10 resultados para Flusso, anemometria, velocità di flusso, catetere
em Universita di Parma
Resumo:
Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.
Resumo:
Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.
Resumo:
Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.
Resumo:
SUMMARY The Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome (PRRS) virus is one of the most spread pathogens in swine herds all over the world and responsible for a reproductive and respiratory syndrome that causes severe heath and economical problems. This virus emerged in late 1980’s but although about 30 years have passed by, the knowledge about some essential facets related to the features of the virus (pathogenesis, immune response, and epidemiology) seems to be still incomplete. Taking into account that the development of modern vaccines is based on how innate and acquire immunity react, a more and more thorough knowledge on the immune system is needed, in terms of molecular modulation/regulation of the inflammatory and immune response upon PRRSV infection. The present doctoral thesis, which is divided into 3 different studies, is aimed to increase the knowledge about the interaction between the immune system and the PRRS virus upon natural infection. The objective of the first study entitled “Coordinated immune response of memory and cytotoxic T cells together with IFN-γ secreting cells after porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) natural infection in conventional pigs” was to evaluate the activation and modulation of the immune response in pigs naturally infected by PRRSV compared to an uninfected control group. The course of viremia was evaluated by PCR, the antibody titres by ELISA, the number of IFN-γ secreting cells (IFN- SC) by an ELISPOT assay and the immunophenotyping of some lymphocyte subsets (cytotoxic cells, memory T lymphocytes and cytotoxic T lymphocytes) by flow cytometry. The results showed that the activation of the cell-mediated immune response against PRRSV is delayed upon infection and that however the levels of IFN-γ SC and lymphocyte subsets subsequently increase over time. Furthermore, it was observed that the course of the different immune cell subsets is time-associated with the levels of PRRSV-specific IFN-γ SC and this can be interpreted based on the functional role that such lymphocyte subsets could have in the specific production/secretion of the immunostimulatory cytokine IFN-γ. In addition, these data support the hypothesis that the age of the animals upon the onset of infection or the diverse immunobiological features of the field isolate, as typically hypothesized during PRRSV infection, are critical conditions able to influence the qualitative and quantitative course of the cell-mediated immune response during PRRSV natural infection. The second study entitled “Immune response to PCV2 vaccination in PRRSV viremic piglets” was aimed to evaluate whether PRRSV could interfere with the activation of the immune response to PCV2 vaccination in pigs. In this trial, 200 pigs were divided into 2 groups: PCV2-vaccinated (at 4 weeks of age) and PCV2-unvaccinated (control group). Some piglets of both groups got infected by PRRSV, as determined by PRRSV viremia detection, so that 4 groups were defined as follows: PCV2 vaccinated - PRRSV viremic PCV2 vaccinated - PRRSV non viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV non viremic The following parameters were evaluated in the 4 groups: number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells, antibody titres by ELISA and IPMA. Based on the immunological data analysis, it can be deduced that: 1) The low levels of antibodies against PCV2 in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group at vaccination (4 weeks of age) could be related to a reduced colostrum intake influenced by PRRSV viremia. 2) Independently of the viremia status, serological data of the PCV2-vaccinated group by ELISA and IPMA does not show statistically different differences. Consequently, it can be be stated that, under the conditions of the study, PRRSV does not interfere with the antibody response induced by the PCV2 vaccine. 