6 resultados para Restauro, Palazzo, Sisma, Borsari, Emilia, Romagna

em Universita di Parma


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La Sequenza Sismica Emiliana del 2012 ha colpito la zona compresa tra Mirandola e Ferrara con notevoli manifestazioni cosismiche e post-sismiche secondarie, soprattutto legate al fenomeno della liquefazione delle sabbie e alla formazione di fratturazioni superficiali del terreno. A fronte del fatto che la deformazione principale, osservata tramite tecniche di remote-sensing, ha permesso di individuare la posizione della struttura generatrice, ci si è interrogati sul rapporto tra strutture profonde e manifestazioni secondarie superficiali. In questa tesi è stato svolto un lavoro di integrazione di dati a varia scala, dalla superficie al sottosuolo, fino profondità di alcuni chilometri, per analizzare il legame tra le strutture geologiche che hanno generato il sisma e gli effetti superficiali percepiti dagli osservatori. Questo, non solo in riferimento allo specifico del sisma emiliano del 2012, ma al fine di trarre utili informazioni in una prospettiva storica e geologica sugli effetti di un terremoto “tipico”, in una regione dove le strutture generatrici non affiorano in superficie. Gli elementi analizzati comprendono nuove acquisizioni e rielaborazioni di dati pregressi, e includono cartografie geomorfologiche, telerilevamenti, profili sismici a riflessione superficiale e profonda, stratigrafie e informazioni sulla caratterizzazione dell’area rispetto al rischio sismico. Parte dei dati di nuova acquisizione è il risultato dello sviluppo e la sperimentazione di metodologie innovative di prospezione sismica in corsi e specchi d’acqua continentali, che sono state utilizzate con successo lungo il Cavo Napoleonico, un canale artificiale che taglia ortogonalmente la zona di massima deformazione del sisma del 20 Maggio. Lo sviluppo della nuova metodologia di indagine geofisica, applicata ad un caso concreto, ha permesso di migliorare le tecniche di imaging del sottosuolo, oltre a segnalare nuove evidenze co-sismiche che rimanevano nascoste sotto le acque del canale, e a fornire elementi utili alla stratigrafia del terreno. Il confronto tra dati geofisici e dati geomorfologici ha permesso di cartografare con maggiore dettaglio i corpi e le forme sedimentarie superficiali legati alla divagazione fluviale dall’VIII sec a.C.. I dati geofisici, superficiali e profondi, hanno evidenziato il legame tra le strutture sismogeniche e le manifestazioni superficiali seguite al sisma emiliano. L’integrazione dei dati disponibili, sia nuovi che da letteratura, ha evidenziato il rapporto tra strutture profonde e sedimentazione, e ha permesso di calcolare i tassi geologici di sollevamento della struttura generatrice del sisma del 20 Maggio. I risultati di questo lavoro hanno implicazioni in vari ambiti, tra i quali la valutazione del rischio sismico e la microzonazione sismica, basata su una caratterizzazione geomorfologico-geologico-geofisica dettagliata dei primi 20 metri al di sotto della superficie topografica. Il sisma emiliano del 2012 ha infatti permesso di riconoscere l’importanza del substrato per lo sviluppo di fenomeni co- e post-sismici secondari, in un territorio fortemente eterogeneo come la Pianura Padana.

