2 resultados para NON-HODGKIN-LYMPHOMA
em Universita di Parma
Resumo:
Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.
Resumo:
There is a growing interest in “medical gasses” for their antibacterial and anti-inflammatory properties. Hydrogen sulfide (H2S), a member of the family of gasotransmitters, is in fact increasingly being recognized as an important signaling molecule, but its precise role in the regulation of the inflammatory response is still not clear. For this reason, the aim of the first part of this thesis was to investigate the effects of H2S on the expression of pro-inflammatory cytokines, such as MCP-1, by using an in vitro model composed by both primary monocytes-derived macrophages cultures and the human monocytic cell line U937 infected with Mycoplasma fermentans, a well-known pro-inflammatory agent. In our experiments, we observed a marked increase in the production of pro-inflammatory cytokines in infected cells. In particular, MCP-1 was induced both at the RNA and at the protein level. To test the effects of H2S on infected cells, we treated the cells with two different H2S donors (NaHS and GYY4137), showing that both H2S treatments had anti-inflammatory effects in Mycoplasma-infected cells: the levels of MCP-1, both mRNA expression and protein production, were reduced. Our subsequent studies aimed at understanding the molecular mechanisms responsible for these effects, focused on two specific molecular pathways, both involved in inflammation: the NF-κB and the Nrf2 pathway. After treatment with pharmacological inhibitors, we demonstrated that Mycoplasma fermentans induces MCP-1 expression through the TLR-NF-κB pathway with the nuclear translocation of its subunits, while treatment with H2S completely blocked the nuclear translocation of NF-κB heterodimer p65/p50. Then, once infected cells were treated with H2S donors, we observed an increased protective effect of Nrf2 and also a decrease in ROS production. These results highlight the importance of H2S in reducing the inflammatory process caused by Mycoplasma fermentans. To this regard, it should be noted that several projects are currently ongoing to develop H2S-releasing compounds as candidate drugs capable of alleviating cell deterioration and to reduce the rate of decline in organ function. In the second part of this study, we investigated the role of Mycoplasma infection in cellular transformation. Infectious agents are involved in the etiology of many different cancers and a number of studies are still investigating the role of microbiota in tumor development. Mycoplasma has been associated with some human cancers, such as prostate cancer and non-Hodgkin’s lymphoma in HIV-seropositive people, and its potential causative role and molecular mechanisms involved are being actively investigated. To this regard, in vitro studies demonstrated that, upon infection, Mycoplasma suppresses the transcriptional activity of p53, key protein in the cancer suppression. As a consequence, infected cells were less susceptible to apoptosis and proliferated more than the uninfected cells. The mechanism(s) responsible for the Mycoplasma-induced inhibitory effect on p53 were not determined. Aim of the second part of this thesis was to better understand the tumorigenic role of the microorganism, by investigating more in details the effect(s) of Mycoplasma on p53 activity in an adenocarcinoma HCT116 cell line. Treatment of Mycoplasma-infected cells with 5FU or with Nutlin, two molecules that induce p53 activity, resulted in cellular proliferation comparable to untreated controls. These results suggested that Mycoplasma infection inhibited p53 activity. Immunoprecipitation of p53 with specific antibodies, and subsequent Gas Chromatography and Mass Spectroscopy (GC-MS) assays, allowed us to identify several Mycoplasma-specific proteins interacting with p53, such as DnaK, a prokaryotic heat shock protein and stress inducible chaperones. In cells transfected with DnaK we observed i) reduced p53 protein levels; ii) reduced activity and expression of p21, Bax and PUMA, iii) a marked increase in cells leaving G1 phase. Taken together, these data show an interaction between the human p53 and the Mycoplasma protein DnaK, with the consequent decreased p53 activity and decreased capability to respond to DNA damage and prevent cell proliferation. Our data indicate that Mycoplasma could be involved in cancer formation and the mechanism(s) has the potential to be a target for cancer diagnosis and treatment(s).