6 resultados para Transposon Bari

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori l’orientamento determinato da parte della comunità europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale all’interno dei quali i sistemi di città potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. L’orientamento europeo si è confrontato con una realtà storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra città sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la città capitale dominante su città subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non è né continua né gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una città capitale di riconosciuto potere ma con città di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisività nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e l’Inghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dell’aera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realtà locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e “artificiosamente” rinata ad unità, dopo le vicende del XIX secolo: l’Emilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralità di centri emergenti, il rapporto col territorio è mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dall’uso attuale. La crescente domanda di capacità di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacità degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle “figure retoriche comunitarie”, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita “Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nell’economia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire un’ulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dell’UE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti è possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee.” La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilità; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalità, ed è la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessità di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilità politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunità Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con l’indagare il concetto di “regione funzionale”, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realtà territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che può essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perchè si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perciò solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire un’azione di governo del territorio. Sin dall’inizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dell’OCSE ha condotto un’indagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di “contorni” determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilità del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche è un elemento fondamentale che determina l’ubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nell’ambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo è stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda l’adeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori d’Europa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed è possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimità spaziale è solo uno degli aspetti di interazione tra le città, l’altro aspetto importante è quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce l’evoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro…). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare l’esigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nell’interpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ciò ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Città – Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si è utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novità è costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralità di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dall’attività settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dell’Europa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta l’attuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dell’assetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente più idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto l’ente storico di riferimento della pianificazione è il comune e l’ente di gestione delegato dallo stato è la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realtà locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilità con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile è l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello è da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso un’agenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perché ciò avvenga è necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dall’attività dello stato abbia caratteri definiti e fattibilità economico concreta.

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Staphylococcus aureus and Staphylococcus epidermidis are leading pathogens of implant-related infections. This study aimed at investigating the diverse distribution of different bacterial pathogen factors in most prevalent S. aureus and S. epidermidis strain types causing orthopaedic implant infections. In this study the presence both of the ica genes, encoding for biofilm exopolysaccharide production, and the insertion sequence IS256, a mobile element frequently associated to transposons, was investigated in relationship with the prevalence of antibiotic resistance among Staphylococcus epidermidis strains. The investigation was conducted on 70 clinical isolates derived from orthopaedic implant infections. Among the clinical isolates investigated a dramatic high level of association was found between the presence of ica genes as well as of IS256 and multiple resistance to all the antibiotics tested. Noteworthy, a striking full association between the presence of IS256 and resistance to gentamicin was found, being none of the IS256-negative strain resistant to this antibiotic. This association is probably because of the link of the corresponding aminoglycoside-resistance genes, and IS256, often co-existing within the same staphylococcal transposon. Moreover we investigated the prevalence of aac(6’)-Ie-aph(2’’), aph (3’) IIIa, and ant(4’) genes, encoding for the three forms of aminoglycoside-modifying enzymes (AME), responsible for resistance to aminoglycoside antibiotics. All isolates were characterized by automated ribotyping, so that the presence of antibiotic resistance determinants was investigated in strains exhibiting different ribopatterns. Interestingly, combinations of coexisting AME genes appeared to be typical of specific ribopatterns. 200 S. aureus isolates, categorized into ribogroups by automated ribotyping, i.e. rDNA restriction fragment length polymorphism analysis, were screened for the presence of a panel of adhesins genes, accessory gene regulatory (agr) polymorphisms and toxins. For many ribogroups, characteristic tandem genes arrangements could be identified. Surprisingly, the isolates of the most prevalent cluster, enlisting 27 isolates, were susceptible to almost all antibiotics and never possessed the lukD/lukE gene, thus suggesting the role of factors other than antibiotic resistance and the here investigated toxins in driving the major epidemic clone to the larger success. Afterwards, .in the predominant S. aureus cluster, the bbp gene encoding bone sialoprotein-binding protein appeared a typical virulence trait, found in 93% of the isolates. Conversely, the bbp gene was identified in just 10% of the remaining isolates of the collection. In this cluster, co-presence of bbp with the cna gene encoding collagen adhesin was a pattern consistently observed. These findings indicate a crucial role of both these adhesins, able to bind the most abundant bone proteins, in the pathogenesis of orthopaedic implant infections, there where biomaterials interface bone tissues. Moreover a PCR screening for the ebpS gene, conducted on over two hundred S. aureus clinical isolates from implant related infections revealed the detection of six strains exhibiting an altered amplicon size, shorter than expected. In order to elucidate the sequence changes present in these gene variants, the trait comprised between the primers was analyzed in all six isolates bearing the modification and in four isolates exhibiting the regular amplicon size. From nucleotide translation, the corresponding encoded protein was found to lack an entire peptide segment of 60 amino acids. These variants, missing an entire hydrophobic region, could actually facilitate current structural studies, helping to assess whether the absent domain is strictly necessary for a functional adhesin conformation and its contribution to the topology of the protein. This study suggests that epidemic clones appear to pursue different survival strategies, where adhesins, when present, exhibit diverse importance as virulence factors. A practical message arising from the present study is that strategies for the prevention and treatment of implant orthopaedic infections should target adhesins conjointly present in epidemic clones. Furthermore, the choice of reference strains for testing the anti-infective properties of biomaterials should focus on a selection of the most prevalent clones as they exhibit distinct profiles of adhesins.