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Il presente lavoro ha lo scopo di comprendere i processi sottesi ai pattern di coesistenza tra le specie di invertebrati sorgentizi, distinguendo tra dinamiche stocastiche e deterministiche. Le sorgenti sono ecosistemi complessi e alcune loro caratteristiche (ad esempio l’insularità, la stabilità termica, la struttura ecotonale “a mosaico”, la frequente presenza di specie rare ed endemiche, o l’elevata diversità in taxa) le rendono laboratori naturali utili allo studio dei processi ecologici, tra cui i processi di assembly. Al fine di studiare queste dinamiche è necessario un approccio multi-scala, per questo motivi sono state prese in considerazione tre scale spaziali. A scala locale è stato compiuto un campionamento stagionale su sette sorgenti (quattro temporanee e tre permanenti) del Monte Prinzera, un affioramento ofiolitico vicino alla città di Parma. In questa area sono stati valutati l’efficacia e l’impatto ambientale di diversi metodi di campionamento e sono stati analizzati i drivers ecologici che influenzano le comunità. A scala più ampia sono state campionate per due volte 15 sorgenti della regione Emilia Romagna, al fine di identificare il ruolo della dispersione e la possibile presenza di un effetto di niche-filtering. A scala continentale sono state raccolte informazioni di letteratura riguardanti sorgenti dell’area Paleartica occidentale, e sono stati studiati i pattern biogeografici e l’influenza dei fattori climatici sulle comunità. Sono stati presi in considerazione differenti taxa di invertebrati (macroinvertebrati, ostracodi, acari acquatici e copepodi), scegliendo tra quelli che si prestavano meglio allo studio dei diversi processi in base alle loro caratteristiche biologiche e all’approfondimento tassonomico raggiungibile. I campionamenti biologici in sorgente sono caratterizzati da diversi problemi metodologici e possono causare impatti sugli ambienti. In questo lavoro sono stati paragonati due diversi metodi: l’utilizzo del retino con un approccio multi-habitat proporzionale e l’uso combinato di trappole e lavaggio di campioni di vegetazione. Il retino fornisce dati più accurati e completi, ma anche significativi disturbi sulle componenti biotiche e abiotiche delle sorgenti. Questo metodo è quindi raccomandato solo se il campionamento ha come scopo un’approfondita analisi della biodiversità. D’altra parte l’uso delle trappole e il lavaggio della vegetazione sono metodi affidabili che presentano minori impatti sull’ecosistema, quindi sono adatti a studi ecologici finalizzati all’analisi della struttura delle comunità. Questo lavoro ha confermato che i processi niche-based sono determinanti nello strutturare le comunità di ambienti sorgentizi, e che i driver ambientali spiegano una rilevante percentuale della variabilità delle comunità. Infatti le comunità di invertebrati del Monte Prinzera sono influenzate da fattori legati al chimismo delle acque, alla composizione e all’eterogeneità dell’habitat, all’idroperiodo e alle fluttuazioni della portata. Le sorgenti permanenti mostrano variazioni stagionali per quanto riguarda le concentrazioni dei principali ioni, mentre la conduttività, il pH e la temperatura dell’acqua sono più stabili. È probabile che sia la stabilità termica di questi ambienti a spiegare l’assenza di variazioni stagionali nella struttura delle comunità di macroinvertebrati. L’azione di niche-filtering delle sorgenti è stata analizzata tramite lo studio della diversità funzionale delle comunità di ostracodi dell’Emilia-Romagna. Le sorgenti ospitano più del 50% del pool di specie regionale, e numerose specie sono state rinvenute esclusivamente in questi habitat. Questo è il primo studio che analizza la diversità funzionale degli ostracodi, è stato quindi necessario stilare una lista di tratti funzionali. Analizzando il pool di specie regionale, la diversità funzionale nelle sorgenti non è significativamente diversa da quella misurata in comunità assemblate in maniera casuale. Le sorgenti non limitano quindi la diversità funzionale tra specie coesistenti, ma si può concludere che, data la soddisfazione delle esigenze ecologiche delle diverse specie, i processi di assembly in sorgente potrebbero essere influenzati da fattori stocastici come la dispersione, la speciazione e le estinzioni locali. In aggiunta, tutte le comunità studiate presentano pattern spaziali riconoscibili, rivelando una limitazione della dispersione tra le sorgenti, almeno per alcuni taxa. Il caratteristico isolamento delle sorgenti potrebbe essere la causa di questa limitazione, influenzando maggiormente i taxa a dispersione passiva rispetto a quelli a dispersione attiva. In ogni caso nelle comunità emiliano-romagnole i fattori spaziali spiegano solo una ridotta percentuale della variabilità