56 resultados para Normativo contabilistico


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Il nostro studio è incentrato sul confronto fra l’Unione Europea e il Mercado Común del Sur (Mercosur, particolarmente, in relazione a due aspetti: (i) aspetto giuridico-strutturale e, (ii) aspetto giurisprudenziale. L’obiettivo principale di tale confronto è quello di tracciare un parallelismo tra i due sistemi d’integrazione in modo da comprendere il livello d’integrazione e di efficienza del Mercosur in relazione ad un parametro ineludibile in materia quale è l’Unione Europea. Con tale obiettivo, il lavoro è stato suddiviso in quattro capitoli che mettono a fuoco aspetti molto precisi dei sistemi d’integrazione regionale. Il Capitolo I Diritto e integrazione nell’ambito del Mercosur, ha una funzione introduttiva al sistema mercosurino e funge da asse dell’intera tesi dato che illustra le origini del Mercosur, le sue istituzioni, i suoi fini ed obiettivi e, da ultimo, l’attuale assetto istituzionale del medesimo ed ipotizza i suoi possibili sviluppi futuri. Nel Capitolo II, L’evoluzione del diritto del Mercosur alla luce del primo parere consultivo del Tribunal Permanente de Revisión, è analizzato il primo parere emesso dai Tribunali mercosurini – nell’anno 2007. Vengono delineati gli elementi che caratterizzano tali pareri mercosurini e vengono altresì messi in evidenza gli aspetti di convergenza con i rinvii pregiudiziali della Corte di giustizia e quelli che, invece, rappresentano elementi di profonda divergenza. Attraverso l’analisi del Parere 1/2007 ci proponiamo in primo luogo di mettere a fuoco specifici spunti giuridici rintracciabili nella sua motivazione che ci permetteranno di dare una reale dimensione al Diritto mercosurino. In secondo luogo, ci proponiamo di mettere in evidenza il fondamentale ruolo che possono acquisire i pareri emessi dal Tribunal Permanente de Revisión nello sviluppo dell’intero sistema giuridico ed istituzionale del Mercosur. Nel capitolo successivo, Un caso di conflitto di giurisdizione, abbiamo voluto studiare una particolare controversia che, curiosamente, è stata affrontata e risolta da differenti organi giurisdizionali con competenze materiali e territoriali diverse. Facciamo riferimento alla causa “dei polli” esportati in Argentina, con presunto dumping, da parte di alcuni produttori brasiliani dal gennaio 1998 al gennaio 1999. Tale causa ebbe origine in Argentina dinanzi un’autorità amministrativa, fu parallelamente portata dinanzi la giustizia federale argentina, successivamente davanti ad un Tribunale mercosurino e, infine, dinanzi l’OMC. Con lo scopo di trovare una risposta al perché sia stato possibile adire più tribunali ed applicare normativa diversa ad una stessa controversia abbiamo indagato due aspetti di diritto di vitale rilevanza nell’ambito del diritto internazionale dei nostri giorni. Da una parte ci siamo focalizzati sullo studio delle normative internazionali che legiferando su materie simili e, in certi casi, pressoché identiche, e avendo origine in sistemi giuridici diversi hanno, tuttavia, la capacità di esplicare i loro effetti in più giurisdizioni e sono, pertanto, potenzialmente in grado di influenzarsi a vicenda. D’altra parte, abbiamo compiuto un’indagine sull’esistenza o meno di una normativa che funga da raccordo tra i sistemi di risoluzione delle controversie degli spazi d’integrazione economica e il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC. Infine, il quarto ed ultimo capitolo, L’attività giurisdizionale negli spazi d’integrazione regionale, è dedicato alla valutazione degli sviluppi compiuti dal Mercosur in 18 anni di vita alla luce dei lodi emessi dai Tribunali mercosurini. Difatti, l’obiettivo concreto di questo capitolo è capire se i Tribunali mercosurini svolgono una funzione dinamica e costruttiva dell’assetto del Mercosur, tesa a sviluppare il sistema normativo, oppure se essi abbiano, piuttosto, una funzione passiva e una visione statica nell’applicazione del diritto. È risaputo che la funzione della Corte di giustizia è stata determinante nell’evoluzione e nell’affermazione del sistema giuridico in vigore attraverso una giurisprudenza costante. Mediante il confronto dell’attività svolta da entrambe le giurisdizioni sarà possibile avanzare ipotesi riguardo i futuri progressi dell’assetto mercosurino grazie all’apporto giurisprudenziale.