3) The cell-mediated immune response in terms of number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group seems to be compromised, as demonstrated by the reduction of the number of IFN-γ secreting cells after PCV2 vaccination, compared to the PCV2-vaccinated – PRRSV-non-viremic group. The data highlight and further support the inhibitory role of PRRSV on the development and activation of the immune response and highlight how a natural infection at early age can negatively influence the immune response to other pathogens/antigens. The third study entitled “Phenotypic modulation of porcine CD14+ monocytes, natural killer/natural killer T cells and CD8αβ+ T cell subsets by an antibody-derived killer peptide (KP)” was aimed to determine whether and how the killer peptide (KP) could modulate the immune response in terms of activation of specific lymphocyte subsets. This is a preliminary approach also aimed to subsequently evaluate such KP with a potential antivural role or as adjuvant. In this work, pig peripheral blood mononuclear cells (PBMC) were stimulated with three KP concentrations (10, 20 and 40 g/ml) for three time points (24, 48 and 72 hours). TIME POINTS (hours) KP CONCENTRATIONS (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 By using flow cytometry, the qualitative and quantitative modulation of the following immune subsets was evaluated upon KP stimulation: monocytes, natural killer (NK) cells, natural killer T (NKT) cells, and CD4+ and CD8α/β+ T lymphocyte subsets. Based on the data, it can be deduced that: 1) KP promotes a dose-dependent activation of monocytes, particularly after 24 hours of stimulation, by inducing a monocyte phenotypic and maturation shift mainly involved in sustaining the innate/inflammatory response. 2) KP induces a strong dose-dependent modulation of NK and NKT cells, characterized by an intense increase of the NKT cell fraction compared to NK cells, both subsets involved in the antibody-dependent cell cytotoxicity (ADCC). The increase is observed especially after 24 hours of stimulation. 3) KP promotes a significant activation of the cytotoxic T lymphocyte subset (CTL). 4) KP can modulate both the T helper and T cytotoxic phenotype, by inducing T helper cells to acquire the CD8α thus becoming doube positive cells (CD4+CD8+) and by inducing CTL (CD4-CD8+high) to acquire the double positive phenotype (CD4+CD8α+high). Therefore, KP may induce several effects on different immune cell subsets. For this reason, further research is needed aimed at characterizing each “effect” of KP and thus identifying the best use of the decapeptide for vaccination practice, therapeutic purposes or as vaccine adjuvant. RIASSUNTO Il virus della PRRS (Porcine Reproductive Respiratory Syndrome) è uno dei più diffusi agenti patogeni negli allevamenti suini di tutto il mondo, responsabile di una sindrome riproduttiva e respiratoria causa di gravi danni ad impatto sanitario ed economico. Questo virus è emerso attorno alla fine degli anni ’80 ma nonostante siano passati circa una trentina di anni, le conoscenze su alcuni punti essenziali che riguardano le caratteristiche del virus (patogenesi, risposta immunitaria, epidemiologia) appaiono ancora spesso incomplete. Considerando che lo sviluppo dei vaccini moderni è basato sui principi dell’immunità innata e acquisita è essenziale una sempre più completa conoscenza del sistema immunitario inteso come modulazione/regolazione molecolare della risposta infiammatoria e immunitaria in corso di tale infezione. Questo lavoro di tesi, suddiviso in tre diversi studi, ha l’intento di contribuire all’aumento delle informazioni riguardo l’interazione del sistema immunitario, con il virus della PRRS in condizioni di infezione naturale. L’obbiettivo del primo studio, intitolato “Associazione di cellule memoria, cellule citotossiche e cellule secernenti IFN- nella risposta immunitaria in corso di infezione naturale da Virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria del Suino (PRRSV)” è stato di valutare l’attivazione e la modulazione della risposta immunitaria in suini naturalmente infetti da PRRSV rispetto ad un gruppo controllo non infetto. I parametri valutati sono stati la viremia mediante PCR, il titolo anticorpale mediante ELISA, il numero di cellule secernenti IFN- (IFN- SC) mediante tecnica ELISPOT e la fenotipizzazione di alcune sottopopolazioni linfocitarie (Cellule citotossiche, linfociti T memoria e linfociti T citotossici) mediante citofluorimetria a flusso. Dai risultati ottenuti è stato possibile osservare che l’attivazione della risposta immunitaria cellulo-mediata verso PRRSV appare ritardata durante l’infezione e che l’andamento, in termini di IFN- SC e dei cambiamenti delle sottopopolazioni linfocitarie, mostra comunque degli incrementi seppur successivi nel tempo. E’ stato inoltre osservato che gli andamenti delle diverse sottopopolazioni immunitarie cellulari appaiono temporalmente associati ai livelli di IFN- SC PRRSV-specifiche e ciò potrebbe essere interpretato sulla base del ruolo funzionale che tali sottopopolazioni linfocitarie potrebbero avere nella produzione/secrezione specifica della citochina immunoattivatrice IFN-. Questi dati inoltre supportano l’ipotesi che l’età degli animali alla comparsa dell’infezione o, come tipicamente ipotizzato nell’infezione da PRRSV, le differenti caratteristiche immunobiologiche dell’isolato di campo, sia condizioni critiche nell’ influenzare l’andamento qualitativo e quantitativo della risposta cellulo-mediata durante l’infezione naturale da PRRSV. Il secondo studio, dal titolo “Valutazione della risposta immunitaria