biologica totale, mentre tutte le comunità risultano influenzate maggiormente dalle variabili ambientali. Il controllo ambientale è quindi prevalente rispetto a quello attuato dai fattori spaziali. Questo risultato dimostra che, nonostante le dinamiche stocastiche siano importanti in tutte le comunità studiate, a questa scala spaziale i fattori deterministici ricoprono un ruolo prevalente. I processi stocastici diventano più influenti invece nei climi aridi, dove il disturbo collegato ai frequenti eventi di disseccamento delle sorgenti provoca una dinamica source-sink tra le diverse comunità. Si è infatti notato che la variabilità spiegata dai fattori ambientali diminuisce all’aumentare dell’aridità del clima. Disturbi frequenti potrebbero provocare estinzioni locali seguite da ricolonizzazioni di specie provenienti dai siti vicini, riducendo la corrispondenza tra gli organismi e le loro richieste ambientali e quindi diminuendo la quantità di variabilità spiegata dai fattori ambientali. Si può quindi concludere che processi deterministici e stocastici non si escludono mutualmente, ma contribuiscono contemporaneamente a strutturare le comunità di invertebrati sorgentizi. Infine, a scala continentale, le comunità di ostracodi sorgentizi mostrano chiari pattern biogeografici e sono organizzate lungo gradienti ambientali principalmente collegati altitudine, latitudine, temperatura dell’acqua e conducibilità. Anche la tipologia di sorgente (elocrena, reocrena o limnocrena) è influente sulla composizione delle comunità. La presenza di specie rare ed endemiche inoltre caratterizza specifiche regioni geografiche.

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La presente tesi di dottorato ha riguardato l'indagine fitochimica della biodiversità spontanea di Humulus lupulus L. in Emilia Romagna e la valutazione degli effetti del clima dell'Italia settentrionale sul metabolismo secondario di cultivar di luppolo. In particolare, lo studio ha previsto l'individuazione di ecotipi di luppolo provenienti da zone planiziali e collinari di'Emilia Romagna e Lombardia, la loro messa a dimora in un campo collezione appositamente allestito, e il monitoraggio della resa di campo e della produzione di metaboliti secondari di natura polare (acilfluoroglucinoli, flavonidi isoprenilati) e apolare (terpeni e sequiterpeni). Gli obiettivi primari sono stati la valutazione di entità da portare direttamente in coltivazione o da introdurre in percorsi di breeding del luppolo in Italia, oltre all'ottimizzazione di metodi innovativi per lo screening dell'intero germoplasma italiano. Per definire le caratteristiche fitochimiche dei coni di luppolo sono stati messi a punto metodi cromatografici HPLC-UV, HPLC-MS/MS e GC-MS e metodi spettroscopici 1H-NMR. Nel corso del triennio i metodi sono stati applicati a 10 cultivar e oltre 30 ecotipi , alcuni dei quali hanno fornito dati anche a conclusione dell'intero periodo di acclimatazione. Per tutti si è anche verificata la resilienza alle diverse condizioni climatiche incontrate Le analisi chimiche hanno permesso di individuare una sostanziale differenza tra gli ecotipi e le cultivar, con i primi che si caratterizzano per una produzione modesta di α-acidi e β-acidi e un profilo aromatico ricco di isomeri del selinene. Questo risultato può essere interessante per l’industria della birra nazionale e in particolare per il settore dei microbirrifici artigianali, in quanto i luppoli più pregiati sono proprio quelli con un basso contenuto di acidi amari e ricchi di oli essenziali che possano impartire alle birre prodotte note aromatiche particolari e legate al territorio. L’indagine agronomica monitorata su tre anni di produzione ha anche fatto emergere la resistenza degli ecotipi italiani al clima caldo e siccitoso e ha evidenziato invece come le cultivar estere abbiano limiti fisiologici a queste condizioni. Confrontando il profilo fitochimico delle cultivar coltivate in Italia con i prodotti acquistati nei paesi d’origine è emerso che il metabolismo secondario per alcune cultivar è particolarmente differente, come nel caso della cultivar Marynka, che rispetto agli standard commerciali ha prodotto in Italia coni ricchi di oli essenziali con alte quantità di trans-β-farnesene, cambiandone le caratteristiche da varietà amaricante ad aromatica. I risultati ottenuti dimostrano la fattibilità della coltivazione di Humulus lupulus L. sul territorio nazionale con ottime prospettive di produttività per gli ecotipi italiani. Inoltre da questi primi risultati è ora possibile intraprendere un programma di breeding per la creazione di nuove varietà, più resistenti al caldo e con le caratteristiche desiderate in base all’utilizzo del prodotto, sia per quanto riguarda l’industria della birra, sia la cosmetico-farmaceutica per la produzione di estratti.