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La tesi analizza i collegamenti tra la dimensione interna e la dimensione esterna del diritto europeo dell’energia al fine valutare l’efficacia e la coerenza della politica energetica europea in un approccio realmente globale ed integrato. Lo scopo della ricerca è quello di interrogarsi sull’evoluzione della competenza dell’Unione in tema di energia e su quale possa essere il suo contributo allo studio del diritto dell’Unione. L’analisi mira a chiarire i principi cardine della politica energetica europea ed i limiti che incontra l’azione dell’Unione nella disciplina dei settori energetici. Nonostante la centralità e l’importanza dell’energia, tanto per il buon funzionamento del mercato interno, quanto per la protezione dell’ambiente e per la sicurezza internazionale, la ricerca ha riscontrato come manchi ancora in dottrina una sufficiente elaborazione dell’energia in chiave organica e sistematica. L’analisi è svolta in quattro capitoli, ciascuno dei quali è suddiviso in due sezioni. Lo studio si apre con l’indagine sulla competenza energetica dell’Unione, partendo dai trattati settoriali (CECA ed Euratom) fino ad arrivare all’analisi delle disposizioni contenute nel Trattato di Lisbona che prevedono una base giuridica ad hoc (art. 194 TFUE) per l’energia. Lo scopo del primo capitolo è quello di fornire un inquadramento teorico alla materia, analizzando le questioni riguardanti l’origine del ‘paradosso energetico’ ed i limiti della competenza energetica dell’Unione, con un sguardo retrospettivo che tenga conto del dinamismo evolutivo che ha caratterizzato il diritto europeo dell’energia. Nel corso del secondo capitolo, la ricerca analizza l’impatto del processo di liberalizzazione sulla struttura dei mercati dell’elettricità e del gas con la graduale apertura degli stessi al principio della libera concorrenza. L’analisi conduce ad una ricognizione empirica sulle principali categorie di accordi commerciali utilizzate nei settori energetici; la giurisprudenza della Corte sulla compatibilità di tali accordi rispetto al diritto dell’Unione mette in evidenza il difficile bilanciamento tra la tutela della sicurezza degli approvvigionamenti e la tutela del corretto funzionamento del mercato interno. L’applicazione concreta del diritto antitrust rispetto alle intese anticoncorrenziali ed all’abuso di posizione dominante dimostra la necessità di tener conto dei continui mutamenti indotti dal processo di integrazione dei mercati dell’elettricità e del gas. Il terzo capitolo introduce la dimensione ambientale della politica energetica europea, sottolineando alcune criticità relative alla disciplina normativa sulle fonti rinnovabili, nonché gli ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno delle quote di emissione, istituito dalla legislazione europea sulla lotta ai cambiamenti climatici. I diversi filoni giurisprudenziali, originatisi dalle controversie sull’applicazione delle quote di emissioni, segnalano le difficoltà ed i limiti della ‘sperimentazione legislativa’ adottata dal legislatore europeo per imporre, attraverso il ricorso a strumenti di mercato, obblighi vincolanti di riduzione delle emissioni inquinanti che hanno come destinatari, non solo gli Stati, ma anche i singoli. Infine, il quarto ed ultimo capitolo, affronta il tema della sicurezza energetica. Nel corso del capitolo vengono effettuate considerazioni critiche sulla mancanza di collegamenti tra la dimensione interna e la dimensione esterna del diritto europeo dell’energia, evidenziando i limiti all’efficacia ed alla coerenza dell’azione energetica dell’Unione. L’inquadramento teorico e normativo della dimensione estera della politica energetica europea tiene conto del processo di allargamento e della creazione del mercato interno dell’energia, ma viene inserito nel più ampio contesto delle relazioni internazionali, fondate sul delicato rapporto tra i Paesi esportatori ed i Paesi importatori di energia. Sul piano internazionale, l’analisi ricostruisce la portata ed i limiti del principio di interdipendenza energetica. Lo studio si concentra sulle disposizioni contenute nei trattati internazionale di cooperazione energetica, con particolare riferimento ai diversi meccanismi di risoluzione delle controversie in tema di protezione degli investimenti sull’energia. Sul piano interno, la ricerca pone in evidenza l’incapacità dell’Unione di ‘parlare con una sola voce’ in tema di sicurezza energetica a causa della contrapposizione degli interessi tra i vecchi ed i nuovi Stati membri rispetto alla conclusione degli accordi di fornitura di lunga durata con i Paesi produttori di gas. Alla luce delle nuove disposizioni del Trattato di Lisbona, il principio solidaristico viene interpretato come limite agli interventi unilaterali degli Stati membri, consentendo il ricorso ai meccanismi comunitari previsti dalla disciplina sul mercato interno dell’elettricità e del gas, anche in caso di grave minaccia alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici.

