916 resultados para ANATOMIA PATOLOGICA E PATOLOGIA CLINICA


Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La leishmaniosi canina (LCan) causata da Leishmania infantum rappresenta un’importante zoonosi in molte aree del mondo ed il cane rappresenta il principale reservoir del parassita per l’uomo. Il tipo di risposta immunitaria che i soggetti colpiti mettono in atto condiziona fortemente la progressione della malattia: animali che non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria cellulo-mediata mostrano la sintomatologia clinica nonostante abbiano una forte ma inefficace risposta umorale che contribuisce al peggioramento della sintomatologia clinica. L’obbiettivo dello studio è stato quello valutare da un punto di vista descrittivo il segnalamento, i segni clinici e clinicopatologici dei pazienti affetti da leishmaniosi portati in visita presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie nel periodo compreso da Gennaio 2002 a Marzo 2012 con particolare attenzione sull’impatto della patologia renale e dell’anemia nel quadro clinico della LCan. In base ai risultati ottenuti è stato possibile affermare che la leishmaniosi canina è una patologia relativamente frequente nella nostra realtà clinica universitaria e che presenta caratteristiche cliniche e clinicopatologiche simili a quelle riportate in letteratura. I nostri risultati preliminari suggeriscono che in questa malattia il coinvolgimento renale e le conseguenze sistemiche che ne derivano possono essere predominanti a livello clinico e laboratoristico. La gravità del quadro clinico appare associata in maniera significativa all’entità della risposta umorale e del successivo coinvolgimento glomerulare nel contesto di una risposta infiammatoria sistemica cronica. Successivamente, sono state misurate le concentrazioni di IgG ed IgM in corso di follow-up in alcuni dei soggetti inclusi nello studio e sottoposti a differenti trattamenti anti-leishmania. Dai risultati preliminari ottenuti nel nostro lavoro è stato possibile affermare che in corso di trattamento le concentrazioni di tali immunoglobuline subiscono una riduzione progressiva confermando pertanto l’efficacia del trattamento anti-leishmania non solo nella remissione della sintomatologia clinica ma anche nel ripristino della normale risposta umorale.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Sulla base delle evidenze della letteratura (Fenaux, 2009; Lyons, JCO 2009), a partire da Settembre 2004 nel Nostro Istituto sono stati trattati 57 pazienti affetti da Sindrome Mielodisplastica (MDS) mediante terapia demetilante con 5-Azacitidina. Sono stati utilizzati differenti regimi terapeutici a seconda della classe di rischio IPSS: i pazienti a rischio basso/intermedio-1 hanno ricevuto Azacitidina 75 mg/mq/die sottocute per 5 giorni/mese (schema 5) per 8 cicli; i pazienti a rischio alto/intermedio-2 hanno ricevuto Azacitidina 50 mg/mq/die sottocute per 10 giorni/mese (schema 5+2+5) o Azacitidina 75 mg/mq/die per 7 giorni/mese (schema 7) fino a perdita della risposta. Su una casistica totale di 57 pazienti (15 a rischio basso/int-1; 41 rischio alto/int-2), l’87.7% (50 pazienti) sono risultati valutabili. Tra questi le risposte osservate sono state del 68% (34 pazienti), di cui il 14% (7 pazienti) ha ottenuto una Remissione Completa (CR) ed il 54% (27 pazienti) ha ottenuto un Hematologic Improvement (HI). La valutazione della risposta è stata eseguita secondo i criteri dell’International Working Group 2006 (IWG, Cheeson 2006). Le principali tossicità osservate sono state rappresentate da reazioni cutanee locali nel sito d’iniezione, tossicità gastrointestinale (stipsi e/o diarrea), mielotossicità, neutropenia febbrile, sepsi (3 pazienti). Tra i pazienti trattati abbiamo osservato la presenza di risposta ematologica prolungata (≥ 20 mesi) in 10 pazienti (20% dei pazienti valutabili). Inoltre, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Anatomia Umana dell’Università di Bologna (Prof. L. Cocco, Dott.ssa M.Y. Follo), tutti i pazienti trattati sono stati valutati per i livelli di espressione genica e metilazione del gene della fosfolipasi PI-PLC-beta1. I dati biologici così ottenuti sono stati correlati con quelli clinici, evidenziando la presenza di una correlazione tra i livelli di espressione genica e mutilazione della PI-PLC-beta1 e la risposta alla terapia demetilante con 5-Azacitidina.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’eeffettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Introdução: A Periodontologia é um ramo da Medicina Dentária que tem como objetivo manter o periodonto saudável. A recessão gengival tem vindo a ser estudada, tanto em populações com pobre controlo de placa bacteriana, quanto naquelas com boa Higiene Oral. Os médicos dentistas desconhecem ainda muitos dos aspetos da etiologia da recessão gengival e como tal, este assunto foi objeto de muitas conjeturas, nomeadamente a causa da mesma, sendo ainda mais importante, o controle deste problema. Sendo assim, persiste a confusão levantada por várias opiniões e pontos de vista contraditórios, sendo alvo desta dissertação. Objetivos: Esta dissertação tem como objetivo analisar, e verificar a Etiologia da Recessão Gengival, mais precisamente, a sua origem e os fatores que predispõem a mesma. Tendo sido assim, realizada uma revisão bibliográfica, de modo a verificar: quais as causas desta patologia e as suas limitações. Materiais e Métodos: Para a obtenção da informação necessária na realização da presente dissertação, foi efetuada uma pesquisa bibliográfica nas bases de dados da Pubmed, Scielo, o livro Tratado de Peridontia Clinica e Implantologia Oral, o Jornal da Associação Dentária Americana, o livro Peridontia Clinica, o livro de Histologia Básica e o livro Anatomia, Embriologia e Histologia Oral. Para tal, foi realizada a investigação através das seguintes palavras-chaves: “Etiology”, Gingival Recession”, “Periodontitis”, “Dental plaque”, e “Prevalence”. Conclusão: No trabalho realizado, é possível concluir que a Etiologia da recessão é multifatorial e raramente leva à perda do elemento dentário, embora, cause muitos danos por provocar a sensibilidade dentária, devido a perda e retração da gengiva. Esta etiologia leva a uma maior incidência de cáries radiculares, sacrificando o aspecto estético do paciente, e consequentemente, leva a um desconforto psicológico. Subsequentemente a recessão gengival e as suas múltiplas causas, existem atualmente métodos e técnicas, que nos permitem a resolução de alguns dos danos provocados por esta, com o objetivo de criar uma maior probabilidade de eliminação dos fatores causais da mesma.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