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In Italia molti edifici sono stati costruiti senza tenere in considerazione l'azione sismica. La necessità di adeguare tali edifici in accordo con la normativa italiana vigente è stato il motivo scatenante di questa ricerca. Per l'adeguamento sismico, vengono qui proposti differenti approcci in base al tipo di struttura e, in particolare, in base alla loro deformabilità. Per le strutture flessibili come le scaffalature di acciaio adibite alla stagionatura del Parmigiano Reggiano, sono stati utilizzati dispositivi passivi di dissipazione energetica. Sono state condotte analisi di sensitività per determinare il coefficiente di smorzamento in grado di minimizzare lo stato tensionale nelle sezioni di interesse. I risultati delle analisi mostrano l'efficacia delle soluzioni proposte e potrebbero rappresentare un punto di partenza per la definizione di possibili contromisure standar per l'adeguamento sismico. Per le strutture rigide, come i ponti in muratura, sono stati definiti alcuni criteri per la modellazione e la verifica delle sezioni di interesse, utilizzando modelli semplificati ma dall'efficacia comprovata come termine di paragone.

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La ricerca ricostruisce alcuni aspetti della vita politica, sociale e culturale di Reggio Emilia a partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento. La campagna militare del 1848-49 e le vicende sociali e politiche che l’accompagnarono costituiscono il punto focale di questo lavoro che mette in evidenza come il complesso di quegli avvenimenti operò un mutamento irreversibile nella realtà cittadina, alimentando aspettative e ideali che non poterono più rimanere confinati nel sistema di governo ducale, divenuto asfittico e superato. Dopo una ricognizione generale della storiografia esistente si è evidenziata la necessità di una nuova lettura della storia cittadina che tenesse conto degli approcci metodologici più recenti e di aspetti fino ad oggi trascurati o completamente ignorati, ripartendo dai documenti ed ampliando la quantità e la tipologia delle fonti. E’ stato perciò condotto un incrocio sistematico tra la documentazione d’archivio pubblica (atti di governo, polizia, decreti, chirografi ducali) e le fonti di carattere privato, spesso assolutamente inedite (cronache, diari, epistolari), cercando di mantenere un approccio il più possibile aperto, mostrando una molteplicità di punti di vista e cogliendo il riflesso dei diversi orientamenti politici e personali attraverso la lettura degli avvenimenti cittadini da parte dei diversi testimoni dell’epoca. Coerentemente con i più recenti apporti della storiografia si è voluto sottolineare l’impatto decisivo che le Istituzioni scolastiche ducali, caratterizzate da notevole conformismo e oscurantismo, hanno avuto nella maturazione politica della generazione che ha guidato il Movimento del 1848. Per portare alla luce questi aspetti è stata proposta una rilettura del sistema educativo reggiano dal punto di vista funzionale e culturale, partendo dai ricordi degli ex studenti e dalla verifica della disciplina vigente all’interno di queste istituzioni. Non poteva essere tralasciata anche una profonda revisione della storia della Chiesa di Reggio Emilia durante il Risorgimento, pertanto si è proceduto ad uno