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La ricerca oggetto della tesi dottorale è condotta allo scopo di verificare gli effetti concreti del procedimento di integrazione tra l’ordinamento comunitario e quello dei singoli Stati nazionali, sulla base del studio del diritto del contribuente alla restituzione delle somme pagate a titolo di imposte anticomunitarie, nel contesto dell’evoluzione interpretativa del diritto al rimborso dell’indebito tributario comunitario operata dalla Corte di Giustizia. Il lavoro si articola in due parti, volte, la prima, ad indagare le ragioni dell’originalità comunitaria del diritto al rimborso; la seconda a verificarne l’effettività, sul presupposto di principio dell’astratta astratta inderogabilità della tutela restitutoria, nella consapevolezza di tutti i rimedi nazionali esperibili al fine della sua applicazione. Il primo capitolo è dedicato alla definizione del contenuto tipico del diritto alla restituzione dell’indebito tributario comunitario. La premessa da cui si muove – sul filo rosso dell’effettività e del primato comunitari - è quella della constatazione del nesso funzionale che lega tra loro la qualificazione della posizione giuridica del singolo in termini di diritto soggettivo ed il processo di istituzionalizzazione dei rapporti tra l’ordinamento comunitario e quello nazionale. Rilevano, in questo senso, l’originalità comunitaria e l’intangibilità del diritto al rimborso dell’indebito (che è strumento di legalità comunitaria, nella misura in cui consente di ripristinare l’ordine violato attraverso il pagamento delle sole imposte dovute). L’analisi si articola, nel secondo capitolo, sulla considerazione della mancanza di un sistema normativo comunitario che disciplini l’applicazione del diritto, con il conseguente rinvio al principio dell’autonomia procedurale e procedimentale degli Stati, nei limiti dell’equivalenza e dell’effettività comunitarie. Lo scopo è quello di individuare tutti i rimedi – sia amministrativi, sia giurisdizionali – esperibili, al fine di verificare la corretta proporzione tra l’effettività comunitaria e il grado di tutela del singolo. Sull’esame degli effetti (negativi e positivi) derivati in capo al contribuente dall’applicazione del diritto è incentrato il terzo capitolo, che tratta del rapporto tra le azioni restitutorie e risarcitorie, come proposto dalla giurisprudenza comunitaria, al fine di garantire massimamente l’effettività della tutela (giurisdizionale e sostanziale) del singolo. Attraverso lo strumento della giurisprudenza comunitaria si rileva il contrasto che tra l’esistenza del diritto originariamente ed originalmente comunitario al rimborso delle imposte indebitamente pagate (che connota autonomamente la figura del contribuente europeo) e l’insufficienza degli strumenti attuativi del diritto al fine di garantire l’effetto utile del diritto comunitario. Con la constatazione di un sistema operativo sostanzialmente difforme da quello ideato dalla giurisprudenza comunitaria e l’intenzione di dimostrare gli effetti dell’influenza dei principi comunitari sul diritto processuale e procedurale nazionale.

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La presente tesi di dottorato ha ad oggetto l’analisi dei profili critici emersi nella prassi in relazione alle transnational damages group actions. All’interno di tale esteso ambito di ricerca, senza pretese di esaustività, si affronteranno determinati aspetti, tenendo in considerazione quanto accaduto negli ordinamenti che, sebbene in modo assai limitato, hanno già conosciuto tali problematiche. A seguito di una prima parte meramente introduttiva, nel secondo capitolo, si inquadreranno brevemente gli strumenti di tutela collettiva risarcitoria, indicando in che cosa consistano, a quali esigenze rispondano e quale origine abbiano; si indicheranno altresì i criteri distintivi e di classificazione che maggiormente possono rilevare nell’ottica di una cross border litigation. Nel terzo capitolo si analizzerà in termini essenziali la disciplina delle azioni collettive di alcuni Paesi, al fine di porre le basi necessarie per comprendere in quale contesto normativo si pongano le problematiche inerenti alle multi-jurisdictional collective redress actions. Nel quarto capitolo, si prenderà in considerazione la dimensione transnazionale delle azioni collettive, tenendo presenti le categorie e le regole affermatesi nel diritto internazionale privato e processuale e, soprattutto, quelle esistenti nell’ordinamento italiano e comunitario. Si individueranno poi gli obiettivi prioritari che si deve porre il giudice richiesto di giudicare sull’azione collettiva nella necessità di rendere una pronuncia o approvare una transazione che, da un lato, sia riconosciuta ed eseguita nei Paesi in cui dovrà essere riconosciuta ed eseguita e che, dall’altro lato, in ipotesi di opt out procedure, precluda ai soggetti che la pronuncia o la transazione dovrebbe vincolare successive azioni individuali e/o collettive in altri Paesi. Nel quinto capitolo, alla luce dei dati indicati nel terzo capitolo e delle considerazioni effettuate nel quarto capitolo, si analizzeranno alcuni dei profili critici posti dalla dimensione transnazionale delle azioni collettive; a tal fine, la trattazione verrà suddivisa in diversi punti che, pur essendo necessariamente connessi tra loro, nella loro individualità riescano ad evidenziare l’importanza e la centralità di determinate questioni. Peraltro, nell’intento di rispondere in modo adeguato alle problematiche analizzate, si indicheranno alcune delle soluzioni sperimentate dalla pratica giudiziaria o proposte dalla recente letteratura sul tema. Seguirà, infine, un ultimo capitolo contenente le osservazioni conclusive sugli esiti del lavoro.