[EN] This paper is devoted to i, the Basque dative case marker. In part I, the paper aims at presenting a general approach the locus of syntactic variation within Universal Grammar (sections 1.1 to 1.3). After an excursus on the use of minorized languages in science (1.4), a discussion on parameters is provided. In (1.5), the notion of macroparameter from the 80’s is critically discussed mainly but not along the lines of Newmeyer (2005). The last section (1.6)supports to focus on microparameters, along the lines of Kayne (2000, 2005), as the right way to properly understand and explain variation. Part II provides an analysis of the main properties of Basque datives (sections 2.1 and 2.2). Sections 2.3 and 2.4 are devoted to the nature of Basque inflectional morpheme (k)i, interpreted asan applicative morpheme which ‘applies’ dative object arguments to the structure. Finally, microcomparative analyses on Basque Differential Object Marking and Dative Displacement are presented in sections (2.6) and (2.7) respectively.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Os estudos anatômicos do xilema secundário têm contribuído com a botânica sistemática na segregação de grupos taxonômicos. Desta forma, podendo se tornar muito importante na aplicação para identificação de espécies, o que adquire maior conotação em grupos de comprovada importância econômica. O gênero Stryphnodendron apresenta uma ampla distribuição no Brasil e as espécies que o compõem são muito utilizadas com finalidades farmacológicas, no entanto existem espécies que são morfologicamente muito semelhantes neste gênero. Sendo assim, este trabalho teve como objetivos descrever a estrutura anatômica do lenho de sete espécies do gênero Stryphnodendron, identificar os caracteres que poderão ser utilizados na segregação do grupo e verificar se a anatomia do lenho corrobora a proposta de delimitação de S. polyphyllum, feitas no último trabalho de revisão taxonômica do gênero. Foram selecionadas duas espécies paucifolioladas e cinco espécies multifolioladas, o material botânico foi obtido por coleta in situ para as espécies de ocorrência na Mata Atlântica e a partir de coleções de madeira de referência para as espécies de Cerrado e Floresta Amazônica. Foram utilizadas as metodologias usuais para anatomia do lenho e as descrições seguiram em linhas gerais as recomendações a IAWA Committee. Os resultados demonstraram que as espécies apresentam características anatômicas em comum, que podem ser diagnósticas para o gênero Stryphnodendron como: camada de crescimento distinta, raios homogêneos, cristais formando séries cristalíferas no parênquima axial e nas fibras, pontoações ornamentadas e parênquima axial paratraqueal. Os resultados das análises de agrupamento e de componentes principais evidenciaram a segregação das espécies em dois grupos, um com as espécies multifolioladas e outro com espécies paucifolioladas. As espécies paucifolioladas foram segregadas por apresentarem diâmetro tangencial dos vasos superior a 200 μm e parênquima axial difuso em agregados. Os resultados também evidenciaram um conjunto de caracteres que permitiram a individualização das espécies estudadas. As características qualitativas do lenho mais importantes para segregação das espécies em questão foram: tipos de parênquima axial e de demarcação da camada de crescimento; arranjo e agrupamento dos elementos de vasos; presença de fibras gelatinosas, de fibras septadas e de espessamento helicoidal em fibras. As características quantitativas foram: frequência de vasos; comprimento das fibras; número de células na largura dos raios; altura e largura dos raios e diâmetro das pontoações parênquimo-vasculares.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