nei confronti di una vaccinazione contro PCV2 in suini riscontrati PRRSV viremici e non viremici alla vaccinazione” ha avuto lo scopo di valutare se il virus della PRRS potesse andare ad interferire sull’attivazione della risposta immunitaria indotta da vaccinazione contro PCV2 nel suino. In questo lavoro sono stati arruolati 200 animali divisi in due gruppi, PCV2 Vaccinato (a 4 settimane di età) e PCV2 Non Vaccinato (controllo negativo). Alcuni suinetti di entrambi i gruppi, si sono naturalmente infettati con PRRSV, come determinato con l’analisi della viremia da PRRSV, per cui è stato possibile creare quattro sottogruppi, rispettivamente: PCV2 vaccinato - PRRSV viremico PCV2 vaccinato - PRRSV non viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV non viremico Su questi quattro sottogruppi sono stati valutati i seguenti parametri: numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche, ed i titoli anticorpali mediante tecniche ELISA ed IPMA. Dall’analisi dei dati immunologici derivati dalle suddette tecniche è stato possibile dedurre che: I bassi valori anticorpali nei confronti di PCV2 del gruppo Vaccinato PCV2-PRRSV viremico già al periodo della vaccinazione (4 settimane di età) potrebbero essere messi in relazione ad una ridotta assunzione di colostro legata allo stato di viremia da PRRSV Indipendentemente dallo stato viremico, i dati sierologici del gruppo vaccinato PCV2 provenienti sia da ELISA sia da IPMA non mostrano differenze statisticamente significative. Di conseguenza è possibile affermare che in questo caso PRRSV non interferisce con la risposta anticorpale promossa dal vaccino PCV2. La risposta immunitaria cellulo-mediata, intesa come numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche nel gruppo PCV2 vaccinato PRRS viremico sembra essere compromessa, come viene infatti dimostrato dalla diminuzione del numero di cellule secernenti IFN- dopo la vaccinazione contro PCV2, comparata con il gruppo PCV2 vaccinato- non viremico. I dati evidenziano ed ulteriormente sostengono il ruolo inibitorio del virus della PRRSV sullo sviluppo ed attivazione della risposta immunitaria e come un infezione naturale ad età precoci possa influenzare negativamente la risposta immunitaria ad altri patogeni/antigeni. Il terzo studio, intitolato “Modulazione fenotipica di: monociti CD14+, cellule natural killer (NK), T natural killer (NKT) e sottopopolazioni linfocitarie T CD4+ e CD8+ durante stimolazione con killer peptide (KP) nella specie suina” ha avuto come scopo quello di stabilire se e come il Peptide Killer (KP) potesse modulare la risposta immunitaria in termini di attivazione di specifiche sottopopolazioni linfocitarie. Si tratta di un approccio preliminare anche ai fini di successivamente valutare tale KP in un potenziale ruolo antivirale o come adiuvante. In questo lavoro, periferal blood mononuclear cells (PBMC) suine sono state stimolate con KP a tre diverse concentrazioni (10, 20 e 40 g/ml) per tre diversi tempi (24, 48 e 72 ore). TEMPI DI STIMOLAZIONE (ore) CONCENTRAZIONE DI KP (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 Mediante la citometria a flusso è stato dunque possibile analizzare il comportamento qualitativo e quantitativo di alcune sottopopolazioni linfocitarie sotto lo stimolo del KP, tra cui: monociti, cellule Natural Killer (NK), cellule T Natural Killer (NKT) e linfociti T CD4 e CD8+. Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre che: 1) KP promuove un’attivazione dei monociti dose-dipendente in particolare dopo 24 ore di stimolazione, inducendo uno “shift” fenotipico e di maturazione monocitaria maggiormente coinvolto nel sostegno della risposta innata/infiammatoria. 2) KP induce una forte modulazione dose-dipendente di cellule NK e NKT con un forte aumento della frazione delle cellule NKT rispetto alle NK, sottopopolazioni entrambe coinvolte nella citotossicità cellulare mediata da anticorpi (ADCC). L’aumento è riscontrabile soprattutto dopo 24 ore di stimolazione. 3) KP promuove una significativa attivazione della sottopopolazione del linfociti T citotossici (CTL). 4) Per quanto riguarda la marcatura CD4+/CD8+ è stato dimostrato che KP ha la capacità di modulare sia il fenotipo T helper che T citotossico, inducendo le cellule T helper ad acquisire CD8 diventando quindi doppio positive (CD4+CD8+) ed inducendo il fenotipo CTL (CD4-CD8+high) ad acquisire il fenotipo doppio positivo (CD4+CD8α+high). Molti dunque potrebbero essere gli effetti che il decapeptide KP potrebbe esercitare sulle diverse sottopopolazioni del sistema immunitario, per questo motivo va evidenziata la necessità di impostare e attuare nuove ricerche che portino alla caratterizzazione di ciascuna “abilità” di KP e che conducano successivamente alla scoperta del migliore utilizzo che si possa fare del decapeptide sia dal punto di vista vaccinale, terapeutico oppure sotto forma di adiuvante vaccinale.