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Cerebellar malformation are increasingly diagnosed in utero. To assess the effectiveness of ultrasound and fetal magnetic resonance in the antenatal prediction of long term neurodevelopmental delay. STUDY DESIGN: We collected 105 cases of cerebellum malformation in the period 2000-2010 in Bologna and Bari University. Classification included cystic anomalies of posterior fossa and cerebellar hypoplasia. RESULTS: The greater group included Blake’s pouch cysts and mega cisterna magna cases (58/105). These cases seemed to have a good prognosis with a good outcome both in association with other anomalies and isolated. In cases of Dandy Walker malformation, vermis hypoplasia and cerebellum hypoplasia there were few survivors, so it was so difficult to outline some conclusion for child outcome. Despite great neuroimaging advances, in our study, ultrasound and MR reached a similar sensitivity (62-63%) for the diagnosis of posterior fossa anomalies, but the number of MR was lower compared with ultrasonography. CONCLUSION: Ultrasonography remains the screening method of choice for evaluation of cerebellum anatomy but probably MR imaging can improve some details expecially in the third trimester. Despite the data on Dandy Walker, vermis hypoplasia and cerebellum hypoplasia were conflicting and uncertain, for Blake and mega cisterna magna we can considered a rather good outcome.

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The genetic control of flowering time has been addressed by many quantitative trait locus (QTL) studies. A survey of the results from 29 independent studies reporting information on 441 QTLs led to the production of a QTL consensus map, which enabled the identification of 59 chromosome regions distributed on all chromosomes and shown to be frequently involved in the genetic control of flowering time and related traits. One of the major QTLs for flowering time, the Vegetative to generative transition 1 (Vgt1) locus , corresponds to an upstream (70 kb) non-coding regulatory element of ZmRap2.7, a repressor of flowering. A transposon (MITE) insertion was identified as a major allelic difference within Vgt1. One of the hypotheses is that Vgt1 might function by modifying ZmRap2.7 chromatin through an epigenetic mechanism. Therefore, the methylation state at Vgt1 was investigated using an approach that combines digestion with McrBc, an endonuclease that acts upon methylated DNA, and quantitative PCR. The analyses were performed on genomic DNA from leaves of six different maize lines at four stages of development. The results showed a trend of reduction of methylation from the first to the last stage with the exception of a short genomic region flanking the MITE insertion, which showed a constant and very dense methylation throughout leaf development and for both alleles. Preliminary results from bisulfite sequencing of a small portion of Vgt1 revealed differential methylation of a single cytosine residue between the two alleles. ZmRap2.7 expression was assayed in the four developmental stages afore mentioned for the six genotypes, in order to establish a link between methylation at Vgt1 and ZmRap2.7 transcription. To assess the role of Vgt1 as a transcriptional enhancer, two reporter vectors for stable transformation of plants have been developed.

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Although bacteria represent the simplest form of life on Earth, they have a great impact on all living beings. For example the degrader bacterium Pseudomonas pseudoalcaligenes KF707 is used in bioremediation procedures for the recovery of polluted sites. Indeed, KF707 strain is know for its ability to degrade biphenyl and polychlorinated biphenyls - to which is chemotactically attracted - and to tolerate the oxydative stress due to toxic metal oxyanions such as tellurite and selenite. Moreover, in bioremediation processes, target compounds can be easily accessible to KF707 through biofilm formation. All these considerations suggest that KF707 is such a unique microorganism and this Thesis work has been focused on determining the molecular nature of some of the peculiar physiological traits of this strain. The genome project provided a large set of informations: putative genes involved in the degradation of aromatic and toxic compounds and associated to stress response were identified. Notably, multiple chemotactic operons and cheA genes were also found. Deleted mutants in the cheA genes were constructed and their role in motility, chemotaxis and biofilm formation were assessed and compared to those previously attributed to a cheA1 gene in a KF707 mutant constructed by a mini-Tn5 transposon insertion and which was impaired in motility and biofilm development. The results of this present Thesis work, taken together, were interpreted to suggest that in Pseudomonas pseudoalcaligenes KF707 strain, multiple factors are involved in these networks and they might play different roles depending on the environmental conditions. The ability of KF707 strain to produce signal molecules possibly involved in cell-to-cell communication, was also investigated: lack of a lux-like QS system - which is conversely widely present in Gram negative bacteria – keeps open the question about the actual molecular nature of KF707 quorum sensing mechanism.

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Naphthenic acids (NAs) are an important group of organic pollutants mainly found in hydrocarbon deposits. Although these compounds are toxic, recalcitrant, and persistent in the environment, we are just learning the diversity of microbial communities involved in NAs- degradation and the mechanisms by which NAs are biodegraded. Studies have shown that naphthenic acids are susceptible to biodegradation, which decreases their concentration and reduces toxicity. Nevertheless, little is still known about their biodegradability. The present PhD Thesis’s work is aimed to study the biodegradation of simple model NAs using bacteria strains belonging to the Rhodococcus genus. In particular, Rh. sp. BCP1 and Rh. opacus R7 were able to utilize NAs such as cyclohexane carboxylic acid and cyclopentane carboxylic acid as the sole carbon and energy sources, even at concentrations up to 1000 mg/L. The presence of either substituents or longer carboxylic acid chains attached to the cyclohexane ring negatively affected the growth by pure bacterial cultures. Moreover, BCP1 and R7 cells incubated in the presence of CHCA or CPCA show a general increase of saturated and methyl-substituted fatty acids in their membrane, while the cis-mono-unsaturated ones decrease, as compared to glucose-grown cells. The observed lipid molecules modification during the growth in the presence of NAs is suggested as a possible mechanism to decrease the fluidity of the cell membrane to counteract NAs toxicity. In order to further evaluate this toxic effect on cell features, the morphological changes of BCP1 and R7 cells were also assessed through Transmission Electron Microscopy (TEM), revealing interesting ultrastructural changes. The induction of putative genes, and the construction of a random transposon mutagenesis library were also carried out to reveal the mechanisms by which these Rhodococcus strains can degrade toxic compounds such as NAs.