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L’oggetto della mia ricerca è la società multiculturale e il livello di sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia, rispetto all’attuazione delle politiche e i programmi europei per la stabilizzazione democratica. L’indagine condotta nella mia tesi si è sviluppata esaminando i risultati ottenuti dai programmi CARDS, attuati per soddisfare gli obblighi stabiliti nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e per l’implementazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. Uno dei valori democratici, su cui l’UE è particolarmente attenta, ed al quale ha riservato un posto primario nei programmi CARDS, è la tutela dei diritti delle minoranze ossia il rispetto delle differenze culturali, linguistiche e religiose. L’obiettivo della mia indagine è stato quello di valutare l’impatto delle politiche europee sulla normativa macedone, concernente i diritti delle comunità minoritarie, ovvero il loro effetto sul consolidamento della società multiculturale e sullo status sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. A tale scopo, in primo luogo sono stati esaminati gli emendamenti costituzionali e le modifiche legislative introdotti in seguito alla stipulazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. L’analisi è stata incentrata nel verificare se la normativa macedone rientra nei parametri della normativa europea. I risultati ottenuti dimostrano quale è il tipo di multiculturalismo che promuove e garantisce la costituzione macedone. Attraverso l’analisi dei rapporti preparati dalla Commissione europea, relativi all’implementazione del Processo di Stabilizzazione e Associazione, è stato dimostrato come le politiche e i programmi europei hanno inciso sul consolidamento della società multiculturale. Analizzando invece i risultati dai rapporti relativi all’implementazione delle disposizioni dell’Accordo Quadro di Ohrid è stato valutato l’impatto che le politiche europee hanno avuto sullo sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. Per la valutazione di questo ultimo, sono state prese in considerazione il livello di partecipazione politica delle comunità minoritarie, la realizzazione delle richieste e delle questioni legate alla loro particolarità, l’ambito normativo regolato dal diritto di con-decisione, la rappresentanza delle comunità minoritarie nella sfera pubblica, il livello dell’accesso di istruirsi nella propria lingua e quindi il livello di istruzione e l’ambito e la libertà di usare la propria lingua nel settore pubblico. I concetti principali di questa ricerca sono: cooperazione, democrazia, multiculturalismo e sviluppo. Il termine cooperazione usato in questa ricerca si riferisce ai rapporti di cooperazione instaurati tra l’Unione Europea e la Macedonia nell’ambito dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e dell’Accordo Quadro di Ohrid, ossia il sostegno dell’UE per la stabilizzazione democratica della Macedonia. Riferendosi a questa ultima, si fa riferimento al livello di garanzia di libera partecipazione dei cittadini, in ogni segmento della vita politica, sociale ed economica, senza discriminazioni etniche, linguistiche e religiose. Il termine multiculturalismo si riferisce alla società multiculturale ed è legato alla questione della politica della differenza, ossia del riconoscimento delle differenze culturali, che discendono dall’appartenenza ad una minoranza etnica e linguistica. Il multiculturalismo in questa ricerca viene analizzato, riferendosi alla multiculturalità della società macedone e ai diritti che la Costituzione macedone garantisce alle comunità minoritarie in Macedonia. Infine, per lo sviluppo in questa ricerca si fa riferimento allo sviluppo sociale delle comunità minoritarie, inteso e misurato tramite una seri di indicatori relativi all’occupazione (crescita di capitale sociale), all’educazione (capitale umano e qualifica di alta istruzione), alla partecipazione politica (occupazione dei posti principali nelle istituzione governative e della amministrazione pubblica), alla diffusione della cultura (uso e mantenimento della lingua e delle tradizioni) ecc. Prendendo in considerazione i principali concetti di questa tesi, il quadro teorico della ricerca sviluppa i nodi cruciali del dibattito sullo sviluppo e la democrazia, sul nesso tra democrazia e multiculturalismo e tra multiculturalismo e sviluppo. Attenendosi alle varie tesi, la ricerca avrà lo scopo di rilevare come si conciliano la società multiculturale macedone ed il modello democratico vigente. In questo contesto sarà fatto riferimento alle tesi fanno favoriscono la necessità di iniziare con la democrazia per poter innescare e sostenere il processo di sviluppo, alla tesi che sostiene la necessità di riconoscimento obbligatorio dei diritti collettivi nella società multiculturale, ossia dell’etnosviluppo delle comunità minoritarie. La ricerca è stata condotta tramite i seguenti metodi: - Il metodo descrittivo sarà usato per descrivere cosa è accaduto nel periodo di interesse di ricerca, riguardo i cambiamenti di natura sociale e politica delle minoranze in Macedonia. - Il metodo comparativo sarà applicato nella comparazione dell'efficacia delle leggi relative ai diritti delle minoranze e del loro status di sviluppo sociale e politico, prima e dopo l'attuazione e implementazione delle riforme europee. - Il metodo qualitativo sarà applicato per l’analisi di documenti, della legislatura e dei rapporti europei e nazionali. Le fonti usate in questa ricerca principalmente si basano su: - analisi di documenti e rapporti governativi, rapporti elaborati dalla Commissione Europea, dall’OSCE, dagli organi governativi e dalle organizzazioni non governative. - analisi di letteratura accademica, focalizzata sui problemi che sono oggetto di questa ricerca. - analisi di documenti pubblicati, come la gazzetta ufficiale, leggi costituzionali e atti legislativi, strategie nazionali e statistiche ufficiali. - analisi dei dati ottenuti da interviste e questionari.