Resumo:
The Cervarola Sandstones Formation (CSF), Aquitanian-Burdigalian in age, was deposited in an elongate, NW-stretched foredeep basin formed in front of the growing Northern Apennines orogenic wedge. The stratigraphic succession of the CSF, in the same way of other Apennine foredeep deposits, records the progressive closure of the basin due to the propagation of thrust fronts toward north-east, i.e. toward the outer and shallower foreland ramp. This process produce a complex foredeep characterized by synsedimentary structural highs and depocenters that can strongly influence the lateral and vertical turbidite facies distribution. Of consequence the main aim of this work is to describe and discuss this influence on the basis of a new high-resolution stratigraphic framework performed by measuring ten stratigraphic logs, for a total thickness of about 2000m, between the Secchia and Scoltenna Valleys (30km apart). In particular, the relationship between the turbidite sedimentation and the ongoing tectonic activity during the foredeep evolution has been describe through various stratigraphic cross sections oriented parallel and perpendicular to the main tectonic structures. On the basis of the high resolution physical stratigraphy of the studied succession, we propose a facies tract and an evolutionary model for the Cervarola Sandstones in the studied area. Thanks to these results and the analogies with others foredeep deposits of the northern Apennines, such as the Marnoso-arenacea Formation, the Cervarola basin has been interpreted as a highly confined foredeep controlled by an intense synsedimentary tectonic activity. The most important evidences supporting this hypothesis are: 1) the upward increase, in the studied stratigraphic succession (about 1000m thick), of sandstone/mudstone ratio, grain sizes and Ophiomorpha-type trace fossils testifying the high degree of flow deceleration related to the progressive closure and uplift of the foredeep. 2) the occurrence in the upper part of the stratigraphic succession of coarse-grained massive sandstones overlain by tractive structures such as megaripples and traction carpets passing downcurrent into fine-grained laminated contained-reflected beds. This facies tract is interpreted as related to deceleration and decoupling of bipartite flows with the deposition of the basal dense flows and bypass of the upper turbulent flows. 3) the widespread occurrence of contained reflected beds related to morphological obstacles created by tectonic structures parallel and perpendicular to the basin axis (see for example the Pievepelago line). 4) occurrence of intra-formational slumps, constituted by highly deformed portion of fine-grained succession, indicating a syn-sedimentary tectonic activity of the tectonic structures able to destabilize the margins of the basin. These types of deposits increase towards the upper part of the stratigraphic succession (see points 1 and 2) 5) the impressive lateral facies changes between intrabasinal topographic highs characterized by fine-grained and thin sandstone beds and marlstones and depocenters characterized by thick to very thick coarse-grained massive sandstones. 6) the common occurrence of amalgamation surfaces, flow impact structures and mud-draped scours related to sudden deceleration of the turbidite flows induced by the structurally-controlled confinement and morphological irregularities. In conclusion, the CSF has many analogies with the facies associations occurring in other tectonically-controlled foredeeps such as those of Marnoso-arenacea Formation (northern Italy) and Annot Sandstones (southern France) showing how thrust fronts and transversal structures moving towards the foreland, were able to produce a segmented foredeep that can strongly influence the turbidity current deposition.
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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.
