2 resultados para Major Protein
em Universita di Parma
Resumo:
Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.
Resumo:
One of the challenges that concerns chemistry is the design of molecules able to modulate protein-protein and protein-ligand interactions, since these are involved in many physiological and pathological processes. The interactions occurring between proteins and their natural counterparts can take place through reciprocal recognition of rather large surface areas, through recognition of single contact points and single residues, through inclusion of the substrates in specific, more or less deep binding sites. In many cases, the design of synthetic molecules able to interfere with the processes involving proteins can benefit from the possibility of exploiting the multivalent effect. Multivalency, widely spread in Nature, consists in the simultaneous formation between two entities (cell-cell, cell-protein, protein-protein) of multiple equivalent ligand-recognition site complexes. In this way the whole interaction results particularly strong and specific. Calixarenes furnish a very interesting scaffold for the preparation of multivalent ligands and in the last years calixarene-based ligands demonstrated their remarkable capability to recognize and inhibit or restore the activity of different proteins, with a high efficiency and selectivity in several recognition phenomena. The relevance and versatility of these ligands is due to the different exposition geometries of the binding units that can be explored exploiting the conformational properties of these macrocycles, the wide variety of functionalities that can be linked to their structure at different distances from the aromatic units and to their intrinsic multivalent nature. With the aim of creating new multivalent systems for protein targeting, the work reported in this thesis regards the synthesis and properties of glycocalix[n]arenes and guanidino calix[4]arenes for different purposes. Firstly, a new bolaamphiphile glycocalix[4]arene in 1,3-alternate geometry, bearing cellobiose, was synthesized for the preparation of targeted drug delivery systems based on liposomes. The formed stable mixed liposomes obtained by mixing the macrocycle with DOPC were shown to be able of exploiting the sugar units emerging from the lipid bilayer to agglutinate Concanavalin A, a lectin specific for glucose. Moreover, always thanks to the presence of the glycocalixarene in the layer, the same liposomes demonstrated through preliminary experiments to be uptaken by cancer cells overexpressing glucose receptors on their exterior surface more efficiently respect to simple DOPC liposomes lacking glucose units in their structure. Then a small library of glycocalix[n]arenes having different valency and geometry was prepared, for the creation of potentially active immunostimulants against Streptococcus pneumoniae, particularly the 19F serotype, one of the most virulent. These synthesized glycocalixarenes bearing β-N-acetylmannosamine as antigenic unit were compared with the natural polysaccharide on the binding to the specific anti-19F human polyclonal antibody, to verify their inhibition potency. Among all, the glycocalixarene based on the conformationally mobile calix[4]arene resulted the more efficient ligand, probably due its major possibility to explore the antibody surface and dispose the antigenic units in a proper arrangement for the interaction process. These results pointed out the importance of how the different multivalent presentation in space of the glycosyl units can influence the recognition phenomena. At last, NMR studies, using particularly 1H-15N HSQC experiments, were performed on selected glycocalix[6]arenes and guanidino calix[4]arenes blocked in the cone geometry, in order to better understand protein-ligand interactions. The glycosylated compounds were studied with Ralstonia solanacearum lectin, in order to better understand the nature of the carbohydrate‐lectin interactions in solution. The series of cationic calixarene was employed with three different acidic proteins: GB1, Fld and alpha synuclein. Particularly GB1 and Fld were observed to interact with all five cationic calix[4]arenes but showing different behaviours and affinities.