A Mata Atlântica figura entre os biomas com o maior índice de biodiversidade, mais ameaçados e menos conhecidos cientificamente do planeta. Nesse bioma, a família Rubiaceae se destaca como a quarta mais importante em número de espécies e indivíduos. Com o objetivo de aumentar o conhecimento relativo ao bioma e à família em questão, este trabalho propõe o estudo de Coccocypselum lanceolatum (Ruiz & Pavon) Persoon, uma espécie de hábito herbáceo frequente em diferentes fitofisionomias de Mata Atlântica no estado do Rio de Janeiro. O trabalho visa comparar a estrutura morfo-anatômica da espécie crescendo em Floresta Ombrófila Densa submontana, em região insular e Floresta Ombrófila Densa montana, em região continental. A pesquisa foi desenvolvida em dois remanescentes de Mata Atlântica no estado do Rio de Janeiro: Parque Estadual da Ilha Grande, no município de Angra dos Reis e Parque Ambiental Luiz Simões Lopes, município de Nova Friburgo. Foi feita a avaliação dos seguintes parâmetros ambientais: pluviosidade, temperatura, radiação solar e características do solo. Para a análise morfológica foliar, foram coletadas 25 folhas completamente expandidas, provenientes do 3 ou 4 nós, observando-se a mesma estação climática, entre os meses de maio e junho de 2010 (outono) nos dois sítios de estudo. Para o estudo anatômico foram selecionadas 10 folhas completamente expandidas, provenientes do 3 ou 4 nós, as quais foram fragmentadas nos níveis do pecíolo e terço-médio. Os parâmetros utilizados para a comparação dos materiais provenientes dos diferentes sítios consistiram na espessura total da lâmina foliar, na espessura do mesofilo (m), na espessura dos parênquimas (m), paliçádico e lacunoso, na espessura das epidermes (m) nas faces adaxiais e abaxiais, e nas densidades (mm2) de estômatos e de tricomas. Os resultados obtidos mostram que a espécie apresenta variação intraespecífica, relacionada aos diferentes parâmetros ambientais avaliados em função da origem. Desta forma, foram encontradas diferenças na composição química e física e consequentemente no pH dos solos; a presença de antocianinas em órgãos diferentes das flores e dos frutos no material de Nova Friburgo; diferenças morfológicas e anatômicas relativas às diferenças nos índices pluviométricos, composição do solo e radiação solar