spoglio su larga scala della documentazione conservata nell’archivio della Curia vescovile di Reggio Emilia che ha permesso di giungere ad una complessiva rivalutazione del ruolo del vescovo Cattani durante le vicende del 1848, portando alla luce un aspetto fino ad oggi assolutamente sottovalutato. Nella ricostruzione delle condizioni della Provincia sono stati sottolineati soprattutto gli aspetti sociali, ampliando il quadro in cui si sono svolte le vicende attraverso nuove fonti che hanno aiutato a non focalizzare la ricerca soltanto sui ceti dirigenti e sulle personalità di rilievo. Allo stesso modo si sono descritti i luoghi e le persone della città, cercando di tracciare un ritratto il più fedele possibile della realtà urbana attraverso testimonianze di tenore e mentalità differenti da quelle ‘ufficiali’. Per gli eventi del 1848 (e per quelli del 1859-60) è stato consultato un numero cospicuo di fondi conservati presso l’Archivio di Stato di Reggio, a questi si sono aggiunti gli apporti di molte fonti di carattere privato e di documenti inediti conservati presso l’Archivio di Stato di Torino. Il lavoro propone un’analisi approfondita delle vicende cittadine tra il marzo e l’agosto 1848 e apre a nuove considerazioni sia sul municipalismo, come chiave di lettura del movimento unitario, sia sulla creazione del consenso attorno all’unione dei ducati emiliani con il Regno dell’Alta Italia guidato da Carlo Alberto. Fondamentali sono risultati i fondi della Polizia Estense conservati presso l’Archivio di Stato di Reggio Emilia. Per la loro natura e per le caratteristiche del Ducato (in cui lo stesso duca interviene di persona nei provvedimenti di polizia) hanno permesso di tracciare un quadro assolutamente inedito della vita politica e sociale della Provincia, contribuendo ad arricchire ogni aspetto del lavoro di ricerca. Nell’ultima parte del lavoro sono state messe a confronto le informazioni raccolte sui volontari attraverso lo spoglio di tutte le fonti consultate. La ricerca si era precedentemente basata sugli elenchi dei militi compilati dopo l’unificazione nazionale, elenchi nei quali molte delle informazioni relative ai partecipanti delle campagne del 1848-49 erano andate perdute. Procedendo all’incrocio dei dati raccolti dalla polizia estense al momento del ritorno degli volontari in patria con quelli reperiti nei fondi privati, nelle cronache, nella memorialistica e negli epistolari è stato possibile ricostruire un panorama più completo delle diverse tipologie di combattenti e tracciare un quadro che alla fine risulta assai coerente con la situazione politica e sociale descritta nella prima parte della tesi. Per la prima volta vengono documentate le vicende di coloro che non appartenendo alle classi dirigenti cittadine si sono trovati a combattere per una sorta di azzardo personale nutrito di idealismo patriottico oppure perché inquadrati nei battaglioni dell’ex esercito estense passato al servizio del Governo provvisorio. Emergono l’estrema eterogeneità delle motivazioni e dei destini personali dei combattenti e sono portate alla luce alcune interessanti vicende personali e familiari. I dati sono stati raccolti in modalità digitale per la loro futura fruizione on-line che andrà ad aggiornare il database degli “Albi della memoria” curati da ISTORECO. (http://www.albimemoria-istoreco.re.it/).