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Oggi, i dispositivi portatili sono diventati la forza trainante del mercato consumer e nuove sfide stanno emergendo per aumentarne le prestazioni, pur mantenendo un ragionevole tempo di vita della batteria. Il dominio digitale è la miglior soluzione per realizzare funzioni di elaborazione del segnale, grazie alla scalabilità della tecnologia CMOS, che spinge verso l'integrazione a livello sub-micrometrico. Infatti, la riduzione della tensione di alimentazione introduce limitazioni severe per raggiungere un range dinamico accettabile nel dominio analogico. Minori costi, minore consumo di potenza, maggiore resa e una maggiore riconfigurabilità sono i principali vantaggi dell'elaborazione dei segnali nel dominio digitale. Da più di un decennio, diverse funzioni puramente analogiche sono state spostate nel dominio digitale. Ciò significa che i convertitori analogico-digitali (ADC) stanno diventando i componenti chiave in molti sistemi elettronici. Essi sono, infatti, il ponte tra il mondo digitale e analogico e, di conseguenza, la loro efficienza e la precisione spesso determinano le prestazioni globali del sistema. I convertitori Sigma-Delta sono il blocco chiave come interfaccia in circuiti a segnale-misto ad elevata risoluzione e basso consumo di potenza. I tools di modellazione e simulazione sono strumenti efficaci ed essenziali nel flusso di progettazione. Sebbene le simulazioni a livello transistor danno risultati più precisi ed accurati, questo metodo è estremamente lungo a causa della natura a sovracampionamento di questo tipo di convertitore. Per questo motivo i modelli comportamentali di alto livello del modulatore sono essenziali per il progettista per realizzare simulazioni veloci che consentono di identificare le specifiche necessarie al convertitore per ottenere le prestazioni richieste. Obiettivo di questa tesi è la modellazione del comportamento del modulatore Sigma-Delta, tenendo conto di diverse non idealità come le dinamiche dell'integratore e il suo rumore termico. Risultati di simulazioni a livello transistor e dati sperimentali dimostrano che il modello proposto è preciso ed accurato rispetto alle simulazioni comportamentali.
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This research deals with the production of pectic oligosaccharides (POS) from agro-industrial residues, with specific focus on development of continuous cross flow enzyme membrane reactor. Pectic oligosaccharides have recently gained attention due to their prebiotic activity. Lack of information on the continuous production of POS from agro-industrial residues formed the basis for the present study. Four residues i.e sugar beet pulp, onion hulls, pressed pumpkin cake and berry pomace were taken to study their pectin content. Based on the presence of higher galacturonic acid and arabinose (both homogalacturonan and rhamnogalacturonan) in sugar beet pulp and galacturonic acid (only homogalacturonan) in onion hulls, further optimization of different extraction methods of pectin (causing minimum damage to pectic chain) from these residues were done. The most suitable extractant for sugar beet pulp and onion hulls were nitric acid and sodium hexametaphosphate respectively. Further the experiments on the continuous production of POS from sugar beet pulp in an enzyme membrane reactor was initiated. Several optimization experiments indicated the optimum enzyme (Viscozyme) as well as feed concentration (25 g/L) to be used for producing POS from sugar beet pulp in an enzyme membrane reactor. The results highlighted that steady state POS production with volumetric and specific productivity of 22g/L/h and 11 g/gE/h respectively could be achieved by continuous cross flow filtration of sugar beet pulp pectic extract over 10 kDa membrane at residence time of 20 min. The POS yield of about 80% could be achieved using above conditions. Also, in this thesis preliminary experiments on the production and characterization of POS from onion hulls were conducted. The results revelaed that the most suitable enzyme for POS production from onion hulls is endo-polygalacturonase M2. The POS produced from onion hulls were present in the form of DP1 -DP10 in substituted as well as unsubstituted forms. This study clearly demonstrates that continuous production of POS from pectin rich sources can be achieved by using cross flow continuous enzyme membrane reactor.