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Machaerium é um dos maiores gêneros arbóreos tropicais de leguminosas, com cerca de 130 espécies com distribuição predominantemente neotropical e centro de diversidade no Brasil, onde ocorrem cerca de 80 espécies. O gênero ocorre em todos os domínios fitogeográficos do país, porém a Mata Atlântica e a Floresta Amazônica possuem os maiores índices de riqueza e endemismo. As espécies do gênero estão classificadas em cinco seções infragenéricas, que se baseiam principalmente na forma e venação dos folíolos e na presença de estípulas espinescentes. Entretanto, esta classificação tem sido questionada por alguns autores, principalmente quando comparada com análises filogenéticas. Dessa forma, surge a necessidade de buscar outros caracteres que auxiliem na delimitação das espécies e que permitam uma reavaliação na classificação nfragenéricas, além de conhecer o potencial para estudos dendrocronológicos das espécies em um bioma tão rico e ameaçado como a Mata Atlântica. O presente trabalho visou estudar a anatomia do lenho de onze espécies arbóreas de Machaerium a fim de verificar a consistência das seções infragenéricas, fornecer caracteres diagnósticos para a delimitação das espécies e caracterizar as pontoações intervasculares ornamentadas, para verificar seu potencial diagnóstico no gênero em questão. Além disso, analisar a periodicidade de crescimento e a influência dos fatores climáticos no crescimento de Machaerium incorruptibile, espécie endêmica da Mata Atlântica. As amostras foram coletadas através de método não destrutivo e processadas seguindo os métodos usuais para anatomia do lenho, microscopia eletrônica de varredura e dendrocronologia. As espécies apresentaram as características anatômicas descritas para a família Leguminosae e para a subfamília Papilionoideae. A presença de faixas de parênquima não lignificado, fibras de paredes delgadas e raios irregularmente estratificados foram importantes na separação de Machaerium hirtum das outras dez espécies. As dez espécies restantes foram separadas entre si pelos dados quantitativos do lenho, principalmente diâmetro e frequência de vasos, e também pelos caracteres morfológicos das pontoações ornamentadas, como a projeção ou não das ornamentações na abertura da pontoação. A anatomia da madeira não correspondeu as seções infragenéricas tradicionalmente tratadas para o gênero. Para a dendrocronologia os dados foram analisados com uso do software ARSTAN e foi construída uma cronologia para M. incorruptibile. As cronologias foram analisadas juntamente com os dados de precipitação e temperatura, onde observou-se uma correlação significativa com a temperatura. A largura dos anéis de crescimento foi correlacionada positivamente com a temperatura média da primavera, época em que a temperatura se encontra mais amena e, negativamente com a temperatura média do verão, onde as temperaturas são mais altas. Também houve correlação negativa entre os eventos mais severos de El Niño e a largura dos anéis de crescimento, demonstrando o efeito deste fenômeno no crescimento da população arbórea, como encontrado em outras espécies tropicais.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Os estudos anatômicos do lenho são frequentemente aplicados à solução de questões taxonômicas, filogenéticas e evolutivas, visto que este tecido apresenta uma tendência mais conservadora e, consequentemente, menor plasticidade. Este trabalho tem por objetivo o estudo da estrutura anatômica do lenho de oito espécies arbustiva-arbóreas da subfamília Ixoroideae ocorrente no Parque Estadual da Ilha Grande, Angra dos Reis-RJ, visando contribuir com subsídios à identificação local das espécies e à taxonomia e filogenia da subfamília Ixoroideae e da família Rubiaceae. O estudo foi desenvolvido em um importante remanescente do bioma Mata Atlântica no estado do Rio de Janeiro. O material botânico foi coletado por métodos não destrutivo, as amostras foram processadas segundo técnicas usuais em anatomia da madeira e as análises e descrições seguiram as recomendações da COPANT (1973) e IAWA Commitee (1989). Os resultados demonstraram que as oito espécies estudadas apresentam características qualitativas diagnósticas que permitiram segregar as espécies e construir uma chave de identificação com base na presença ou ausência de inclusões inorgânicas, paredes celulares disjuntivas, células envolventes nos raios e no tipo de parênquima axial. As análises estatísticas realizadas sustentaram o agrupamento das espécies estudadas na subfamília Ixoroideae, porém não foi possível o agrupamento em nível das tribos às quais estas espécies estão subordinadas. Os resultados indicaram ainda a necessidade de reanálise das árvores filogenéticas hipotéticas propostas para subfamília Ixoroideae, com base nos tipos de lenho, de inclusões minerais e de parênquima axial. Cabe ainda destacar que os resultados obtidos corroboraram a importância da anatomia do lenho para a identificação de espécies de difícil reconhecimento na família Rubiaceae. Esses dados são úteis especialmente na ausência de material reprodutivo, o que representa importante aspecto para o gerenciamento e manejo das espécies nativas da Unidade de Conservação onde este estudo foi realizado