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L’obiettivo della presente tesi è evidenziare l’importanza dell’approccio critico alla valutazione della vulnerabilità sismica di edifici in muratura e misti Il contributo della tesi sottolinea i diversi risultati ottenuti nella modellazione di tre edifici esistenti ed uno ipotetico usando due diversi programmi basati sul modello del telaio equivalente. La modellazione delle diverse ipotesi di vincolamento ed estensione delle zone rigide ha richiesto la formulazione di quattro modelli di calcolo in Aedes PCM ed un modello in 3muri. I dati ottenuti sono stati confrontati, inoltre, con l’analisi semplificata speditiva per la valutazione della vulnerabilità a scala territoriale prevista nelle “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del Patrimonio Culturale”. Si può notare che i valori ottenuti sono piuttosto diversi e che la variabilità aumenta nel caso di edifici non regolari, inoltre le evidenze legate ai danni realmente rilevati sugli edifici mostrano un profondo iato tra la previsione di danno ottenuta tramite calcolatore e le lesioni rilevate; questo costituisce un campanello d’allarme nei confronti di un approccio acritico nei confronti del mero dato numerico ed un richiamo all’importanza del processo conoscitivo. I casi di studio analizzati sono stati scelti in funzione delle caratteristiche seguenti: il primo è una struttura semplice e simmetrica nelle due direzioni che ha avuto la funzione di permettere di testare in modo controllato le ipotesi di base. Gli altri sono edifici reali: il Padiglione Morselli è un edificio in muratura a pianta a forma di C, regolare in pianta ed in elevazione solamente per quanto concerne la direzione y: questo ha permesso di raffrontare il diverso comportamento dei modelli di calcolo nelle sue direzioni; il liceo Marconi è un edificio misto in cui elementi in conglomerato cementizio armato affiancano le pareti portanti in muratura, che presenta un piano di copertura piuttosto irregolare; il Corpo 4 dell’Ospedale di Castelfranco Emilia è un edificio in muratura, a pianta regolare che presenta le medesime irregolarità nel piano sommitale del precedente. I dati ottenuti hanno dimostrato un buon accordo per la quantificazione dell’indice di sicurezza per i modelli regolari e semplici con uno scarto di circa il 30% mentre il delta si incrementa per le strutture irregolari, in particolare quando le pareti portanti in muratura vengono sostituite da elementi puntuali nei piani di copertura arrivando a valori massimi del 60%. I confronti sono stati estesi per le tre strutture anche alla modellazione proposta dalle Linee Guida per la valutazione dell’indice di sicurezza sismica a scala territoriale LV1 mostrando differenze nell’ordine del 30% per il Padiglione Morselli e del 50% per il Liceo Marconi; il metodo semplificato risulta correttamente cautelativo. È, quindi, possibile affermare che tanto più gli edifici si mostrano regolari in riferimento a masse e rigidezze, tanto più la modellazione a telaio equivalente restituisce valori in accordo tra i programmi e di più immediata comprensione. Questa evidenza può essere estesa ad altri casi reali divenendo un vero e proprio criterio operativo che consiglia la suddivisione degli edifici esistenti in muratura, solitamente molto complessi poiché frutto di successive stratificazioni, in parti più semplici, ricorrendo alle informazioni acquisite attraverso il percorso della conoscenza che diviene in questo modo uno strumento utile e vitale. La complessità dell’edificato storico deve necessariamente essere approcciata in una maniera più semplice identificando sub unità regolari per percorso dei carichi, epoca e tecnologia costruttiva e comportamento strutturale dimostrato nel corso del tempo che siano più semplici da studiare. Una chiara comprensione del comportamento delle strutture permette di agire mediante interventi puntuali e meno invasivi, rispettosi dell’esistente riconducendo, ancora una volta, l’intervento di consolidamento ai principi propri del restauro che includono i principi di minimo intervento, di riconoscibilità dello stesso, di rispetto dei materiali esistenti e l’uso di nuovi compatibili con i precedenti. Il percorso della conoscenza diviene in questo modo la chiave per liberare la complessità degli edifici storici esistenti trasformando un mero tecnicismo in una concreta operazione culturale . Il presente percorso di dottorato è stato svolto in collaborazione tra l’Università di Parma, DICATeA e lo Studio di Ingegneria Melegari mediante un percorso di Apprendistato in Alta Formazione e Ricerca.