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RIASSUNTO Premesse: Nonostante l’asma sia stata considerata per anni come un’unica malattia, studi recenti ne dimostrano l’eterogeneità. L’intento di caratterizzare tale eterogeneità ha condotto a studiare molteplici sottogruppi ovvero “fenotipi”. Nell’asma comune questo approccio è stato utilizzato da svariati anni, meno invece nell’asma occupazionale. Poco è noto anche riguardo alle caratteristiche della risposta infiammatoria nel corso dei test di provocazione bronchiale specifici (SIC) con isocianati valutata con metodiche non invasive; in particolare l’origine dell’incremento di ossido nitrico misurato ad un flusso espiratorio di 50 ml/s (FeNO50) precedentemente riscontrato, se sia alveolare o bronchiale, i livelli di dimetilarginina asimmetrica (ADMA) e la temperatura dell’aria espirata (EBT). Scopi dello studio: 1) verificare se anche per l’asma occupazionale (OA) da isocianati siano individuabili dei fenotipi o se essa ne rappresenti uno unico 2) studiare l’infiammazione delle vie aeree sperimentalmente indotta tramite: la misurazione dell’NO frazionato mediante i parametri “flow-independent” che stimano sia la regione alveolare, ovvero la concentrazione di NO alveolare (CaNO), che la regione bronchiale ovvero il flusso di NO a livello bronchiale (JawNO), la concentrazione di NO a livello della parete bronchiale (CawNO) e la diffusione di NO all’interfaccia lume-parete bronchiale (DawNO); la misurazione dell’ADMA nel condensato dell’aria esalata (EBC); la misurazione dell’EBT. Materiali e metodi: Per lo studio sulla fenotipizzazione dell’asma da isocianati sono stati esaminati pazienti risultati positivi al test di provocazione bronchiale specifico con isocianati nel periodo compreso tra il 1988 e il 2013. Mediante l’utilizzo di un approccio multivariato dato dall’analisi gerarchica dei cluster e di un ampio pool di variabili appropriate abbiamo studiato se i soggetti affetti da asma professionale da isocianati rappresentino uno o più cluster. Mediante un altro approccio multivariato, dato dall’analisi delle k-medie, si sono individuate le caratteristiche che differenziano in maniera significativa i soggetti distribuiti nei diversi cluster. Per il secondo scopo dello studio dal 2012 al 2015 abbiamo reclutato soggetti afferiti presso il nostro centro per sospetta asma professionale. In questi pazienti in corso di sham-test e di SIC con isocianati fino a 24 post test sono stati monitorati e misurati: la funzionalità respiratoria incluso il test di provocazione bronchiale aspecifico con metacolina, l’NO frazionato, l’ADMA nell’EBC e l’EBT. Risultati: L’utilizzo dell’analisi gerarchica dei cluster ci ha portati a stabilire che i 187 pazienti studiati non costituiscono un unico gruppo omogeneo ma possono essere suddivisi in 3 cluster. L’applicazione poi del metodo multivariato delle k-medie, su tre cluster, ci ha consentito di individuare due cluster di pazienti sensibilizzati a TDI con prevalente risposta late al SIC e un cluster di pazienti sensibilizzati a MDI con prevalente risposta early al SIC. I soggetti appartenenti ai due cluster dei TDI differiscono fra di loro in maniera significativa per l’età alla diagnosi e all’esordio dei sintomi respiratori, la distribuzione per sesso, il BMI, la distribuzione in quanto abitudine al fumo, l’IT, il FEV1 basale % del predetto, l’età di inizio esposizione, gli anni di latenza e la durata dell’esposizione. Per quanto riguarda invece lo studio del profilo infiammatorio delle vie aeree abbiamo reclutato 25 pazienti, 18 maschi e 7 femmine. Nel gruppo dei SIC-positivi FeNO50 è aumentato significativamente a 24 ore dal test (mediana 111.8 ppb [IQR, 167.5]; p<0.05) se confrontato con lo sham (58.6 ppb [74.7]). I livelli di JawNO hanno manifestato il medesimo time-course con un incremento significativo post 24 ore dall’esposizione (6.6 nL/s [81]; p <0.05) se confrontato con lo sham (3.3 nL/s [3.7]). Non sono state riscontrate significative variazioni negli altri parametri. Non sono state riscontrate significative variazioni dell’ADMA nell’EBC e dell’EBT in entrambi i gruppi. Conclusioni: L’asma da isocianati è una patologia eterogenea come l’asma comune. Gli elementi principali che differenziano i cluster di asma professionale da isocianati sono l’agente sensibilizzante e il tipo di risposta al SIC (cluster 3 vs cluster 1 e 2). Anche nell’ambito dell’asma indotta dallo stesso agente (TDI) si sono evidenziati due cluster in cui quello con peggiore funzionalità respiratoria è rappresentato da soggetti più anziani alla diagnosi e con maggiore durata dell’esposizione. I motivi per cui l’asma occupazionale risulta essere eterogenea possono essere un differente meccanismo d’azione dei monomeri o una diversa suscettibilità degli individui appartenenti ai diversi cluster sia in termini di insorgenza della malattia sia in termini di evoluzione della stessa. L’assetto infiammatorio delle vie aeree nel corso del SIC non si caratterizza nei soggetti sensibilizzati ad isocianati né con un incremento dell’ADMA né con un incremento dell’EBT. Si riscontra invece un aumento di FeNO50 dovuto esclusivamente ad un aumentato flusso di NO dalla parete bronchiale al lume. Abbiamo perciò dimostrato che la misurazione del FeNO50 nel corso del SIC può fornire informazioni aggiuntive al monitoraggio funzionale spirometrico, anche perché la broncoostruzione e la risposta infiammatoria delle vie aeree si sono rivelate dissociate.