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Non può dirsi ancora raggiunta una completa, appagante e condivisa definizione di criminalità organizzata: eppure tale concetto viene ampiamente utilizzato, entrando nel linguaggio comune e –soprattutto- in quello normativo e giurisprudenziale. Attraverso il susseguirsi di numerosi interventi legislativi, abbiamo assistito alla progressiva elaborazione del c.d. doppio binario: di una normativa, cioè, ad hoc per i reati di criminalità organizzata, caratterizzata da un rilevante arretramento delle ordinarie soglie di garanzia previste dall’ordinamento giuridico. Alla luce di prioritarie esigenze di legalità si giustifica l’impellente necessità di giungere alla elaborazione di una precisa definizione di criminalità organizzata. A tale fine, nel corso del presente lavoro, sono stati esaminati i principali approcci definitori individuati a livello socio-criminologico, giurisprudenziale ed in ambito normativo, con particolare attenzione al diritto penale e processual-penalistico; si è inoltre proceduto all’analisi delle principali definizioni riscontrabili a livello comunitario ed internazionale.

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La tematica trattata riguarda l´esame approfondito dell’istituto della detrazione nell’impianto dell’Iva comunitaria, così come concepito nell’ambito dello schema teorico di applicazione del tributo, e così come disciplinato sin dalle prime direttive comunitarie. Una compiuta disamina critica dell’istituto della detrazione, nell’ambito del sistema Iva, ha reso necessaria una preliminare analisi delle caratteristiche fondamentali dell’imposta, così come è stata concepita nelle successive direttive comunitarie, e dei principi generali cui essa è sottesa, sia in ambito interno, sia in ambito internazionale, evidenziando la natura giuridica della stessa dopo aver posto in raffronto le diverse teorie sull’argomento prospettate dalla dottrina; a tali tematiche è stato dedicato il primo capitolo. Il secondo capitolo, riferito all’istituto della detrazione, distinguendo i presupposti dall’esistenza dello stesso rispetto ai presupposti per l’esercizio del diritto, è dedicato alla descrizione delle caratteristiche generali e specifiche dell’istituto, analizzandone gli aspetti oggettivi, soggettivi, formali e sostanziali, e ponendo particolare attenzione sull’aspetto della territorialità, poiché proprio in relazione alle operazioni “extraterritoriali” emergono particolari aspetti di criticità risolvibili sulla base della natura comunitaria dell’imposta. Il terzo capitolo, dedicato all’analisi delle limitazioni alla detrazione, trova la sua ragione giustificatrice nella finalità di evidenziare le problematiche consistenti nella distorsione rispetto al naturale schema teorico di funzionamento del tributo, sia in termini di mancata incidenza al consumo, sia in termini di incisione dell’imposta sul soggetto esercente l’attività economica, ed è diretto anche a verificare se tali circostanze, residenti nello stesso tessuto normativo (esenzioni) siano coerenti rispetto alla natura dell’imposta ed ai principi tributari comunitari e costituzionali. Il quarto capitolo, infine, dopo aver evidenziato che l’istituto della detrazione costituisce il “grimaldello” attraverso il quale realizzare frodi ed abusi in ambito Iva, impostato in chiave applicativa e prospettica, evidenzia la reazione “terapeutica” dell’ordinamento tributario comunitario, alle suddette ipotesi “patologiche”, e ciò sulla base della disamina dei principi giuridici riscontrabili, in particolare, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. Le conclusioni contengono alcune riflessioni di chiusura sui possibili sviluppi futuri dell’imposta. Lo scopo della tesi è quello di offrire una riflessione ampia e generalizzata sull’istituto della detrazione e sui principi teorici che lo governano, al fine delimitarne i contorni, in termini oggettivi, soggettivi e territoriali nel sistema dell´Iva comunitaria e, in tale quadro, di evidenziare anche quegli elementi di divergenza, presenti nel tessuto normativo, rispetto al normale schema teorico di funzionamento del tributo, ed alle relative incidenze rispetto ai principi costituzionali e comunitari, quali la capacità contributiva e la neutralità del tributo per i soggetti passivi.