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

2004

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

No Brasil, as planícies de inundação ou áreas de várzeas trazem restrições à produtividade de milho. Por esse motivo, a Embrapa Milho e Sorgo desenvolveu, por meio da seleção recorrente fenotípica estratificada, uma variedade de milho conhecida como Saracura - BRS 4154, com capacidade de sobreviver e produzir em períodos temporários de alagamento do solo. Esse trabalho foi realizado com o objetivo de conhecer a plasticidade foliar adquirida pelo efeito dos sucessivos ciclos de seleção do milho BRS 4154 - Saracura sob alagamento intermitente do solo em condições de campo. O alagamento do solo iniciou-se no estádio de seis folhas, com a aplicação de uma lâmina de 20 cm de água três vezes por semana. No florescimento, amostras de folhas foram retiradas e fixadas, realizando-se secções paradérmicas e transversais para observação em microscópio fotônico. Foram observados, ao longo dos ciclos de seleção, modificações no número e tamanho dos estômatos, maior quantidade de feixes vasculares, metaxilema menores, diminuição da cutícula e da epiderme, diminuição no número e tamanho das células buliformes, aumento da espessura do floema, menor área de esclerênquima e diminuição da distância entre os feixes no limbo foliar. Os sucessivos ciclos de seleção do milho Saracura, portanto, levaram a mudanças na plasticidade foliar, as quais favorecem sua tolerância ao alagamento intermitente do solo.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

O alagamento é um problema encontrado em diversas áreas com potencial agrícola, afetando principalmente os produtores mais pobres. O milho ?Saracura? BRS 4154 foi desenvolvido no intuito de possibilitar o seu plantio em regiões sujeitas ao alagamento, estando atualmente no seu 18° ciclo de seleção. O presente trabalho teve como objetivos verificar as modificações nas características anatômicas radiculares relacionadas com o alagamento e o seu incremento ou não ao longo dos 18 ciclos de seleção em comparação com 2 variedades controle (BR 107 e BRS 1010) submetidas ao alagamento intermitente de 2 dias. As amostras radiculares foram preparadas pelas microtécnicas apropriadas e analisadas em microscopia óptica. Foram observados em relação ao grupo controle e aos ciclos anteriores: aumentos na capacidade de formação de aerênquima; diminuição no córtex; diminuição no diâmetro dos vasos; diminuição da camada subepidérmica; aumento na espessura do floema; e epiderme. Dessa forma, os sucessivos ciclos de seleção foram capazes de melhorar as características do milho Saracura e a sua adaptabilidade a ambientes alagados.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Este trabalho foi realizado com o objetivo de caracterizar as modificações nas estruturas anatômicas radiculares em sucessivos ciclos de seleção (ciclo 1 ao ciclo 18 alternados) do milho Saracura BRS 4154 sob encharcamento do solo. Essa variedade possui capacidade de sobreviver e produzir em solos temporariamente alagados e foi desenvolvida, pela Embrapa Milho e Sorgo, por seleção recorrente fenotípica estratificada para plantio em solos de várzea. O ensaio foi conduzido em condições de campo, iniciando o alagamento do solo no estádio de seis folhas, aplicando uma lâmina de 20 cm de água três vezes por semana. No florescimento, amostras de raízes foram retiradas, fixadas e seccionadas para observação em microscópio de luz. Pelas fotomicrografias de secções transversais, foi observada, ao longo dos ciclos de seleção, maior quantidade de aerênquima, diminuição do córtex, diminuição da exoderme, aumento na proporção do cilindro vascular, metaxilemas menores e numerosos e aumento na espessura do floema e da epiderme. Essas modificações proporcionaram à planta de milho maior adaptação, aumentando sua capacidade de tolerar solos encharcados.