Resumo:
La prima parte di questo lavoro di tesi tratta dell’interazione tra un bacino di laminazione e il sottostante acquifero: è in fase di progetto, infatti, la costruzione di una cassa di espansione sul torrente Baganza, a monte della città di Parma. L’obiettivo di tale intervento è di ridurre il rischio di esondazione immagazzinando temporaneamente, in un serbatoio artificiale, la parte più pericolosa del volume di piena che verrebbe rilasciata successivamente con portate che possono essere agevolmente contenute nel tratto cittadino del torrente. L’acquifero è stato preliminarmente indagato e monitorato permettendone la caratterizzazione litostratigrafica. La stratigrafia si può riassumere in una sequenza di strati ghiaioso-sabbiosi con successione di lenti d’argilla più o meno spesse e continue, distinguendo due acquiferi differenti (uno freatico ed uno confinato). Nel presente studio si fa riferimento al solo acquifero superficiale che è stato modellato numericamente, alle differenze finite, per mezzo del software MODFLOW_2005. L'obiettivo del presente lavoro è di rappresentare il sistema acquifero nelle condizioni attuali (in assenza di alcuna opera) e di progetto. La calibrazione è stata condotta in condizioni stazionarie utilizzando i livelli piezometrici raccolti nei punti d’osservazione durante la primavera del 2013. I valori di conducibilità idraulica sono stati stimati per mezzo di un approccio geostatistico Bayesiano. Il codice utilizzato per la stima è il bgaPEST, un software gratuito per la soluzione di problemi inversi fortemente parametrizzati, sviluppato sulla base dei protocolli del software PEST. La metodologia inversa stima il campo di conducibilità idraulica combinando osservazioni sullo stato del sistema (livelli piezometrici nel caso in esame) e informazioni a-priori sulla struttura dei parametri incogniti. La procedura inversa richiede il calcolo della sensitività di ciascuna osservazione a ciascuno dei parametri stimati; questa è stata valutata in maniera efficiente facendo ricorso ad una formulazione agli stati aggiunti del codice in avanti MODFLOW_2005_Adjoint. I risultati della metodologia sono coerenti con la natura alluvionale dell'acquifero indagato e con le informazioni raccolte nei punti di osservazione. Il modello calibrato può quindi essere utilizzato come supporto alla progettazione e gestione dell’opera di laminazione. La seconda parte di questa tesi tratta l'analisi delle sollecitazioni indotte dai percorsi di flusso preferenziali causati da fenomeni di piping all’interno dei rilevati arginali. Tali percorsi preferenziali possono essere dovuti alla presenza di gallerie scavate da animali selvatici. Questo studio è stato ispirato dal crollo del rilevato arginale del Fiume Secchia (Modena), che si è verificato in gennaio 2014 a seguito di un evento alluvionale, durante il quale il livello dell'acqua non ha mai raggiunto la sommità arginale. La commissione scientifica, la cui relazione finale fornisce i dati utilizzati per questo studio, ha attribuito, con molta probabilità, il crollo del rilevato alla presenza di tane di animali. Con lo scopo di analizzare il comportamento del rilevato in condizioni integre e in condizioni modificate dall'esistenza di un tunnel che attraversa il manufatto arginale, è stato realizzato un modello numerico 3D dell’argine mediante i noti software Femwater e Feflow. I modelli descrivono le infiltrazioni all'interno del rilevato considerando il terreno in entrambe le porzioni sature ed insature, adottando la tecnica agli elementi finiti. La tana è stata rappresentata da elementi con elevata permeabilità e porosità, i cui valori sono stati modificati al fine di valutare le diverse influenze sui flussi e sui contenuti idrici. Per valutare se le situazioni analizzate presentino o meno il verificarsi del fenomeno di erosione, sono stati calcolati i valori del fattore di sicurezza. Questo è stato valutato in differenti modi, tra cui quello recentemente proposto da Richards e Reddy (2014), che si riferisce al criterio di energia cinetica critica. In ultima analisi è stato utilizzato il modello di Bonelli (2007) per calcolare il tempo di erosione ed il tempo rimanente al collasso del rilevato.