho-syndicalist anti-enlightenment thought – and one that became a problem for Le Corbusier – is precisely that of authority and representation. In Le Corbusier’s plan, the “morality of the producers” and “the master” (the transcendent authority that hovers above La Cité) is lattened into a single picture plane, thereby abolishing representation. I argue that La Cité pushed to the limits of formal abstraction by Le Corbusier thereby reverts to the Enlightenment myth it first opposed, what Theodor Adorno would call the dialectic of enlightenment.