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La legge n. 146 del 1990 ha istituito la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, un’authority deputata al controllo dell’effettivo bilanciamento del diritto di sciopero con gli altri diritti della persona di rango costituzionale nel caso dei servizi pubblici essenziali. Ad essa spettano alcuni poteri tra di loro eterogenei. Accanto a poteri propulsivi e sanzionatori, essa possiede poteri di tipo normativo. La legge prevede, infatti, che le prestazioni indispensabili e le altre misure necessarie al contemperamento siano determinate da accordi tra il datore di lavoro e le associazioni sindacali, mentre per il lavoro autonomo da codici di autoregolamentazione forniti da ognuna delle categorie interessate. Gli accordi e i codici di autoregolamentazione devono essere, comunque, sottoposti al vaglio della Commissione di garanzia la quale in ultimo stabilisce se essi siano idonei a realizzare il bilanciamento dei diritti in questione. Quando i soggetti indicati dalla legge non provvedano alla redazione dei suddetti atti, la Commissione interviene con l’emanazione di una provvisoria regolamentazione, la quale possiede natura di regolamento, giacchè partecipa dei caratteri della generalità ed astrattezza propri delle norme di legge. In effetti, anche altre authorities possiedono un potere normativo, che si sostanzia alle volte in un regolamento indipendente, altre in un regolamento simile ai regolamenti delegati ed altre al regolamento esecutivo. Poiché la legge n. 146 del 1990 prevede quali siano gli istituti idonei a realizzare il bilanciamento (preavviso, proclamazione scritta, procedure di raffreddamento e conciliazione, intervallo minimo, misure indicative delle prestazioni indispensabili), la provvisoria regolamentazione possiede i caratteri del regolamento esecutivo.

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Il presupposto della ricerca consiste nel riconosciuto valore storico-testimoniale e identitario e in un significativo potenziale d’indicazione pianificatoria e progettuale che detengono in sé i segni del paesaggio rurale tradizionale. Allo stato attuale, sebbene tali valori vengano ampiamente affermati sia nell’ambiente normativo-amministrativo che in quello scientifico, è tuttora riscontrabile una carenza di appropriati metodi e tecniche idonei a creare opportuni quadri conoscitivi per il riconoscimento, la catalogazione e il monitoraggio dei paesaggi rurali tradizionali a supporto di politiche, di piani e di progetti che interessano il territorio extraurbano. La ricerca si prefigge l’obiettivo generale della messa a punto di un set articolato ed originale di strumenti analitici e interpretativi di carattere quantitativo idonei per lo studio delle trasformazioni fisiche dei segni del paesaggio rurale tradizionale e per la valutazione del loro grado di integrità e rilevanza alla scala dell’azienda agricola. Tale obiettivo primario si è tradotto in obiettivi specifici, il cui conseguimento implica il ricorso ad un caso studio territoriale. A tal proposito è stato individuato un campione di 11 aziende agricole assunte quali aree studio, per una superficie complessiva pari all’incirca 200 ha, localizzate nel territorio dell’alta pianura imolese (Emilia-Romagna). L’analisi e l’interpretazione quantitativa delle trasformazioni fisiche avvenute a carico dei sopraccitati segni sono state condotte a decorrere da prima dell’industrializzazione all’attualità e per numerosi istanti temporali. Lo studio si presenta sia come contributo di metodo concernente la lettura diacronica dei caratteri tradizionali spaziali e compositivi del territorio rurale, sia come contributo conoscitivo relativo alle dinamiche evolutive dei paesaggi tradizionali rurali dell’area indagata.

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Negli ultimi anni le istituzioni e la regolamentazione hanno svolto un ruolo sempre più importante nell’analisi della crescita economica. Tuttavia, non è facile interpretare le istituzioni e gli effetti dei regolamenti sulla crescita attraverso indicatori che tendono a “misurare” le istituzioni. Lo scopo di questa ricerca è analizzare la relazione di lungo periodo tra la crescita economica e la regolamentazione e il ruolo della regolamentazione antitrust sulla crescita economica. La stima econometrica dei modelli di crescita con la concorrenza e gli indicatori di potere di mercato si base su un dataset appositamente costruito che copre 211 Paesi, su un arco temporale massimo di 50 anni (da 1960 a 2009). In particolare, cerchiamo di identificare un quadro analitico volto a integrare l’analisi istituzionale ed economica al fine di valutare il ruolo della regolamentazione e, più in generale, il ruolo delle istituzioni nella crescita economica. Dopo una revisione della letteratura teorica ed empirica sulla crescita e le istituzioni, vi presentiamo l’analisi dell'impatto normativo (RIA) in materia di concorrenza, e analizziamo le principali misure di regolamentazione, la governance e le misure antitrust. Per rispondere alla nostra domanda di ricerca si stimano modelli di crescita prendendo in considerazione tre diverse misure di regolamentazione: la Regulation Impact (RI), la Governance (GOV), e la libertà economica (LIB). Nel modello a effetti fissi, RI, gli effetti della legislazione antitrust sulla crescita economica sono significativi e positivi, e gli effetti di durata antitrust sono significativi, ma negativi. Nel pannel dinamico, GOV, gli effetti dell’indicatore di governance sulla crescita sono notevoli, ma negativo. Nel pannel dinamico, LIB, gli effetti della LIB sono significativi e negativi.

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Il Soprintendente Alfredo Barbacci fu uomo di poliedrica formazione, perito nell’uso di metodiche innovative di restauro ed esperto delle tecniche di ricomposizione delle forme architettoniche dei complessi monumentali, danneggiati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Quel che, questo studio ha inteso indagare e comprendere, attraverso un approccio critico, sostanziato dalle carte d’archivio, è fondamentalmente il contributo, da egli ha offerto circa la valenza storica e architettonica del tessuto connettivo di base della città, da cui si originava - negli anni della sua attività - l’idea ancora inedita di un bene culturale e sociale nuovo: il centro storico tutto, con annessi monumenti, complessi architettonici nobili ed edilizia minore, di base. Dando avvio all’analisi sistematica delle teorie e della prassi di Alfredo Barbacci e alla lettura puntuale dei suoi scritti, sono stati razionalizzati il significato, le valenze e le implicazioni del termine edilizia minore all’interno del più ampio contesto del restauro dell’edilizia monumentale e alla luce degli elementi di tendenza, portati all’attenzione dal dibattito delle diverse scuole di pensiero sul restauro, a partire dai primi anni del sec. XX fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Concretamente vi si evidenziano interessanti intuizioni e dichiarazioni, afferenti la necessità di un restauro del tipo integrato, da intendersi come strumento privilegiato di intervento sul tessuto nobile e meno nobile della città antica. Al termine della sua carriera, il contributo del Soprintendente Barbacci al dibattito scientifico si documenta da sé, nella compilazione a sua firma di quella parte della Relazione Franceschini, in cui si dava proposta di un corpo normativo alla necessità di guardare alla città storica come a un bene culturale e sociale, insistendo come al suo interno era d’uopo mantenere, nel corso di interventi restaurativi, un razionale equilibrio tra monumento ed edilizia minore già storicizzata e che non escludesse anche l’apparato paesaggistico di contorno.

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La tesi affronta il tema dei controlli avverso i provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi resi nell’ambito dei procedimenti di separazione e di divorzio, dapprima fornendo un inquadramento storico della problematica, attraverso la disamina delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali formatesi con riferimento alla natura ed al regime impugnatorio di tali provvedimenti dall’entrata in vigore del codice di rito del 1865 ad oggi, dopodiché analizzando le numerose questioni interpretative cui l’attuale quadro normativo, risultante dalla stratificazione legislativa operata dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 e dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, dà origine. In particolare la tesi, dopo aver delineato la struttura del reclamo di cui all’art. 708 c.p.c., cercando di fornire una soluzione ai dubbi che la scarna disciplina contenuta nella menzionata norma solleva, si occupa dei rapporti tra gli istituti del reclamo alla Corte d’appello e della revoca e modifica ad opera del giudice istruttore, riepilogando le varie teorie elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul tema e cercando di individuare quale sia l’ambito di applicazione di ciascuno strumento di controllo. La tesi affronta poi, a fronte della mancata previsione di una forma di riesame avanti ad un organo superiore avverso i provvedimenti resi dal giudice istruttore ai sensi dell’art. 709, ultimo comma, c.p.c., la questione della reclamabilità di tali provvedimenti, cercando di individuare quale sia lo strumento più idoneo cui fare ricorso per colmare la lacuna che si dovesse ritenere esistente nel dato normativo. Il lavoro si conclude con la disamina, in una prospettiva de iure condendo, dei progetti di riforma che sono stati elaborati con riferimento al tema dei controlli avverso i provvedimenti temporanei e urgenti.

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L’elaborato è strutturato in quattro parti: la prima è dedicata all’inquadramento del background normativo. L’autrice affronta, con un approccio ricostruttivo, i precedenti alla redazione del regolamento e le difficoltà incontrate a causa delle resistenze degli Stati membri. Si sofferma altresì sulle norme UNCITRAL, anch’esse oggetto nel recente periodo, di numerose implementazioni. La seconda parte fotografa il ruolo della Corte di Giustizia nell’interpretazione del regolamento n. 1346/2000 ed individua i concetti fondamentali del regolamento: l’universalità attenuata, il campo di applicazione soggettivo del regolamento, la legge applicabile, il principio dell’automatico riconoscimento delle decisioni e la correlata tematica dell’ordine pubblico, nonché la figura del curatore. Si approfondisce l’attività degli Stati membri nel dotarsi di norme di coordinamento ( esemplare il caso della Spagna e della Germania) sottolineando il silenzio del legislatore italiano che, nonostante le numerose riforme in materia, a tutt’oggi non ha ideato un sistema in grado di coordinare la normativa nazionale con la struttura del regolamento europeo. Nella terza parte l'autrice approfondisce la giurisdizione nel regolamento n. 1346/2000. Si individuano le parole chiave: Comi e dipendenza, i cui significati sono sfumati seguendo le posizioni della Corte di Giustizia, (Leading Case Eurofood sino a Interedil) e si mette in discussione, nel panorama attuale, la tenuta di tali criteri giurisdizionali. Sempre intorno al concetto di Comi, si analizzano: la giurisdizione verso gruppi di imprese disciplina assente nel regolamento, i rapporti tra procedura principale e secondaria , la giurisdizione in materia di azioni connesse e/o correlate (Gourdain vs Nadler/Seagon vs Deko Marty). Il capitolo conclusivo offre una panoramica delle proposte finalizzate ad un’implementazione della struttura del regolamento sull’insolvenza. Numerose, infatti, sono le proposte a livello dottrinale e da parte degli organi comunitari in vista della scadenza del Report della Commissione Europea sulla applicazione del regolamento 1346 del 2000 (art. 46).

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Oggetto della ricerca è l’esame del ruolo attuale della partecipazione pubblica locale in società per l’erogazione di servizi pubblici locali di rilevanza economica, nel nuovo contesto normativo caratterizzato dalla residualità dell’autoproduzione, dalla liberalizzazione, dall’organizzazione del servizio in ambiti territoriali, e dalle esigenze di contenimento della spesa locale, acuite dalla crisi economica-finanziaria. Si sono distinte quattro tipologie di società: nel caso di servizi gestiti in regime di esclusiva, le società a capitale pubblico-privato con socio privato operativo scelto mediante gara, le società in house affidatarie dirette, e le società affidatarie in quanto selezionate in procedure ad evidenza pubblica; nel caso di servizi sottratti al regime di esclusiva, le società che eroghino il servizio liberalizzato. L’indagine si è focalizzata sulle condizioni di costituzione e di mantenimento di tali società, e si è approfondito quel particolare aspetto del loro regime giuridico costituito dai limiti operativi. L’analisi è stata condotta esaminando le nuove disposizioni, le posizioni giurisprudenziali e le letture della dottrina relative alle società disciplinate come forme di gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica, relative alla funzionalizzazione dell’attività degli enti territoriali e delle società da questi partecipate, e relative alla tutela della concorrenza.

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L’elaborato ha ad oggetto l’analisi delle possibili forme di collaborazione tra vettori nei diversi settori del trasporto, con particolare attenzione all’ambito aeronautico e marittimo. Negli ultimi decenni l’incremento del livello di concorrenza tra i competitors su scala planetaria, a seguito della progressiva liberalizzazione e globalizzazione dei trasporti, ha indotto i vettori ad adottare nuove strategie commerciali dirette alla condivisione del rischio, alla riduzione dei costi di esercizio, all’espansione delle proprie reti e alla flessibilizzazione dei processi interni di adeguamento alle continue espansioni e contrazioni del mercato. Hanno, così, fatto la loro comparsa modelli contrattuali nuovi che differiscono per struttura, livello di integrazione delle parti coinvolte e grado di complessità dell’accordo. Nell’elaborato, pertanto, sono state attentamente esaminate le molteplici figure giuridiche generate dalla prassi commerciale, come gli accordi di codesharing, interlining, wet lease, dry lease, franchising, le grandi alleanze strategiche presenti sia in ambito aeronautico, sia in quello marittimo, le Conferences e i Consorzi. La ricerca, in particolare, è focalizzata, alla luce della prassi contrattuale e della normativa nazionale, comunitaria ed internazionale vigente, sui problemi di qualificazione giuridica di tali accordi e, conseguentemente, sulla disciplina di volta in volta ad essi applicabile, sul loro oggetto, regolamento contrattuale e contenuto. Si è proceduto poi ad uno studio comparativo-contrastivo delle differenze tra le varie forme di partnership e all’approfondimento delle questioni concernenti la tutela degli utenti dei servizi di trasporto, siano essi passeggeri o mittenti. Sono affrontati, infatti, con accurata indagine i profili di responsabilità dei vettori coinvolti, sulla base del quadro normativo di riferimento. Nel corso della ricerca si è data anche particolare attenzione all’analisi della compatibilità degli accordi tra vettori con la disciplina comunitaria della concorrenza, registrando una tendenza della Comunità a piegare l’interpretazione delle norme in materia alle superiori esigenze dell’economia, in considerazione delle peculiarità del mercato del trasporto.